
Dal 27 maggio al 27 luglio 2025, il Macro nell’exMattatoio di Roma ospita due mostre che, pur condividendo lo stesso spazio espositivo (i Padiglioni 9a e 9b) e la fotografia come mezzo principale, si muovono su traiettorie espressive e concettuali profondamente diverse. Si tratta di Animalism di Roger Ballen , a cura di Alessandro Dandini de Sylva con l’installazione sonora di Cobi van Tonder, e Porto Roma di Mohamed Keita., a cura di Carmen Pilotto. Due visioni distinte che offrono uno spaccato suggestivo sul nostro rapporto con l’altro: l’altro da noi, l’animale, l’estraneo, l’umano invisibile.
Roger Ballen, figura di culto nel panorama della fotografia contemporanea, espone con Animalism un lavoro che sfida ogni categoria estetica. Nato a New York nel 1950 ma residente da oltre quarant’anni in Sudafrica, Ballen ha sviluppato una cifra stilistica inconfondibile, in cui fotografia, disegno e installazione si fondono in un linguaggio espressionista, surreale, disturbante.
Nel contesto del Mattatoio – ex macello, luogo carico di memoria e simbolismo – l’artista costruisce una vera e propria “scena teatrale ballenesca”, dove l’assurdo si insinua nelle pieghe dell’umano e dell’animale. I suoi scatti non sono semplici rappresentazioni, ma apparizioni: uomini, animali e ambienti claustrofobici si amalgamano in composizioni in cui l’istinto e l’inconscio prevalgono sulla ragione.
La mostra è una riflessione profonda sul dominio, sulla violenza e sulla psiche. Il confine tra uomo e bestia si fa labile: gli animali diventano specchi del nostro lato oscuro, e gli uomini sembrano ridursi a forme istintuali, guidate da pulsioni ancestrali. Il tutto amplificato dall’installazione sonora di Cobi van Tonder, che trasforma il padiglione in un’esperienza immersiva, quasi rituale.
Dall’altra parte, Porto Roma di Mohamed Keita è un viaggio affettuoso e poetico nella città eterna. Nato in Costa d’Avorio e arrivato in Italia da giovanissimo, Keita è oggi uno dei più interessanti narratori visivi della Roma contemporanea. Il suo sguardo, intimo e attento, si posa su una capitale fatta di contrasti e silenzi, di strade periferiche e centro storico, di presenze discrete e assenze eloquenti.
La mostra è un atto d’amore verso Roma, città-porto, crocevia di storie e umanità. Keita la percorre con lentezza e rispetto, documentando volti, trasformazioni urbane, spazi sospesi tra passato e futuro. Le sue immagini – tratte dal volume Roma 10/20, dalla serie Prima-Dopo e da Ritratti – costruiscono una mappa emotiva della città, lontana dagli stereotipi turistici e vicina alla vita vera.
Rispetto alla densità simbolica e onirica di Ballen, Keita sceglie una fotografia più diretta e narrativa. Ma sotto la superficie apparentemente “documentaria” si cela una grande sensibilità formale: l’uso della luce, la composizione, il ritmo visivo contribuiscono a creare un racconto visivo coerente, autentico, empatico.
Se Ballen guarda dentro l’abisso dell’animo umano mettendoci di fronte a ciò che preferiremmo non vedere, Keita restituisce dignità e bellezza a ciò che spesso ignoriamo. Il primo ci mette a disagio, il secondo ci consola. Entrambi, però, ci costringono a guardare con occhi nuovi.
Le mostre – entrambe a ingresso gratuito – non sono solo due esposizioni fotografiche, ma due esperienze complementari. Una ci parla dell’uomo come animale; l’altra dell’uomo nella sua umanità più fragile e vera. In un momento storico attraversato da conflitti identitari e crisi ambientali, Animalism e Porto Roma offrono due prospettive fondamentali: da una parte, la consapevolezza della nostra parte più oscura; dall’altra, la possibilità della relazione, della cura, della memoria condivisa.