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Il Viaggio Infinito di Jacopo Di Cera

Una mostra fotografica, in contemporanea alla 57^ Biennale Arte di Jacopo Di Cera, di una trentina  scatti a colori dei frammenti delle imbarcazioni che riposano nel cimitero delle barche di Lampedusa, stampati direttamente su pezzi di legno prelevati in parte dagli scafi che hanno traghettato centinaia di migliaia di persone sulle coste italiane.

Si tratta di un viaggio metaforico che parte dall’Odissea di Omero e arriva ai riferimenti visivi di Rothko e Klein per raccontare, semplicemente attraverso le forme e i colori, tutto quello che si nasconde negli occhi di chi abbandona la propria terra per fame, disperazione e paura attraverso associazioni visive e cromatiche.

Quella di Jacopo Di Cera non è solo una mostra fotografica di straordinario impatto visivo, ma è anche itinerante per sensibilizzare chi visita la mostra al dramma migratorio che nel 2016 ha toccato con successo le città di Milano, Roma, Arles, Carrara, Napoli, Torino e Parigi.

Nelle barche di Lampedusa che Jacopo Di Cera ha portato a Venezia sono i contenitori di sofferenza e speranze per un approdo sicuro per un’umanità vittima delle contraddizioni di un Mondo dalle disuguaglianze sempre più ampie e in cerca di una nuova opportunità.

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JACOPO DI CERA
Fino alla fine del mare
Dal 14 maggio al 6 giugno 2017

Galleria Accorsi
Campo San Stae (Santa Croce)
Venezia

Orario:
da martedì a domenica
11.00 – 20.00

Ingresso gratuito

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Nationless Pavilion: Uno spazio per gli invisibili

Gli oltre 10 milioni di persone (fonte UNHCR) che si trovano senza una cittadinanza hanno una “rappresentanza” con la partecipazione di Nationless Pavilion (Padiglione di coloro privati di una Nazione) alla 56esima Biennale d’Arte di Venezia.

Una decina di milioni che fanno parte di una nazione che conta una popolazione di circa 60 milioni di profughi (fonte Rapporto Global Trends 2014 dell’UNHCR), che è passata dal 25mo posto ad occupare il 24simo nella graduatoria degli stati popolosi.

Quella di Nationless Pavilion è un’iniziativa che non potrà dare un riconoscimento legislativo a così tante persone, ma sarà occasione per focalizzare l’attenzione del pubblico sul dramma della migrazione e delle cause che spingono un “popolo” ad abbandonare le proprie case, attraverso i contributi visivi di: Gregory Beals, Elena Bellantoni, Shady El Noshokaty, Rosa Jijon, Stalker/Osservatorio Nomade, Calixto Ramirez Correa, Emanuele Satolli.

Una provocazione non solo artistica, ma geopolitica per chi non viene riconosciuto per la mancanza di un passaporto, in un momento dove il populismo e la xenofobia è la bandiera di movimenti che stanno portando la destra al governo in molti stati europei.

Governi questi che si oppongono ad ogni tipo di solidarietà ad ogni flusso migratorio e proclamano la separazione come modello di vita, negando la ricchezza della multiculturalità.

In ottobre, dopo la Tavola Rotonda di maggio sull’Essere “tra”, Abitare la 25° Nazione – Un gesto di apparizione, quali territori e diritti?, sarà attivato un laboratorio aperto per “costruire-costituire” ” la Nazione 25, per analizzare agli aspetti comuni al popolo migrante: motivi della partenza, viaggio/attraversamento, concetti di confine, orizzonte e/o meta, attesa, identità ibrida. Una fuga dai luoghi che sarà analizzata agli aspetti comuni al popolo migrante. Un esercizio paradossale per fissare con l’immaginazione un’entità mutevole, ma con alcune esigenze comuni da mettere a fuoco.

00 AdN Venezia Biennale Delle Nazioni Nation 25 Gregory Beals******************

THE NATIONLESS PAVILION
Nation 25

Venezia
Sale Docks
Sino al 22 novembre 2015

Venezia 56° Biennale
Nation 25
S.a.L.E Docks

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00 AdN Venezia Biennale Delle Nazioni Nation 25 Stalker Osservatorio Nomade

 

 

L’America migrante e operaia

È prolungata fino all’11 gennaio 2015 la bellissima mostra “BUILDING A NATION” su Lewis Hine (1874-1940) in corso all’isola della Giudecca a Venezia.
Hine, il padre della fotografia sociale in America, famoso per i suoi scatti agli operai in equilibrio sulle travi dell’Empire State Building, è presente in questa imperdibile mostra, con 60 scatti originali provenienti dalla collezione della famiglia Rosemblum di New York, in cui vengono riproposti i temi cari ad Hine, anzi il tema per eccellenza caro ad Hine: il lavoro (“Men at work” era il titolo di una delle sue prime mostre).
Hine ci mostra gli operai all’opera sulle travi dei grattacieli in costruzione, ci mostra gli sguardi straniati delle famiglie di immigrati in arrivo ad Ellis Island da mezza Europa, sguardi che esprimono stupore disagio ma anche speranza, ci mostra i volti sporchi dei minatori ragazzini, ci mostra terribili immagini che preferiremmo non vedere di bambini e bambine di 4/5 anni al lavoro nei campi di cotone.
Le sue foto sorprendono per la perfezione della composizione, per l’umanità e la composta dignità che trasmettono: La Madonna dei poveri, esposta in questa mostra, madre immigrata coi suoi bambini, è la Madonna col bambino e san Giovannino di Raffaello, l’operaio alla catena di montaggio, sembra un fotogramma tratto da tempi moderni di Chaplin.
Building a Nation, perché la costruzione di una ricca nazione è sorta sugli inimmaginabili sacrifici di una varia umanità e Hine è qui a ricordarcelo, per non dimenticare e per dimostrare che la macchina fotografica può e deve diventare uno strumento di denuncia sociale e di sviluppo culturale.

Mostre Lewis Hine 15.11.2014 san pantalon carmini 3 oci bis 001 (3)******************************

LEWIS HINE
Building a nation
Dal 13 settembre 2014 all’11 gennaio 2015

Venezia (Giudecca)
Casa dei Tre Oci
Fondamenta delle Zitelle, 43

Orari:
tutti i giorni 10.00 – 18.00
chiuso martedì

Prezzi:
10,00 € intero
10,00 € ridotto speciale nonna/o con nipote
8,00 € ridotto gruppi superiori alle 15 persone, studenti fino a 26 anni, titolari di apposite convenzioni.
4,00 € ridotto scuole

Informazioni:
tel. +39 041/2412332
http://www.treoci.org

Catalogo:
Admira Edizioni
con saggi di Mario Calabresi e Nicolò Leotta

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 Mostre Lewis Hine 15.11.2014 san pantalon carmini 3 oci bis 001 (10) - CopiaMostre Lewis Hine 24446-ve

La Belle Marchesa in un altra Époque

Venezia rievoca la figura e il mito della donna che affascinò d’Annunzio e con le sue follie divenne la musa dei più grandi artisti del tempo: da Boldini a Bakst, da Marinetti a Balla, da Man Ray ad Alberto Martini, da Van Dongen a Romaine Brooks.
Palazzo Fortuny a Venezia – una delle città più amate da Luisa Casati Stampa, palcoscenico delle sue stravaganti esibizioni – sarà la sede della prima straordinaria mostra interamente dedicata alla “Divina Marchesa”, come la definì d’Annunzio: la donna che a inizio Novecento, con il trucco esagerato, le trasgressive ed eccentriche performance e una vita sopra le righe, fu capace di trasformare se stessa in opera d’arte, leggenda vivente, conturbante e sorprendente rappresentazione di modernità e avanguardia.
Tra le innumerevoli amanti di Gabriele d’Annunzio, fu l’unica che egli stimò veramente, ammaliato per anni dal fascino inimitabile di quella donna che il Vate – come tanti altri – citò e ricordò in numerose sue opere.
Dinanzi al suo fascino e ai suoi favori s’inchinarono schiere di pittori, scultori, fotografi che la immortalarono: Alberto Martini, Augustus Edwin John, Giacomo Balla, Umberto Boccioni, Kees van Dongen, il barone Adolph de Meyer, Cecil Beaton ma anche Romaine Brooks, Ignacio Zuloaga, Jacob Epstein e Man Ray.
Artisti che la mostra chiama a raccolta a ricordare la Corè dannunziana – dark lady decadente ma anche musa di surrealisti, fauvisti, dadaisti e futuristi – facendone convivere mito e storia, vita e arte.
La Casati, infatti, non fu solo bizzarra ed eccessiva (dai pitoni veri al collo al nude look), spettacolare e trasformista, megalomane e narcisista: il percorso espositivo e gli inediti studi pubblicati nel catalogo (edito da 24 ORE Cultura) le restituiscono una dimensione più consapevolmente “artistica”, rintracciando la sua attività di collezionista e restituendo alle sue azioni e ai suoi mascheramenti una dimensione estetica che la rende un’antesignana dell’arte performativa e della body art.
In pochi anni Luisa trasformò il suo volto nell’icona della belle dame sans merci: disegnato da profonde ombre nere, con le pupille dilatate e rese lucenti dalla belladonna, le labbra dipinte di rosso scarlatto, i capelli tinti di rosso.
Dilapidò la sua immensa fortuna in travestimenti mozzafiato e in feste spettacolari di cui fu ideatrice e principale interprete, in case allestite come musei e nell’acquisto di opere d’arte. Morì a Londra nel 1957 nella più triste indigenza.

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Venezia Palazzo Fortuny La Divina Marchesa. Arte e vita di Luisa Casati dalla Belle Époquecatalogo_casatiLA DIVINA MARCHESA.
Arte e vita di Luisa Casati dalla Belle Époque
Dal 4 ottobre 2014 all’8 marzo 2015

Venezia
Palazzo Fortuny

Informazioni:
tel. 041/0988107 (dall’Italia e dall’estero)

sito web

video

Orari:
10.00 – 18.00 | chiuso il martedì
Il servizio di biglietteria termina 1 ora prima
della chiusura

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Venezia Palazzo Fortuny La Divina Marchesa. Arte e vita di Luisa Casati dalla Belle Époque imageVenezia Palazzo Fortuny La Divina Marchesa. Arte e vita di Luisa Casati dalla Belle Époque marchesa-luisa-casati-stampa-258

 

L’esaltazione della dissimulazione in un Ballo

 L’Accademia di Belle Arti di Venezia celebra il Bicentenario della nascita di Giuseppe Verdi (1813-2013) con un progetto interdisciplinare incentrato sulle opere verdiane Un ballo in maschera e La traviata. L’interpretazione data dalla curatrice Ivana D’Agostino, docente di Storia del Costume e della Moda degli eventi narrati dal libretto di Un ballo in maschera, scritto da Antonio Somma sulla traccia di Eugène Scribe, ne sposta gli avvenimenti dal XVII secolo al 1910.

Questa idea nasce dalla considerazione che il benessere di Boston, location dell’opera verdiana, incrementato nell’Ottocento e Novecento, come conseguenza della colonizzazione inglese del periodo considerato dal libretto, fu tale, non ultimo, anche a seguito delle terre espropriate ai nativi americani, i pellerossa delle tribù dei Mohawk, dei Wamponoag, dei Massachuset, ridotti così a vivere nelle riserve.

Il costituirsi di una classe imprenditoriale e della finanza portò i bostoniani a confrontarsi con la cultura e l’arte europei. La casa-museo inaugurata all’inizio del Novecento di Isabella Stewart Gardner, sposata a Boston con John Lowell Gardner II, con cui condivideva l’amore per il collezionismo di opere d’arte, diventa pertanto emblema della élitaria borghesia di quegli anni, trasformandosi idealmente nel palazzo di Riccardo conte di Warwich, il cui potere e prestigio esprime attraverso una dimora di raffinato gusto europeo.

Indicatori visivi di coloro che di questa interpretazione di Un ballo in maschera sono i “personaggi chiave”, diventano il gilet e la fodera del domino di Riccardo, dipinti con cavalcate dei pellerossa tra i paesaggi del Massachuset, e la coperta indiana indossata come un mantello dalla Donna misteriosa – una figurazione speciale che impersona la figlia di un capo tribù che interviene al ballo del III atto – decorata con gli stessi fregi degli abiti di Riccardo: emblemi di chi, a seguito delle conquiste coloniali ha consolidato benessere e ricchezza sottraendolo ai nativi; e di chi, discendente da quelli, arma la mano dei sicari che uccideranno Riccardo, e il potere che rappresenta, volendo ridare voce e dignità ad un popolo usurpato. Valori universali, dunque, che hanno a che fare con la storia dell’umanità in tutti i tempi.

Al taglio progettuale dato si uniformano anche l’ideazione dei figurini e dei costumi che risentono dell’influenza dell’haute-couture francese sullo stile della ricca borghesia americana. Queste considerazioni, e l’uso attento dei colori hanno dato carattere agli otto personaggi (quattro del libretto, Riccardo, Amelia, Ulrica, Oscar, e quattro figurazioni speciali inserite nella scena del ballo, Una donna misteriosa, Una giovane ereditiera, Una giornalista di New York e La moglie di un banchiere di Boston) su cui le allieve del Biennio di Costume, di Pittura e di Grafica d’Arte hanno lavorato realizzando non solo figurini e costumi, quant’anche la pittura su stoffa ispirata ai decori secessionisti delle Wienerwerkstätte e a quelli Déco dell’Atelier Martine, trasformando i manichini per gli abiti, realizzando le parrucche ed i gioielli.

Per rendere fattiva un’operazione trasversale di questa portata si sono attivate le competenze specifiche di vari Atelier dell’Accademia e professionalità esterne all’istituzione.

L’Atelier di Scultura del prof. Giuseppe La Bruna ha preso parte al progetto modificando tutti i manichini da esposizione con l’aggiunta di teste stilizzate, braccia e mani. La presenza di un costumista, Andrea Cavalletto, ha svolto invece il compito di coordinare l’intero iter di progettazione a partire dai figurini, ai complementi dei costumi, alla scelta dei tessuti, così da garantire l’unità necessaria tra la chiave di lettura data al progetto, e l’esecuzione dei costumi, effettuata dalle allieve col supporto dell’Atelier Nicolao, la cui esperienza nell’ambito teatrale risulta indispensabile alla resa sartoriale dei manufatti.

I bozzetti scenografici e le maquette realizzati per Un ballo in maschera dalle allieve del Biennio di Scenografia, indirizzo Architettura di Scena del prof. Lorenzo Cutùli rispondono anch’essi stilisticamente nella progettazione degli spazi a questa chiave di lettura, con l’eccezione di quelli di Milica Mitrović ispirati a una Venezia visionaria.

E a Venezia che fu sede della prima rappresentazione di Traviata nel 1853 al Gran Teatro La Fenice, alla fascinazione delle sue architetture riflesse, dell’elemento acquoreo, dei suoi preziosismi orientali, delle sue tipicità ed unicità, delle sue commistioni e tangenze culturali, fanno riferimento i percorsi di creazione progettuale dell’ambientazione scenografica degli allievi del triennio e del Biennio di Scenografia dell’indirizzo Architettura di Scena coinvolti nel progetto, a cui la città lagunare ha suggerito  un primo fondamentale approccio, supportato dall’approfondimento di studio del libretto e delle sue connotazioni storiche.

Per Traviata, nei progetti proposti dagli allievi del prof. Lorenzo Cutùli, si ritrovano i colori dell’anima: il rosso della passione, il freddo della solitudine e della malattia, i toni aranciati e i verdi acidi dell’aristocrazia corrotta preda delle feste e del gioco d’azzardo, inneggianti la mercificazione del corpo femminile.

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BOZZETTI FIGURINI MAQUETTES

Personaggi e spazio scenico di Un ballo in maschera e La traviata

Dal 25 aprile al 18 maggio 2014

Venezia

Magazzino del Sale 3

Dorsoduro 264, Zattere

Mostra di figurini, costumi, bozzetti scenografici e maquettes

 

Curatore: Ivana D’Agostino

Orari apertura:

dalle 11,00 alle 18,00

chiuso il martedì

Ingresso:

libero

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