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Temperature cromatiche

Nel ritrovare il gruppo delle pittrici del “gonfalone arte” in esposizione al termine della fruttuosa attività annuale non posso che elogiare la loro ricca,profonda, appassionata ricerca artistica, fortemente differenziata per diversità di temperamenti e alterna “temperatura” estetica, risultato di tendenze e tensioni distinte e singolari ma accomunate, oltre che dall’amicizia nella sperimentata comunità di lavoro, nell’esemplare volontà di approfondire senso e qualità dell’esprimersi che è, più che mera ricerca tecnica, desiderio di ritrovarsi e riconoscersi nella gioiosa utopia dell’ambito pittorico. Così che camminare con loro, ormai da molti anni, conforta anche me del valore fondamentale e della necessità del nostro realizzarci nella dimensione creativa.

Espongono: Marisa Ciciani, Elena Chester, Dinah d’Avino, Elisabetta Dunin, M. Grazia Giordano, Marzia Tedeschini, Anna Maria Monti.

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GONFALONE ARTE

Marisa Ciciani, Elena Chester, Dinah d’Avino, Elisabetta Dunin, M.Grazia Giordano, Marzia Tedeschini, Anna Maria Monti

Dal 17 al 22 giugno 2013

Roma

Moto della Mente

Monte Giordano 43

Orario:

dalle 15.00 alle 19.00

 

Libreria Feltrinelli

Da Feltrinelli all’Argentina mi trovo bene: i senegalesi alla vendita sono gentilissimi e alle informazioni c’è un imponente nero, solennemente vestito in jalaba colorata. “Nanga def” – gli faccio sbagliando accento, lui sorride. Cerco un libro di fiabe africane per i miei nipotini e ne trovo almeno cinque, non so quale scegliere. “Amul problem” mi fa, porgendomi un libro di racconti del Mali; lo compro. All’uscita, sull’ampio marciapiede non c’è scampo: ragazzi bianchi laureati cercano di rifilarmi Coelho, Garcia Marquez e il secondo romanzo di Melissa P. – Gentili ma sistematici…alla fine, invece di un libro ne compro tre. Come al solito.

Fontana dell’Acqua Acetosa

Tra lungotevere e via dei campi sportivi, di fronte alla ferrovia Roma-Viterbo, isolata dal frenetico traffico dei giorni feriali, si trova un’interessante esempio di fontana barocca: quella dell’Acqua Acetosa da cui il nome del luogo che si estende tra i Monti dei Parioli e il Tevere e che, appunto, viene chiamata “Acetosa”, per via del sapore acidulo che ricorda la pianta usata prevalentemente contro lo scorbuto. Una sorgente, quella dell’Acqua Acetosa, a cui i romani hanno da sempre attribuito delle qualità curative, bevendo volentieri la sua acqua magari per allungare il vino dei Castelli nelle osterie vicine alla fonte, perché la trovavano gustosa, leggera, fresca e frizzantina. La fonte è ormai caduta nell’oblio dell’incuria, dopo un lungo periodo d’inattività. Sono lontani i giorni degli appelli musicali degli acquacetosari, modulati sul ritmo di una lunga e strascicata nenia, che terminava con una corona più o meno tenuta, a seconda dei mezzi vocali del cantore: “Fresca… fresca… l’acquaaa acetoooooosa!”. L’odierna fontana, come rilevato dal medico romano Giovanni Maria Lancisi (1654-1720), venne preceduta da quella voluta da Paolo V (1605-1621) e consisteva in una parete sobriamente ornata: il “rude aedificium”. Demolita la fonte di Paolo V, è Alessandro VII Chigi a volere una nuova sistemazione dell’area che, nel 1662, viene realizzata da Andrea Sacchi e da Marcantonio de Rossi, su disegno di Gian Lorenzo Bernini.

Tra le due fontane, come ricorda nei suoi scritti il Lancisi, si inserisce la sistemazione di Innocenzo X (1644-1655).

Il monumento rispecchia l’idea di un ninfeo con tre fontanelle dalle quali sgorga timidamente l’acqua; è costituito da un’esedra tripartita sormontata da un timpano concavo e realizzato in una piccola depressione alla quale si accede tramite una scalinata.

Una serie di iscrizioni conservano la memoria del luogo; a sinistra, attraverso l’elogio poetico che decanta le ben note virtù medicamentose dell’acqua, viene riportato il nome di Paolo V con la datazione del 1613, mentre nel fornice destro della mostra berniniana, dirimpetto alla iscrizione di Paolo V, si osservano le tracce dell’incavatura destinata ad accogliere il medaglione oggi scomparso. Un’altra lapide, inserita nel riquadro sopra la nicchia centrale, menziona il risanamento compiuto da Clemente XI nel 1712. Grazie al nuovo assetto fu possibile attingere l’acqua con ogni agio e comodità, un’operazione che era resa difficile dal fango che circondava la conca naturale e rendeva il luogo impraticabile.

Ora la fontana, dopo un periodo d’abbandono, vive una seconda giovinezza con la sistemazione dell’area in Parco della Fontana dell’Acqua Acetosa. Restaurata e con una dovuta bonifica idraulica, a causa dell’inquinamento riscontrato negli anni ’50, ma non versa più Acqua Acetosa, bensì normale acqua potabile.

Roma Fontana  Acqua Acetosa Anonimo Bambocciante Romano, Veduta inedita della fonte dell'Acqua Acetosa prima che Andrea Sacchi vi costruisse il ninfeo, prima metà del XVAII secolo webRoma Fontana  Acqua Acetosa Incisione del Falda del 1667, Fontana dell'Acqua Acetosa webRoma Fontana Acqua Acetosa oggi

Passeggiate romane con Dante e Mikołajewski

La commedia Romana non è una guida ordinaria di Roma, secondo me si dovrebbe considerarla più come un diario, un racconto personale della città, ma anche dell’autore stesso. Jarosław Mikołajeswki, autore già ben conosciuto come scrittore, poeta e traduttore (i suoi libri sono tradotti in varie lingue straniere come italiano, tedesco ebreo e greco). Nella “Commedia Romana” prova a rendere omaggio a Roma raccontando del grande legame tra un uomo e una città.

L’autore stesso confessa, che parlando di una città come Roma anzitutto non si sa neanche da dove iniziare il racconto, quale percorso, quale punto d’inizio scegliere. Ha scelto la Divina Commedia di Dante, perché la stessa Roma, come il suddetto libro, comprende un po’ di tutto: paradiso, purgatorio, ma anche l’inferno. Come Virgilio diviene guida di Dante nella Commedia, Mikołajewski segue le tracce di Pasolini e Caravaggio. Il libro è composto (come quello di Dante) di cento brevi capitoli, dei quali ognuno racconta l’altra storia, tuttavia l’unico tratto comune rimane sempre la città. A volte succede, che il collegamento tra concreti capitoli della Commedia Divina e Romana sembra appena visibile; pero in quei momenti viene in aiuto l’ingegnosità e perspicacia dell’autore, che sempre sa trovare un legame tra soggetti apparentemente diversi.

“La commedia Romana” non è una guida turistica con la lista dei punti “must see”, quindi sicuramente non sarebbe utile per qualcuno che viene a Roma per un weekend e non sente e non vuole sentire il fascino della storia e cultura, che accompagnano la città da secoli. Storia e cultura, ma anche l’arte, la mentalità della gente, buoni e cattivi ricordi, le leggende locali, le strade sconosciute o conosciute troppo bene, le persone quasi dimenticate o troppo famose, tutti questi elementi riuniti costruiscono un mosaico piena di colori ed emozioni che diventa la chiave per scoprire il carattere vero (ovviamente non privo dei difetti) della Città Eterna. Mikołajewski cammina per le strade, si ferma per un attimo o forse più a lungo osservando l’ambiente (à un osservatore attento, ma anche sensibile alla bellezza) spesso stabilendo un dialogo con le persone che fanno la parte del grande mosaico e creando il suo percorso personale, composto da piccoli ricordi.

Non si può dimenticare dell’altro elemento onnipresente- la poesia. La commedia romana, tranne che essere un diario e la guida eccezionale, è anche un’espressione d’amore, l’occasione per ringraziare la città in un modo particolare, affettuoso, comprendente le frasi commoventi, impressionanti, a mio parere sempre caratterizzate della verità.

Il libro è anche un modo di dire “arrivederci”. Mikołajewski, dopo tanti anni passati a Roma, è finalmente tornato a Varsavia e lui stesso dice, che non poteva immaginarsi di lasciare una città come Roma senza scrivere in anticipo.

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Jarosław Mikołajewski

La commedia romana

Presentato il 14 maggio all’Accademia Polacca delle Scienze

Passeggiate romane con Dante e Jarosław Mikołajewski

Rzymska komedia
Autor: Jarosław Mikołajewski
Wydawnictwo: Agora , Listopad 2011
ISBN: 978-83-268-0635-3
Kategorie: proza polska

La grande Schifezza

Mi sia perdonata la parafrasi del film di Sorrentino, ma da romano sono convinto che come esiste Cosmos, il dio della Bellezza, a Roma dimori anche il suo gemello perverso e infero. Scendete dal Campidoglio di Michelangelo e andate a piedi verso il Colosseo: i turisti in mutande e ciavatte sono forse migliori dei saltimbanchi in fila lungo via dei Fori Imperiali? E quando scoprite che un mimo imbiancato in realtà è un nero e che i falsi santoni arancioni sul palo – emuli di Simeone stilita – sono dislocati a distanze precise uno dall’altro, davvero non esiste un’organizzazione centralizzata che smista, veste e autorizza secondo regole ferree i vari artisti come nell’Opera da tre soldi di Bertolt Brecht? Peccato che abbiano allontanato il mimo che imitava perfettamente papa Wojtila: sicuramente lo rappresentava meglio del monumento che campeggia nel piazzale della stazione Termini. Il nostro film continua davanti al Colosseo, con centurioni e turisti vari, ma è una scena facile. Prendiamo invece la metro B per scoprire che, a differenza delle altre stazioni, quella del Colosseo è un solo un modesto esempio di edilizia. Altra scoperta sorprendente: pur essendo la più trafficata di turisti, è la meno presidiata in assoluto. Saremo arrivati almeno alla terza generazione di borseggio minorile, ormai ci riconosciamo e ci salutiamo pure. Ormai te li tieni come ti tieni i mendicanti professionisti che presidiano stabilmente le chiese come ai tempi della Controriforma, o come gli storpi d’epoca, importati dai Carpazi, che popolano Fontana di Trevi. Sarò anche cinico, ma è facile vedere la facile teatralità di certi gesti, di certe vestizioni, di atteggiamenti ripetuti con poche varianti. Nel periodo della globalizzazione tutto è omologato, come i negozi dei cinesi a piazza Vittorio, come il gelato artigianale (?), come la serie dei negozi senza porta che vendono i souvenir a un euro e sembrano realmente un solo negozio con quaranta ingressi. Parlo di Fontana di Trevi, del Pantheon. In realtà la rogna si espande e si attacca dappertutto: negozi del genere si vedono ora anche dietro al Tritone, lungo il corso Vittorio, verso Campo di Fiori, ormai un mercato-farsa per turisti e un luna park per alcolisti la notte. E cresce il vouyerismo: se il turista low-cost ora fotografa le cartoline con la digitale per non spendere 10 centesimi di euro, ieri ne ho còlto uno mentre fotografava i gelati. Forse non era normale fotografare le ragazze scollate, ma di questi cosa dire? I turisti giapponesi spesso fotografavano mio padre antiquario nel suo negozio, ma almeno quello era colore locale, un prodotto caratteristico. Qui invece stiamo al livellamento, penso allo scrittore Ian Fleming che in 007 ti descrive per tre pagine un banalissimo pacchetto di sigarette Malboro. Penso anche al genio di Andy Warhol, analista della ripetitività iconica industriale. In fondo avevamo i profeti, ma non li abbiamo saputi ascoltare. Nello stesso momento – siamo in campagna elettorale – un candidato sindaco promette la chiusura dell’anello ferroviario e l’eliminazione di tutte le buche. E tante, tante piste ciclabili.