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“A volte ritornano”: Federico Fellini

Racconto o sceneggiatura? Non è chiaro in quale tipologia di opera collocare questo “dattiloscritto” di Federico Fellini come lo presenta Augusto Sainati che ne ha curato l’adattamento letterario. Per essere corretti (o quasi) si può dire che è nato sceneggiatura ed è finito racconto. Poco meno di 60 pagine trovate senza copertina ma segnate dall’inconfondibile (per gli esperti) scrittura di Fellini, in una scatola donata da Tullio Pinelli al sopracitato Sainati, nella quale oltre a questo inedito si trovavano numerosi altri documenti legati alla coppia Fellini – Pinelli e finiti per lungo tempo nel dimenticatoio.

Il motivo per cui tra i tanti incartamenti proprio questo abbia colpito il curatore non tarda a venire a galla: il suo aspetto un po’ anonimo e una rapida analisi dei contenuti hanno sollevato in lui non pochi quesiti in merito all’abbandono di questo progetto a cui, a suo dire, non mancava proprio nulla per compiere il passo finale verso la produzione cinematografica. Quesiti che sembrano trovare una risposta esauriente in alcune lettere trovate e nel libro inserite, che la produzione italiana e quella americana si sono scambiate dopo aver letto il progetto dei due autori.

Sainati ha rilevato in esse una sorta di eccessiva “americanizzazione” della sceneggiatura che troppo si discostava dalle idee di un giovane Fellini che, seppur non ancora affermato, dimostrava già una certa fermezza su suoi lavori. Non meno importante è il motivo per cui tale opera non figuri in nessuna delle biografie felliniane, nessuna menzione in nessun testo, ma questo è un mistero destinato a rimanere irrisolto.

Per fare maggiore luce su questo inedito cominciamo con il soggetto: nei sobborghi di una Napoli di fine anni ’40 che ancora porta le ferite di guerra vivono due “scugnizzi” (come li chiama Fellini), poveri e orfani che campano arrabattandosi in mestieri di strada che a malapena bastano per un boccone di pane. Carmine e Celestina, questi i loro nomi, dopo una serie di avventure non proprio positive si ritrovano a bordo di una nave americana prossima a salpare verso il nuovo continente; i due seppur in clandestinità decidono di cogliere al volo l’occasione per fuggire dalla loro città natale verso quel sogno americano chiamato New York. Le loro speranze però verranno presto smorzate dalla realtà di una città per loro immensa e di una società nuova in cui non è facile inserirsi e dove solo il buon cuore di alcune persone potrà salvarli da un triste destino.

Ci sono due frasi all’interno del testo che colpiscono particolarmente, specialmente perché dette da due bambini la cui età non è specificata ma che probabilmente si aggira intorno ai dieci anni.

Carmine sostiene infatti che: “Prima quando ci steveno gli americani, allora c’era da faticà pè tutti… Ma adesso gli americani se ne sono andati… e simme tanti a Napoli, simme troppi…” e Celestina avvalora questa tesi dicendo: “Jammocenne, jammo int’America, a Napoli non ci voglio tornare chiù”. Bambini vissuti quindi, bambini i cui occhi hanno visto abbastanza in una città devastata che altro non promette loro che fame e povertà, alimentando nei loro cuori il desiderio di scappare in cerca di qualcosa di più, e quel qualcosa è rappresentato da quel continente che per tutti (allora come oggi) è noto come il paese delle opportunità.

Napoli – New York è una storia toccante scritta da un simbolo o forse è meglio dire dal simbolo del cinema italiano: Federico Fellini, aiutato ovviamente dall’inseparabile amico Tullio Pinelli. L’analisi di Augusto Sainati evidenzia come i punti chiave e le linee guida di tutti i film nati dalle loro menti siano presenti anche in questa sceneggiatura che purtroppo non ha avuto la buona sorte di arrivare sul grande schermo. Fortunatamente non tutto è perduto e se non al cinema perlomeno grazie all’immaginazione è possibile ricreare tutta l’avventura vissuta dai due giovani scugnizzi figli del geniale duo che ha fatto la storia del cinema italiano.

 

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04 Libri Napoli New YorkTitolo: NAPOLI – NEW YORK. Una storia inedita per il cinema

Autori: Fellini Federico, Pinelli Tullio

Curatore: Sainati Augusto

Casa editrice: Marsilio (Collana Gocce)

Anno: 2013

P. 157

Prezzo: € 12,00

Disponibile anche in ebook

http://www.marsilioeditori.it/libri/scheda-libro/3171674/napoli-new-york

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Centomila in Uno

La fantasia non ha limiti e questo è un dato di fatto, ma la creatività che certi scrittori sono in grado di sfoderare è talvolta disarmante. Nora K. Jemisin dà credito a questa tesi scrivendo un romanzo intitolato “I Centomila Regni” dove a sorprendere non solo è la trama avvincente, ma anche le capacità descrittive di questa esordiente autrice che tra personaggi, ambientazioni e colpi di scena ha dato vita ad un nuovo universo fantasy di alto livello. Centomila regni tutti amministrati da un’unica capitale chiamata Sky o meglio, dal palazzo sito nella capitale, che la protagonista Yeine Darr descrive in questo modo:

“Sopra la città, più piccolo ma anche più luminoso, con il colore perlaceo dei suoi livelli oscurato a tratti da nuvole di passaggio, c’era il palazzo, chiamato anch’esso Sky.”

Questa lucente e “celestiale” costruzione che, dalle accurate descrizioni fornite, piccola non sembra affatto, è anche il luogo dove si svolgono quasi tutti gli avvicendamenti che vedono coinvolti i protagonisti e per sottolineare quanto bello esso può apparire nella mente del lettore l’aggettivo “celestiale” non può essere più azzeccato. Tanto grande e tanto ricco di misteri. E qui si arriva alla storia. Yeine Darr è una giovane capo clan orfana di entrambi i genitori che, un bel giorno (non tanto bello per lei), viene invitata a raggiungere il grande Sky dal nonno Dekarta Arameri, niente meno che il re dei Centomila regni, per informarla che è stata scelta come erede al trono. Eredità che dovrà conquistarsi in una lotta senza esclusione di colpi con i due cugini Scimina e Relad, anch’essi designati per la successione. Altri nemici però si annidano nell’ombra perché dentro quella mura si nascondono i segreti sulla morte di sua madre, oltre ad una miriade di sorprese celate dietro ad ogni angolo, come ad esempio certi soggetti alquanto “divini” che abitano il palazzo e con cui Yeine entrerà in contatto. La giovane e indifesa ereditiera verrà messa alla prova con emozioni mai provate prima e fino ad allora inimmaginabili, e scoprirà delle verità su sé stessa che sconvolgeranno molte sue convinzioni ma, soprattutto, la sua vita futura.

Romanzo d’esordio per la scrittrice americana N.K. Jemisin, primo di una trilogia intitolata “The Inheritance Trilogy”. Prima parte il cui finale fortunatamente non lascia grandi quesiti tali da creare una dolorosa attesa per il seguito, offrendo ai lettori l’opportunità di godersi la prima storia nella sua integrità. Notevole come anticipato è l’ambientazione creata che offre immagini mozzafiato di una palazzo nel cielo e di personaggi talmente ben descritti da poterne quasi vedere i lineamenti del volto, per chi un volto ce l’ha… Il profilo caratteriale dei protagonisti è un altro punto di forza della storia, laddove personalità forti si alternano ad altre più deboli o meglio, più ambigue, in un susseguirsi di scambi di battute che portano il lettore ad un coinvolgimento pressoché reale (o ultraterreno).

Nel panorama editoriale attuale, dove il genere Fantasy è ormai tra i più venduti grazie anche alle innumerevoli trasposizioni televisive che molti romanzi hanno la fortuna di ottenere, è piacevole trovare in mezzo ai “Best sellers” e ai volti noti di altri autori opere di artisti nuovi come N.K. Jemisin. La scrittrice americana, dopo una lunga gavetta fatta di racconti brevi raccolti in antologie multi-autore, è riuscita a raggiungere il mercato che conta con un romanzo ricco di buoni contenuti che ha tutte le prerogative per aprire la strada all’autrice verso uno stabile successo, come dimostrano le candidature a premi come il Nebula e l’Hugo, e i premi già ottenuti come il Locus Award e il Romantic Times Reviewers’ Choice Award. La porta per i Centomila è aperta, non resta che vedere se, anche in Italia, il romanzo sarà in grado di ottenere il successo avuto oltre oceano confermando le buone aspettative. La parola ai lettori.

 

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I Centomila Regni Cover_Icentomila_WEBTitolo: I Centomila Regni Autore: Nora K. Jemisin Anno: 2014 Traduttore: Maccotta S. Casa editrice: Gargoyle (Collana Extra) http://www.gargoylebooks.it/24-prossima-uscita/313-i-centomila-regni

P. 382 Prezzo: € 18,00 Sito ufficiale dell’autrice:

http://nkjemisin.com/

Sfida alla vita ordinaria

“Il rifiuto ad una vita ordinaria” è il tema attorno al quale il noto scrittore svizzero-tedesco Max Frisch scrisse questo racconto, perché di racconto si tratta, nel lontano 1937 ai primordi della sua carriera artistico-letteraria. Un tema che viene sottolineato, ripreso ed enfatizzato praticamente in ogni pagina, esplicitamente o con allusioni, dal protagonista e dagli altri pochi personaggi presenti.

A più di settant’anni dalla sua nascita questo libro viene pubblicato per la prima volta in Italia completo di postfazione a cura di un filologo svizzero di nome Peter Von Matt, che offre con professionalità ed entusiasmo un’analisi approfondita del testo ed i legami che esso ha con la vita dell’autore. Se il racconto già di per sé non delude in quanto a contenuti, la presenza dell’approfondimento finale si rivela provvidenziale per l’apprendimento completo di una storia che è un peccato non sia stata tradotta prima.

Come Von Matt spiega, il protagonista del libro noto per la maggior parte del romanzo come “il Viandante” è in realtà una trasposizione di alcuni avvicendamenti della vita dell’autore che nel periodo precedente alla stesura del testo segnarono profondamente la sua esistenza. Come detto prima questo Viandante tende ad evidenziare e a sottolineare in ogni suo pensiero il suo rifiuto all’ordinario, la negazione di una vita fatta di abitudini e obblighi  comuni da lui considerati solo uno spreco di tempo. Lui che il tempo a sua disposizione vuole utilizzarlo per vivere fino in fondo tutto ciò che la terra offre e che nella vita bisogna sfruttare e trasformare in esperienze uniche, da condividere con se stessi per guardare il mondo a testa alta. Ne è un esempio l’avventura narrata, dove il protagonista vuole mettersi alla prova scalando la famigerata Cresta Nord, una parete di roccia situata nelle Alpi svizzere del Canton Vallese ritenute fino ad allora un vero tabù da molti scalatori. Una prova questa che per tutti ha un unico verdetto: morte. Verdetto che lui non contempla e che è sicuro di poter smentire. Ci penserà un’imprevedibile storia d’amore con risvolti tutt’altro che scontati a tentare di fermarlo, inaspettata tanto per il Viandante quanto per il lettore.

Ma cos’è questo silenzio che spicca nel titolo? E’ un’immagine particolare quella che Frisch ha creato in merito ad esso, ovvero un silenzio che esiste, che è tangibile ma che è attraversato da suoni che lo annullano pur esaltandolo. Un concetto molto contraddittorio questo, che le pagine esprimono con chiarezza cristallina arrivando a catapultare il lettore in quell’ambiente montano fatto di ruscelli impetuosi immersi nella foresta circostante e di paesaggi che tolgono il fiato. Questa reazione sembra averla avuta anche la traduttrice, che in una nota finale intitolata “la scatola nera del traduttore” racconta in due parole il piacere provato (non meno delle difficoltà) nel tradurre questo romanzo. Romanzo tanto attuale allora quanto oggi, ragion per cui, per chi decidesse di leggerlo, la definizione “ non è mai troppo tardi” per questo libro calza a pennello.

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04 Libri Il silenzioTitolo: Il Silenzio. Un racconto dalla montagna

Autore: Max Frisch

Editore: Del Vecchio Editore (Collana Formelunghe)

Traduttore: Del Zoppo P.

P. 118

Anno: 2013

Prezzo: € 13,00

Disponibile anche in ebook

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Krimi

In Italia chiamiamo giallo un romanzo di argomento criminale; in Germania il genere è più opportunamente chiamato Krimi (1). Attualmente in Italia il giallo scandinavo è di moda, ma quello tedesco è ancora poco noto. Un vero peccato, visto che nulla ha a che fare con le teutoniche serie televisive piene di poliziotti inespressivi, algide bionde, giovani psicopatici, industriali truffatori e teste di cuoio senza volto. In realtà il Krimi è un genere ben strutturato; da qui l’iniziativa di una piccola casa editrice italo-tedesca, la Book Salad, che dedica al genere una collana, Angst (paura), con l’accortezza di tradurre solo quei libri che possano offrire al lettore italiano anche un’immagine dell’attuale società tedesca. Citiamo qui due autori in catalogo: Vincent Kleisch (Il profeta della morte) e Karl Olsberg (Il Sistema) (1). Sono due autori profondamente diversi: il primo è un attore e presentatore televisivo, ma anche un autore di successo che ha scritto un libro dopo l’altro, quasi fosse seriale come i suoi assassini. L’altro invece è un informatico specializzato in intelligenze artificiali e lavora ad Amburgo come consulente aziendale. Ma oggi parleremo solo di Kleisch e del suo Profeta della Morte.

Come tutti gli altri romanzi di Vincent Kleisch, siamo a Berlino (dove del resto l’autore abita) e naturalmente si descrive una società assai dinamica. Siamo nel quartiere di Wedding, una zona di caserme d’affitto abbastanza degradata, dove gli assistenti sociali hanno molto lavoro con famiglie a dir poco problematiche. Una giovane donna avvelena il marito e poi si uccide. Dramma familiare? No, perché c’è chi aveva previsto tutto in dettaglio. Chi è questo profeta? L’atmosfera è ambigua, un po’ come ambiguo è il volto dell’autore. Il commissario Julius Kern della LKA (la squadra omicidi) dovrà scontrarsi con il suo acerrimo nemico, l’assassino seriale Tassilo Michaelis. In realtà i due sono legati da strani rapporti, con finale a sorpresa. Questo Tassilo tortura e uccide le vittime con sadismo efferato, e in questo ricorda certe produzioni video tedesche specializzate in BDSM. Ma il nostro assassino non è stupido: sempre attento a non lasciare indizi anche dopo aver fatto il macellaio, è anche un fine intenditore, gentile e formalmente impeccabile, e infatti lavora nella ristorazione di lusso. Ma aveva iniziato da cameriere umiliato e da qui è iniziata la sua carriera di assassino: Tassilo uccide chi gli manca di rispetto. Noi italiani nel crimine siamo sicuramente più passionali che repressi (la mafia è un discorso a parte), ma qui siamo in Germania, dove il pubblico sicuramente s’identifica con personaggi simili. Ma il pregio di questo libro consiste nella continua ambiguità. Ambigui certi quartieri berlinesi, dove in cantina succede di tutto. Ambigui i personaggi: ambiguo Tassilo, ambigui i poliziotti che gli danno la caccia, a cominciare da Kern, di cui non si capisce il vero rapporto con il suo rivale; ambiguo Jonathan, ex compagno passivo dei giochi di Tassilo, che diventa una specie di Virgilio nei gironi del sadomaso violento. Il primo a descriverli letterariamente fu in realtà un altro scrittore tedesco poco noto in Italia. Parlo di Hubert Fichte, grande scrittore omosessuale di Amburgo, morto nel 1986 di Aids a cinquant’anni e autore assai prolifico di saggi e romanzi. Ma da noi è stato tradotto solo Pubertà scritto nel 1974 ma da noi uscito nel 1977 per i tipi di Garzanti, oltre ad una lunga conversazione con Jean Genet uscita nel 1987 per Ubulibri. Un vero peccato, visto la grandezza dello scrittore (5).

Ma torniamo a Berlino. La caccia all’assassino è una corsa contro il tempo, prima che si avveri un’altra profezia di cui non diremo niente per non levare nulla al lettore. Anche se certe descrizioni non sono adatte per uno stomaco debole, bisogna ammettere che la tensione sale al cardiopalma e che la trama è ben costruita. Ma non sveleremo certo il finale. Piuttosto, ecco come l’autore stesso spiega la sua estetica:

Quando ero un bambino sono stato affascinato dal “Faust” di Goethe e più tardi ho letto anche “Il silenzio degli innocenti”. Trovo incredibilmente avvincente il classico principio del patto con il male perché sono entità lontane ma al contempo vicine. Kern e Tassilo sono come amici che hanno opinioni divergenti. In più sulla loro amicizia aleggia un mistero, un segreto. Tassilo uccide perché odia quando gli si manca di rispetto, quando nell’esercizio delle sue funzioni di cameriere lo si tratta male. Quindi mi chiedo: come fanno inservienti, cuochi, camerieri e tutti coloro che lavorano nell’ambito del servizio a sopportare i clienti? Tutte le storie (tranne gli omicidi) che racconto nel libro sono capitate nella realtà a me o ai miei colleghi. Spesso non è facile sopportare. Ovviamente solo pochi ospiti sono così terribili come quelli descritti nel libro. Però in questo tipo di lavoro servono delle valvole per “far uscire il vapore”. Il mio è scrivere .(…) Ovviamente è anche possibile creare tensione senza sangue, ma la morte è sempre la paura più grande di tutte – e queste paure ci affascinano molto”

Per me l’assassino è il protagonista nel thriller. Una persona che uccide altre persone è affascinante e desidero raccontare del perché compie quegli atti. Se tengo segreta la sua identità non ho nessuna possibilità di raccontare la sua storia. Sono anche dell’opinione che un assassino sconosciuto non possa esistere in un thriller ma solo in un giallo. Quando la gente guarda “Batman” nessuno si lamenta del fatto che subito si sappia che il “Joker” è cattivo”.

Detto questo, speriamo che anche il Krimi abbia presto in Italia i suoi fan.

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NOTE:

Noi lo chiamiamo così per il colore della copertina della prima e tuttora popolare serie edita da Mondadori.

Karl Olsberg è in realtà lo pseudonimo di Karl-Ludwig Freiherr von Wendt.

La fantascienza non ha stranamente saputo prevedere Internet, anche se Bruce Sterling (maestro del cyberpunk) scrisse nell’88 un libro che si chiamava Isole nella rete. Ma in realtà la scienza spesso corre più rapida degli scrittori: ancora negli anni ’70 nessuno di loro riusciva a immaginare un computer con circuiti miniaturizzati.

Da un’intervista pubblicata sul sito dell’editore italiano.

Sarebbe auspicabile che siano tradotti in italiano almeno Die Palette (1968) o das Weisenhaus (1977) o Wolli Indienfahrer (1978). Quello che sorprende è che Hubert Fichte sia poco noto in un paese – il nostro – dove l’interesse per la letteratura omosessuale ha ormai raggiunto la maturità.

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Libri KRIMI - Kleisch Il profeta della morteTitolo:Il Profeta della Morte

Autore: Vincent Kliesch

Traduttrice: Anna-Sophie Grashofer

Editore: BookSalad (Angst), 2013

Pagine: 315

Prezzo 15 euro

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Libri KRIMI Vincent_Kliesch

Viaggio in Lapponia

In Lapponia nel mese di gennaio c’è l’attesissimo ritorno del sole e dopo quaranta giorni di buio i Sami, i nativi del luogo, si preparano ad accogliere la nuova alba e a “riabbracciare” la loro ombra.

L’agente di polizia Klemet Nango attende questo giorno con particolare emozione perché, pur essendo un Sami atipico in quanto l’unico ad aver indossato la divisa, dentro di sé la sua cultura e le sue origini non lo hanno mai abbandonato. Per sua sfortuna il tanto desiderato giorno sarà seguito di lì a poco da due gravi sventure all’interno della comunità: il furto di un tamburo sacro al popolo Sami e l’assassinio nel suo gumpi (abitazione) di Mattis Labba, un nativo pastore di Renne, con tanto di recisione delle orecchie, un gesto quest’ultimo dal significato molto particolare tra i pastori.

Le indagini sui due casi oltre che ad essere un racconto poliziesco sono anche un viaggio all’interno di una cultura, quella dei Sami, che per molti è sconosciuta. Considerati indigeni dai coloni scandinavi che tempo addietro “invasero” le loro terre affibbiandogli anche l’appellativo di Lapponi, i Sami riuscirono a resistere all’occupazione mantenendo intaccate la loro identità e la loro cultura, salvandosi dal triste destino delle riserve che è invece toccato ai loro “cugini”, i Nativi Americani.

“L’ultimo lappone” è un romanzo che va oltre una semplice storia dove solo i personaggi sono i protagonisti.

Olivier Truc ricostruisce con sorprendente maestria una tradizione affascinante che ancora oggi mantiene gli usi e i costumi che da sempre l’hanno contraddistinta. Sebbene la figura dello sciamano sia ormai estinta, i loro tamburi sacri o i Joik, i loro canti tradizionali, e la magia che si cela dietro ad essi, è ancora oggi uno dei punti saldi all’interno delle comunità. Ed è su questi punti saldi che gli agenti della Polizia delle Renne Klemet Nango e Nina Nansen si baseranno per svolgere le indagini, se non per l’aspetto mistico sicuramente per gli stretti legami che i due crimini hanno con la cultura Sami.

La vicenda si svolge tra Kautokeino in Norvegia e Kiruna in Svezia, e tra le due la città norvegese è anche quella che vanta la maggior concentrazione di Sami in tutta la Scandinavia. Oltre a queste due città i protagonisti si troveranno spesso a doversi muovere sul “vidda”, l’immenso oceano di neve e ghiaccio su cui i pastori portano le renne al pascolo. In questa grande distesa bianca la polizia dispone di numerosi rifugi utili per le soste nel caso di lunghi spostamenti, rifugi che offrono un’ottima protezione dalle ferree temperature che arrivano tranquillamente ai meno trenta gradi.

E’ suggestiva l’immagine che l’autore dà di questo paesaggio immacolato dove nei cieli risplendono le fantastiche aurore boreali, tanto belle da togliere il fiato.

Al suo esordio nel mondo della letteratura lo scrittore francese Olivier Truc tenta il colpo grosso con un romanzo dall’ambientazione “profondamente” nordica, in quella Lapponia dove i confini tra Norvegia, Svezia e Finlandia scompaiono sotto l’imponente manto innevato che ricopre tutto l’anno ogni angolo del territorio. Un esordio dal risultato tutto sommato positivo considerando anche il fatto che il romanzo è già stato tradotto in molti paesi, sintomo questo di una buona aspettativa di successo. Può capitare di chiedersi come mai uno scrittore francese decida di scrivere una storia ambientata in Scandinavia, ma è presto detto: Truc vive ormai da anni a Stoccolma dove lavora come referente per alcune testate giornalistiche francesi e la lunga permanenza deve aver ispirato l’autore nella stesura dell’opera.

Per chi avesse voglia di leggere un libro di stagione invernale L’ultimo lappone contiene gli ingredienti giusti, a partire da quei meno trenta gradi che incrementano ulteriormente la voglia di una buona lettura sotto la coperta accanto ad un bel camino acceso.

Klemet Nango lo invidierebbe molto… o forse no…?

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04 Libri L' ultimo lappone Olivier TrucTitolo: L’ultimo Lappone

Autore: Olivier Truc

Editore: Marsilio (Collana Farfalle)

Traduttore: R. Fontana

Anno: 2013

P. 446

Prezzo € 15,30

Disponibile anche in ebook a € 11,99

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