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L’Arte della Rivoluzione

Quest’anno ricorre il centenario della Rivoluzione d’Ottobre, che ha certamente marcato la storia mondiale del XX sec.
Esiste però, per quanto riguarda la cultura e le arti, un’altra, più ampia Rivoluzione Russa, che ha stabilmente mutato i canoni espressivi precedenti, dal teatro (Cechov, Mejerchol’d, Stanislavskij) alla musica (Musorskij, Skrjabin, Stravinskij…), dal balletto (Djagilev) alla fotografia (Rodcenko), alle arti figurative, dove, tra molti altri, basterà ricordare alcuni nomi: Benois, Bakst, Kandinskij, Malevic, Koncalovskij, Larionov, Tatlin, Goncarova, Stepanova, Ekster.

Mostrare questa “esplosione culturale” è l’ambizione del progetto di Silvia Burini e Giuseppe Barbieri, che dirigono il Centro Studi sulle Arti della Russia (CSAR) dell’Università Ca’ Foscari Venezia, affiancati da Faina Balachovskaja, della Galleria Tret’jakov di Mosca che l’ERPAC – l’Ente Regionale Patrimonio Culturale della Regione Friuli Venezia Giulia – ha accolto per la sua sede museale di Gorizia.
«Questa grande mostra presenta un’originale sequenza di opere emblematiche, ma anche assai poco viste in Italia, e vuole essere quindi l’insolita celebrazione di un evento storico che ha mutato per sempre il mondo contemporaneo. Indicandolo come l’esito di una complessiva dinamica che, poco prima e poco dopo il 1917, ha rivoluzionato radicalmente la cultura e la scena internazionale dell’arte». Ad affermarlo è Raffaella Sgubin, Direttore del Servizio Museo e Archivi Storici dell’ERPAC.
I margini cronologici del percorso espositivo vanno dal 1898, l’anno di fondazione del gruppo Mir iskusstva (Il mondo dell’arte) e della rivista fondata e diretta da Djagilev, sino al 1922, la data di costituzione dell’Unione Sovietica. Il percorso espositivo si articola in 6 sezioni, ciascuna corrispondente a un anno specifico e cruciale, e ciascuna recante un sottotitolo tematico, che incrocia eventi storici, movimenti culturali, pratiche artistiche e opere concrete: dipinti, opere su carta, oggetti, documenti.
«Dalle ricerche che hanno sotteso questa esposizione – anticipano i Curatori – sono emersi anzitutto il valore e il ruolo “rivoluzionari” delle pratiche artistiche all’interno della società russa a cavallo tra XIX e XX sec., a partire dalla sotterranea e decisiva matrice letteraria della cultura russa ottocentesca, e qui basterà ricordare almeno i nomi di Blok, Achmatova, Mandel’stam, Pasternak, Majakovskij. Ma fu una rivoluzione complessiva, che si è estesa alla pittura (esiste un’arte prima dell’Astrattismo e una successiva, quella in cui ancora oggi viviamo) e poi alla grafica, alle scenografie, alla musica, per registrare infine le origini dell’esperienza del cinema, che qualche anno dopo si sarebbe concretata nel magistero di Ejzenstejn e Vertov».
Questo affascinante percorso, fatto di continue intersezioni tra le Arti e la Storia, è offerto in mostra, all’interno del magnifico Palazzo Attems Petzenstein, con il ricorso a una sofisticata multimedialità, a complemento dell’esposizione di una sequenza spettacolare di oltre cento opere concesse da alcune delle principali istituzioni moscovite, in gran parte dalla Galleria Tret’jakov, cui si aggiungono il Museo delle arti decorative e applicate e il Museo di Storia contemporanea della Russia (già Museo della Rivoluzione), nonché il Fondo Alberto Sandretti presso la Fondazione Feltrinelli di Milano.

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Rivoluzione d’Ottobre
Da Djagilev all’Astrattismo (1898-1922)
Dal 21 dicembre 2017 al 25 marzo 2018

Gorizia
Palazzo Attems Petzenstein

Informazioni:
tel. 348 13047 26 – 0481 547541

Orario:
10-18
chiuso il lunedì

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De Canino: Per non dimenticare

In occasione degli ottanta anni dalla promulgazione delle leggi razziali in Italia (1938-2018), la Casa della Memoria e della Storia di Roma ospiterà la mostra personale Georges de Canino la notte è scura / Collage contro il terrore 1978-1983, a cura di Bianca Cimiotta Lami e Simone Aleandri.

De Canino è un artista di religione ebraica attivo a Roma dai primi anni settanta e molto noto per il suo lavoro di recupero della memoria, di rifiuto del fascismo e profonda denuncia sociale.

Le opere in mostra sono una silloge di circa quaranta lavori su carta di grande formato realizzati con interventi pittorici su basi cartacee assemblate attraverso collage di fotografie e documenti di riviste originali di propaganda fascista. Le opere, che formano un corpus unico e coerente, sono state realizzate in due momenti cronologicamente distinti. Il primo negli anni 1978 e 1979 in reazione al terrorismo, di tutte le matrici, brutalmente attivo nell’Italia degli anni di piombo ed il secondo nel 1983, in seguito all’attentato alla Sinagoga di Roma, di matrice arabo palestinese, in cui perse la vita il piccolo Stefano Gaj Taché. Saranno esposti, inoltre, cinque studi preparatori delle due grandi tele in esposizione permanente presso il Museo delle Fosse Ardeatine a Roma, realizzati con la tecnica della tempera e china su carta, che l’artista dedicò alla memoria delle ventisei vittime adolescenti trucidate nella strage.

Per l’occasione sarà stampato un catalogo molto esaustivo e ricco di saggi e contributi umani. Fra tutti ci limitiamo a citare un’antologia di scritti critici, in alcuni casi inediti o parzialmente tali, relativi al decennio esaminato dalla mostra, di figure del calibro del Rabbino capo Elio Toaff, Maurizio Fagiolo Dell’Arco, Renato Guttuso, Mario Verdone, Giulio Carlo Argan, Giovanna della Chiesa e dei poeti surrealisti Philippe Soupoult e Jacques Baron.

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Georges de Canino
La notte è scura
Collage contro il terrore 1978-1983
Dal 23 gennaio al 28 febbraio 2018

Casa della Memoria e della Storia
via San Francesco di Sales, 5
Roma

Informazioni:
tel. 060608 – 06/6876543
Dal lunedì al venerdì, 9.30 – 20.00

a cura di Bianca Cimiotta Lami e Simone Aleandri

Ingresso libero

Inaugurazione – martedì 23 gennaio 2017 ore 17.30

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Immaginando Verdi

Arte contemporanea e Verdi, un modo per mostrare cosa si cela dietro l’evento corale visivo “amor Verdi pensiero” ideato dall’artista Alessandro Piccinini e curato anche dagli artisti del presenteismo Carlo Vigevani, Ugo Bongarzoni, Marina Visvi. Il progetto si pone su un filo conduttore che sta dietro le suggestioni e gli spunti emozionali provenienti dal variegato, immenso universo verdiano. Le opere di 220 artisti, tra cui Luigi Massimo Bruno, Ugo Bongarzoni, Francesco Filincieri, Antonella Catini, Franco Ferrari, Nino La Barbera, Gianleonardo Latini, Luciano Lombardi, Lillo Messina, Savatore Provino ecc. filtrate in una sfolgorante messa in scena dell’arte come strumento di seduzione, come genesi e viatico di una contemporaneità segmentata in tutte le minime pieghe della sua essenza, si manifestano in una sorta di teatro di massa per aprirsi alle più diverse espressività tecniche, ma soprattutto per portare sempre più l’arte verso la vita. In “amor Verdi pensiero” vediamo sorgere tra colori e metamorfosi comparative una versione corposa e modulata, in particolare sulla dicotomia tra interiorità ed esteriorità.

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AMOR VERDI PENSIERO
Dal 15 dicembre 2017 al 31 gennaio 2018

Biblioteca Comunale “Aldo Fabrizi”
via Treia, 14
Roma

Tel. 0645460730

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Arazzi di carta

In mostra tre cartoni preparatori, ciascuno appartenente a uno dei cicli che ritraggono le Storie di Costantino, la Vita di Cristo e le Storie di Urbano VIII.

Le serie prescelte sono le più importanti delle sette volute dal cardinal Francesco e prodotte dall’arazzeria Barberini, lungo un arco di circa cinquant’anni di attività.

I cartoni, che escono per la prima volta dai depositi dopo vent’anni, costituiscono un’occasione irripetibile per conoscere una delle più fastose committenze della famiglia, ancora poco nota al grande pubblico.

Sebbene la tecnica della tessitura ad arazzo abbia origini antichissime, nel Seicento divenne strumento di ostentazione dello status sociale delle famiglie altolocate: possedere un’arazzeria era segnale di grande prestigio e ricchezza.

Grandi pittori e artisti dell’epoca erano chiamati a dipingere il disegno preparatorio dell’arazzo: è il caso del ciclo con le Storie di Costantino, alla cui intera ideazione sovrintese Pietro da Cortona. La serie della Vita di Cristo (composta di 12 grandiosi arazzi, di cui le Gallerie Nazionali Barberini Corsini posseggono 8 cartoni) è opera di Giovan Francesco Romanelli, e viene rappresentata in mostra dalla Natività, mai esposta al pubblico fino ad ora. Il ciclo di arazzi con la Vita di Urbano VIII, progettato dalla scuola di Pietro da Cortona, era destinato a decorare il grande salone di Palazzo Barberini.

In mostra anche il Ritratto di Urbano VIII di Pietro da Cortona, in prestito dai Musei Capitolini, e la Visita di Urbano VIII al Gesù (1642-1643) di Andrea Sacchi, Jan Miel e Antonio Gherardi, esposta l’ultima volta negli anni Ottanta del Novecento.

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Glorie di carta
Il disegno degli arazzi Barberini
Dal 20 dicembre 2017 al 22 aprile 2018

Gallerie Nazionali di Arte Antica – Palazzo Barberini
via delle Quattro Fontane, 13
Roma

Orario:
martedì domenica
8.30 – 19.00
la biglietteria chiude alle 18.00

chiuso il lunedì, 25 dicembre, 1° gennaio

Ingresso:
Intero 12 € – Ridotto 6 €
(fino al 22 gennaio, compreso l’esposizione di Parade di Pablo Picasso)

Intero 10 € – Ridotto 5 € (da martedì 24 gennaio)

Informazioni:
tel. 06-4824184 | email: Gan-aar@beniculturali.it

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la mostra a cura di Maurizia Cicconi e Michele Di Monte

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Grazie Puigdemont! Surrealista convinto

di Leonardo Servadio

Grazie Carles Puigdemont, presidente della Generalitat, il governo regionale – o nazionale diresti tu – più assurdo del mondo. Grazie per aver interpretato con tanta devozione il tuo mandato in quella seconda patria del surrealismo (dopo la Francia) ch’è la Catalogna. Certo Dalí e Miró avrebbero fatto meglio di te: più navigati, più intellettuali forse, certo più capaci di comunicare e avvincere.

Tu in fondo non hai fatto altro che cercare di portare alle estreme conseguenze quanto ti sei trovato in mano già cucinato dai tuoi predecessori, Jordi Pujol e Artur Mas: anche loro ben più navigati di te e consci di quel che la politica vera è: avvincere le folle con scintille di demagogia, mentre pian piano vengono derubate dei loro denari e delle loro illusioni.

Tu, come un qualsiasi votante, sei caduto nella trappola: hai creduto che quel che avevano preparato i tuoi predecessori dovesse veramente essere compiuto. Che veramente l’indipendenza catalana dovesse essere raggiunta: che fosse un mandato storico, una vocazione le cui radici affondano nei secoli e che ora, proprio ora, sotto la tua illuminata guida, potesse attuarsi, in ciò concretando i sogni di generazioni passate.

Sembra che tu ci abbia fermamente creduto: a differenza di quanto fecero i tuoi predecessori, intenti da un lato ad agitare manifesti politici e dall’altro a compiere quel che fanno, se non tutti, certo moltissimi tra coloro che raggiungono posizioni di potere: accumular denari in conti esteri e garantirsi un blasone di nobiltà da passare alle future generazioni della propria famiglia. È quanto han fatto i tanti mercanti di schiavi arricchiti, i cui successori oggi sono “leader”: tra questi, appunto l’ineffabile Artur Mas.

Tu invece, piccolo Puigdemont, emerso da qualche scantinato di Girona, hai creduto davvero alla politica. Pensavi di riscrivere la storia, di fare giustizia dei soprusi avvenuti nei secoli. Hai ravvisato tale giustizia nella separazione: grandiosa idea, che hai evidentemente poppato sin dall’asilo politico frequentato al tempo delle prime amministrazioni catalane postfranchiste guidate da Pujol, quando questi si impegnò a imporre il verbo catalanista nelle scuole: l’idea che l’essere catalani fosse meglio che esser spagnoli; e che la Catalogna fosse la grande derubata dallo stato centrale a detrimento dei livelli di vita dei poveri catalani – mentre lui, Pujol, imboscava nei suoi conti in Andorra milioni su milioni prima di pesetas, poi di euro.

Tu ci hai creduto, piccolo Puigdemont: in questo sei stato grande. Hai fatto politica come uno che veramente ci crede. Questo già di per sé è un grande merito – anche se è di quelli scivolosi, pericolosi, che nella storia han dato luogo a tante catastrofi: a partire dai comunismi di varia sorta che hanno tempestato il XX secolo, tutti sorti sull’onda di commozioni giustizialiste, tutti affogati al meglio nell’infamia di burocrazie inefficaci e corrotte, o alla peggio annaspanti nel sangue e nella violenza.

Ma il tuo più grande merito, con l’assurdità surreale del referendum illegale dai risultati privi di senso che hai voluto svolgere il 1 ottobre 2017 anche se era stato dichiarato incostituzionale – in cui ha votato poco più del 40 percento degli aventi diritto, esprimendo voti contati chissà come e chissà da chi, in una specie di festa popolare dove sembrava che ognuno dicesse la sua mentre la polizia nazionale a sua volta assurdamente mobilitata da Rajoy all’ultimo istante cercava con mossa insensata di chiudere quei seggi elettorali che tali non erano, quasi a darvi una legittimità che comunque non avrebbero avuta… Il tuo più grande merito, si diceva, è stato di aver compiuto un gesto politico: di aver fatto qualcosa, e così di aver provocato qualcos’altro: un altro gesto politico importante.

Hai svegliato la gente della Spagna che s’è come scossa dal torpore e s’è resa conto – foss’anche per qualche breve istante – che pur con tutto il mastodontico marchingegno di burocrazie e di voti di cui si ricoprono le democrazie, era stata spodestata, tradita, ingannata, abbandonata… e s’è mossa: contro di te, perché tu, piccolo Puigdemont, hai fatto la scemenza…

Forse hai pensato che dopo Brexit, dopo l’assurda elezione dell’assurdo Trump negli USA, dopo le vittorie dei tanti partiti tipo AFD di antieuropeisti, antisistema, antigoverno, antitutto, dietrologi che pensano si divenire chissà chi per gridare a squarciagola nelle asettiche trame dei social contro questo e contro quello, supponendo di trovare verità nascoste e mai rivelate prima che Internet desse a tutti una voce: forse hai pensato che dopo tutto questo avesse molto senso che la Catalogna si separasse alfine dalla Spagna, anche se tale volontà sarebbe stata espressa, secondo i conti che tu stesso hai presentato al mondo (ove non si tien conto di quelli che han votato tre o quattro volte) da circa il 36 percento degli elettori catalani. Ovvero da una decisa, netta, evidente minoranza.

Puigdemont nel parlamento catalano: firma la dichiarazione di indipendenza il 10 ottobre 2017 e contestualmente cautelativamente la sospende.

Che fosse una minoranza esigua non ha fatto vacillare il tuo cuore di democratico indipendentista, ma soprattutto di interprete surrealista di una realtà immaginata: da buon ideologizzato ti basta la tua convinzione: avresti dichiarato subito l’indipendenza come cosa fatta. Anche se non hai la minima idea di come si gestisce un paese, di come si fan funzionare i trasporti pubblici, gli ospedali, il sistema bancario, la moneta, le scuole, le fabbriche, il sistema impositivo… Ti sembrava che tutto sarebbe stato semplice, che tutto il mondo ti avrebbe seguito, come in un sogno…

Piccolo Puigdemnt, da buon surrealista hai pensato che la realtà fosse quella che dipingi nei quadri assurdi di una piazza barcellonese piena di bandiere urlanti. Non è così che funzionano gli stati. E anche se da anni la Catalogna spende cifre non indifferenti per foraggiare pseudo diplomatici propri, non avresti trovato sostegno in alcuna delle cancellerie degli altri paesi, per non dire delle organizzazioni sovrannazionali…

Anche se i giornalisti che si sentono progressisti (i tanti che come Concita de Gregorio arrivano a Barcellona all’ultimo minuto e pensano di capire tutto probabilmente senza sapere nulla di quel che accade), per qualche giorno ti hanno presentato al mondo come la vittima di uno stato-padrone, cattivo e violento che manda i poliziotti a manganellare anziché blandire con dolci e coccole chi vuol secedere, tu in realtà di progressista proprio non hai nulla. Sei esponente dei più retrogradi tra i retrogradi – un tempo si sarebbe detto di “destra”, fascisti o qualcosa del genere, ma oggi è difficile appiccicare etichette, visto che tutto s’è confuso. Il secessionismo catalano ha origini, tra l’altro, carliste: solo a metà ‘900 è stato traghettato nel campo progressista dal fatto che si oppose al centralismo franchista. Ma è quanto di più reazionario ci sia, e non per questi motivi ormai appartenenti a una storia passata, che in fondo lasciano il tempo che trovano: è quanto di più reazionario perché appartiene esattamente allo stesso fenomeno rappresentato da Trump, da Brexit e dal tedesco AFD: demagoghi che raccolgono il malcontento e vi danno forma di rivolta contro la tendenza sorta nel secondo dopoguerra a rendere sempre più stretti i rapporti tra i Paesi del mondo, e a evitare gli egoismi nazionalisti che sempre nel corso della storia han dato luogo a disastri bellici.

Carles Puigdemont

Ma hai il grande merito di esser sostanzialmente innocuo, o meglio, di esserlo diventato perché la stragrande maggioranza degli spagnoli, e probabilmente anche la stragrande maggioranza dei catalani, s’è svegliata di fronte alle tue mosse maldestre e ora ti addita come traditore.

Non ti arresteranno né ti metteranno in carcere, come accadde al tuo predecessore Luís Companys: non dovrai andartene in esilio. Speriamo solo che riescano ad esorcizzare i fantasmi nazionalisti che hai voluto a tutti i costi tirare fuori dalla boccetta, e riescano a rimetterli dentro senza far troppo casino; poi tu scenderai in una meritata oscurità: speriamo (perché l’altra soluzione passa attraverso il caos per la Spagna e quindi di riflesso per l’Europa).

Ma il mondo, almeno ora, ti deve essere grato: perché hai dato uno scossone alla politica. Questa sonnecchiava infatti nel tran tran della burocrazia. Anche il grande Brexit in fondo non è stato altro che un enorme gesto burocratico: perché l’han fatto bene, con tutti i crismi della votazione democratica fatta come si deve. E anche quel buffone di Trump è venuto a noia: la sceneggiata dello scontro con Kim Yong-un dopo qualche settimana ha perso interesse – s’è capito che né i cinesi, né l’apparato militare americano l’avrebbe lasciato fare: il suo ruolo è semplicemente ridotto a quello di intrattenersi coi Twitter e di deliziare il numero sempre più esiguo di suoi sostenitori. E non diciamo dell’Italia, dove politica e burocrazia da sempre o quasi fanno tutt’uno. E del tormentone di che cosa farà Renzi, e di quanto ancora potrà dividersi la sinistra, o se e quanto potrà ricompattarsi la destra, e di come cambiare il sistema elettorale per favorire questo piuttosto che quello schieramento… uno spettacolo stantio in cui non si nasconde altro che noia: un andirivieni destinato a non finire mai di dichiarazioni soppesate parola per parola per non dire mai niente. Perché l’Italia è finita tempo addietro, con Tangentopoli: quando doveva finire la corruzione e invece questa s’è generalizzata, poiché s’è inteso che non v’è altro che fa testo da queste parti; ed è tanto più finita quando la ‘ndrangheta e la Camorra hanno preso il sopravento sulla Mafia (o con la Mafia?) nel controllare i flussi di droga e di profughi e gran parte dell’economia del paese: malgrado tutte le votazioni e i tanti partiti, non è con votazioni e partiti che si governano Mafia, ‘ndrangheta, Camorra e le altre organizzazioni consimili che sembrano le uniche capaci di esprimere ordine e risolutezza nel nostro paese.

E anche Brexit è in fase di stanca: discussioni che si protraggono senza condurre a nulla. La dinamica tra occidente e Russia s’è pietrificata attorno allo stucchevole dibattito su quanto i troll russi sappiano influire sulle opinioni pubbliche occidentali. E in Russia tutto ruota attorno a Putin e a quelli che vogliono fargli le scarpe e finiscono regolarmente in galera.

Ormai sa un po’ di noia anche che la Cina avanzi e sarà ben presto la maggiore superpotenza: l’hanno capito tutti, e lì gli apparati burocratici funzionano, ameno per ora, perfettamente e senza scossoni (con buona pace delle migliaia di giustiziati all’anno).

Cane da pastore catalano.
Presidente della Comunità autonoma di Catalogna, Carles Puigdemont

 

 

 

 

 

 

 

 

Solo tu, giovane Puigdempont, tenerello con quella frangetta che ricorda quella di tanti amici dell’uomo (ma tu ti distingui perché hai gli occhiali), hai dato uno spettacolo politico degno di questo nome: hai tenuto l’Europa per qualche giorno col fiato sospeso: tu che con la tua aria sparuta e sperduta celebri Companys e ti dichiari pronto a far la sua fine (fu giustiziato dal regime franchista ma, come si diceva sopra, la Spagna democratica neppure ti metterà in galera, lo sai bene), come se vivessimo due secoli fa e in novelli impeti quarantotteschi dovessimo ancora gettarci nella mischia brandendo le Ultime Lettere di Jacopo Ortis e Le Mie Prigioni, stracciandoci le vesti per cacciare il barbaro invasore.

Grazie Puigdemont: ci hai fatto divertire per un paio di settimane. Ora non ci resta che aspettare che qualche pietoso letterato, tra i tanti che si trovano in giro di questi tempi, sceneggi fantasiosamente le tue gesta. Se lo si troverà, forse avrei modo di passare anche tu alla storia, con frangetta, occhiali, aria sparuta e tutto.

Per ora abbiti la nostra gratitudine: sarai piccolo, maldestro, retrogrado e assurdo, ma ci hai fatto divertire: un poco di surrealismo in fondo sei riuscito a popparlo, pure tu.

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