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Zehra Doğan: La Libertà dell’Arte

L’arte Zehra Doğan, artista e fondatrice dell’agenzia giornalistica femminista curda “Jinha”, si interseca e intreccia con la vicenda personale e con i drammatici eventi politici della più stringente attualità.

Il percorso espositivo riunisce circa 60 opere inedite, tra disegni, dipinti e lavori a tecnica mista, che interessano tutto il periodo della detenzione dell’artista nelle carceri di Mardin, Diyarbakir e Tarso, dove Zehra è stata rinchiusa per 2 anni, nove mesi e 22 giorni con l’accusa di propaganda terrorista per aver postato su Twitter un acquarello tratto da una fotografia scattata da un soldato turco. Questo disegno digitale mostrava la città di Nusaybin distrutta dall’esercito nazionale nel giugno 2016 con le bandiere issate e trionfanti, e i blindati trasformati in scorpioni.

La mostra dà conto della necessità irrefrenabile di produrre e raccontare non tanto la propria, quanto l’altrui condizione con l’immagine e la parola. Dalla carta di giornale alle stagnole dei pacchetti di sigarette, dagli indumenti di uso comune ai frammenti di tessuto: ne emerge una amplissima gamma di strumenti e materiali, spesso legata alle particolari contingenze entro le quali le opere hanno trovato vita. Qualunque elemento tratto dal quotidiano incorre nella creazione, come il caffè, gli alimenti, il sangue mestruale o i più tradizionali pastelli e inchiostri, quando reperibili.

Il corpo rientra nella rappresentazione politica con scene di guerra in cui di nuovo incorre la predominanza della presenza femminile, a sottolineare come la prima delle battaglie da vincere sia quella contro il patriarcato. Pablo Picasso, quello di “Guernica” e dell’elaborazione di un linguaggio specifico della disperazione è, nelle parole dell’artista stessa, il punto di riferimento fondamentale per definire una narrativa del dolore.

Zehra Doğan è anche protagonista, insieme alla scrittrice turca Asli Erdogan e alla docente universitaria di medicina legale Sebnem Korur Fincanci, del DopoFilm Curdi Terroriste Zehra e le altre di Francesca Nava.


Zehra Doğan
Avremo anche giorni migliori
Opere dalle carceri turche

Dal 16 novembre 2019 al 1 marzo 2020

Brescia
Museo di Santa Giulia
via Musei, 81/b

Curata da Elettra Stamboulis


Shoah: Una Memoria d’immagini tra passato e presente

La mostra è un progetto in progress che nasce da una riflessione su come l’Arte, oggi più che mai, possa esprimersi attraversando la Storia e la sua Memoria, per poi restituirla rinnovata e nello specifico attraverso la Fotografia e la Grafica d’Arte. Già presentata alla Casa della Memoria e della Storia di Roma e a Civita Castellana.

Un’iniziativa per raccontare la memoria della Shoah attraverso le opere di artisti contemporanei con un accento di tipo interpretativo più che storico o celebrativo e vuole riflettere su come i linguaggi del contemporaneo possano percepire, leggere e interpretare le vite e gli avvenimenti di un periodo storico difficile da dimenticare, che riguarda le vittime, i luoghi e gli accadimenti relativi alla persecuzione antiebraica fra il 1939 e il 1945, cercando così di cogliere ciò che rimane vivo del passato alla memoria.

Le immagini in esposizione provengono da racconti incontrati ma anche cercati, sono frutto di esperienze personali e di straordinarie storie di vita, sono i luoghi simbolo del pianto e dell’orrore, sono i ricordi della memoria che tramandata da generazione a generazione, da nonno a nipote getta uno sguardo anche nell’ottimismo e nella forza della rinascita: sono visioni della memoria.

Provenienti da percorsi diversi e con mezzi espressivi comuni, gli artisti sono chiamati a fermare il tempo, e attraverso la sensibilità delle personali visioni ci regalano una riflessione e una domanda su come, oggi, la Memoria della Shoah possa essere raccontata e rappresentata.

Questa mostra vuole indicare una strada, ampliando lo sguardo che oltre a cogliere il racconto della storia, colga il particolare dell’orrore attraverso un’azione artistica che poggi i suoi motivi sullo stesso principio attivo di trasmissione per far nascere un nuovo impulso affinché la memoria oltre che essere una dimensione privata possa sempre più divenire una condizione pubblica, un bene comune e una condizione condivisa e collettiva.

Molti di noi si interrogano come sia possibile affrontare questo tema scottante e pieno di dolore non essendone stati i protagonisti diretti, e quale possa essere la giusta modalità.

Questo è la domanda che oggi ci poniamo affinché la memoria non diventi un concetto astratto tantomeno scomodo per non affrontarlo affinché le nuove generazioni trovino una strada aperta da percorrere anche attraverso gli strumenti dell’arte che come medium trasversale può sorreggere la storia con quello sguardo e quella percezione sottile capace di sostenere tanto orrore e disperazione del ricordo.

E come ci ricorda Pietro Terracina “La memoria è ciò che lega il passato con il presente”.

E proprio per non dimenticare con questa mostra e con i suoi artisti, oggi in occasione della Settimana della Memoria , ricordiamo la SHOAH, quella tempesta devastante, quella catastrofe.

Pensiamo che questa possa essere la funzione dell’Arte nei confronti della Memoria, quella di raccontare, raccoglierne i frammenti per poi restituirli, rendendoli vitali per il ricordo.

Un’esperienza che fino ad oggi ha coinvolto 29 artisti di diversa natura e biografia, molti dei quali di rilevanza internazionale, chiamati ad interpretare attraverso il mezzo della fotografia e della grafica d’arte, la memoria della Shoah.

Con questa esperienza si è potuto osservare come i linguaggi del contemporaneo elaborano, interpretano gli avvenimenti, le vittime, i luoghi e gli accadimenti relativi al periodo che si è svolto tra il 1939 e il 1945.

L’iniziativa si completa con un progetto indirizzato agli studenti che parteciperanno attivamente prendendo a pretesto la nostra mostra per realizzare un lavoro o in forma letterale o in forma visiva che sarà presentato nel mese di maggio ed ad un ampliamento della partecipazione di artisti del territorio.


Shoah. La percezione e lo sguardo del contemporaneo
Dal 25 gennaio al 23 febbraio 2020

Centro culturale Leonardo Da Vinci
San Donà di Piave (Venezia)

Presenti in mostra per la fotografia :
Andy Alpern, Dario Bellini, Marzia Corteggiani, Edoardo Cuzzolin, Valerio De Berardinis, Gian Luca Eulisse Francesco Finotto, Gerri Gambino, Toni Garbasso, Teresa Mancini, Simone Manzato, Cristina Omenetto, Peter Quell, Francesco Radino, George Tatge.

Per la grafica d’arte:
Luisa Baciarlini, Livio Ceschin, Alessia Consiglio, Susanna Doccioli, Elisabetta Diamanti, Marcello Fraietta, Valeria Gasparrini, Cesco Magnolato, Elio Mazzali, Laura Peres, Giorgia Pilozzi, Usama Saad, Gianluca Tedaldi.

A cura di:
Toni Garbasso, Bianca Cimiotta Lami e Giorgia Pilozzi

Promossa da FIAP (Federazione Italiana Associazioni Partigiane)

Il catalogo realizzato per l’occasione riunisce i testi di: Bianca Cimiotta Lami, di Vittorio Calimani, di Aldo Pavia, di Pupa Garriba e del Sindaco e dell’Assessore alla Cultura che con la loro sensibilità ci hanno consentito di trasmettere la memoria attraverso un linguaggio contemporaneo.


L’Arte al Ristorante

Il mondo dell’arte si identifica spesso con musei, gallerie, collezioni pubbliche e private, ma c’è una stagione dell’arte moderna che ha avuto un diverso profilo: un ‘altro mondo’, dinamico e informale, nel quale gli artisti hanno vissuto il loro momento sociale e comunitario, dove le loro opere sono state apprezzate e raccolte. È qui che sono nate collezioni insolite, più o meno ricche ed esclusive, spesso entrate a far parte di una tradizione, che hanno segnato una cultura e hanno marcato con inconfondibili caratteri una città e un territorio.

L’iniziativa pone l’attenzione su uno di questi ‘luoghi’, su un collezionismo che ha avuto per mecenati ristoratori di rara sensibilità, lungimiranti nelle scelte, capaci di dar vita ad esperienze che hanno scritto un capitolo importante e originale nella scena culturale non solo cittadina.

Un ambiente ideale e accogliente per gli artisti, in cui ritrovarsi, discutere, scambiare opinioni ed esperienze, far progetti, unirsi in gruppi e tendenze, elaborare documenti e programmi, ma anche celebrare successi, festeggiare ricorrenze, prendere atto di divergenze, litigare, consumare rotture. E, naturalmente, mangiare e bere.

Esposti dipinti, lettere, testimonianze, fotografie, schizzi, dediche e saluti, menù e ricette. Tutto il mondo della cultura e dell’arte, con i suoi protagonisti, che ruota attorno al ristorante All’Angelo.

La mostra raccoglie le opere e quelle che altri artisti, italiani e stranieri, hanno voluto lasciare a ricordo del loro passaggio in trattoria e, spesso, a testimoniare l’eccellenza della sua cucina e la speciale atmosfera che si era creata tra quelle pareti e attorno ai quegli oramai celebri tavoli.

Un totale di 90 opere tra oli, tempere, matite, inchiostri e tecniche miste di molti artisti tra i quali spiccano, oltre ai tre già nominati, De Pisis, De Luigi, Casorati, Alberto Giacometti, Guttuso, Sironi, Music e così via.
Una ricchissima documentazione fotografica e documentaria in buona parte inedita, appartenente alla famiglia Carrain e ad altri fondi archivistici veneziani costruisce il contesto storico e sociale di quegli anni, mentre pubblicazioni riconducibili agli episodi e alle personalità che frequentarono abitualmente o occasionalmente il locale forniscono i termini di raffronto tra l’episodio dell’Angelo e il tessuto cittadino.

La mostra costituisce la prima tappa di un progetto che prevede di affrontare e presentare la storia, i protagonisti e le collezioni di alcuni dei principali locali veneziani del ‘900.


L’Angelo degli Artisti
L’arte del Novecento e il ristorante All’Angelo a Venezia

Dal 7 dicembre 2019 al 1 marzo 2020

Fondazione Querini Stampalia
Santa Maria Formosa (Castello)
Venezia

Informazioni:
tel. 041/2711411

A cura di:
Giandomenico Romanelli e Pascaline Vatin

Promotori:
Fondazione Querini Stampalia, Venezia
con Lineadacqua e Villa Morosini a Polesella.

Il Libro-catalogo, edito da Lineadacqua, è un originale e insolito prodotto editoriale ricchissimo di immagini, di approfondimenti, di curiosità, di storie segrete e di pettegolezzi.


Robert Morris: Land Art e Minimalismo

A distanza di. circa. 40. anni dalla prima mostra personale. di. Robert Morris tenutasi nel.1980, a cura di Ida Panicelli e dedicata alla. scultura minimal, la Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea celebra un artista fondamentale per la storia dell’arte contemporanea, maestro del Minimalismo americano di cui è stato uno dei fondatori, della Process Art. e della Land Art, per citare solamente alcune grandi correnti che hanno rappresentato tappe di una. ricerca incredibilmente prolifica e multidirezionale durata una sessantina di anni Monumentum Robert Morris 2015 – 2018 a cura di Saretto Cincinelli è la prima mostra che viene dedicata all’artista dopo la sua morte, avvenuta nel novembre del 2018, ed. espone una serie di opere realizzate da Morris negli ultimi anni della sua attività e mai esposte prima in Europa Sono sculture che richiamano figure umane appartenenti alle due serie MOLTINGSEXOSKELETONSSHROUDS, realizzate in tela belga bagnata in una particolare resina e apposta su modelli per ottenerne la forma, e Boustrophedons, in fibra di carbonio esposte. rispettivamente nel. 2015 e nel 2017 alla. Galleria Castelli di New York.
L’inedita relazione spaziale tra i due. nuclei esposti in questa occasione alla. Galleria Nazionale nasce da. Un progetto concordato con lo stesso Morris prima della sua scomparsa. I recenti gruppi. scultorei di. Morris testimoniano il crescente interesse dell’artista per la. figura umana e per l’ opera dei maestri del. passato, segnando una svolta anche nel. suo vocabolario formale che sembra affrancarsi definitivamente dal. senso di ordine. e astrazione tipiche di. una parte dell’avanguardia americana per orientarsi verso elementi più. marcatamente barocchi e allegorici. In. questa esposizione, oltre ai. richiami a Donatello risuonano espliciti anche quelli a Rodin, ai tardi disegni di Francisco Goya, alle statue piangenti dello scultore gotico Carl Sluter. Utilizzando materiali associati alla pittura, come il. lino belga e la vernice, per formare sudari di. figure scultoree, Morris crea notevoli tensioni: tra l’apparente presenza delle figure e la. loro assenza, tra. l’idea di scultura come un’arte eminentemente spaziale e quella dei. gruppi di. figure interagenti tra. loro che rivela un trattamento quasi pittorico e, i confine, tra lo spettatore e la sua percezione di ogni singola scena.


Monumentum
Robert Morris 2015 – 2018

Dal 15 ottobre 2019 al 1 marzo 2020

Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea
Roma

A cura di Saretto Cincinelli


Etruschi ma anche Rasna

L’esposizione conduce i visitatori in un itinerario attraverso le terre degli Etruschi e mostra come non esista una sola Etruria, ma molteplici territori che hanno dato esiti di insediamento, urbanizzazione, gestione e modello economico differenti nello spazio e nel tempo, tutti però sotto l’egida di una sola cultura, quella etrusca. Non c’è miglior metafora che quella del viaggio, per spaziare in un vasto territorio compreso tra le nebbiose pianure del Po fino all’aspro Vesuvio, attraverso paesaggi appenninici e marini, lungo strade e corsi fluviali.
La prima parte del percorso offre un momento di preparazione al viaggio, facendo conoscere al visitatore i lineamenti principali della cultura e della storia del popolo etrusco, attraverso oggetti e contesti archeologici fortemente identificativi. Così preparato, il visitatore può affrontare la seconda sezione, dove si compie il viaggio vero e proprio nelle terre dei Rasna, come gli Etruschi chiamavano se stessi.
La mostra si apre con una breve introduzione, dove il visitatore può confrontarsi con quei viaggiatori che, secoli prima di lui, si accostarono con interesse e stupore alle terre dei Rasna, affidando impressioni e ricordi alla penna o al pennello: sono infatti i paesaggi dipinti da Samuel J. Ainsley a offrire il primo impatto con le dolci colline toscane, con le rovine di Vulci o con la maestosa rupe di Orvieto, grazie al prestito dal British Museum di Londra. Il prestigioso istituto britannico assieme al Musée du Louvre, al Musée Royal d’Art e d’Histoire di Bruxelles, al Ny Carlsberg Glyptotek di Copenhagen e ai Musei Vaticani, figura tra i prestatori stranieri di una mostra che ha privilegiato per le richieste di prestito un rapporto stretto e capillare con le Soprintendenze e i musei italiani.
Le rovine e le vedute romantiche cedono poi il posto a un allestimento moderno e sapiente, dagli accesi colori che pongono in risalto IL TEMPO DEI RASNA e scandiscono le fasi principali della lunga storia etrusca: cinque colori per cinque periodi storici, che intendono fornire al viaggiatore/visitatore gli strumenti per meglio comprendere l’itinerario vero e proprio.


Bologna
Museo Civico Archeologico

Etruschi
Viaggio nelle terre dei Rasna

Dal 7 dicembre 2019 al 24 maggio 2020

Informazioni:
tel. 051/2757211