Tutti gli articoli di Martyna Osuch

Le cose che non puoi sentire

Ho pensato sempre che a Roma si può trovare tutto, ma finalmente è venuto il giorno della verità e ho scoperto che mi sono sbagliata. Concetto semplice: sono straniera e volevo vedere un film nella lingua originale, il nuovo film di Nicolas Winding Refn Solo Dio perdona. In sé la realizzazione dell’idea non era già così ordinaria. L’ho finalmente visto, però con il doppiaggio. Nella capitale, dove abitano almeno tre milioni di persone, una città ormai europea che dovrebbe essere aperta non solo per i turisti ma anche per i suoi abitanti ai quali non manca l’ambizione per studiare la seconda lingua, la lingua comune europea, cioè l’inglese, vedere un film in lingua originale non dovrebbe essere cosa così assurda! La questione non è solo quella di studiare un’altra lingua o di avversione implacabile verso altri idiomi. La questione è la qualità del film, del rispetto per regista, attori e per lo spettatore stesso. Non dico che si dovrebbe eliminare completamente il doppiaggio, no. Ma io come spettatore vorrei almeno avere la possibilità di scegliere. Forse a me la situazione dà eccezionalmente fastidio perché sono abituata a guardare i film con sottotitoli (in Polonia li guardiamo tutti così al cinema), forse perché mi piace troppo la voce di Ryan Gosgling o Kristin Scott Thomas, alcuni dei miei attori preferiti. Secondo me un film doppiato è come una copia di gesso ripresa dall’originale di marmo: sembra uguale, ma l’autore non la voleva esattamente così. La differenza non è così lampante nei film più “semplici”, meno artistici, ma quando si parla delle opere come quella di Winding Refn, dove gli attori dicono solo poche frasi, però importantissime, “raffinate” e decisive, secondo me il film doppiato perde un suo elemento di conoscenza fondamentale. Gli attori americani scelti dal regista non sono più in verità quelli stessi, sono già diventati un po’ italiani, perché un attore offre allo spettatore tante cose: il suo talento, le competenze, autenticità, ma anche e sopratutto la sua voce. Non dovrebbe essere persa per gli spettatori la possibilità di percepire un film nel modo originale, come lo voleva presentare l’autore, e sicuramente non era il suo obiettivo ottenere i dialoghi disarmonizzati dai movimenti delle labbra. Si può dunque parlare di doppiaggio come di una bugia, una falsificazione della concezione artistica, mettendo in bocca ad un protagonista le parole di un doppiatore, anch’egli attore ma di un altro mondo e di un’altra cultura.

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Solo Dio perdona
(Only God Forgives)

Regia di: Nicolas Winding Refn
Interpretato da: Ryan Gosling, Kristin Scott Thomas, Tom Burke, Vithaya Pansringarm, Yayaying Rhatha Phongam, Byron Gibson, Gordon Brown, Sahajak Boonthanakit, Charlie Ruedpokanon, Oak Keerati.

Genere: thriller, drammatico
Durata: di 90 min.
Prodotto: nel 2013 in Francia, Danimarca
Distribuito in Italia da 01 Distribution

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Di chi è questa città?

Sono salita nell’autobus, ho trovato un posto libero tra altri tre già occupati. Accanto a me è seduto un russo, poteva avere circa cinquant’anni, con lo sguardo severo e una brutta ancora tatuata sul collo. Guarda fuori dalla finestra; un giovane italiano è seduto di traverso e fa lo stesso, non si muove, ascolta la musica, sembra morto. Mi è di fronte un nero, anche giovane, è vestito con cura, ha l’espressione intelligente e amicale. All’ultimo minuto sale anche una coppia italiana, si ferma vicino alla porta, entrambi con piercing sul viso, con i vestiti troppo largi, pantaloni sciolti, le scarpe sporche. Lui maneggia una chiave e improvvisamente traccia dei graffi sulla porta di vetro. I graffi assomigliano a un codice graziato, illeggibile e brutto. Forse un segno per affermare il suo passaggio.

Dopo guarda la sua fidanzata e la bacia, pare che con la lingua vuole raggiungere il suo stomaco, o forse mangiare la ragazza intera. Io li guardo con disgusto, poi sposto lo sguardo al russo, sembra o finge di non aver notato niente. L’africano invece si gira intorno per vedere che cosa è successo, dopo i nostri occhi ci incontrano e ci guardiamo per un attimo. Non c’è nessuno che scuote la testa, come usavano fare le nostre nonne per esprimere la propria disapprovazione.

Ci guardiamo con tristezza e rammarico, con imbarazzo, senza dire una parola, eppure non siamo noi che ci dovremmo vergognare. Il ragazzo sta ancora succhiando la faccia della sua fidanzata, sembra stia celebrando un grande trionfo, come se avesse fatto un buon lavoro. Il russo sta sempre guardando fuori dal finestrino, l’africano invece si sta addormentando. Anch’io alla fine sono stancata di osservare la coppia. Per il resto del percorso ho continuato a domandarmi se devo dire qualcosa a lui, a quel giovanotto con la lunghissima lingua e orecchie sproporzionate, convinto di sembrare il Re Leone.

Scendo alla mia fermata e continuo a pensare che avrei dovuto dire qualcosa. Che uno di noi indiani, russi, negri, polacchi poteva dirgli che non doveva danneggiare la mia città.

Passeggiate romane con Dante e Mikołajewski

La commedia Romana non è una guida ordinaria di Roma, secondo me si dovrebbe considerarla più come un diario, un racconto personale della città, ma anche dell’autore stesso. Jarosław Mikołajeswki, autore già ben conosciuto come scrittore, poeta e traduttore (i suoi libri sono tradotti in varie lingue straniere come italiano, tedesco ebreo e greco). Nella “Commedia Romana” prova a rendere omaggio a Roma raccontando del grande legame tra un uomo e una città.

L’autore stesso confessa, che parlando di una città come Roma anzitutto non si sa neanche da dove iniziare il racconto, quale percorso, quale punto d’inizio scegliere. Ha scelto la Divina Commedia di Dante, perché la stessa Roma, come il suddetto libro, comprende un po’ di tutto: paradiso, purgatorio, ma anche l’inferno. Come Virgilio diviene guida di Dante nella Commedia, Mikołajewski segue le tracce di Pasolini e Caravaggio. Il libro è composto (come quello di Dante) di cento brevi capitoli, dei quali ognuno racconta l’altra storia, tuttavia l’unico tratto comune rimane sempre la città. A volte succede, che il collegamento tra concreti capitoli della Commedia Divina e Romana sembra appena visibile; pero in quei momenti viene in aiuto l’ingegnosità e perspicacia dell’autore, che sempre sa trovare un legame tra soggetti apparentemente diversi.

“La commedia Romana” non è una guida turistica con la lista dei punti “must see”, quindi sicuramente non sarebbe utile per qualcuno che viene a Roma per un weekend e non sente e non vuole sentire il fascino della storia e cultura, che accompagnano la città da secoli. Storia e cultura, ma anche l’arte, la mentalità della gente, buoni e cattivi ricordi, le leggende locali, le strade sconosciute o conosciute troppo bene, le persone quasi dimenticate o troppo famose, tutti questi elementi riuniti costruiscono un mosaico piena di colori ed emozioni che diventa la chiave per scoprire il carattere vero (ovviamente non privo dei difetti) della Città Eterna. Mikołajewski cammina per le strade, si ferma per un attimo o forse più a lungo osservando l’ambiente (à un osservatore attento, ma anche sensibile alla bellezza) spesso stabilendo un dialogo con le persone che fanno la parte del grande mosaico e creando il suo percorso personale, composto da piccoli ricordi.

Non si può dimenticare dell’altro elemento onnipresente- la poesia. La commedia romana, tranne che essere un diario e la guida eccezionale, è anche un’espressione d’amore, l’occasione per ringraziare la città in un modo particolare, affettuoso, comprendente le frasi commoventi, impressionanti, a mio parere sempre caratterizzate della verità.

Il libro è anche un modo di dire “arrivederci”. Mikołajewski, dopo tanti anni passati a Roma, è finalmente tornato a Varsavia e lui stesso dice, che non poteva immaginarsi di lasciare una città come Roma senza scrivere in anticipo.

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Jarosław Mikołajewski

La commedia romana

Presentato il 14 maggio all’Accademia Polacca delle Scienze

Passeggiate romane con Dante e Jarosław Mikołajewski

Rzymska komedia
Autor: Jarosław Mikołajewski
Wydawnictwo: Agora , Listopad 2011
ISBN: 978-83-268-0635-3
Kategorie: proza polska