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Fare i soldi comunque

Se cercate in rete “Proto Group” o “Proto Consulting” troverete tuttora una serie di siti pieni di comunicati stampa, notizie finanziarie, dichiarazioni ufficiali e altro. Eppure Alessandro Proto a suo tempo è stato arrestato per truffa, aggiotaggio e altri reati legati alla sua attività non tanto immobiliare quanto di consulenza finanziaria. Alessandro Proto ha venduto le ville delle star del cinema e del calcio, ha comprato quote di società quotate in borsa; ha amato donne bellissime e famose; si è presentato alle primarie di Berlusconi. Nella realtà Proto ha esercitato la sua fervida fantasia senza esser niente di tutto questo, ma inondando i giornali di mail e comunicati regolarmente ripresi anche dalla stampa che conta. Sembra assurdo, ma un ex venditore di enciclopedie porta a porta, nato e cresciuto nella periferia di Milano, è riuscito non solo ad aprire una piccola società immobiliare a Lugano – fin qui una storia comune a tanti giovani imprenditori del nord – ma a diventare un uomo potente, ricco, ricercato dai giornalisti, dagli imprenditori e dagli uomini politici per fornire consulenze ben pagate, vendere appartamenti di lusso e ascoltare i consigli dell’esperienza. Tutto questo però millantando credito, “sparando” notizie di acquisti in borsa da parte di cordate inesistenti e clienti arabi con nomi di fantasia e minacciando querele ai propri critici. A leggere le sue scorribande, sembra un film che riunisce Totò truffa , Zelig di Woody Allen e Prova a prendermi di Leonardo Di Caprio. Impeccabile in giacca e cravatta, sia lui che i suoi addestratissimi “Proto boys” riescono a far firmare contratti a tutti: imprenditori brianzoli, immobiliaristi lombardi, azionisti.

Solo che un bel giorno la CONSOB decide di vederci chiaro e il nostro amico finisce per un mese a san Vittore. Il magistrato inquirente non crede alle sue orecchie: i reati commessi non sussistono perché lui si è inventato tutto dall’inizio alla fine. Mitomania? No, era un sistema per fare i soldi e diventare potente nella Milano che conta. Un paradosso? Mica tanto: alzi la mano chi da giovane o da disoccupato almeno una volta non si è presentato a un colloquio di lavoro nell’ufficio di una multinazionale dal nome altisonante ma forse inesistente, accettando di fare il venditore di prodotti e servizi mai sentiti prima e sottoponendosi a un corso di formazione gestito in americanese. E scagli la prima pietra chi non si è mai fatto fregare da un bancario in giacca e cravatta sottoscrivendo fondi d’investimento bilanciati.

Certe strategie sono ben collaudate e in ogni società ci sono individui diabolicamente capaci di mettere a proprio agio l’interlocutore rassicurandolo e venendo incontro alle sue aspettative, che poi sono sempre le stesse: l’ascesa sociale, il benessere, il potere, il denaro, le donne. Quello che in questo caso è invece preoccupante è il mancato controllo delle fonti da parte dei giornalisti di professione. Passi per i gossip di rotocalco, tanto quello è un mondo di carta che si sfoglia dal parrucchiere, ma quando la notizia di una cordata straniera che acquisisce una quota di un’impresa italiana o multinazionale fa tremare la Borsa e sposta milioni di euro senza neanche che Proto sappia cos’è il Ftse Mib, possibile che i redattori del Sole24 Ore o del Corriere non svolgano indagini accurate e si bevano le balle di chi ha la faccia tosta per farle pubblicare senza repliche? Davvero è così facile trincerarsi dietro “il rispetto della privacy del mio cliente”, quando l’azionista in campo è addirittura un nome di fantasia cercato a caso nel web e chi replica al Corriere ha solo la licenza media? Possibile che una smentita sia – parola di Proto – una notizia data due volte?

Oggi si fa tanto parlare di fake news, ma se chi deve controllare le fonti non lo fa per pigrizia o per altri motivi, Proto non è la malattia ma il sintomo. E quando il nostro imprenditore propone un corso di formazione per i detenuti di san Vittore, perché nessuno controlla le sue credenziali? Gli stessi detenuti lo rivedranno un giorno fra di loro, ma come fratello. Possibile poi che un giornalista del calibro di Luca Telese sia cascato nel tranello e abbia accettato Proto come acquirente del suo giornale in deficit, assumendo anche altri giornalisti ma senza esigere che fossero pagati? In realtà di seduttori e parolai in Italia ne abbiamo avuti parecchi, anche in politica. Senza far nomi, è da quasi un secolo che alcuni personaggi si somigliano molto. Troppo.

Non a caso il nostro Proto cerca di avvicinare Berlusconi: in fondo la loro storia è simile, visto che il Cavaliere ha iniziato come cantante sulle navi da crociera, anche se l’estrazione sociale è diversa da quella dei ragazzi di periferia. E proprio questi ultimi saranno i più efficienti e spietati collaboratori del Proto, affiancati da giovani bocconiani e ragazze prese per strada dai gazebo di Amnesty International o Save the Children. Ogni mattina un’ora intera è dedicata alla loro formazione, e stanno solo a provvigione: il 20% su ogni contratto firmato e quando si tratta di vendere immobili di lusso si danno da fare, mentre il Capo si occupa solo dei clienti grossi e non si fa mai intervistare, attento invece a costruire la sua immagine e a mandare comunicati alla stampa, cosciente che una serata a Mediaset è roba da arrivisti di provincia. Diciamolo: nel profondo ammiriamo questo cinico avventuriero che spenna i ricchi e gli arricchiti e strapazza i figli di papà laureati alla Bocconi o alla City; in fondo nelle Fiabe italiane raccolte da Italo Calvino la metà dei personaggi cerca di fregare il prossimo e tutti imparano la lezione a proprie spese. Sia chiaro: finire nelle grinfie di gente simile non è piacevole, ma è bene che la gente impari anche a difendersi. Molti di noi si credono furbi ed esperti ma non lo sono affatto o lo sono solo nel proprio ambiente.

Dal libro sappiamo ora che è facilissimo – tramite agenzia – aprire una società commerciale a Lugano, ottenere un numero di telefono irlandese, o aprire una ditta a Londra con tanto di segretaria e conto alla Barclays Bank senza muoversi da casa: basta pagare. E a questo punto capirete l’origine di quegli strani numeri da cui partono offerte commerciali o peggio: sono scatole vuote ma anche macchine da guerra. Quanto agli abiti firmati dei manager e alle minigonne delle segretarie, ricordo sempre le battute di mia madre commerciante sui rappresentanti, visto che ci ha trattato per una vita. E tra i rappresentanti ci metteva anche il primo Berlusconi: milanese, elegante e sportivo, voleva vendere un prodotto ma non sapeva fare a meno del sorriso stirato e della cravatta stretta. Anche a vedere la foto pubbliche del nostro Proto, è difficile non capire che si tratta di un rappresentante o di un agente immobiliare, anche se potrebbe fare l’attore (e in fondo lo ha fatto).

Solo che lui in galera ci è finito sul serio, mentre qualcun altro finora è stato più fortunato. Ma – per quanto ne sappiamo – il nostro Proto ha ricominciato alla grande. E legge con attenzione tutto quello che si scrive su di lui.

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Io sono l’impostore. Storia dell’uomo che ci ha fregati tutti
di Alessandro Proto, Andrea Sceresini
Editore: Il Saggiatore, 2017, pp.194
Collana: La piccola cultura
Prezzo: € 16.00

EAN: 9788842823971
ISBN 9788842823971

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