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Roma: Tre incoerenze iperboliche

C’è all’Ostiense un ponte realizzato per rendere agevole il transito ciclo-pedonale tra la riva del Tevere del teatro India e della Casa dello Studente, in attesa di essere utilizzata, con quella del museo della Montemartini e della Università Roma Tre, ma che per ora, nonostante i buoni propositi del Sindaco nel rilanciare l’impegno dell’Amministrazione per il quartiere, non porta a nulla.

Un “nulla” di oltre 5 milioni di euro che viene commentato dal segretario generale della Uil, Pierpaolo Bombardieri, nel servizio del Tg R – Settimanale, insieme al cantiere finito degli ex Mercati Generali.

Un transito che s’interrompe davanti a muro di cinta di un’area d’archeologia industriale, con manufatti pericolanti che rendono il passaggio su lungotevere verso la Montemartini amletico e triste andando in direzione del Ponte di “Ferro”.
01 Roma Ostiense Un Futuro dietro ad un Muro Ponte delle Scienze Gasometro DSC_4470 webUn ponte intitolato alla Scienza con una misera targa per Rita Levi Montalcini che potrebbe essere l’occasione vitale per l’Ostiense, visto che l’asse Piramide – basilica di san Paolo non viene valorizzato attraverso il trasporto pubblico. Un asse sul quale splende il “sepolcro imbiancato” degli ex Magazzini generali che attendono il completamento dei lavori per essere trasformato nella città del divertimento adolescenziale e per la promozione culturale che non contempla la sola tinteggiatura, ma la realizzazione di nuovi manufatti, su progetto dell’architetto olandese Rem Koolhaas, per la rinascita, con la «Città dei ragazzi», dell”Ostiense.
Il recente ponte che collega la Garbatella con l’Ostiense, dalle evocazioni inquietanti con la sua cresta dinosaurica, fa da fondale all’area.
Per ora gli edifici degli ex Mercati che si affacciano sull’Ostiense sono stati tinteggiati, senza avere l’accortezza di smontare i vecchi apparati dell’area condizionata, ma dietro una voragine aspetta di essere colmata con sbalorditive strutture.
Un Polo, quello degli ex Mercati, che Rutelli voleva culturale, Veltroni lo pensava della scienza, mentre Alemanno era propenso per un fine commerciale e per Marino cosa mai sarà?
Una solitaria testimonianza di archeologia industriale convertita allo svago che continuerà a soffrire di una viabilità che alle prime gocce di pioggia va in tilt, formando laghetti che rendono la vita difficile a pedoni e mezzi, soprattutto nelle immediate vicinanze della Montemartini.
Un complesso museale quello della Montemartini che si appresta ad ampliare i suoi spazi espositivi, ma che soffre, al pari della occultata fermata della metropolitana, di una scarsa pubblicizzazione.

01 Roma Tre incoerenze iperboliche Portico d'Ottava Casa dei Vallati 7 webLascia perplessi, al pari di un ponte senza “sbocchi”, anche la scelta di realizzare provvisoriamente il Museo Shoah nell’angusto edificio dei Vallati nel Ghetto, attualmente adibito a sede amministrativa della Sovrintendenza.
La Casa dei Vallati è un esempio di rivisitazione che negli anni ’20 venne fatta di un edificio quattrocentesco, assemblando parziali strutture sopravvissute ai crolli con integrazioni di materiali recuperati nell’area.
Un edificio con scarse garanzie di accessibilità per persone con difficoltà deambulatorie per essere temporaneamente sede per il Museo della Shoah che potrà trovare la sua sede definitiva a Villa Torlonia o magari all’Eur. A luoghi carichi di storia, anche ingombrante, non sarebbe meglio optare per un edificio realizzato ex novo come si è scelto di fare in altre città europee? E poi quali garanzie ci sono che una soluzione transitoria non diventi stabile?

Google MapsAngusta è anche l’area scelta per lo stadio giallorosso a Tor di Valle, stretto tra una via del Mare e il Tevere, inserendosi nel delicato equilibrio ambientale della zona.
Una scelta solo per dare un’altra occasione alla speculazione edilizia, che prevede anche tre torri di oltre 200 metri, commettendo un grande errore per la viabilità e per l’ecosistema.
Forse il Sindaco dovrebbe cambiare i consiglieri o le dosi di ricostituente mattutino, se non pensa di verificare la possibilità di realizzare le infrastrutture necessarie alla viabilità e dare il via al restyling della linea ferroviaria Roma-Ostia più volte annunciata e poi constatare la possibile fattibilità del progetto.
Tor di Valle stadioIl progetto dello stadio comporta la realizzazione di una serie d’infrastrutture come il ponte carrabile e uno ciclopedonale sul Tevere, il prolungamento – l’adattamento – della linea B della Metro che sconvolgeranno tutta l’area, espropriandola delle sua bellezza naturalistica, seppellendola nel cemento.
Uno sconvolgimento che non è passato inosservato a Italia Nostra e suscitando divisioni nel Pd romano e all’interno della stessa Giunta Marino, oltre che nella cittadinanza, e che potrebbe far pendant con la lottizzazione di un terzo dell’area dell’ex deposito militare di Vitinia, senza prevedere il prolungamento del vecchio tracciato sino a Spinaceto.

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Qualcosa di più:

Un Sindaco di buone intenzioni
Viae Publicae Romanae
Campidoglio: ed ora cosa succede?
Un nuovo decoro adiacente alle Mura
C’è Ponte e Ponte
Un’altra Roma non solo di propositi
Sindaco nuovo vecchi problemi
Altro cemento sull’Ostiense
Infrastrutture in cambio di cemento

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Roma: Sulle tracce architettoniche del potere fascista

Camminare per Roma e non vedere i luoghi come sono oggi, come ce li hanno consegnati il cinema prima e poi la televisione; vederli invece com’erano negli anni venti, feriti e sanguinanti, scovarne le tracce nascoste: è questo l’obiettivo degli itinerari ricostruiti in questa guida da Anthony Majanlahti e Amedeo Osti Guerrazzi, la cui ricerca non ha lasciato inesplorato alcun palazzo, vicolo, quartiere. La Prima guerra mondiale non fu gentile con l’Italia. E con Roma in particolare. Esaurita la disponibilità di case popolari, gli immigrati e i poveri che affluivano ogni giorno nella capitale, già sovraffollata e irrequieta, costruirono baracche accanto agli acquedotti e alle vecchie torri fuori le mura. Erano agglomerati miseri, squallidi, pericolosi ai quali il governo e la nuova classe media guardavano con sospetto. L’indolente e soleggiata città dei cesari e dei papi si scrollò di dosso secoli di immobilismo con un sussulto violento, e ne risultarono spaccature profonde. La disillusione generata dalla pace di Parigi, incarnata dal mito dannunziano della «vittoria mutilata», non fece che esacerbare le divisioni e i contrasti – fra ricca borghesia e indigenti, fra studenti e forze dell’ordine –, finché nel 1919 una nuova, dolorosa lacerazione si aprì nel tessuto sociale urbano: quella del fascismo. Eppure la Storia sembra aver dimenticato le ferite che lo squadrismo inferse a Roma: non c’è traccia degli scontri che insanguinarono i rioni popolari di San Lorenzo e del Trionfale, nessun monumento ricorda i massacri perpetrati dalle Camicie nere, nessuna targa commemora i nomi delle vittime. A recuperare questa memoria dolorosa ma essenziale interviene Roma divisa. I suoi dettagliati percorsi ci conducono nei luoghi da cui il tempo e la negligenza hanno lavato via i segni di quegli anni tumultuosi e contraddittori, come la sede del sindacato dei fornaciai su via Tolemaide, dove si concentrarono – subito dopo la Marcia su Roma – gli attacchi dei fascisti che volevano «dare una lezione» ai lavoratori; o come il caffè Aragno, animato centro culturale frequentato fra gli altri da Vincenzo Cardarelli, Filippo Tommaso Marinetti e Leonardo Sinisgalli, dove nel 1921 l’onorevole socialista Alceste Della Seta fu bastonato duramente da alcuni irriducibili mussoliniani. O ancora come largo Chigi, a pochi metri da dove fu orchestrato il delitto di Giacomo Matteotti. Una guida per non dimenticare, ancora una volta, che il fascismo non avrebbe mai potuto stroncare l’opposizione popolare senza un alleato quanto mai fedele, lo Stato italiano, e per vedere Roma con occhi diversi.

Un libro che segue quello dedicato da Rino Bianchi e Igiaba Scego alla Roma negata (Editore Ediesse, 2014) di Passeggiate coloniali.

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Il libro verrà presentato
Giovedì 27 novembre 2014
Presso i Musei Capitolini

Invito_Roma divisa_Roma

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Invito_Roma divisa_Roma coverROMA DIVISA 1919 – 1925
Itinerari, storie, immagini
di Anthony Majanlahti e Amedeo Osti Guerrazzi

Editore: Il Saggiatore, 2014
Pagine: 320
Prezzo: € 19,50
ISBN 9788842820109
EAN:9788842820109
E-book € 10,99

 

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Anthony Majanlahti (Montréal, 1968) è docente universitario di Storia e urbanistica di Roma e associato dell’Accademia Britannica. Nel 2007 ha pubblicato Guida alle grandi famiglie che fecero Roma (Vallardi, 2007), tradotto in diversi paesi.

Amedeo Osti Guerrazzi (Roma, 1967) collabora con l’Istituto storico germanico di Roma. Tra le sue ultime opere ricordiamo: Noi non sappiamo odiare. L’esercito italiano tra fascismo e democrazia (Utet, 2010), L’esercito italiano in Slovenia, 1941-1943. Strategie di repressione antipartigiana (Viella, 2011) e Storia della Repubblica sociale italiana (Carocci, 2012).

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Un aereoplanino per volare

Nel grembo ovattato di questa (in)felice società prona, immersa, stravolta, affogata nello strapotere totale, assoluto, della tirannia virtual/digital/irreale, laddove nelle nostre metropoli si aggira una (dis)umanità inebetita fino all’autoipnosi da straniamento in spazi illusori, laddove masse apocalittiche di genti ormai aliene a sé stesse e agli altri non alzano nemmeno più gli occhi non dico al cielo (mai più così lontano ed estraneo) ma almeno all’altro incauto viandante autoipnotizzato, tanto da causare buffi e ripetuti scontri di teste intronate tra i cupi schiavi della irrealtà elettronica… Dicevo, in questo pentolone da incubo fantascientifico (ma siamo noi o sono già arrivati i baccelloni—invasori?)… Ecco, all’improvviso, Dio ti ringrazio! Uno squarcio d’azzurro, un caldo raggio di sole, una brezza odorosa e fragrante che mi rievoca genti e sentimenti tanto arcaici quanto affettuosi e rassicuranti!.. Cioé?… In che forma e qualità si è manifestato questo sorriso che mi incoraggia ancora a sperare?… La forma di un aeroplanino di carta, signori miei, eccotutto!… Vi par poco?… Ma pensate! Aggirandomi per strada, tra i soliti musi intenti in frenetici e muti giochi solitari o a spendersi in monologhi terrificanti… ecco che costeggiando l’esterno di una scuola gremita chissà da quanti diabolici marchingegni multiuso, nell’infuriare di bip—bip, trilli e twitter e sms, autoscatti e quant’altro, tra tablet, IPod, IPhone, PlayStation, smartphone, XBox, nella rissa quotidiana e travolgente di questa nevrosi collettiva, anzi planetaria, cosmica… Vedo volare da una finestra, candido, irridente e gentile nientemeno un aeroplanino di carta, volteggiare come un fiore in graziose spirali e planarmi davanti. Testimone innocentemente trasgressivo di una umanità non immemore di naturali radici eppur fantasiose, di un divagare legittimo trasmesso da avi antichi, da fanciulli remoti che guardavano e reinventavano il mondo con occhi limpidi, con giochi e favole che rimandavano all’essere stesso primitivo dell’uomo, al mito elementare e gioioso di chi per primo si è beato dello spettacolo meraviglioso dell’esistere, nel raccontarlo a misura del suo stupore per sé e per le innumerevoli generazioni avvenire… Possibile tutto questo, voi direte, in un banale, semplice pezzettino di carta a rudimentale forma aerodinamica?… Sì, perché quel benedetto pezzettino di carta stracciato da un quaderno di scuola e lanciato in aria da mani giovani eppur antichissime ci racconta di una speranza, forse una tenace certezza, che il nuovo, invasivo, seducente mondo offertoci su un piatto rilucente e sonoro, con tutti i suoi fili, fischi, zapping e brillar di labirinti policromi, non vale quel piccolo, semplice, aeroplanino di carta che riemerge da elementari, graziose invenzioni per raccontarci di memorie ed emozioni che ancora ci appartengono, di un tempo fatto di nuvole e onde e frutti meravigliosi che ci lasciavano senza fiato, con nulla in tasca e tutto un mondo da spendere!

01 Italia UN AEROPLANINO PER VOLARE web

Manoleste

Sua Santità ha recentemente accusato i romani di trattare con disprezzo i rom che salgono sui mezzi pubblici. E’ vero, ma dovrebbe anche raccontarla per intero. Tuttavia suggerisco di non inseguire facili stereotipi: se alcuni delinquenti abituali sono noti, palesi e sfacciati, non sono i più pericolosi. Alludo ai distinti, quelli che ti chiedono sempre informazioni davanti alla banca o all’ufficio postale; quei signori tanto gentili – troppo – che si offrono di portarti i bagagli alla stazione Termini o girano frettolosi per scompartimenti e corridoi dei vagoni senza neanche una borsa e solo per scendere due minuti prima che il treno parta. Scommetto che alcuni sono persino incensurati.
A scanso di equivoci, non sto parlando di chi ruba per fame e può esser recuperato dai servizi sociali, ma dei professionisti recidivi. E qui il consiglio è uno solo: non fissatevi su ciò che un uomo sembra, ma su quello che fa.
Tanto per fare un esempio: alla fermata dell’Atac tutti guardiamo a sinistra per vedere se arriva l’autobus; ma se qualcuno invece fissa le borse, allora non va bene. E ricordatevi che il ladro non è mai solo: ha sempre un complice che si mette davanti alla porta e rallenta il flusso in uscita, oppure segnala la preda al compare, o ti distrae chiedendoti un’informazione mentre l’altro ti mette la mano in tasca. Ed ora guardatevi intorno : scoprirete che troppi si fanno avvicinare da tutti, che tengono i soldi o il bagaglio personale in modo sbagliato; che non chiudono la borsa; che non si guardano mai alle spalle o con troppa disinvoltura prendono i soldi al bancomat senza chiedersi se qualcuno li stia osservando, o peggio, lasciando in giro lo scontrino. E non sono sempre turisti o provinciali.
Mi è capitato di metter sull’avviso un gruppo di ragazzi romani, solo per farmi guardare strano: a loro proprio non passava per la mente che qualcuno potesse rubargli il portafoglio o il telefonino. Eppure non erano sprovveduti, sicuramente nella loro periferia sapevano riconoscere a volo i ladri d’auto o gli scippatori. In ogni caso chi ha un negozio o gira sempre a piedi o prende i mezzi pubblici ha un occhio più allenato, riconosce il ladro anche dall’andatura (furtiva o casuale), diversamente da chi guida e deve solo controllare semafori e precedenze. Ma siccome le masse di turisti girano per lo più a piedi, i borseggiatori a Roma usano la fiocina, sono scene che vediamo ogni giorno, quindi non dico niente di nuovo.
Fa rabbia però la mancanza di un vero contrasto sistematico e collettivo. Vero è che gli arresti sono frequenti – 600 negli ultimi mesi, su 7000 e passa denunce – ma sappiamo benissimo che per i reati per i quali è prevista una pena inferiore ai tre anni non c’è la pena detentiva ma solo l’obbligo di firma.
Se poi l’autore del reato è un minore, può essere solo riaffidato ai genitori, ma immaginiamo tutti che tipo di rieducazione possono dare le famiglie a quei gruppi di ragazzine che vediamo sulla metro o persino sotto il Campidoglio.
Si è parlato anche di istituire la polizia turistica (un’altra!), ma basterebbe che gli stessi vigili si diano da fare sul serio, tanto certe facce son sempre le stesse, né basta mascherarsi da turisti.
Sarà un caso, ma da quando il Messaggero ha pubblicato foto inequivocabili di flagranza di reato, ai piedi del Campidoglio stazionano sempre un paio di vigili. Ma non è solo una questione di presidio: non si capisce p.es. perché alla stazione Termini non esistano da anni né facchini né carrelli, col risultato di rendere stanziali quelli che onestamente o meno ti vogliono per forza aiutare a portare i bagagli.
In sostanza, a Roma vogliamo il turismo perché fa comodo, ma non sappiamo proteggerlo. E qui metto in conto anche le guide turistiche improvvisate, i tassisti abusivi, i chioschi mobili senza prezzi segnati, i B&B fai-da-te, i conti taroccati al bar e al ristorante, i posteggiatori e truffe varie.
Niente di strano se poi il britannico Foreign Office, l’omologo del nostro Ministero degli esteri, mette ufficialmente in guardia i propri concittadini che vengono a Roma.
Ha un bel dire il nostro sindaco che quelle son notizie false, che i romani si sono offesi (!) e che anche Londra è pericolosa: nella percezione urbana il borseggio è una piaga sociale priva di un deterrente credibile, divenuta endemica in seguito ad una cattiva gestione dell’ordine pubblico, aggravata sì dalla crisi economica, ma anche dalla pratica giudiziaria. Le sentenze della magistratura vanno sicuramente rispettate, ma se una società cambia, perché mai le leggi dovrebbero restare quelle di cinquant’anni prima, quando un problema era marginale? E se la protervia dei delinquenti spingesse i cittadini a far da soli, sarebbe forse meglio? Che senso ha mandare i soldati nei Balcani se non sappiamo poi gestire i Balcani trasferiti a Roma? E se per legge si proibisce ai tifosi violenti di frequentare gli stadi per mesi o anni interi, perché invece si permette al ladro appena rilasciato di salire di nuovo sul 64?
A parte l’affollamento delle carceri, sicuramente a favore del garantismo italiano ha influito a suo tempo l’idea democratica di non permettere dopo il Fascismo leggi che potessero essere usate anche contro i dissidenti politici. Solo che la Germania ha avuto una dittatura peggiore, ma non per questo ha leggi più generose di quelle italiane, anzi. Ed è ovvio che il delinquente – italiano o straniero non importa – sceglie il paese dove rischia di meno; è umano che lo faccia. Quindi, occhio al portafoglio.

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Roma: il decoro per il Tevere

È desolante passeggiare per il lungotevere e vedere l’incuria che regna nel più assoluto disinteresse dell’Amministrazione capitolina e dell’Autorità del bacino fluviale.

Se questa incuria è imperante al centro si può immaginare in quale condizione si possono trovare gli argini nella periferia romana.

Il biondo Tevere è lasciato senza l’ordinaria manutenzione per un continuo rimpallo di competenze e la cronica carenza di fondi.

Una situazione che il fiume subisce da decenni, non trova una soluzione, e che in occasione di una pioggia più consistente si trasforma da placido a pericoloso, lasciando, con il ritirarsi delle acque, testimonianze dell’evento sui rigogliosi alberi e sulle sponde.

Questo è quello che si vede: sono tronchi e tavolame che trovano anche nell’esuberante e spontanea vegetazione un ostacolo al loro defluire verso il mare, ma non è difficile immaginarsi quale discarica si cela sotto quelle torbide acque.

Un mondezzaio di carcasse di auto e di elettrodomestici, e se le prime potrebbero essere vittime delle periodiche esondazioni i secondi rimangono testimoni della maleducazione del cittadino, per un fiume che si vorrebbe navigabile, con una spesa di 100milioni di euro, entro il 2015.

Il Tevere non potrà mai essere la Senna o il Tamigi immaginato dal Sindaco Marino, ma forse potrà assomigliare meno ad una cloaca.

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