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Clima: Una buona pratica verde

Solo un anno fa l’adolescente svedese Greta Thunberg stazionava davanti al parlamento di Stoccolma con lo slogan Skolstrejk för klimatet (Sciopero della scuola per il clima) col suo cartello per stimolare i politici svedesi ad una svolta ambientalista ed ora esiste una rete globale che mette in contatto milioni di giovani impegnati sulle tematiche climatiche.

Salvaguardare l’ambiente e la degenerazione climatica non è una scoperta del 2018, ma un processo che va avanti da una quarantina d’anni con avvertimenti di scienziati e sparuti politici: ora si è arrivati probabilmente alla maturazione oppure era necessaria una voce nuova per echeggiare in ogni angolo della Terra la richiesta di un futuro per le nuove generazioni.

Da anni nei parlamenti dei paesi nord europei le istanze ambientaliste hanno rappresentanza, mentre nel bacino del Mediterraneo solo pochi politici hanno trovato ospitalità nelle formazioni politiche per mettere in guardia l’umanità dall’inquinamento della terra, dell’acqua e dell’aria, dal progresso che produce nuovi prodotti chimici per l’igiene e per la produzione agricola, oltre che per il trasporto.

A 40 anni dalla Prima Conferenza mondiale sul clima (Ginevra 1979), dove gli scienziati di 50 nazioni si sono incontrati e hanno riscontrato nel clima cambiamenti preoccupanti e la necessità di prendere dei provvedimenti, 11 mila scienziati hanno firmato un documento, pubblicato sulla rivista Bioscience, sul fallimento dell’umanità nel contenere le emissioni di gas serra e sulla necessità di azioni adeguate alla sfida.

In 40 anni si sono susseguiti vertici e conferenze con documenti finali che ribadivano la necessità di un cambiamento energetico, rendendo obsolete le fonti da idrocarburi, modificando lo stile di vita dei paesi “sviluppati”, senza penalizzare le comunità disagiate del resto del Mondo che subiscono le carestie e i cambiamenti meteorologici sempre più frequenti.

Avvertimenti rimasi inascoltati o insufficienti progressi che alla del Climate Change Conference COP 25 2019 https://unfccc.int/cop25 di Madrid (2 – 13 dicembre), inizialmente programmata a Santiago del Cile, verranno ribaditi e forse questa volta, sotto una maggior pressione dell’opinione pubblica, potrebbe portare ad una presa di coscienza, senza contare sugli odierni Stati uniti, da parte dei Governi e di un senso di responsabilità delle singole persone, per un differente approccio culturale alla vita, non limitandosi  al rapporto dell’umanità con la natura, ma anche tra le persone come tra quello dell’uomo con la donna.

Qualcosa certo sembra stia cambiando, forse perché la politica si è accorta che gli adolescenti di oggi saranno gli elettori di domani o perché quelle rare voci nei partiti hanno saputo parlare ai loro colleghi. Comunque sia ora la salvaguardia dell’ambiente e l’influenza dell’uomo sul clima sono le tematiche sulle quali la politica si deve confrontare con le nuove generazioni e con gli scienziati che da anni studiano e redigono rapporti dell’impatto dell’uomo sul Pianeta.

Un impatto che non si limita all’essenzialità della vita quotidiana, ma trasborda nel superfluo come il godere dei gioielli sottratti alla Terra, con le miniere realizzate senza riguardo dell’ambiente e della salute delle popolazioni.

Una mega miniera a cielo aperto in Argentina, l’abbattimento di centinaia di alberi in Turchia o radere al suolo, come in Germania, un villaggio di 900 abitanti per far posto a miniere di rame, carbone, oro e argento.

Disboscamenti non solo per le miniere che feriscono l’Europa come l’Amazzonia e le foreste africane, ma anche per la cellulosa e il legname pregiato per arredi che minano l’habitat della flora e della fauna, spingendo gli animali verso le zone urbane.

Per ora è difficile convertire lo stile di vita della maggioranza abituata all’uso dell’auto anche per spostamenti brevi, al turismo veloce, alle tavole imbandite di ogni leccornie proveniente da ogni luogo del Mondo, alle bevande plastificate e a tutto quello che sino ad ora crediamo ci risolva la quotidianità o ci faccia  sembrare più “fichi” agli occhi degli altri e sicuramente non possiamo tenere la gran parte degli abitanti del Pianeta lontani dai gadget contemporanei, sperando di non vedere i cambiamenti climatici che sono in progressione.

Si potrebbe, se ci resta difficile fare dei cambiamenti nella nostra vita, appoggiare chi si impegna nel rimboschimento, singoli e organizzazioni, per riequilibrare il saccheggio perpetrato da incapaci di vivere in armonia con l’ambiente, riversando tutto il loro essere alla ricerca del vivere bene e non del “Buon vivere”.

Il Sinodo dedicato all’Amazzonia è stata l’occasione per riflettere anche sul nostro rapporto con la Natura, da non circoscrivere ai soli 9 paesi del bacino del Rio delle Amazzoni e da tutti i suoi affluenti, ma a tutto il Pianeta.

Il rimboschimento è in atto da anni in Africa non solo come argine alla desertificazione, ma anche come rapporto vivo con la Natura.

La keniana Wangari Maathai, Nobel per la pace 2004 e scomparsa nel 2011, ha sempre contato di dare l’esempio, con l’ effetto emulazione, effettuando in 27 anni, con Green Belt Movement http://www.greenbeltmovement.org/, la messa in dimora di 30 milioni di alberi.

Nel 2016, a Dadouar (Ciad), 150 bambini hanno ricevuto 15 mila alberi da innaffiare e proteggere dalla voracità di capre, bovini e cammelli, per essere piantati in un solo giorno, dimostrando di essere più bravi degli adulti e per questo premiati con penne e quaderni.

Mentre questo luglio in Etiopia, nell’ambito del Green Legacy Initiative, sono stati 350 milioni gli alberi piantati in 12 ore, battendo il precedente record dell’India, quando nel 2016 erano stati piantati 50 milioni di alberi in mezza giornata. L’iniziativa del primo ministro etiopico Abiy Ahmed, con l’obiettivo di contrastare gli effetti dei cambiamenti climatici, ha coinvolto 1000 luoghi del Paese.

In Irlanda, per i prossimi 20 anni, il Climate Action Plan https://www.dccae.gov.ie/en-ie/climate-action/publications/Pages/Climate-Action-Plan.aspx prevede di piantare 22 milioni di alberi all’anno, 1 milione di auto elettriche entro il 2030 e l’efficientamento di 50mila abitazioni all’anno.

Per moda o per sensibilità ambientalista non è poi importante se i milioni di alberi piantati in Italia riducono l’anidrite carbonica o se si realizzano orti e giardini verticali come quelli di Patrick Blanc e Jean Nouvel o foreste urbane come delle Fabbriche dell’Aria proposte dal neurobiologo Stefano Mancuso, autore del recente La nazione delle piante, e dal collettivo PNAT (designer, architetti e biologi), durante il Festival God is Green a Firenze.

Non solo gli scienziati e gli ambientalisti sono impegnati a sollecitare una riflessione sui cambiamenti climatici, ma anche i giornalisti offrono degli spunti sulle ripercussioni di un odierno stile di vita con Adaptation https://www.adaptation.it/, un progetto di constructive journalism, per raccontare con un webdoc le nuove strategie di adattamento al cambiamento climatico.

In Italia sono state coinvolte 3.000 classi, in occasione della Giornata degli Alberi 2019, con oltre 60mila studenti, per piantare 3.500 piante e Teresa Bellanova, la ministra delle politiche agricole alimentari, ha piantato un leccio, nell’aiuola di fronte al Ministero.

Una buona pratica quella di piantare alberi che potrebbe essere fonte d’ispirazione per Greta Thunberg per passare dai cortei del Fridays For Future all’azione collettiva e essere d’esempio sul palco madrileno del Climate Change Conference https://unfccc.int/cop25 COP 25 (2 al 13 dicembre), dove si discuteranno le strategie anti global warming.

Non il solo pungolare le istituzioni, con i Global Climate Strike https://www.fridaysforfuture.org/, ma un differente visione del futuro, con un vigoroso sollecitare la cura della Natura come unico immediato argine all’aumento dell’anidrite carbonica, per poi programmare la conversione delle fabbriche e dei mezzi di trasporto.

La folla dei Fridays for Future torna in piazza per sollecitare delle buone pratiche per buone azioni contro il consumismo che coinvolgerà l’Albero di Natale, abbandonato dopo le feste, e la smodata febbre dell’acquisto promosso dal Black Friday e da ogni periodica campagna di promozioni e saldi.

Con Ursula von der Leyen, la nuova Presidente della Commissione Europea, l’Europa potrebbe intraprendere la strada del “Green New Deal”, con un piano da 1.000 miliardi di euro, come motore di crescita per un futuro che possa sostenere la presenza di un’umanità in crescita su di un Pianeta che dovrà sfamarla.

Un ambizioso progetto che la von der Leyen, probabilmente, lo presenterà il prossimo 11 dicembre per una nuova strategia di crescita, per portare l’Europa alla neutralità climatica entro il 2050.

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Qualcosa di più:

Greta Thunberg | Un Clima che cambia le generazioni
Europa: Il clima delle nuove generazioni
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Trump: i buchi del Distruttore
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Il 2012 è l’anno dell’energia sostenibile. Tutte le iniziative a sostegno dell’ambiente
Festeggiamo le foreste: abbattiamo gli alberi
Immondizia e sud del mondo: un’umanità celata dalle discariche
Un’economia pulita
Il Verde d’Africa: sul rimboschimento nel continente
Cibo: senza disuguaglianze e sprechi
Spreco Alimentare: iniquità tra opulenza e carestia
Gli orti dell’Occidente
Ambiente: Carta di origine controllata

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Un Clima che cambia le generazioni

Veleggiando per 15 giorni, ad “emissioni zero”, Greta Thunberg ha raggiunto New York a bordo della Malizia II di Pierre Casiraghi di Monaco, per essere presente il 21 settembre al UN Youth Climate Summit (vertice dei giovani sul clima) che precede il Summit dell’Onu del 23 settembre sul clima. L’occasione del summit sta permettendo all’attivista svedese di incontrare i politici statunitensi e un ex presidente come Dobama, prima di proseguirà il suo viaggio sostenibile attraverso gli Stati Uniti, Canada e Messico, per concludere alla Conferenza Onu sul clima “Cop 25” in programma dal 2 al 13 dicembre a Santiago del Cile.

A fianco di Greta Thunberg ci saranno altri 99 giovani provenienti da ogni continente e tra loro l’italiana Federica Gasbarro, ventiquattrenne abruzzese, che la raggiungerà, per mancanza di tempo, in aereo portando con se un progetto per depurare l’aria dall’anidride carbonica attraverso fotobioreattori. Si tratta di microalghe che producono nutrienti, già utilizzati dalle industrie farmaceutiche in grado di assorbire CO2 in cambio di ossigeno.

L’agenda per i cambiamenti climatici dell’adolescente svedese non si può limitare ad un appello ai governanti a sostenere la trasformazione dei nostri singoli comportamenti quotidiani ed incitare le nuove generazioni a convertirsi alla sostenibilità della vita, ma alla salvaguardia del patrimonio naturale.

Cambiamenti assimilati per imprimere al mercato un diverso sviluppo economico che non preveda coltivazioni ed allevamenti intensivi,  per riflettere sugli incendi, sul disboscamento, sulle estrazioni minerarie legali e clandestine, ma anche sul pregiato legname, senza dimenticare la desertificazione.

Non basta vietare il carbone e magari gli idrocarburi, abolire l’uso indiscriminato della plastica ed il suo abbandono, scegliere il treno al posto dell’aereo o la bicicletta all’auto, ma un passo avanti è filtrare l’aria anche, come è stato proposto a Firenze nell’ambito del Festival God is Green, negli ambienti chiusi, con il progetto del neurobiologo Stefano Mancuso e dal collettivo PNAT (designer, architetti e biologi) nel realizzare La Fabbrica dell’Aria.

Il progetto vuole utilizzare la capacità delle piante di produrre ossigeno, filtrando l’aria negli ambienti chiusi, dedicando uno spazio di 40 mq per una serra in ogni edificio, creando una connessione con le varie proposte di rimboschimento, per amplificare gli effetti benefici sul catturare Co2, come viene esplicitato nell’appello delle Comunità Laudato si’ con il la messa in dimora di 60 milioni, uno per ogni abitante, di alberi in Italia.

Quella di Un albero in più della Comunità Laudato si’ è un’iniziativa efficace per contrastare il cambiamento climatico, con l’accumulo dell’anidride carbonica (CO2) nell’atmosfera, che può essere fatta da ogni singola persona, indipendentemente dai possibili finanziamenti governativi.

È necessario intervenire per evitare gli scempi come quelli perpetrati in Turchia, sul Monte Ida, con il taglio di centinaia di migliaia di alberi per realizzare il progetto minerario della canadese Alamos, con la turca Dogu Biga, per l’estrazione dell’oro.

Mettere sotto protezione internazionale non solo l’Amazzonia, ma anche le foreste dell’Angola e della Repubblica democratica del Congo, tanto da far gridare al neocolonialismo qualcuno che non ha ben compreso la realtà di un Mondo globalizzato, rendendoci tutti collegati e interdipendenti, dove nessuno può danneggiare la vita degli altri neanche per avidità ed è dovere della comunità internazionale non limitarsi a rimproverare il comportamento, ma ad offrire aiuto e fornire delle alternative.

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