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OLTRE LO SGUARDO

Mentre l’occhio polarizza consonanze ed estremi contrasti tonali,
parvenze di colore lievi come sospiri disegnano,
nel totale piacere dei sensi, paesaggi di un mondo “mai visto”.
Ineffabile Teatro del Silenzio dovela grandiosa Natura
è protagonista di un dramma che l’arte trasfigura in canto.
Sogno ancestrale della Grande Madre:
candore travolgente di cascate, spume e nubi di seta,
dove Lei appare rappresentazione assoluta dell’Eterno
fonte di luce primigenia opposta a simboli oscuri della lotta.
Emozioni tra crudeltà e bellezza in fatale armonia
come il congiungersi cruento dei sessi.
Un mondo che non c’è, se non nel grembo dell’artista,
quadri che la memoria ha saputo incorniciare.
Attratta in gioco di lunari contrasti socchiudo gli occhi
e ritrovo nell’attimo…voglie e sapori in bianco e nero…
panna e cioccolato mai troppo dolce mai troppo gelato…
in estasi golose tra dolce e amaro, giorno e notte,
zucchero e caffè: sensazioni non solo visive fuori dal tempo:
spazi intermedi tra il prima e il poi della vita.
In beatitudine tra colpi di fulmine dell’occhio e tuoni dei sensi
mi sento appena nata…e giro pagina

***

Ancora tragiche delizie ed enigmi in fascinosi contrasti:
lievi armonie e accordi d’opulenza barocca
non solo fantastici amplessi dell’occhio
ma racconti-visione di un tempo irreale più vero del vero …
ricreato nel prodigio dell’Arte.
Animali in vaghe apparizioni e rare tracce umane.
In odore di mare irresistibile
echi lontani di conchiglia modulati in madreperla,
ombrose felci, giunchi e rami spezzati,
creature che nell’apparire del bello
tornano a vivere in simboliche astrazioni…
tempestosi scenari da fine del mondo
che mutano al calore dello sguardo e pongono domande:
puerile illusione del voler capire.
Alberi pietrificai che il mare espone sulla sabbia…
o fantasmi spezzati dell’inconscio?
Asimmetriche scacchiere e bianchi merletti su pietra …
o fratture insanabili nel ricordo che si sgretola?
Percorsi frastagliati nel passo ricamato degli uccelli
o spiagge irraggiungibili dell’anima?
Laghi di un mondo remoto che si guarda
o profetica visione di un tempo futuro
dove l’umano guastatore sia scomparso dalla scena
oltre sontuosi frammenti scultorei e mostri virati in roccia?
Ma come interpretare miraggi di una Natura ricreata per amore…
senza provare a ritrovarsi in simbiosi col tutto
senza riuscire a decifrare sogni, voci e colori del vento…
e come vivere con sovrumana eleganza la tragedia dell’essere
senza “ascoltare” in silenzio… luce-terra-acqua-pietra:
segni assoluti che ispirano “L’INCANTO”  di Marialba Russo?

 

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L’INCANTO
Monografia di Marialba Russo
Skira Editore, Milano

 

RICORDANDO I NICOLINI

Agosto ha visto la scomparsa di due Nicolini, due differenti anime di Roma che casualmente hanno un cognome in comune.

Omonimi a cui Roma deve molto nel ritrovare se stessa nella cultura e nella solidarietà dell’accoglienza.

Renato Nicolini non è stato solo il fautore del risveglio di Roma negli Anni di Piombo con l’effimero dell’Estate Romana, ma ha portato la cultura nelle strade per essere divulgata e coniugata alla quotidianità. Un architetto chiamato a gestire le politiche culturali del Comune di Roma con tre diverse Amministrazioni di sinistra (Giulio Carlo Argan, Luigi Petroselli e Ugo Vetere), uno spirito forse troppo indipendente per essere capito ed amato da tutto il Partito Comunista Italiano riuscendo in una decina d’anni (1976 – 1985) a cambiare l’immagine di Roma.

Fece uscire il teatro sperimentale come quello tradizionale dai suoi luoghi deputati per una ristretta cerchia di appassionati e portarlo nelle piazze. Favorì l’apertura dei musei al contemporaneo facilitando l’incontro tra i possibili fruitori e realizzatori. L’arte contemporanea diventa consuetudine e Renato Nicolini offre ad Achille Bonito Oliva l’occasione per divulgare gli artisti e le correnti sino ad allora celate nelle gallerie o nei musei d’oltralpe. Le biblioteche hanno cominciato a trasformarsi da polverosi depositi nei sottoscala delle scuole con stantii libri a luoghi dove trovare testi per lo studio e per il tempo libero. La gestione passa dai bidelli e insegnati ai giovani organizzati in cooperative specializzate in biblioteconomia per promuovere la lettura con le più varie iniziative dimostrando che la cultura, come lo spettacolo, si può “mangiare” e far mangiare. Un risveglio per Roma non solo culturale, ma soprattutto lavorativo.

È limitativo definirlo comunista, ma era un comunista che praticava l’utopia fuori dall’organicità di partito, come fuori dall’omogeneità della Curia romana era don Bruno Nicolini scomparso a distanza di pochi giorni da Renato, che ha fatto dell’accoglienza il suo impegno di vita. Dedico ‘50 anni della sua vita al popolo dei Rom e Sinti promuovendo l’Opera Nomadi alla loro comprensione nell’ambito vaticano sino all’incontro dei Rom europei con Papa Benedetto XVI in San Pietro nel giugno 2011.

L’ultimo periodo di vita Don Bruno l’ha trascorsa in una casa della Comunità di Sant’Egidio.

L’anima laica e quella religiosa protese verso la condivisibilità sia della cultura che della solidarietà. Il primo impegnato a offrire nuovi significati della contemporaneità e l’altro dando l’esempio a indicare come porsi verso il prossimo.

Due anime scomode in una Roma che distrattamente ha dato l’ultimo saluto capitolino a Renato con presenze più di forma intellettuale e politica con alcune persone ancora scettiche del ruolo propositivo, mentre per don Bruno l’ultimo saluto è avvenuto senza glamour a Santa Maria in Trastevere con le parole di don Matteo tra i meno favoriti dalla vita e tra gli amici che hanno condiviso con lui la difficile strada dell’amore.

Entrambi, felici di aver vissuto, hanno dato visibilità a un’altra Roma fuori dall’ipocrisia di ogni apparato anche se fra qualche giorno per molti sara’ solo passato.

Renato: nato felice

Renato: nato felice
uomo fortunato.
Perché felici si nasce
oltre ciò che accadrà poi …
mentre il serpente si morde la coda.
Renato… scherzoso ottimista,
tra impegno e voglia di gioco,
ogni giorno…architettavi una vita
splendidamente comunista.
Hai progettato e realizzato sogni
sempre, anche in finale di partita.
E in tempo di tragedie cosmiche…
mentre l’Uomo, curioso di Marte,
scatena l’ira di abissi che ingoiano stelle,
mentre si sgretola la Cittadella di Aleppo
fiore dell’architettura musulmana
stanca di guerre,
e nell’urlo di “Taranto assassinata”
anche tu sei scomparso Renato
scherzando ancora con quell’ironia…
che celava in giocoso ottimismo
un lieve azzurro di malinconia.
Ultima tua fortuna:
volare via danzando in eleganza
come meteora
ancora bello e scapigliato
senza conoscere l’età più buia
di una stagione estrema che tutto disfa…in vita.
A presto Renato.
Sarina

Sabato 11 agosto Isola Tiberina nell’ora del tramonto.

Il 2 novembre 1975: l’estate era finita da un pezzo. Quella notte, l’ipocrisia
perbenista, distruggendo fisicamente il Poeta, pensò di uccidere la Poesia,
cancellandola per sempre dalla lotta. Sbagliava.
Erano passati quasi sei anni dalla strage di Piazza Fontana. Non si è creduto,
nemmeno per un attimo, alla versione ufficiale del tuo assassinio, come non
si era creduto, che le bombe esplose alla Banca dell’Agricoltura di Milano
fossero anarchiche. La tua vita fu un’opera d’arte rubata, incompiuto
notturno dei tempi che correvano. E correvano davvero quei tempi, come
branchi di cavalli silenziosi scatenati nel deserto. Per questo accadevano
prodigi. Si occupavano conventi nella gloria del Teatro per “Ricamare col
tamburo” e si cantavano canzoni di protesta, si scoprivano poeti
palestinesi, si inventavano manifestazioni-spettacolo colorate come feste e
nascevano opere d’arte grandiose come quelle di Tonino. Si lavorava con
passione e si faceva l’amore sempre, con gioia, come fosse la prima volta e
l’ultima. Ma gioia e amore terrorizzano i mostri e i mostri scatenano le
stragi. Eppure ogni male porta in sé strumenti per combatterlo e fu proprio
nell’anno più buio del decennio, che Renato, giocoso cantore dell’Effimero,
puntando sulla bellezza, riuscì ad esorcizzare la paura. Accendendo i
riflettori su Roma  partendo dallo splendore della Basilica Civile di
Massenzio, diede vita, nel 1977, all’Estate Romana.
E fu nella Gloria di Massenzio, potente evocazione di giustizia, che tutta
la gente, tornando a camminare la città, si riprese golosamente la vita, la
notte e la voglia di sognare.

*Il brano è tratto da “Tradurre la luna in ciliegia e mangiarla” di Sarina Aletta
(Pubblicato in volume con altri 14 racconti finalisti.) Concorso – Roma da scrivere –
II ediz. “L’estate romana”, 2007 Edilet-Letteratura – Comune di Roma.