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Il Giorno della Memoria: Una speranza tra tanto odio

Nella grande Storia sono tessuti i racconti di persone che cercano di scivolare tra le trame degli eventi, per sopravvivere ed aiutare, silenziosamente, a sopravvivere.

È sopravvivere quello che una comunità circense cerca di fare, mentre le persecuzioni si trasformano in assassinii, trasformando un circo in un rifugio per l’umanità sgradita alla Germania nazista.

È il circo l’ambientazione scelta dalla scrittrice statunitense Pam Jenoff per il suo “La ragazza della neve” dove Noa viene accolta da Herr Neuhoff e dove Astrid la introduce, per sopravvivere, all’arte del trapezio. La storia delle due donne, Noa e Astrid, che imparano a fidarsi, prende ispirazione dai fatti realmente accaduti.

Noa, una giovane olandese cacciata di casa dopo la scoperta dei genitori del suo essere rimasta incita da un soldato tedesco, nella sua continua fuga salva un neonato ebreo, tra i tanti lasciati morire in un vagone nel freddo dell’inverno. Ad Astrid, ebrea virtuosa del trapezio e ripudiata dal marito ufficiale nazista, Noa non dirà della sua maternità e la rinuncia del figlio appena nato in una struttura per ragazze madri.

Un libro sui buoni sentimenti in un periodo dove si discriminavano le singole persone per la loro appartenenza ad una cultura o piuttosto che ad un’altra, distraendo il popolo da ben altri eventi.

Sono passati 80 anni dalla “Notte dei Cristalli”, passando da una strisciante vessazione ad una aperta persecuzione, prendendo a pretesto, come se i nazisti ne potevano avere bisogno, l’uccisione di un diplomatico tedesco a Parigi e farsi scudo dell’indignazione del popolo per bruciare abitazioni e negozi di ebrei e le loro sinagoghe.

E poi vennero le Leggi Razziali fasciste in gran parte dell’Europa, per rendere dei cittadini che hanno contribuito alle singole nazioni di crescere di essere declassati, emarginati, esclusi dai diritti di ogni altro cittadino.

80 anni non sono bastati per non far emergere tanto odio per i propri simili, ma per fortuna, come 80 anni fa, c’è sempre chi si adopera per salvare anche una sola persona, anche sino al sacrificio.

Un libro romanzato su storie reali che si incrociano nella tessitura dell’autrice, lasciando ancora qualche speranza in un periodo impegnato ad incolpare gli altri della propria insoddisfazione, dove lo sdoganamento dell’odio manifestato pubblicamente, ha portato ad un esondazione di cinismo e cattiveria, in una società incline all’individualismo ed all’ egoismo, facilmente mutabili in razzismo.

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La ragazza della neve
di Pam Jenoff
Traduttore: Tullia Raspini
Editore: Newton Compton, 2017, pp. 351
Prezzo: € 10.00

EAN: 9788822707727
ISBN: 8822707729

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Clod Pat

A Claudia Patruno che apprezzava profondamente gli interventi di Luigi M. Bruno su RomaCultura ed i suoi scritti poetici e narrativi e non ha avuto il tempo dimostrarlo con il suo lavoro ispirato al racconto “Peccato di gola”

A metà dicembre ci ha lasciato Claudia Patruno, una giovane donna e madre di grande creatività non solo nell’ambito digitale, ma anche nella pittura.

Claudia era una grafica e una webmaster che nel 2005 ha promosso e realizzato il magazine RomaCultura.it, con una particolare attenzione all’arte.

Questo suo interesse per l’arte ha stimolato il progetto del calendario di RomaCultura.it dedicato alle immagini ed alle parole di artisti e poeti conosciuti in ristretti ambiti, partecipando anche  in prima persona a delle iniziative dedicate ai Diritti (Visioni dell’Umanità, 2007) ed ai progetti di microeconomia del Magis in Africa (Opere solidali, 2015) ed in particolare ha collaborato nel 2016, nonostante la malattia, alla realizzazione della tela a più mani, ispirata all’opera dell’artista ciadiano Idriss Bakay, come omaggio all’opera missionaria di padre Martellozzo nel Ciad per la promozione degli orti comunitari e le banche delle sementi.

Era entusiasta nel realizzare un’opera ispirata ad uno dei racconti (Peccato di gola) della pubblicazione “Nuvole nell’Armadio” di Luigi M. Bruno, ma la malattia non gli ha lasciato la concentrazione e la forza.

Ci mancherai è stato bello conoscerti e collaborare con te

 

Europa: Il futuro delle diseguaglianze

L’insulto e la mancanza di empatia da parte di certi politici diventa sempre più evidente con le continue “lezioncine” di Macron, come nel caso dell’arrogante risposta con la quale stigmatizzava l’affermazione del giovane disoccupato che non riusciva ad ottenere alcuna risposta al suo continuo inviare curricula, con un «Je traverse la rue, je vous trouve un emploi».

Al presidente francese gli basta attraversare la strada per trovare lavoro ed accusare i francesi di essere refrattari ai cambiamenti, al non voler trasferirsi, ma due articoli sui giornali statunitensi mostrano come il problema non è il trovare un posto di lavoro dopo il crollo della Lehman Brothers, ma avere un giusto compenso per poter vivere.

Nell’articolo “Americans Want to Believe Jobs Are the Solution to Poverty. They’re Not.” del NYT, la soluzione alla povertà non è avere un lavoro, come viene ribadito dal Time con I Work 3 Jobs And Donate Blood Plasma to Pay the Bills.’ This Is What It’s Like to Be a Teacher in America.

C’è chi insegna e poi si barcamena tra metal detector e visite guidate per poter non solo pagare le bollette, ma avere una vita dignitosa. Certe volte non basta e si sceglie di “donare” il sangue o magari vendere i propri vestiti. Questa è la “middle class” della provincia statunitense “fortunata” e poi ci sono gli indigenti, quelli che vivono, secondo l’Istituto nazionale di statistica e studi economici (Insee) francese, 13 anni meno dei ricchi, al maschile, i quali potendo vantare un tenore di vita medio di 5.800 euro al mese, possono ambire a restare in vita quasi 84 anni, mentre è probabile che chi ha 470 euro al mese non riesca ad arrivare al 72esimo compleanno.

In Russia le aspettative di vita scendono a 64 anni per gli uomini, mentre in Italia e in Spagna è intorno agli 80/84 anni senza essere benestanti, ma la qualità della vita non è comunque delle migliori.

Gli anni ‘70 con i suoi conflitti hanno portato una rinascita culturale ed economica che negli anni ‘80 è ‘90 si è consolidata tanto da far pensare che nel futuro poteva solo andar meglio, ma l’incapacità del centro destra nel gestire l’euro ha portato all’impoverimento di gran parte degli italiani, che solo ora sembravano di intravedere un lumicino, ma è stata presentata la “manovra popolo” che alcuni hanno voluto ribattezzare “manovra contro il popolo”, perché è manovra in deficit che può spaventare i mercati. Una manovra ispirata dalla Francia, senza voler contare che la situazione francese è ben diversa da quella italiana.

La Francia conta un Pil in rapporto con il debito pubblico pari al 96,4 , mentre l’Italia ha il 130%, poi ci sono altri fattori sommati di esposizione, ma in definitiva la Francia offre maggiori garanzie dell’Italia per gli investimenti/prestiti finanziari, pertanto è un rischio per gli italiani affidarsi ad una manovra in deficit per puntare alla crescita: immettere maggiore denaro non è una garanzia che poi circoli, perché si tagliano le tasse avvantaggiando però la fascia alta della società che è minoritaria nella popolazione.

Macron, nel tentativo di confutare l’appellativo di “presidente dei ricchi”, vuol varare un investimento di 8 miliardi in quattro anni, mentre il connubio pentastellato leghista vuol farsi amici tutti con il “reddito di cittadinanza” che dovrà essere modulato con dei controlli per renderlo inaccessibile agli “indigenti” dell’economia sommersa, del lavoro in nero, da una parte e dall’ altra con la Flat tax per rendere i facoltosi più ricchi, mentre chi non dovrebbe avere dei vantaggi è la fascia sociale media, quella più numerosa e che si troverà nel bel mezzo di una crescente disuguaglianza, fomentata dall’indebitamento.

Una disuguaglianza, quella italiana, che non si limita nel evidenziare la disparità tra gruppi sociali, ma anche tra le diverse aree geografiche. Una povertà che il Rapporto Caritas 2018 sentenzia in crescita, nel meridione tra gli italiani nel nord tra gli stranieri.

La mancanza di empatia, mascherata da un menzognero interesse per alcuni a discapito di altri, sembra la sigla distintiva della politica interessata a raccogliere consensi da un elettorato che ha dimenticato o non ha ancora scoperto che può avere una sua opinione e non è necessario accodarsi a chi grida e spaccia le sue decisioni per scelte popolari.

Si agita lo spauracchio di complotti “demo-pluto-giudaico-massonici” di tragica memoria, prendendosela con i tecnocrati di Bruxelles, con l’Unione europea incompiuta e con Soros, quando un governo pentastellato leghista si prepara a condonare, sotto mentite spoglie, i miliardi dovuti allo Stato.

Poi ci sono le scelte temerarie che hanno portato lo Stato a scommettere sui derivati per ridurre il deficit, creando una lacuna, tra il 2006 e il 2016, nei conti pubblici per quasi 24 miliardi di euro, ponendo la manovra all’attenzione della Corte dei Conti.

Il pentaleghismo parla di un complotto dilagante che coinvolge anche la Banca centrale europea, il Fondo monetario internazionale e le agenzie di rating: l’Italia contro tutti questi miscredenti.

Orban ha usato Soros come “nemico”, ora anche i leghisti ne vorrebbero trarre vantaggio nell’additarlo come un capitalista impegnato nella solidarietà e di origine ebrea, d’altronde anche Trump ha imputato a Soros l’organizzazione delle manifestazioni contro la nomina di Brett Kavanaugh alla Corte Suprema.

Anche il NYT potrebbe, se riescono a leggere almeno solo il titolo dell’articolo, rientrare tra chi complotta contro l’Italia “Why Italy Could Be the Epicenter of the Next Financial Crisis” (Perché l’Italia potrebbe essere l’epicentro della prossima crisi finanziaria), mentre The Economist amplia il panorama della prossima recessione con “The next recession”, coinvolgendo Trump e la sua guerra commerciale.

Christine Lagarde, direttore generale del Fondo monetario internazionale, oltre a rinnovare l’ammonimento sul prepararsi ad una nuova crisi ed a ricordare all’Italia che come membro della Ue è tenuta a rispettare le regole, pone l’accento sulla necessità di affrontare le crescenti diseguaglianze dei redditi e delle ricchezze non con delle politiche nazionali, come dimostrano i condoni italiani mescolati a redditi di cittadinanza, ma con uno sforzo comune a livello internazionale.

I vari governanti annuiscono alle affermazioni di Christine Lagarde, per molti una moderna Cassandra, ma continuano nello sport nazionale di ottenere un prestito senza rendersi conto che si perde un po’ della propria sovranità e chi ha elargito vuol proteggere comunque i suoi investimenti.

Il ministro francese degli affari europei Nathalie Loiseau, in un’intervista al quotidiano francese Le Monde (Budget italien: la ministre des affaires européennes française conteste l’argument démocratique invoqué par Rom), ammette le « trasgressioni” della Francia, ma ritiene anche difficile per l’Italia riuscire a coniugare le richieste degli elettori della Lega Nord e del Movimento a 5 stelle, tra la flat tax e l’amnistia fiscale con il reddito di cittadinanza e la riforma delle pensioni.

Al coro dei preoccupati per lo spread si aggiunge anche Draghi, governatore della Banca centrale europea, aggiungendo che non ha la “Cristal bowl” la sfera di cristallo per predire il futuro, ma la Bce non è stata istituita per finanziare i deficit nazionali. Uno spread sui 300 punti solo perché i governanti italiani non riescono a convincere l’Europa nella volontà dell’Italia di rimanere nella Ue e nell’eurozona

È difficile prendere sul serio chi proclama di voler rimanere nell’Unione quando dichiara di non rispettare le sue regole e c’è anche chi prospetta, visto il consolidato risparmio italiano, un “autofinanziamento”.

L’Italia gioca sulla scadenza dei vari commissari europei, con le elezioni, e la Ue cerca di procrastinare ogni decisione punitiva per non fomentare umori antieuropeistici.

I due si studiano, aspettando le elezioni europee di primavera, a spese di quegli italiani che hanno qualcosa da perdere senza saperlo.

L’Italia è lasciata sola, in questa battaglia, anche dagli altri paesi che proclamano l’euroscetticismo, ma che gridano il rispetto delle regole.

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Qualcosa di più:
Europa che si emancipa
L’Europa in cerca di una nuova anima
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Migrazione | Conflitti e insicurezza alimentare
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L’Europa e la russomania
Europa: Le tessere del domino
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Europa: la Ue sotto ricatto di Albione & Co.
Europa e Migrazione: un mini-Schengen tedesco
Europa: cade il velo dell’ipocrisia
Europa: i nemici dell’Unione
Europa: la confusione e l’inganno della Ue
Tutti gli errori dell’Unione Europea
Un’altra primavera in Europa

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La Cultura nel dialogo tra i popoli

La cultura è stata sempre un ottimo biglietto da visita dell’Italia e l’iniziativa itinerante, Classic Reloaded. Mediterranea, intrapresa dal MAXXI (Museo nazionale delle arti del XXI secolo ) di Roma, sul legame tra tradizione classica e ricerca artistica contemporanea, è coraggiosa nel proporre le opere non tanto di Gino De Dominicis o Mimmo Jodice, ma quelle di Maurizio Cattelan e Luigi Ontani che dopo Villa Audi (Mosaic Museum) di Beirut (Libano), viene allestita in novembre al Museo Nazionale del Bardo di Tunisi, luogo del drammatico attacco terrorista di tre anni fa.

L’iniziativa vuole rappresentare, attraverso 20 opere di 13 artisti italiani dalla Collezione del MAXXI in relazione agli spazi e alle opere dei Villa Audi e del Bardo, la cultura del “mare che sta tra le terre”, quella autonomia culturale ma nello stesso tempo apertura all’altro, coesistenza tra popoli, rapporto tra locale e globale, che da sempre caratterizza le nazioni del Mediterraneo.

Le opere dialogano, a Beirut, con gli splendidi mosaici romani del II-VI secolo d.C. di Villa Audi e, a Tunisi, con le architetture e le decorazioni ornamentali del Petit Palais, al Museo Bardo.

Gli artisti in mostra: Salvatore Arancio, Maurizio Cattelan, Enzo Cucchi, Gino De Dominicis, Bruna Esposito, Flavio Favelli, Mimmo Jodice, Sabrina Mezzaqui, Liliana Moro, Luigi Ontani, Pietro Ruffo, Remo Salvadori, Luca Trevisani.

A ottobre, in concomitanza con la XIV edizione della Giornata del Contemporaneo, è stata proposta per la prima volta l’Italian Contemporary Art, coinvolgendo un’ottantina tra Ambasciate, Consolati e Istituti Italiani di Cultura che hanno organizzato dibattiti e mostre incentrate sul tema della cultura artistica contemporanea, cercando di porre in evidenza non solo artisti e opere, ma produttori, curatori, allestitori, direttori di musei, critici, riviste e libri d’arte.

L’iniziativa ha visto anche la collaborazione della Società Dante Alighieri che può contare su numerosi luoghi preposti più alla promozione della lingua italiana che dell’immagine.

Della cultura italiana, in generale, e della lingua in particolare è il tema del progetto Limes che l’Istituto Dante Alighieri di Tripoli ha finanziato per essere implementato dalla Ong Terre des Hommes Italia in Libano, con il gruppo Scout Palestinese “Al Qadisieh” e Al Mobader Association nel campo Palestinese di Beddawi, nel nord del paese, per realizzare attività ludico-educative (quali musica e teatro in lingua) finalizzate all’introduzione della lingua Italiana per 50 bambini rifugiati del campo.

L’iniziativa, come supporto linguistico e introduzione alla lingua italiana, è finalizzata a promuovere la pace e portare la speranza con la lingua e la cultura italiane ai più piccoli (da 10 a 13 anni), agli indifesi e a tutti coloro che futuro non hanno.

Il progetto Limes, iniziato a giugno 2018 e che proseguirà fino a fine dicembre 2018, è stata anche l’occasione per varare la convenzione tra il Ministero della Difesa e la Società Dante Alighieri per inaugurare la Biblioteca della Pace con la donazione di mille libri in lingua italiana al contingente di pace UNIFIL di stanza a Shamaa (Tiro).

La promozione e la valorizzazione della lingua italiana trova un valido strumento nella Giornata ProGrammatica, inserita nella XVIII settimana della Lingua italiana nel Mondo, si rivolge non solo alle realtà italofone (Città del Vaticano, Repubblica di San Marino, Svizzera italiana e allo stato senza terra del Sovrano militare ordine di Malta), ma anche alle Comunità Radiotelevisiva Italofona (CRI) che riunisce le principali radio in lingua italiana all’estero, e inoltre alle numerose nazioni interessate alla cultura e alla lingua italiana (Albania, Bulgaria, Croazia, Francia, Macedonia, Malta, Montenegro, Monaco, Serbia, Slovenia, Argentina, Australia, Brasile, Canada, Crimea, Giappone, Guatemala, Somalia, Stati Uniti, Tunisia, Uruguay, Venezuela), dove la Società Dante Alighieri svolge, con le sue numerosi sedi, una preziosa missione sin dal 1889.

Sono oltre 5 milioni gli italiani residenti all’estero (+20% rispetto al 2012), secondo i dati del Ministero degli affari esteri e come si rileva anche dal Rapporto 2018 “Italiani nel mondo” della Fondazione Migrantes. Oltre a ribadire la inarrestabile partenza dei giovani, si aggiunge anche la presenza di adulti per cercare un lavoro e degli anziani per trovare un luogo dove poter vivere con gli assegni pensionistici insufficienti per risiedere in Italia.

In Argentina sono stati censiti 948mila italiani, in Germania sono 787 e in Svizzera 631, mentre nel Regno unito sono 315mila gli italiani registrati all’Aire (Anagrafe Italiani residenti all’estero).

Con queste prospettive migratorie italiane il ruolo che gli Istituti italiani di cultura e le sedi della Società Dante Alighieri svolgeranno sarà sempre più impegnativo e decisivo non solo nel promuovere la cultura, ma per tenere i contatti con i connazionali.

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Qualcosa di più:

Dopo la fuga dei cervelli è la volta dei pensionati
http://www.agoravox.it/Dopo-la-fuga-dei-cervelli-e-la.html

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Dove va Marina? Riflessioni su variazioni

  • di Luigi M. Bruno e Gianleonardo Latini –

GL AdN Dove va Marina Abramovic 2Ho messo qualche “Mi piace” e “Wow” per esprimere il mio disappunto sulle pretestuose critiche di un manifesto che lancia un messaggio, “We are all in the same boat” (Siamo tutti nella stessa barca), ben visibile nel contesto creativo di fratellanza, sulla bandiera bianca tenuta dalla stessa Abramovic ed è triste mettere delle limitazioni all’espressività se non si offende alcuna persona.

Tante parole da politici impreparati che pensano ad un attacco alle loro posizioni e questo mi ha fatto pensare che Marina Abramovic non ha bisogno di essere difesa, la sua arte parla da sola ed è il mercato che si prende cura del suo lavoro.

È l’arte e gli artisti che non vivono sotto i riflettori della notorietà che semmai hanno bisogno di essere difesi come specie a rischio di estinzione, nel ritenerli marginali.

Anche la scelta dell’arcivescovo Antonio Buoncristiani di non benedire il Drappellone per il Palio dell’Assunta che si è corso il 16 agosto a Siena fa riflettere sul ruolo ecumenico della chiesa cattolica verso il dipinto del 70enne artista, di origini ebraiche, Charles Szymkowicz che raffigura la Madonna con in braccio un cavallo invece del bambin Gesù. Un rifiuto motivato dal fatto che non rispetta l’iconografia mariana, ma è in carattere con il Palio.

Quando un’opera viene commissionata, come nel caso di Marina Abramovic, è il committente che deve essere soddisfatto, magari sotto ricatto, e non si può mettere in discussione il gusto quando, come nel caso di Charles Szymkowicz, il dipinto deve passare per l’approvazione di chi si ritiene custode di una verità.

La confusione nell’ambito dell’arte è tanta ma con la grande pubblicità sulla mostra fiorentina per molti è importante che palazzo Strozzi abbia aperto alle artiste, tanto da riaprire, grazie anche alla Rete, il dibattito sull’Arte contemporanea, ed ecco la richiesta di Luigi M. Bruno: “Marina Abramovic. Posso onestamente e spudoratamente rivolgere un onesto interrogativo agli amici di FB?… In breve: cosa ne pensate, con assoluta sincerità dell’artista serba e delle sue performance degli ultimi cinquant’anni? Non GL AdN Dove va Marina Abramovicvoglio assolutamente né infierire né assecondare giudizi negativi o positivi che potrebbero sembrare precostituiti…

La vostra preziosa opinione potrà portare chiarezza nella definitiva analisi di un fenomeno (ormai annoso per non dire “datato”) relativo alla Body-art e nella fattispecie relativo alle esperienze della Abramovic. Grazie.”

Seguita dalla riflessione di Giulia Sargenti (aka Giulia Lich): “Nella mia ignoranza (soprattutto nell’arte contemporanea) credo che questi movimenti abbiano avuto un senso quando nacquero (come rottura dal passato e ricerca di nuove espressioni artistiche, in linea con un mondo che si trasformava velocemente), ma che oggi siano ormai semplici repliche, ottime per fare “cassa” , ma fini a sé stesse. Nelle ultime performance mi sembra che ci sia più la ricerca di essere Abramovic, di non deludere il pubblico (cosa questa comune a molti altri, basta pensare alle provocazioni di Cattelan fatte tanto per essere Cattelan), accreditandosi sempre più come icona dell’arte. Inoltre, senza voler troppo infierire, constato come, paradossalmente, queste personalità femminili, che hanno messo il proprio corpo al centro della loro ricerca artistica, non siano sfuggite dalla trappola del botox come strumento di fuga dalla vecchiaia (vedi anche Yoko Ono), cadendo nel più banale conformismo.”

Ma anche Giovanni Gini Art ha espresso una sua perplessità: “Semmai sono loro a doverci spiegare quali sono i criteri e le logiche per cui si accosta la parola “Arte” a certi personaggi che dovrebbero invece essere catalogati come “illusionisti”, “imbonitori”, “fachiri” o al limite “performers”…”

In seguito Luigi Massimo Bruno non ha trovato altri commenti, oltre a quello di Claudia Bellocchi che è un flash emotivo e lampante e quello Giorgia Kokkini, commenti necessari per aprire un confronto sul suo post e rimanendo spiazzato dalle numerose analisi elogiative, sulle varie testate, delle “performance” della Abramovic afferma: “ora, io non penso di avere una mente retriva e limitata da squallido “pompier”, laddove vedo o intravedo una esperienza creativa legata alla trasformazione della materia in pura emozione lo riconosco senza attestarmi a superate maniere. Io penso che tutte le “esperienze” della Abramovic possono interessare magari la psicanalisi o qualsiasi terapia legata alla corporeità,magari anche alla filosofia naturista ed altro ancora,magari la meditazione trascendentale. Ma se l’opera d’arte è la presentazione, più o meno brutale e narcisistica, più o meno masochista, del proprio corpo come elemento risolutivo di materia estetica, io credo che possa essere tante cose ma non arte.”

Probabilmente i numerosi attestati elogiativi del valore come esperienza profonda e creativa, anche da chi non si è mai occupato di arte, è dovuto dal timore di esporsi ai sedicenti “addetti ai lavori” ed essere bollato come incompetente.

Negli ultimi decenni si è evidenziata l’arte come atto effimero già con Rothko, con i colori che si deteriorano e non hanno la stabilità delle tele dei precedenti maestri, poi c’è Christo con il suo impachettamento di elementi urbani e della natura a conferire all’opera l’esistenza programmata fino alle performance, lasciando dell’evento una documentazione sulla progettazione e la registrazione del compimento, ergendosi a rappresentazione laica del malessere contemporaneo, una sorta di immagine della devozione popolare, ben diverso dalle rappresentazioni sacre.

Sarà difficile che personaggi come la Abramovic o Cattelan possano lasciare una lezione atemporale che non sia legata a questa epoca di scontri e disagi, ma non si può fare a meno di rilevare che spesso sono i titoli l’opera stessa, e tutto si contiene e giustifica nel concetto o “messaggio” come si chiamava una volta. Comunque è eccessivo, se non ridicolo, infervorarsi per un evento del quale rimane una cartolina nel bookshop che non restituisce il disagio della performance, differenziandosi dalle pitture, anche se “classiche” di Charles Szymkowicz.

Il problema di una certa arte contemporanea è una sua sovraesposizione che rende certi artisti sopravvalutati tanto da ergerli ad artefici incontrastati del gusto e della moda, pretendendo del resto un solido e intoccabile piedistallo in contrasto stridente con l’effimero e il “consumo” della loro azione.

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Marina Abramović. The Cleaner
Dal 21 settembre 2018 al 20 gennaio 2019

Palazzo Strozzi
Firenze

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ARTE ASTRATTA E ARTE DISTRATTA
DISINCANTATA RIFLESSIONE SU CERTA ARTE CONTEMPORANEA
EVOCAZIONE ED AMBIGUITÀ NELL’OPERA D’ARTE

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Hirst e il “pallinismo”
I punti di vista su Hirst

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Magazine di Spunti & Riflessioni sugli accadimenti culturali e sociali per confrontarsi e crescere con gli Altri con delle rubriche dedicate a: Roma che vivi e desideri – Oltre Roma che va verso il Mediterranea e Oltre l’Occidente, nel Mondo LatinoAmericano e informando sui Percorsi Italiani – Altri di Noi – Multimedialità tra Fotografia e Video, Mostre & Musei, Musica e Cinema, Danza e Teatro Scaffale – Bei Gesti