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Viaggiare comunque

Marzo 2020, cosa è successo lo sappiamo tutti e in parte ci stiamo ancora dentro, pur senza le scene surreali dell’altr’anno. Ne è sorta anche una curiosa letteratura “di reclusione”, fatta di diari, teatro da camera (esattamente), romanzi claustrofobici e coppie scoppiate. Qui l’idea è antica e attuale allo stesso tempo: per quattordici giorni nipoti e bisnipoti ascoltano per un’ora al giorno le storie narrate dagli anziani. Solo che non stiamo davanti al caminetto, né un aedo narra le gesta di Odisseo; son tutti chiusi in casa dal Covid e si comunica via Zoom o Skype. Il contatto fisico è precluso, ma la voglia di ascoltare una storia resta e la tecnologia permette la diretta video, quindi tutti puntuali all’appuntamento giornaliero. Una volta pochi viaggiavano, ma i loro diari si vendevano bene; pochi sapevano leggere, ma chi leggeva davanti agli altri aveva un uditorio attento. Occasione è il racconto di un viaggio fatto in altri tempi con un pulmino Wolksvagen; anni 60-70, ma per i nipotini è oltre mezzo secolo, dalla Grecia alla Siria passando per la Turchia. Niente navigatore, quindi ogni tanto ci si perde; difficile spiegarlo ai nipotini 2.0. Ma ogni tappa è occasione per ampliare il discorso narrando un mito greco una volta giunti a Delfi, descrivere gli odori del bazar degli Egiziani a Istanbul, cercare di immaginare la guerra di Troia una volta passati all’altra sponda del Dardanelli, rispondere alle domande dei nipoti ma anche far loro capire che lo street food turco tenuto in bidoni di ferro è ben più gustoso della zuppa servita in Bulgaria e chiamata in slavo “sboba” (!). E poi la sorpresa continua: oggi siamo abituati a sapere tutto dall’internet, ma ricordo anch’io quanto a Istanbul abbiamo navigato dentro la grande cisterna bizantina prima vista solo in 007 dalla Russia con amore, o quando leggevamo i diari dei grandi viaggiatori o immaginavamo Palmira come reinventata da Italo Calvino ne Le città invisibili. Le città descritte nel viaggio (Bursa, Pergamo, Smirne) non erano ancora aggredite dal turismo di massa, quindi si descrive un’ospitalità vecchio stile, dove ancora contano i rapporti personali e una locanda costa quattro soldi come del resto la trattoria. La zia non lo dice, ma è un viaggio low cost con capelli lunghi che il doganiere bulgaro cercherà di tosare ai maschi. Le domande dei nipotini si fanno sempre più insistenti: zia ha fatto sicuramente il classico, loro al massimo hanno visto Troy, ma i miti greci e la descrizione di Pergamo, Smirne e Palmira li tengono sospesi. Ogni sera una tappa, tra una strada sterrata e l’altra, e così per due settimane. Si narra purtroppo anche di quanto non esiste più; in Siria il Krak dei Cavalieri è stato danneggiato (distruggerlo è impossibile), Damasco è stata devastata da dieci anni di guerra civile e Palmira quasi non esiste più: ho qui le foto scattate a suo tempo da un mio amico fotografo pubblicate su una rivista (OZ Journal, maggio 2021), messe a confronto con quelle attuali. Ma nel libro si parla di un’epoca dove genti e religioni diverse convivevano senza scannarsi e dove le donne velate non erano la norma. La zia ha un bel daffare per spiegare ai nipoti quello che nel frattempo è successo. Ma alla fine del libro la sorpresa: finita la Pandemia (novello mito fondatore della post-modernità) la zietta suonerà a casa dei nipoti con generi di conforto e una valigia in mano: si parte tutti insieme e stavolta non solo con la parola.


VIAGGIARE DA FERMI AI TEMPI DEL COVID
Serena Luciani
Strade Bianche di Stampa alternativa, 2021

luciani_serena_-_viaggiare_da_fermi_ai_tempi_del_covid.pdf
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Podcast


Salvini e il Pensiero slegato


Chi scrive è sinceramente inorridito dallo stile di Salvini: anti-intellettuale, assertivo invece che dialettico, duro ma privo dell’elaborazione culturale del fascismo storico. Eppure il suo stile funziona, quindi va studiato, non fosse altro per combatterlo. Finora l’opposizione non lo ha fatto, anzi è scesa al suo livello: aggredisce invece di analizzare e in più confonde i modi con i contenuti, dimostrando scarse capacità di analisi. Certo che rispetto a non molti anni fa il linguaggio politico si è impoverito, all’analisi si è sostituita l’emozione. Il problema è che tutto questo funziona, almeno per ora, cioè fino al giorno in cui la gente chiederà ragione dello scarto fra le parole e i fatti. Se parli di blocco navale le navi della Marina devi farle uscire dal porto, altrimenti chiunque s’i infila e ti fa fesso. Ma prima di parlare devi anche verificare se questo te lo permette la legge, a maggior ragione se sei ministro dell’Interno. Ebbene, l’analisi del lessico di Salvini è ora contenuta in un libello di Stampa Alternativa, nella collana “Strade bianche”, erede dei Millelire e come tale breve – 30 pagine – ma corposo. Autrice è Francesca Vian, che ha smontato i messaggi di Salvini dal giugno 2018 a oggi, un anno in cui è successo tutto e il contrario di tutto, o niente. Intanto si stabilisce la differenza tra il Salvini che posta brevissime frasi sui social – aiutato da un’équipe guidata dal filosofo informatico Luca Morisi – e il Salvini in diretta, aggressivo e logorroico, che parla con tutti, accetta i selfie brandendo il cell come la spada del guerriero di Legnano, risponde a braccio e parla anche per ore senza leggere neanche un foglietto di appunti. Antitesi del politico che non esce dall’ufficio, in questo modo ha il polso del suo elettorato, né sarebbe una cattiva idea per l’opposizione tornare a camminare per strada e parlare con la gente invece che con altri politici. Ma torniamo al libretto. E’ diviso per paragrafi: lessico quotidiano, brevitas, notizie de-formate, auctoritas, negazione, ritmo, ripetizione… per ogni lemma ci sono esempi documentati. Ne esce un continuo disprezzo del nemico – deve sempre esserci un nemico – offeso e reificato in ogni modo. Il linguaggio è quello della guerra, sempre. Le ripetizioni e le assonanze sono continue, ossessive, le battute razziste derubricate a goliardata. Quello che è più grave, non si citano mai fonti documentate o nomi e cognomi dei responsabili: genericamente sono i ministri di Berlino, quelli di Bruxelles, la grande informazione, le banche, i signori dello Spread. Sulle ONG si va invece sul pesante attraverso accostamenti emotivamente suggestivi, ma che sono in realtà uno scarto tra la realtà e il resto, tipo: gli immigrati sulle navi delle ONG fanno lo sciopero della fame? I bambini poveri italiani lo fanno tutti i giorni, nel silenzio dei buonisti, dei giornalisti e compagni vari. E’ evidente che non si possono accostare realtà che appartengono a classi logiche diverse, eppure questo è il meccanismo. Naturalmente il nemico è sempre goffo, radical-chic, mezzo gay oppure criminale, magistratura compresa. Sicuramente è una reazione a certa sinistra preoccupata delle piste ciclabili ma incapace di varare un piano per il commercio. Per lui sono solo chiacchieroni da salotto buono, capaci di dire solo che non si tocca l’alberello e non dovete disturbare l’uccellino. Diciamolo: Salvini odia chi ha studiato e il suo elettorato ha trovato in lui il portavoce. Ma davvero l’Italia era tanto arretrata, impaurita e ignorante da andar dietro al pifferaio di turno?

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