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Utrecht e nuove conoscenze

Si conclude oggi il nostro viaggio in Olanda, con una delle città più magiche di tutto il Nord Europa: Utrecht, un tesoro nascosto. A farci compagnia anche un’amica berbera, pronta a stupirci con luoghi incredibili.

30 minuti di treno per il paradiso

Dopo aver vagato per le strade di Amsterdam, è tempo di esplorare anche il resto del paese. Vista la sua piccola superficie, infatti, sarebbe un crimine non fare anche una tappa nelle vicine cittadine, tutte incredibilmente vicine. Assieme al mio ospite scegliamo di optare per l’ultimo giorno, in modo da poter incontrare mio cugino nel quartiere a luci rosse e prendere il primo treno per Utrecht, città leggendaria per ogni amante del calcio. Pur essendo entrambi fan sfegatati del Milan, però, la meta è scelta per un altro motivo. Una ragazza di mia conoscenza vive infatti in Olanda ma a circa 2 ore da Amsterdam, la città di Van Basten ci sembra allora un perfetto punto d’incontro, grazie anche al suo centro storico, fra i più belli della terra d’Orange.

Utrecht
Amsterdam

Appena 30 minuti di treno e facciamo il nostro ingresso nella stazione, sicuramente una delle più belle che abbia mai visto (e purtroppo non fotografato) con edifici che si uniscono continuamente alle luci del cielo, fornendo immagini davvero incredibili per forme e colori. Ci addentriamo subito nel centro storico, molto simile a quello della capitale ma più “protetto”. L’architettura cittadina sembra infatti rimasta al 1400, permettendo un vero e proprio salto nel tempo, frenato solo dalle moderne strutture della periferia, creando contrasti che permettono di apprezzarla al meglio.

Il miglior coffee shop d’Olanda

Oggettivamente, non si poteva stare in Olanda senza sperimentare un coffee shop come si deve, la nostra amica saprà rimediare, portandoci in quello che, senza timor di smentita, è il più bello del paese: lo Hi / Lo Smoking Club. Una volta terminato il nostro viaggio nella parte storica, ci dirigiamo allora verso la struttura, all’apparenza quasi invisibile rispetto agli altri bar e negozi che popolano la zona. Acquistiamo 4 “sigarette” e veniamo fatti accomodare in una sala bianca che ricorda, per stile, alcune strutture de “La Fabbrica di cioccolato” di Tim Burton. La nostra accompagnatrice, però, nota anche un piano sotterraneo, una volta giunti scopriamo una sorta di piccolo paradiso.

Utrecht
canali

La sala è proprio come quella che mi sarei sognato: lunghi divani senza braccioli simil marocchini, tanto silenzio e la possibilità di accendere la musica che si vuole, un sogno semplice, economico e meraviglioso. Passiamo qualche ora a fumare e parlare di Tunisia, Turchia, sufismo e vite, in un luogo nel quale ci sentiamo profondamente legati e collegati. Dobbiamo quasi violentarci per uscirne ma vale la pena sforzarsi, le sorprese non sono ancora finite.

Case magiche

Bruciamo i nostri acquisti su una panchina vicino ad un canale e poco dopo ci addentriamo in una delle zone residenziali più incantevoli che abbia mai visto. Ogni casa ha la sua particolarità, il suo tocco di genio e uno spazio verde per meditare e respirare la magica natura intorno. Si passa da case simili a quelle della Londra operaia ad altre che ricordano appieno il centro storico sopracitato; ciascuna di esse sembra seguire un proprio ritmo naturale fatto di calma e convivialità, una sorta di buen retiro all’interno della città. Molte delle case, poi, si affacciano proprio sui canali, rendendo le barche ormeggiate parte integrante del paesaggio e della tranquillità che penetra negli occhi di chi le osserva.

Utrecht
L’unica foto scattata ad Utrecht, non volevamo rovinarvi la sorpresa

Basta proseguendo per la strada torniamo nella zona vicina alla stazione, uno stacco incredibile e che risalta per la vicinanza delle due diverse strutture. Solo una strada divide infatti il vecchio mondo dal nuovo, apparendo come un muro invisibile attraverso cui il tempo cambia velocità. Vi assicuro che il tramonto alla stazione di Utrecht non può lasciare indifferenti, visti anche gli svariati giochi di luce costruiti ad hoc e che mostrano colori ed immagini diverse in base alla propria posizione. Purtroppo è già tempo dei saluti, facciamo prendere il treno alla nostra amica e ci dirigiamo ad uno dei tanti bei kebab della stazione, ancora stregati per le tante suggestioni della città. Se passate per l’Olanda non potete perdervela, è letteralmente magica.

In questi giorni continueremo a parlarvi dell’Olanda e del nostro viaggio.

“Il verbo degli uccelli” di Farid ad Din Attar

Considerato il capolavoro di Farid ad Din Attar, maestro del più celebre Rumi, l’opera tratta di un gruppo di uccelli messosi alla ricerca di Simurgh, leggendario re dei volatili.

Il verbo degli uccelli

“Vennero un giorno a parlamento tutti gli uccelli della terra, i noti e gli ignoti. “Non esiste luogo al mondo”, dissero, “che non abbia un re: perché mai sul nostro paese non regna un sovrano? Se ci uniamo in fraterno sodalizio, potremo partire alla ricerca di re, essendo chiaro che l’ordine e l’armonia non regnano tra sudditi privi di un sovrano.” Fu allora che l’Upupa, eccitata e trepidante, balzò al centro dell’inquieta assemblea.

Attar
La riunione degli uccelli

Sul petto portava la veste di chi conosce la via, sul capo la corona della verità. Lungo la via aveva affinato la mente, era venuta a conoscenza del bene e del male. “Amici uccelli”, cominciò “in verità io sono il corriere della divina maestà, il messaggero dell’Invisibile…””

Alla ricerca di Simurgh

Questo l’incipit de “Il verbo degli uccelli”, considerata il capolavoro di Farid ad Din Attar, maestro dell’ancor più celebre Rumi (o Mevlana se siete turchi). L’opera usa come stratagemma narrativo la ricerca degli uccelli, al fine di portare il lettore in un vero e proprio percorso mistico. I volatili saranno infatti convinti dall’Upupa nel mettersi alla ricerca di Simurgh, leggendario re degli uccelli della mitologia persiana, posto a guardia dell’albero dei semi ed a quello dell’immortalità.

“Amore è l’essenza perenne di tutte le creature, ma se non è congiunto a dolore non può ritenersi perfetto. Agli angeli fu dato amore, non dolore; il dolore non si addice che all’uomo” Farid ad Din Attar

La ricerca, però, non sarà priva di fatiche e le bestiole dovranno affrontare ben 7 diverse valli che ne testeranno virtù e doti. Solo in 30 riusciranno a giungere al cospetto del leggendario Signore, scoprendo però qualcosa di incredibile…

Scoprendo sé stessi

Troveranno infatti davanti a loro uno specchio, realizzando che “Simurgh” può essere facilmente trasformato in “si murgh”, che in persiano vuol dire, appunto, 30 uccelli. Attraverso questo percorso, infatti, i protagonisti hanno annullato sé stessi per raggiungere l’Amato, riuscendo de facto a diventare parte di esso. Non a caso, una delle metafore sufi preferita da Attar è quella “della falena e della candela”. In questo racconto si elogia appunto l’insetto, tanto innamorato della luce divina da arrivare persino a bruciarsi pur di assaporarla appieno.

Attar

Lo specchio, inoltre, non mostrerà comunque agli uccelli chi erano, quanto più chi sono oggi, collegandosi, così alla vita dello stesso maestro sufi che, non a caso, viaggiò moltissimo. All’interno di ogni valle verranno comunque raccontate storie, in modo da permettere al lettore di comprendere tramite metafore, in un approccio del tutto simile a quello utilizzato dai maestri taoisti.

Il sufismo di Attar

In quest’opera, d’altronde, sono frequentissimi i richiami ad un pensiero che si pone fra Oriente ed Occidente, incorporando tutto ciò che vi è nel mezzo. Come il taoismo, in particolare, Attar mette in luce una sorta di equilibrio costante e fragilissimo che circonda l’universo, al quale è necessario sottostare per andare avanti. Ne è un esempio la valle della privazione e dell’annientamento, l’ultima prima di raggiungere l’Amato. Solo attraverso la perdita, infatti, sarà possibile colmare il vuoto con il proprio Signore, in un meccanismo che fila perfettamente con il ciclo costante dello Ying e dello Yang.

Attar

La differenza con la filosofia di Lao Tzu, però, sta nel ruolo dell’amore, assolutamente centrale ed imprescindibile per il mistico di Nishapur. Solo attraverso il massimo amore, infatti, si riuscirà a raggiungere la vera unione con il proprio Signore, meta finale di chiunque si sia messo alla sua ricerca. Il lavoro di Attar influenzerà poi moltissimo quello di Rumi, suo allievo, ponendo le basi di gran parte della filosofia sufi successiva. Un’opera da avere assolutamente.

Khalid Valisi
del 3 agosto 2019
Articolo originale
dal blog Medio Oriente e Dintorni


Il verbo degli uccelli
Farid ad-din Attar
Curatore: C. Saccone
Editore: SE
Collana: Conoscenza religiosa
Anno edizione: 2007
In commercio dal: 3 luglio 2014
Pagine: 239 p., Brossura
Prezzo: € 25,00

EAN: 9788867231065


Galata, piede italiano ad İstanbul

Da sempre ponte fra due mondi, la città di İstanbul fu uno snodo centrale per il commercio delle Repubbliche marinare, le quali proprio qui posero alcuni dei propri centri più importanti. Menzione d’onore, naturalmente, per Galata, un possedimento genovese destinato a far la storia di questa città.

Colonia genovese

 Come tutte le altre Repubbliche, anche Genova aveva fondato la propria base commerciale nell’allora Costantinopoli, in un luogo separato dal resto della città e fino ad allora chiamato Sykais Peran, alla lettera: Il campo di fichi dall’altra parte. Sarà la Quarta crociata, però, a trasformare definitivamente in genovese il quartiere, legando per sempre la sua storia al Bel Paese. Durante quest’ultima, infatti, i crociati, capeggiati da Venezia, misero a ferro e fuoco la città, fondando l’Impero latino di Costantinopoli e creando la spaccatura che tutt’oggi esiste fra cattolici ed ortodossi. I genovesi, però, aiutarono i bizantini a riprendere il controllo della città e così, nel 1273, il quartiere di Galata venne donato Michele VIII Paleologo ai liguri.

Galata
İstiklal Caddesi a Galata

La colonia crebbe e prospero, diventando senza dubbio l’insediamento italiano più storico al di fuori della Penisola e permettendo ai suoi abitanti incredibili ricchezze e rotte privilegiate verso la Crimea, all’epoca centro nevralgico per il commercio di pellicce. Nel 1453, essendo certi della capitolazione della città, non fecero troppe resistenze alla conquista ottomana, consegnando, anzi, di propria spontanea volontà le chiavi della celebre torre di Galata.

Galata

Le fortune del quartiere non finirono, però, con la conquista turca venendone agevolati in moltissimi aspetti. L’Impero tenderà infatti a suddividere i popoli per fede, piuttosto che per etnia, e ciò porterà le anime cattoliche della città a riunirsi proprio in questa zona, trasformandola in una delle vie principali della città per il commercio.

Galata
İstiklal Caddesi a Galata

La cosiddetta “Nazione latina”, composta sopratutto da italiani e francesi, godrà di un ruolo privilegiato nel traffico di mercanzie e nel ruolo di ambasciatori, situazione ulteriormente favorita dalle “capitolazioni” ottomane. Tramite questi trattati, i cittadini stranieri residenti nell’Impero venivano giudicati secondo la propria giurisdizione, cosa che gli permise spesso di ottenere condizioni agevolate rispetto ai locali. Con le guerre fra Italia e Sublime Porta, il quartiere venne pian piano svuotato della sua popolazione italica, che tuttavia risiede ancora oggi nel luogo fondato dai propri antenati. Un pezzo d’Italia in Turchia. (Non a caso il Galatasaray è tutt’oggi il club calcistico più “europeo” di Turchia)

“Amore nei giorni della rivolta” di Ahmet Altan

Vi presentiamo finalmente il secondo capitolo di “Quartetto ottomano”, una serie di Ahmet Altan che ci porterà in un’Istanbul più che mai infuocata. I Giovani Turchi sono alle porte e il trono del sultano comincia a farsi sempre più traballante…

Amore nei giorni della rivolta

Il romanzo si apre subito dopo il tentativo di suicidio di Hikmet Bey, figlio del medico personale del sultano, mentre cerca di dimenticare la donna all’origine della sua tristezza, la sua sposa, la bellissima e superba Mehpare Hanım. Mentre in un ospedale di Salonicco Hikmet ritrova lentamente le forze e la voglia di vivere, le cose cambiano nella capitale ottomana. Il potere del sultano è minacciato, si prepara la rivolta, le strade di Istanbul diventano teatro di ogni violenza. Siamo alla vigilia di un episodio della fine dell’Impero: la controrivoluzione del 31 marzo 1909.

Seconda parte

“Amore nei giorni della rivolta” ci riporta alle magiche atmosfere che avevamo lasciato in “Come la ferita di una spada“, unendo ad esse una situazione politica sempre più intricata ed approfondita. Se nel precedente romanzo eravamo alle origini della rivolta, qui è lei a far da padrona, condizionando la vita di tutti i personaggi che saranno costretti ad adattarsi o a perire. Probabilmente è proprio questa la novità più grossa di questo secondo capitolo, in grado di stravolgere l’approccio dei protagonisti al loro stesso ambiente. Emblema assoluto di tutto ciò saranno il Sultano Abdul Hamid II ed Hikmet Bey.

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Il sultano Abdul Hamid II, l’ultimo ad esercitare un reale potere nell’Impero ottomano

Il primo, in un certo, è il vero protagonista dell’opera, incarnando perfettamente la malattia che affligge l’Impero e che, fin da subito, sembra destinata a distruggerlo. Fin dal primo momento, infatti, non vi saranno dubbi sul destino di questa rivolta, così come riguardo a quello del sovrano in carica. Molto poetico, poi, come verranno descritti gli alloggi del sultano, ormai belli da fuori ma in rovina al proprio interno. Hikmet Bey invece, personaggio attivo per eccellenza nel primo romanzo, subirà un’incredibile evoluzione che, probabilmente, rappresenta il movimento dell’intera sommossa popolare.

Distruggere per creare

Se nel primo capitolo era il seduttore per eccellenza, in “Amore nei giorni della rivolta”, il personaggio sarà costretto ad costruire assolutamente da zero la sua fama, preoccupandosi a lungo di sopravvivere più che di vivere. Sono molto lontani i fasti di un tempo, ciò però darà al personaggio la possibilità di ri-iniziare da capo la propria vita, eliminando per sempre ciò che lo aveva fatto soffrire e ponendo le basi per un futuro che non avrebbe mai immaginato.

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Enver Pasha

Altro personaggio dalla storia simile è poi Ragıp Bey, militare dal forte senso di giustizia unitosi ai Giovani Turchi per ripristinare l’ordine nell’Impero. Sarà attraverso i suoi occhi che osserveremo la rivolta e le conseguenze, riuscendo fin da subito ad intuire quale sarà il futuro del paese. Con sempre più insistenza, infatti, inizieranno a risuonare i nomi di Enver Bey, Talaat Pasha e Mustafa Kemal, personaggi che segneranno per sempre la storia di Turchia, andando ad occupare ogni libro di storia.

Una citazione

“Non giudicare mai nessuno con il tuo metro di giudizio, ognuno dev’essere giudicato con il proprio. È immorale chi tradisce le proprie convinzioni, non le tue.”

Sheikh Yusuf Effendi

Scritto benissimo e completo, “Amore nei giorni della rivolta” vi svelerà uno dei periodi più duri e nascosti della storia ottomana, risultando interessante sia sotto l’aspetto narrativo che storiografico.

Khalid Valisi
del 20 luglio 2019
Articolo originale
dal blog Medio Oriente e Dintorni


Amore nei giorni della rivolta
di Ahmet Altan
Traduzione:Barbara La Rosa Salim
Editore:E/O, 2019, p. 480
Prezzo: € 19,00

EAN:9788833570785


Armenia, la terra dei figli di Hayk

Piuttosto che concentrarci su un singolo stato, abbiamo pensato che un’introduzione ai luoghi e le culture del Caucaso fosse più interessante. Motivo per cui, dopo avervi mostrato l’Azerbaijan, passiamo all’Armenia.

Figli di Hayk

Gli armeni fanno risalire le proprie origini ad Hayk, un leggendario guerriero della regione che uccise il Nimrod, leggendario re mesopotamico. Oltre che a mostrare fin da subito i nemici naturali di questo popolo, il mito è ancor più interessante se si guardano alle origini del patriarca armeno. Egli era infatti discendente di Noè, il quale si fermò con la sua Arca proprio sul monte Ararat, luogo carico di sentimento e significato per questo popolo.

Armenia
Erevan

Alle origini mitiche, però, a lungo non seguì un impero e solo dopo grandi conflitti con gli ittiti nacque il primo regno locale. Quest’ultimo, però, vivrà assai a lungo un periodo di disordini politici, passando per le mani di: romani, parti, bizantini, sassanidi, arabi, mongoli e persiani. Nel 301 divenne il primo stato cristiano della Storia e dal 884 al 1045, però, il regno armeno godette di un’incredibile espansione sotto la dinastia dei Bagratidi, riuscendo in breve tempo a svilupparsi in tutta la regione.

Ani e turchi

Quest’ultimi costruirono la roccaforte di Ani, immensa città medievale, in grado di contenere fino a 100’000 abitanti. La nuova capitale era tanto ricca da essere paragonata a Baghdad, Roma o Costantinopoli e venne, anche per questo, soprannominata la “città dalle 1001 campane”. Le sorti di questa antica metropoli, in realtà, sono una perfetta metafora di ciò che accadde al resto del paese. Dopo lunghe guerre, infatti, la città cadde sotto il controllo dell’Impero ottomano nel 1579, avviando da allora un periodo di costante declino.

Armenia
Ricostruzione di Ani

Nel 1878, la regione di Kars cadde sotto il controllo dell’Impero russo, il quale ne sponsorizzò molto la rinascita anche in vista di una sempre più forte insofferenza armena verso i loro precedenti signori. Gli Ottomani avevano infatti donato loro grande dignità ad Istanbul istituendo il Patriarcato armeno, nel resto dell’Anatolia, però, la situazione non era sempre la stessa. Ciò farà sì che durante la Prima guerra mondiale, l’Impero ottomano attuerà uccisioni e deportazioni di massa, durante il quale moriranno dai 200’000 ai 1’800’000 armeni. Tali atti prenderanno poi il nome di Genocidio Armeno, uno dei momenti più bui di tutta la storia turca e caucasica. Con la sconfitta ottomana, vengono restituiti ai discendenti di Hayk gli antichi domini dell’Armenia storica,che vengono però, in buona parte, rapidamente riconquistati dai turchi, i quali proveranno anche ad eliminare definitivamente la fortezza di Ani, riuscendovi solo in parte.

Sfortunatamente per loro, gli Armeni non rivedranno il proprio stato autonomo fino al crollo dell’URSS, prima del quale saranno posti sotto la giurisdizione della Repubblica Transcaucasica. Da ciò nascerà poi il conflitto del Nagorno Karabakh con l’Azerbaijan.

Khalid Valisi
del 20 luglio 2019
Articolo originale
dal blog Medio Oriente e Dintorni