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Verso un’altra idea di città

Con l’appuntamento al Teatro del Vascello del 15 dicembre continua, dopo l’incontro del Testaccio, il cammino verso le primarie capitoline del 20 gennaio per definire un programma imperniato sulla cultura e il suo sviluppo nell’ambito economico, oltre alla scelta del candidato sindaco di Roma per il centro sinistra.

Evitando di confondere l’ufficialità degli Stati Generali della Cultura messa su dal Sole24Ore a metà di novembre scorso, con il trovare la quadratura del cerchio nell’economia e non nell’investire sulle generazioni future, si dovrebbe riflettere se allungare le ore di apertura dei musei può attirare una maggior frequenza nei musei. Il personale è poco continuare ad affidare servizi a Zetema non risolve il problema, se non quello finanziamo della società, e graverebbe sul bilancio capitolino. Affidare a delle cooperative? È un patrimonio pubblico e il personale capitolino potrebbe accogliere delle collaborazioni esterne. Si può diversificare gli orari e non inflazionare gli spazi museali con mostre tanto costose quanto di poco spessore culturale. Rinvigorirebbe l’interesse del pubblico per i musei dedicare uno spazio per mostre tematiche realizzate con le opere conservate nei magazzini.

Le biblioteche presenti a Roma sono di pubblica lettura generalista e altre specialiste e l’Amministrazione di Roma Capitale le ha entrambe. Mentre quelle generaliste hanno una direzione unica, quelle specializzate sono disperse in spazi museali e di archivi poco adatti alla consultazione. Raccogliendo e sistematizzando i fondi e le collezioni non solo si offrirebbe un miglior servizio ai studiosi, ma si può investire oculatamente nella conservazione e nell’acquisizione di altre raccolte.

La diversificazione dell’offerta dedicata al libro e alla lettura può essere ampliata distribuendo le iniziative non solo spazi centrali, ma anche luoghi periferici e coinvolgendo le diverse presenze culturali italiane e straniere in una strategia un calendario trimestrale d’incontri da svolgere nelle istituzioni e per pubblicizzarle complessivamente.

Non è culturalmente ed economicamente produttivo avere dei giorni riccamente stimolanti e altri più simili al vuoto di un deserto, quando da decenni a Roma si svolgono convegni e incontri, non solo di parole, ma anche di suoni e immagini nelle istituzioni sparse per la città. Una programmazione il più possibile concordata per evitare inutili concorrenze.

Sono alcuni dei suggerimenti per le persone che si preparano a presentarsi al giudizio dell’elettorato dovrebbero prendere in considerazione, facendo tesoro dei precedenti fallimenti di centri culturali tanto sbandierati e poi ingurgitati da centri commerciali.

La presenza culturale a Roma ha una densità molto alta all’interno delle Mura e nelle zone adiacenti, ma più ci si allontana e più ci si perde nella desolazione di un trasporto pubblico inesistente per arrivare a dei luoghi che spederebbero di luce propria se non soffrissero di traumi d’abbandono precoce.

 

Verso le elezioni del 2013
5 IDEE PER ROMA
Sabato 15 dicembre, ore10:45
Teatro Vascello – Via Carini, 78

 

 

Me li ricordo tutti i miei bambini

 

“Salve io sono Mario e faccio il maestro da 25 anni, qualcuno pensa che sia un lavoro come un altro e lo fa con questo spirito, sono quelli i maestri da cui i vostri figli la mattina non vogliono tornare, allora fanno le storie, si impuntano e li dovete tirare per il braccio per farli entrare in classe.

I miei bambini no, loro vengono volentieri tutte le mattine o quasi e io altrettanto volentieri tutte le mattine li accolgo, perché dopo il primo giorno di scuola, mi scopro ad amare quei bambini, imparo a volergli bene.

A qualcuno, è vero, ne ho voluto più che ad altri, non perché fosse migliore o più bravo, anzi, sono quelli più difficili che ti costringono a fare uno sforzo maggiore per farti capire, per fargli capire, sono loro che ti restano più in testa, perché devi costruire un ponte con loro, devi entrare nel loro mondo e farti bambino con loro.

Quando ho avuto il mio primo incarico nella scuola pubblica  era tutto molto diverso, noi maestri eravamo diversi, c’era la scia dei grandi cambiamenti degli anni 70 ed 80, si avvicinava la riforma degli anni 90 ed era tutto un fermento di nuovi progetti, nuove idee, c’era slancio e partecipazione, c’era interesse e solidarietà, avevamo messo al centro della scuola i bambini, i ragazzi, la scuola dell’infanzia stava uscendo dall’idea comune che era solo un parcheggio per i bambini e nelle superiori i ragazzi ormai davano per scontato la loro partecipazione alle decisioni che li riguardavano.

Quanto rimpianto provo a riguardare quei tempi, e quanta rabbia sento dentro per quello che si è perso negli ultimi anni soprattutto.

Perché guardate che a noi maestri quello che colpisce di più, non è il dover comprare il cartoncino o le matite, la carta colorata e tutte le altre cose con cui abituiamo i bambini a lavorare e a svegliare la testa, quello che ci ferisce è la crisi culturale che ormai ha pervaso questa società e ci ha relegato ad un ruolo di burocrati che per tutti  lavorano poche ore al giorno ed in condizioni di favore.

Ma voi che pensate questo, avete mai provato a parlare con un bimbo di 9 anni che non riesce a fare una riga dritta con la matita ed il righello? Avete mai provato a spiegare il mare ad un bambino che non l’ha mai visto? Avete mai visto lo sguardo di un bimbo che va al cinema per la prima volta? Perché forse non lo avete mai saputo, ma la scuola è anche questo, è una miniera di opportunità per tutti, è la scoperta del mondo dei grandi per bambini che magari con i grandi non parlano mai, perché i loro genitori devono fare altre cose o tornano troppo stanchi per parlare con loro. Non pensate che esageri, potrei farvi nomi e cognomi, raccontarvi dei luoghi e dei giorni in cui questo è successo.

Potrei raccontarvi della gioia nei loro occhi quando riescono a ricordare tutte le battute per la recita di fine anno o le lacrime perché i genitori non erano potuti venire e lì c’ero io a consolarli, a rincuorarli. Lo so la vita di tanti genitori è difficile, è dura, la crisi morde forte e non c’è spazio per essere teneri, ma io quei piccoli adulti li guardo tutte le mattine, ci parlo, scopro quello che provano e quello che pensano, insegno loro a capire i sentimenti ed a raccontarli, così oltre al maestro faccio lo psicologo, il confessore, l’amico e ormai anche il falegname, l’elettricista e il pittore nella mia classe.

Perché lo stato ha deciso da un sacco di tempo che sulla scuola si può risparmiare, si può tagliare, si possono concentrare più bambini nello stesso spazio, togliere le compresenza e ora ci faranno stare altre sei ore in classe, come se fare il maestro fosse solo insegnare.

Così avremo più bambini per tutti e meno tempo per ognuno di loro, che significa meno attenzione, meno aiuto, meno possibilità, perché se il nostro lavoro aumenta in ore, diminuisce in qualità e saranno i vostri figli a soffrirne, saranno loro ad avere qualcosa in meno, non noi maestri.”

Il nome è inventato, tutto il resto semplicemente vero.

 

Sergio Spera

 

 

VEDERE ROMA

Roma bella m’appare

materiale semilavorato per una politica culturale contemporanea

di Sandro Medici

Una sessantina di pagine che lo stesso Medici, attualmente presidente del Decimo Municipio, definisce «materiale semilavorato per una politica culturale contemporanea» e che, a ben guardare, ha molto a che fare con la sua decisione di entrare, pacatamente ma non in punta di piedi, nella prossima tornata elettorale per l’elezione del sindaco di Roma

 Sandro Medici-Roma-bella-mappare