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L’Egitto si è rotto

 

È passato appena un anno da quando era diventato presidente Morsi, un opaco esponente dei Fratelli musulmani, ricevendo l’appoggio di una parte degli egiziani che l’hanno considerato il male minore nello sceglierlo al ballottaggio ad Ahmed Shafiq, candidato indipendente legato ai militari e ultimo Primo ministro di Mubārak.

 

Una vittoria che non poco è stata influenzata dai numerosi egiziani, la metà degli aventi diritto al voto, che hanno scelto di astenersi per non schierarsi, dopo che l’opposizione si è trovata sconfitta nell’essersi presentata divisa con i suoi tre candidati, vedendo la vittoria di uno dei due candidati una rivoluzione incompiuta se non addirittura tradita.

 

Ora, con il passare dei mesi, il signor Morsi-Nessuno ha dimostrato tutta la sua ambiguità democratica e inadeguatezza nel gestire la crisi economica, traducendo un’elezione con un aritmetico 26% degli aventi diritto che si trasforma in un 51% di quelli che sono andati effettivamente a votare, come la gestione del potere di una parte dell’Egitto sull’altra.

 

 

Gli astenuti del 2012 si sono trovati insieme ai delusi dal metodo autocratico di Morsi nel movimento Tamarod (Ribelle), per raccogliere milioni di firme, ne hanno dichiarate 22milioni, per chiederne le dimissioni.

 

 

Milioni di firme che si trasformano in una folla oceanica che riprende possesso non solo di piazza Tahrir, ma in ogni strada del Cairo e di Alessandria, a Luxor come in altre città egiziane, lanciando l’ultimatum a Morsi.

 

 

Dopo il prolungarsi di scontri tra oppositori e sostenitori di Morsi, con decine di morti che diventano centinaia e incalcolabili e il numero dei feriti, sono le Forze armate, come nel febbraio del 2011 con la destituzione di Mubarak, a prendere in pugno la situazione, portando nelle strade blindati ed elicotteri nel cielo.

 

 

L’ultimatum di Tamarod diventa l’ultimatum dei militari e, dopo un iniziale timido tentativo di trattare, Morsi viene preso in “custodia” preventiva con i suoi collaboratori e i vertici dei Fratelli musulmani, altri esponenti del governo vengono invitati a rimanere nei loro appartamenti.

 

 

Così i militari assurgono nuovamente ad ago della bilancia dei cambiamenti egiziani, per non perdere la loro influenza nella rivoluzione di un ancien regime che può definirsi colpo di stato applaudito dalle folle, ma per l’opposizione, con la sua ritrova un’unità, è la Primavera parte seconda.

 

 

È la politica di Morsi che ha trasformato i milioni di astenuti delle ultime elezioni in sostenitori dei militari, ritenendo che siano meglio loro della piovra islamica.

 

 

Un’immagine quella di paragonare la Fratellanza ad una mafia condivisa da molti intellettuali come il fotografo e scrittore Ahmed Mourad, ultimo libro pubblicato il giallo Polvere di diamante per Marsilio, che il potere egiziano l’ha visto da vicino essendo stato il fotografo di Mubarak, Morsi e ora di Mansour, raffrontando la figura di Mubarak con quella di Morsi nel definire il primo un uomo che si era allontanato dal popolo e il secondo un organizzazione nelle mani dei Fratelli musulmani. Altrettanto severo è il giudizio dello scrittore Ala Al Aswani che equipara il loro comportamento come quello dei fascisti.

 

 

L’estromissione dei Fratelli musulmani dal potere egiziano riceve i consensi dell’Arabia saudita e l’applauso del siriano Bashar al-Assad che fa sospettare un accartocciamento dei cambiamenti nel Mondo arabo con ritorno agli antichi equilibri.

 

 

Un segnale di questa ricerca di antichi equilibri potrebbe essere la casualità che vuole il Presidente della Corte costituzionale egiziana, il giudice Adly Mansour nominato da Mubarak e promosso all’attuale carica da Mohammed Morsi, a essere designato dai militari come presidente ad interim fino a nuove elezioni.

 

 

Le prime mosse del presidente pro tempore Mansour hanno portato allo scioglimento della Camera alta, di nomina governativa, ha nominato il nuovo capo dell’intelligence e deve affrontare le violente proteste dei sostenitori di Morsi.

 

 

Continuano le vittime e i feriti degli scontri tra le due fazioni in un Egitto che si affida alla tutela dei militari, usando le maniere forti per non permettere che il paese si rompa irreparabilmente sotto la rabbia islamista.

 

 

In Egitto sono i militari a detenere il vero potere, anche dopo le numerose e raffazzonate riforme di Morsi nel limitarne la loro intromissione, ma senza poter fare a meno del finanziamento annuo statunitense di 1,3 miliardi di dollari.

 

 

L’Egitto ha sperimentato un socialismo nasseriano caratterizzato da una forte impronta nazionalistica panaraba che non ammetteva opposizioni, con Sadat il paese doveva superare Nasser per essere traghettato nel capitalismo che Mubarak lo portò a trionfare. Con i Fratelli musulmani è l’islam ad essere la soluzione e Morsi si accingeva a far vivere gli egiziani sotto tale precetto.

 

 

È uno scatto di orgoglio nazionalista che ha coinvolto così tante persone nel chiedere di non dover dipendere dall’elemosina dei paesi più ricchi, soprattutto dagli Stati uniti.

 

 

Quello che non piace a Tamarod di Morsi è il non essere riuscito a migliorare la sicurezza, a trovare delle soluzioni alla crescente povertà, al far sopravvivere l’economia egiziana con gli aiuti internazionali e soprattutto il non essere riuscito ad affrancarsi dalle decisioni statunitensi.

 

 

Il problema non è l’islam, l’Egitto è un paese musulmano, ma la politica messa in pratica dal movimento islamista dei Fratelli musulmani che ha portato a dividere il paese, ha evidenziato una polarizzazione della società egiziana, iniziata alla fine del 2012 con il decreto che permetteva a Morsi di raccogliere nelle sue mani gran parte dei poteri.

 

 

Nonostante i cospicui finanziamenti provenienti dal Mondo arabo e dall’Occidente, l’Egitto vive una crisi economica che si è aggravata con le incertezze di stabilità e riducendo a un lumicino l’industria turistica, escludendo la zona di Sharm el Sheikh e alle gite di un giorno a Luxor.

 

Il turismo ha subito un duro colpo, nonostante la disponibilità dei Fratelli musulmani a rendere duttili le direttive islamiche in favore del pragmatismo economico sui divieti nell’uso di alcolici e nell’utilizzo del bikini.

 

 

Il continuo veto posto dagli islamisti ad ogni laicità governativa evidenzia la mancanza di dialogo tra schieramenti. Alla mancata candidatura di El Baradei a primo ministro è seguita quella di altre personalità accusate di essere laici e troppo vicini agli Usa. Un’intransigenza della fratellanza musulmana ben comprensibile dopo aver visto esautorato il loro presidente Morsi e la maggioranza elettorale che non ha permesso nessun compromesso mentre la democrazia sotto tutela militare ha partorito un governo laicista di 34 ministri con 3 donne, di cui una cristiana, e nessun islamico. Questo il governo di transizione guidato dall’economista Hazem El-Beblawi, con Mohamed El Baradei suo vice, scelto dal presidente ad interim Adly Mansour e avallato dai militari che sono presenti con il generale Abdel Fattah al-Sisi, capo delle Forze armate e “ispiratore della destituzione di Mohamed Morsi, alla difesa.

 

Un governo ritenuto illegittimo dai Fratelli musulmani che continuano a manifestare sempre più rumorosamente anche in concomitanza con le visite del vice segretario di stato americano, William Burns, e l’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Catherine Ashton, in Egitto per due volte nello spazio di due settimane.

 

 

Il presidente statunitense, per uscire dall’imbarazzo di non aver compreso nuovamente la forza della piazza, afferma che la democrazia va oltre le elezioni. Altrettanto laconici sono i commenti di altri leader occidentali, evitando di stigmatizzare la destituzione di Morsi come un golpe, ma è al massimo la conseguenza di una forte pressione popolare assecondata dai militari.

 

 

Il paese è in fiamme e l’esercito usa le armi, l’Unione africana ha sospeso temporaneamente l’Egitto dal suo seggio, ritenendo “irregolare” la deposizione del presidente Morsi, sino a quando non saranno ripristinati i diritti costituzionali.

 

 

Nelle prossime settimane i militanti del movimento Tamarod potrebbero scoprire che i cambiamenti in Egitto non saranno ad una svolta, ma seguendo il copione della destituzione di Mubarak, scopriranno di essere stati usati per la seconda volta dalla vecchia nomenclatura per rimanere al potere.

 

 

La “nuova” dirigenza egiziana, con le frequenti incursioni armate nel Sinai, ha ritenuto indispensabile comunicare al governo di Tel Aviv, nel rispetto del trattato del 1979, la necessità di aumentare la presenza di militari egiziani nella penisola per far fronte ai diversi gruppi terroristici, tra i quali l’esordiente gruppo pro Morsi Ansar al-Shariah, che si infiltrano attraverso la striscia di Gaza.

 

 

Una decisione che ha portato il blocco dei diversi tunnel lungo il confine di Gaza mentre il valico di Rafah è stato chiuso. Di fatto i palestinesi di Gaza sono bloccati in quella che si ritiene “la più grande prigione a cielo aperto”, pagando di fatto il sostegno che Hamas ha dato e ricevuto dalla Fratellanza. La caduta del regime di Morsi ha reso la popolazione di Gaza una vittima collaterale, strangolando ulteriormente, se mai fosse possibile, l’economia di una zona tra le più disagiate del Pianeta. Una pressione su Hamas perché possa vigilare con maggior fermezza sui confini.

 

 

A Gaza nessun palestinese entra o esce ed ogni intervento medico urgente non potrà essere fornito, mentre i palestinesi Ramallah confidano nell’attività diplomatica del segretario di stato statunitense, John Kerry, nella ripresa dei colloqui di pace tra il governo israeliano e l’Autorità palestinese.

 

 

L’Occidente, interessato a mettere in sicurezza le forniture degli idrocarburi, si augura che l’Egitto possa presto tornare alla normalità costituzionale, per non cadere in una tragedia modello siriano, magari dopo la revisione che i dieci “saggi” dovrebbero effettuare sulla Costituzione, già emendata in senso islamico da Morsi e contestata da liberali e cristiani che ne denunciano i limiti di libertà e diritti umani.

 

La situazione siriana non sembra sortire alcun effetto come ammonimento, anzi l’esortazione a scendere in piazza del generale e Ministro della difesa El-Sisi sembra voler far eco agli incitamenti dei Fratelli musulmani allo scontro, mentre le famiglie egiziane continuano a soffrire la fame, come dimostra la fornitura di 240.000 tonnellate di grano provenienti dalla Romania, Ucraina e Russia per la produzione di pane sovvenzionato.

 

 

L’esercito invita allo scontro tra opposti schieramenti anti e pro Morsi, per poi intervenire come pacificatori in armi, strumentalizzatori dello scontento per giustificare le maniere forti.

 

 

 

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L’Egitto e la Laicità

Il secondo anniversario della rivoluzione che ha deposto Hosni Mubarak è stato segnato da una protesta dilagante contro i Fratelli musulmani e il loro presidente.

OlO Egitto Prove di laicità Egitto mohamed_morsi_egittoDue anni dopo, le tende sono ancora in piazza Tahrir. Alla rivolta dell’opposizione contro la deriva islamista Morsi ha risposto ordinando di cancellare i murales “critici” e mettere sotto inchiesta la satira, se non basta far intervenire l’esercito.

Una rivoluzione spontanea senza una leadership, caratterizzata dall’utilizzo dei social network come Facebook e Twitter. I siti web varia informazione come quello The National Council for Women dedicato alle donne che manifestano o Join 18 Days In Egypt che si rivolge a chi ha vissuto i giorni di piazza Tahrir per raccogliere ogni testimonianza dei giorni della protesta. In un twitter si affermava che L’Egitto viene trasformato in inferno da gente che pensa di andare in Paradiso.Egitto Donne sidi-henesh-047-001 La violenza sui manifestanti si trasforma in vere aggressioni sessuali nei confronti delle donne che si sono organizzate realizzando il sito Harassmap per segnalare episodi di molestie sessuali via SMS in forma anonima o i gruppi di difesa delle donne denominati Tahrir Bodyguard anche su Twitter che non si limitano ad una presenza sul web, ma girano con caschetto e pettorina fosforescente, per garantire il diritto delle donne a manifestare e contro i predicatori impegnati ad addossare ogni responsabilità delle aggressioni sessuali alle vittime. Secondo gli islamismi sono le stesse donne ad essere responsabili dei loro stupri se si mescolano con gli uomini per partecipare a raduni.

A queste deliranti affermazioni si contrappone la campagna contro le molestie sessuali anche attraverso i disegni sul blog che è un omaggio alle donne.

Egitto Donne mohamed-mahmoud-mural-008-001Una domanda che molti si pongono è se Morsi, il signor nessuno sino al momento della sua elezione a presidente dell’Egitto post Mubarak, a tenere le redini della nazione o sono i suoi Fratelli Musulmani a suggerirne la sua condotta? Di certo c’è che l’Egitto non può fare a meno degli investimenti esteri come i 20miliardi di dollari del Qatar o il discusso ponte sul Mar Rosso promosso dall’Arabia Saudita e che allarma gli ambientalisti. All’Egitto necessita anche il prestito dai 3,2 ai 4,8 miliardi dollari dal FMI (Fondo Monetario Internazionale), richiesto dal governo egiziano per affrontare la crisi finanziaria e il deficit di bilancio, tanto più ora che il turismo sembra un ricordo, nonostante l’impegno del presidente di garantire la sicurezza dei turisti, e Morsi si esibisce nel rincaro di tasse sulle sigarette, birra, bevande analcoliche, elettricità, oltre che su una serie di licenze, sulla pubblicità e nel settore immobiliare.

Nel panorama di precarietà finanziaria l’Egitto conta sul prestito della Banca per lo sviluppo africano (AfDB), per sostenere l’economia nazionale e finanziare progetti di sviluppo specifici, e sul rinnovo degli impegni stipulati dagli Stati uniti, non solo a livello militare, con il precedente governo.

La crisi economica rappresenta in Egitto un argine contro la pressante imposizione di una religiosità sfrenata nella struttura statale. Morsi deve rendere conto alle varie organizzazioni e ai singoli stati dei prestiti e debiti contratti con l’Occidente e il Mondo arabo.

Gran parte degli egiziani sentono che due anni di cambiamenti sono serviti a tradire la rivoluzione e percepire Morsi schiacciato tra gli accordi internazionali e la fratellanza musulmana.

I Fratelli musulmani sono nati come una società di mutuo soccorso, ma in questa fase politica sembrano presi solamente dalla gestione del potere, mettendo in secondo piano le quotidiane necessità dell’egiziano mussulmano o copto che sia.OlO Egitto Prove di laicità Egitto Cibo Divide breadboy

Le famiglie egiziane sono diventate più vulnerabili non hanno abbastanza soldi per comprare cibo, vestiti e riparo. Questa è la conclusione dell’ultima indagine dell’Egyptian Food Observatory’s.

L’Egitto non riesce a risollevare il turismo e dare sicurezza al turista, con i ciclici scontri tra sostenitori e oppositori di una vita laica e gruppi islamisti armati che vagano nel deserto pronti ad intervenire.

Solitamente le crisi economiche sono foriere d’instabilità politica, ma per l’Egitto può diventare l’unica possibilità di uno status quo tra i fautori di un’islamizzazione della vita quotidiana e chi non vuol rinunciare alla laicità dello Stato, anzi vorrebbe accrescere i diritti dei singoli.

In Egitto la laicità della vita pubblica non appartiene al contesto filosofico, ma semplicemente finanziario: non eccedete nell’introduzione di esternazioni religiose nella quotidianità pubblica e vi mancherà il sostennio anche finanziario dell’Occidente. Niente discriminazione verso chi non porta alcun tipo di velo o di abbigliamenti riconosciuti rispettosi dell’islam.

Le agenzie di rating continuano a declassare i titoli egiziani e la disoccupazione aumenta. Si aumentano i prezzi di alcuni generi per poi recedere su alcuni. Una continua acrobazia per confondere la popolazione e far sembrare i governanti sensibili alle necessità della popolazione.

Un apparente status quo, perché Morsi e i suoi sponsor continuano ha prendersi ampi spazi di potere, attraverso le vie istituzionali e con sotterfugi, per poi restituire un po’ del maltolto dopo le furiose manifestazioni di piazza e le proteste nel web.

Un web che si è mostrato utile per far crescere l’indignazione con la messa in Rete del video che pare documenti il trattamento riservato a un uomo nudo dalla polizia.

Se ci si domanda se Morsi o la Fratellanza Musulmana è a tenere le redini del potere in Egitto è ancor più enigmatico il ruolo delle forze armate che sempre più spesso svolgono attività di polizia e di barriera in difesa delle sedi istituzionali minacciate dai manifestanti.

Il Governo si affida all’esercito, scegliendo di schierarlo a difesa dei principali edifici pubblici, oltre che dei commissariati, ma le forze armate hanno metabolizzato le epurazioni che le hanno colpite o stanno attendendo che l’esasperazione della popolazione renda “necessario” il loro intervento.

OlO Egitto Prove di laicità Limes Egitto 0113_cover_250x313Intanto il presidente Morsi riunisce il Consiglio di Difesa per far fronte al caos in cui sta precipitando il Paese e tende la mano all’opposizione laica che continua ad presentarsi in ordine sparso, provando a formare un governo di unità nazionale.

Una rivoluzione tradita è il titolo che dal 2011 rimbalza e ricorre periodicamente sulle testate giornalistiche di vari paesi.

Il periodico Limes, nel suo ventesimo compleanno, dedica a “L’Egitto e i suoi Fratelli” gran parte del numero di febbraio per ripercorrere i due anni che hanno scandito le speranze degli egiziani e avere qualche informazione di più se la “Primavera” araba non si stia trasformando in un inverno islamico.