Medio Oriente: Apprendisti stregoni

Ricordate Fantasia, il film di Walt Disney dove c’era anche Topolino apprendista stregone? Ebbene, i suoi discepoli oggi sono tanti, tragicamente pasticcioni e incapaci di frenare gli sviluppi delle reazioni a catena che hanno incautamente provocato.

Ma passiamo ai fatti. L’Isis o Califfato che dir si voglia, ha effettivamente spiazzato gli analisti. Una volta raggiunta la massa critica, un movimento politico esplode in tutta la sua dinamica aggressività, è normale. Ma perché nessuno se ne era accorto prima? Evidentemente erano stati sottovalutati i segnali, oppure i protagonisti sono stati capaci di dissimulare le loro azioni. Oppure ancora, era difficile mandare giornalisti in zona. Ma esiste un’altra, inquietante interpretazione: gli apprendisti stregoni hanno perso il controllo della loro creatura. Andiamo per ordine.

Quando i sovietici occuparono l’Afghanistan negli anni ’80 del secolo scorso, gli Statunitensi finanziarono Bin Laden e i suoi, armandoli anche con micidiali missili Stinger che poi avrebbero ricomprato a caro prezzo. In seguito, l’Iran finanziò gli Hezbollah per far sloggiare gli Israeliani dal sud del Libano, mentre gli Alleati invadevano l’Iraq senza pensare che la guerra vera sarebbe iniziata una volta entrati a Baghdad e – quello che è più grave – senza avere un piano preciso per il dopoguerra. Dunque, sono proprio gli Statunitensi ad aver addestrato e armato i Talebani per combattere i Sovietici in Afghanistan. Risultato: una volta andati via i Sovietici, il paese presto crolla e viene conquistato proprio dai Talebani, i peggiori invasori che quel paese potesse avere e soprattutto i peggiori nemici per le forze alleate che cercano da più di dieci anni di ricostruire il paese e modernizzarlo. Noi italiani ne siamo usciti ora, ma dopo 13 anni e 53 militari caduti ancora non sappiamo chi ha vinto: nessuno ce lo ha saputo o voluto spiegare.

Andiamo avanti. Recentemente il governo iraniano ha pubblicamente detto all’Onu che il terrorismo islamico è un pericolo per l’umanità. Niente male per chi ha inventato gli Hezbollah ed ora, nel generale rovesciamento delle alleanze, si trova ad essere un fedele alleato degli Statunitensi nella lotta contro i Sunniti del Califfato. Neanche a dire che è stata proprio la miopia settaria dello sciita Al-Maliki a contribuire allo smembramento dell’Iraq, anche se prima di lui Ali Moussa Sadr era andato contro gli alleati senza avere un piano di lungo termine. Ma se pensiamo che in fondo gli Sciiti e i filosciiti sono da sempre iraniani o filo iraniani, non è difficile vedere in questo conflitto l’antica insofferenza dei Persiani verso gli Arabi, musulmani ma disprezzati da una cultura superiore.

Passiamo ora ai Francesi guidati da Sarkozy, i quali nel 2011 s’intromettono d’iniziativa nella guerra civile libica e ci spingono dentro anche gli altri. Berlusconi è amico personale di Gheddafi, ma in quel momento è troppo debole per resistere alle pressioni degli Statunitensi, i quali inventano persino un nuovo concetto giuridico: la guerra umanitaria preventiva. Alla fine Gheddafi viene eliminato, col risultato di creare un vuoto di potere, di espandere a sud la guerra per bande, di far dilagare l’esodo dei migranti verso l’Europa e spaccare il paese in due parti più o meno strutturate, Tripolitania e Cirenaica – una delle quali tendenzialmente islamista – più un enorme deserto crocevia di traffici di ogni genere. Attualmente, in mancanza di un vero procedimento democratico, ci limitiamo ad appoggiare i signori della guerra meno islamizzati o più affidabili, concetto relativo in una nazione gestita tradizionalmente da una quindicina di clan tribali. Il guaio è che noi italiani le coste libiche le abbiamo proprio davanti. La famosa quarta sponda per ora porterà solo guai.

Ma torniamo allo sciita Al-Maliki, presidente dell’Iraq, che riesce a scontentare e dividere il paese sbilanciando il potere a favore della maggioranza sciita e provocando l’unione dei Sunniti a parte del Califfato, realtà stranamente emersa dal nulla ma subito divenuta potente protagonista sulla nuova scena storica. Erano stati spesi dagli Statunitensi 25 miliardi di dollari per ricostruire l’esercito iracheno, che si è decomposto in pochi giorni, facendo finire armi ed equipaggiamenti moderni in mano nemica. Tanto valeva dividere subito l’Iraq in tre stati: sunnita, sciita e curdo.

Due parole anche per Israele, che in anni recenti ha indebolito l’OLP solo per vedere una protesta palestinese sempre più radicalizzata e la frontiera con il Libano gestita dagli Hezbollah. Ne valeva la pena? Erano queste le aspettative della pur esperta e scaltra diplomazia israeliana? Sicuramente in israele contano molto gli equilibri politici interni, ma tutto ha un prezzo.

In ordine di tempo, seguono i Turchi, la cui politica neo-ottomana ha finora appoggiato l’ISIS in funzione antisiriana, sperando che si eliminassero anche i Curdi presenti in loco. Ora il governo di Erdogan lascia passare i guerrieri nati in Europa che vanno ad arruolarsi nelle file dell’ISIS. Ufficialmente la Turchia è un fedele alleato dell’Occidente nella lotta al terrorismo, ma non quando si tratta di dar fastidio ai vicini. Miglior figura fanno i Curdi, che in effetti riescono a contenere l’offensiva dell’ISIS sia a Kobane che nel Kurdistan iracheno. E soprattutto, difendono sé stessi.
Sempre in Siria, riecco gli Statunitensi che, dopo aver finanziato l’opposizione moderata al regime di Assad, scoprono che questa si è unita all’ISIS in alleanza tattica contro il comune nemico, col risultato di eliminare qualsiasi opposizione se non moderata, almeno civile.

Nel frattempo i separatisti ucraini filorussi sono stati armati sottobanco dai Russi, anche se questi negano. Come in Crimea, i miliziani hanno stranamente tutti lo stesso fucile e le stesse giubbe, anche se prive di distintivi. Finora ha funzionato, ma non è detto che il controllo su di loro sia eterno ed efficace.

Infine, Arabia Saudita ed emirati vari, i quali prima finanziano i movimenti islamisti più fondamentalisti e poi temono che la loro espansione minacci la base del proprio potere. E’ curioso vedere l’Arabia Saudita o l’Oman da entrambe le parti del conflitto: come finanziatori di moschee wahabite e come alleati degli Statunitensi contro il terrorismo dell’ISIS. Curioso perché in casa loro quei regimi portano avanti idee molto simili a quelle dei loro nemici. Nemici del loro potere.

Quello che quasi diverte poi è la faccia tosta con cui i presidenti di Turchia e Niger partecipano alla grande manifestazione a Parigi in favore di Charlie Hebdo e della libertà di espressione e poi vietano la diffusione del giornale o delle sue vignette nei loro paesi, non prima però di aver scattato la foto ricordo con i grandi della Terra.

Islamia #NotInMyName La campagna Non in nome mio lanciata da musulmani 6a43421b-2e23-41e8-80f3-6ac33815d973

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