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Rinascimento psichedelico: incredibili potenzialità, enormi pericoli

  •  di Galliano Maria Speri –

    Verso la metà del 2015 il giovane e brillante ricercatore Robin Carhart-Harris realizza un esperimento in cui dimostra che l’Lsd, una delle più note sostanze allucinogene, riesce ad attivare nel cervello umano connessioni del tutto inedite e questo schiude nuove possibilità alle neuroscienze e alla neurofarmacologia.

     Questo potente strumento ci permetterà di indagare, da un punto di vista mai tentato prima, il funzionamento e le potenzialità del cervello ma anche di iniziare un percorso rivoluzionario nelle cure psichiatriche. Non si può però sottovalutare il rischio terribile che una sostanza così potente possa essere usata politicamente per il controllo sociale. L’argomento è riproposto da un libro di recente pubblicazione, “LSD. Da Albert Hoffmann a Steve Jobs, da Timothy Leary a Robin Carhart-Harris: storia di una sostanza stupefacente“, di Agnese Codignola.

    Robin Carhart-Harris, ricercatore inglese presso l’Imperial College di Londra dove dirige la ricerca sugli psichedelici del Dipartimento di neuropsicofarmacologia.

    L’Lsd, un allucinogeno che tutti conoscono o pensano di conoscere, viene sintetizzato per la prima volta il 16 novembre 1938 da Albert Hoffman, un chimico svizzero che lavorava alla Sandoz di Basilea. Cinque anni dopo, Hoffman ingerisce la nuova sostanza, la dietilammide dell’acido lisergico, e gli effetti complessivi sono così impressionanti da indurlo a una serie di accurate sperimentazioni su di sé e sui suoi collaboratori. Il chimico svizzero ritiene che la sua creatura sia uno strumento utilissimo, non solo per mettere a punto terapie farmacologiche da usare in psichiatria, ma anche per promuovere una nuova empatia tra gli esseri umani. Sfortunatamente, le cose sono andate in modo molto diverso, l’Lsd è uscito presto dai laboratori ed è finito sulle strade, imprimendo il suo marchio su un’intera epoca, tra progetti utopistici e sogni deliranti che finiranno con la messa fuori legge della sostanza e la fine delle sperimentazioni scientifiche. Negli ultimi anni, seppure con difficoltà, molti ricercatori hanno ripreso gli studi raggiungendo risultati estremamente interessanti nel campo della lotta alla depressione e all’alcolismo. Il “bambino difficile”, come Hoffman definì la sua creazione, passato da farmaco a droga, ha iniziato il percorso contrario, tanto che si comincia a parlare di “Rinascimento psichedelico”. Questo è l’argomento di un libro avvincente e ben documentato scritto dalla giornalista scientifica Agnese Codignola.

    Clare Boothe Luce e l’Lsd

    Quando si parla di Lsd di solito vengono evocate immagini di “figli dei fiori”, di comunità alternative che rifiutano il capitalismo e la società dei consumi, di guru che esplorano i recessi più insondabili della mente umana. Non si pensa certamente a una signora di mezza età, appartenente all’alta borghesia cattolica americana e con un ruolo importante nella guerra fredda come ambasciatrice USA in Italia, il Paese con il più grande partito comunista dell’Occidente. Eppure, Clare Boothe, è di lei che stiamo parlando, ha avuto un ruolo cruciale per la diffusione dell’Lsd negli Stati Uniti. Sia lei che suo marito Henry Luce, il potente editore di Life e Time, colgono ogni occasione per propagandare l’Lsd e cercare nuovi proseliti. È proprio un articolo di Time del 1954, intitolato Dream Stuff (La sostanza dei sogni), che apre la campagna in favore dell’Lsd, seguito da innumerevoli altri articoli che ospitano racconti di divi cinematografici e persone famose che lo avevano sperimentato. Il 10 giugno 1957 Life pubblica un lungo reportage di quindici pagine intitolato Cercando i funghi magici e firmato da Robert Gordon Wasson che ha viaggiato lungamente con sua moglie in Messico dove ha approfondito la conoscenza dei funghi magici usati dagli stregoni locali nelle loro cerimonie religiose per entrare in contatto con la divinità.

    Una foto del 1954 di Clare Boothe, ambasciatrice degli Stati Uniti in Italia, insieme a suo marito Henry Luce, influente editore di popolari testate come Time, Life, Sports Illustrated e Fortune.

    Nel descrivere gli effetti dei funghi, Wasson parla di “eliminazione delle barriere tra sé e il mondo” e di “fissione dello spirito”, ma non si limita soltanto a questo perché vuole capire la natura delle sostanze che provocano le visioni e quindi riporta negli Stati Uniti diverse varietà di funghi che vengono analizzati da esperti micologi. Il risultato è una spedizione scientifica in Messico che identifica diverse specie di funghi appartenenti alla famiglia delle Strophariacae e, in particolare, al genere Psilocybe. Poco dopo, proprio da questi funghi, verrà isolata la psilocibina, un allucinogeno con una struttura molto simile a quella dell’Lsd. Si rimane sorpresi dall’apprendere che Wasson non è un avventuroso giornalista con la passione per i viaggi e le scoperte, ma un banchiere anzi, è il vicepresidente della potente banca d’affari JP Morgan, sposato a una pediatra russa con una passione contagiosa per l’etnobotanica e i funghi in particolare. Un ulteriore contributo alla popolarità della nuova sostanza con effetti mirabolanti viene poi dato da famosi personaggi di Hollywood, notoriamente affetti da vari problemi psicologici e in cura da psichiatri e psicoanalisti. Il caso più eclatante è quello del popolare attore Cary Grant che non perderà occasione per lodare gli effetti benefici dell’allucinogeno che lo ha aiutato a conquistare una nuova e più equilibrata personalità. Nel 1966, il senatore Robert Kennedy difende di fronte alla Food and Drug Administration (l’ente americano che si occupa del controllo su medicinali e cibi) l’uso terapeutico dell’Lsd a cui sua moglie Ethel si sta sottoponendo ma, ormai, l’allucinogeno ha invaso università e città, causando diverse morti per cui l’allarme sociale ha raggiunto un punto tale che la sostanza verrà bandita negli USA l’anno successivo e, progressivamente, in tutto il mondo.

    Il programma MKUltra della CIA

    Quando gli americani entrano nel campo di concentramento di Dachau nel 1945 scoprono che i medici nazisti avevano somministrato mescalina a trenta prigionieri e ne acquisiscono la documentazione. Il responsabile degli studi sulla mescalina e l’Lsd nel campo era Hubertus Strughold, riuscito a fuggire negli USA dove era entrato nel programma spaziale statunitense e si era fatto apprezzare talmente tanto dalla NASA da essere definito “padre della medicina spaziale”. Qualche anno dopo, però, il suo nome compare nella lista dei criminali di guerra nazisti riusciti a fuggire negli Stati Uniti messa a punto dal Dipartimento per l’immigrazione. La neonata CIA capisce subito le enormi potenzialità delle droghe psicoattive e inizia immediatamente a studiarne l’uso. Il caso più sinistro è quello del carcere di Lexington, nel Kentucky, dove nel 1959 il dott. Harris Isbell sperimenta sui detenuti oltre ottocento droghe diverse, incluso Lsd, ecstasy e allucinogeni vari. In un esperimento, ai “volontari”, tutti neri, vengono somministrate per settantacinque giorni consecutivi dosi di Lsd con l’ordine preciso di “raddoppiare, triplicare e quadruplicare le dosi”. La CIA mette a punto anche un altro progetto per il controllo della mente denominato inizialmente Bluebird, poi Artichoke e, infine, MKUltra. Tra il 1954 e il 1963 l’Agenzia distribuisce Lsd a migliaia di cittadini scelti a caso, inserendolo in alimenti e bevande. Il progetto verrà chiuso nel 1967, dopo un ridimensionamento nel 1964, alcuni anni dopo la morte di Frank Olson, un ricercatore della CIA a cui era stato somministrato Lsd a sua insaputa e che, sconvolto dagli effetti, si era gettato dal decimo piano di un edificio. L’utilizzo dell’Lsd è stato oggetto di programmi specifici anche da parte del MI6, il servizio segreto britannico.

    La “ego dissolution”

    Secondo molti studi riportati dal libro, l’Lsd si è rivelato efficace nel trattamento dei malati terminali di cancro ed è stato sperimentato da molti specialisti in diversi periodi e contesti culturali perché consente a pazienti, che hanno pochi mesi o poche settimane di vita, di avere una esperienza così profonda da riorientare completamente le proprie emozioni. Un caso importante verso la fine degli anni ’60 è quello di Gloria, membro del gruppo di ricerca del dott. Stanislav Grof, che scopre di avere un tumore metastatico al seno e cade in uno stato di ansia e depressione molto gravi. Gloria accetta di essere sottoposta a un protocollo che prevede alcune sessioni di psicoterapia seguite dalla somministrazione di 200 microgrammi di Lsd, la stessa dose che viene utilizzata in pazienti psichiatrici. I risultati sono stupefacenti perché dopo una sola seduta nella paziente “paura, ansia e depressione sembrano dissolte, sostituite da un sentimento di empatia e di amore verso ciò che è stata tutta la sua vita e verso i suoi affetti più cari; la morte a quel punto, le appare come un passaggio a uno stato diverso, e come tale accettata”.

    Risultati analoghi vengono ottenuti molti anni più tardi dal dott. Peter Gasser in Svizzera nel 2007, per cui un nutrito gruppo di psichiatri di fama lancia un appello per eliminare il bando contro l’Lsd e consentire la ripresa della ricerca sugli usi di questa sostanza in tutti i settori medici in cui si è rivelata utile. Usato in modo rigoroso e sotto controllo medico, l’Lsd riesce ad attivare aree prima inutilizzate del cervello che si mettono in comunicazione tra di loro, aprendo prospettive inimmaginabili che distruggono la vecchia identità e creano una “mente bambina” che guarda il mondo con occhi totalmente nuovi in un processo che è stato definito “ego dissolution”.

    La copertina del libro che raccoglie i saggi dedicati dallo scrittore britannico Aldous Huxley alle sue esperienze con l’Lsd di cui era un grande sostenitore. Il testo fu pubblicato postumo nel 1977.

    Distruggere l’attaccamento alla bottiglia dell’alcolista e aprirgli le porte di un mondo nuovo, come pure placare le ansie terribili dei malati terminali, è certamente uno splendido risultato ma, proprio sulla base dell’esperienza degli anni ’60, ci dovrebbe essere un’attenzione rigorosa e minuziosa affinché sostanze così potenti vengano usate in modo rigorosamente controllato per gli scopi medici per cui sono state create.

    Se è vero che Steve Jobs ha dichiarato che l’uso dell’Lsd è stata una delle esperienze fondamentali della sua vita (ma affermazioni simili sono state fatte anche da scienziati e premi Nobel), questo non significa che chiunque provi gli allucinogeni diventi ipso facto un nuovo Steve Jobs o uno scienziato da premio Nobel.

    Il libro di Agnese Codignola è molto ottimista sulle nuove prospettive che l’Lsd e le sostanze simili possono dischiudere alla mente umana e alle cure psichiatriche, ma trascura il pericolo molto concreto di un uso manipolativo degli allucinogeni, come avviene nel romanzo Il mondo nuovo di Aldous Huxley dove una droga ottimale e senza effetti collaterali chiamata soma placa problemi personali e rivolte politiche, lasciando tranquilli al potere i governanti del mondo

    A proposito, Huxley non è uno “scrittore statunitense”, come viene definito a pagina 35, ma una delle colonne portanti dell’establishment britannico, nipote del grande biologo Thomas Huxley e pronipote, per parte di madre, di Matthew Arnold, uno dei principali poeti e critici letterari del periodo vittoriano.

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    Agnese Codignola

    LSD Da Albert Hoffman a Steve Jobs, da Timothy Leary a Robin Carhart-Harris: storia di una sostanza stupefacente

    (UTET pag. 270 € 19,00)

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  • Pubblicato il 10 luglio 2018
    su Frontiere
    Articolo originale

Roma prima di Roma

RF Mostre Roma prima di Roma 1Una interessante mostra è stata aperta presso i Musei Capitolini con il titolo “La Roma dei Re. Il racconto dell’Archeologia”. In realtà il periodo di tempo preso in esame è più ampio partendo da reperti del X° secolo a.C. fino ad arrivare al VI° secolo, praticamente dall’inizio dell’età del Ferro alla fine dell’epoca dei Re.

Sono quasi 850 pezzi suddivisi in varie sezioni che si articolano in un percorso che, contrariamente al solito, si snoda partendo dai reperti più recenti per arrivare ai più antichi. Nelle prime vetrine vengono presi in esame “Santuari e palazzi nella Roma Regia” con particolare riferimento all’area sacra di S. Omobono e i “riti sepolcrali a Roma tra il 1000 e il 500 a.C.” con esposizione di numerosi corredi tombali rinvenuti nella zona ora occupata dai Fori. Segue “L’abitato più antico: la prima Roma” con un grande e minuzioso plastico della Roma arcaica e poi una vasta panoramica di “Scambi e commerci tra Età del Bronzo ed Età Orientalizzante” con molti reperti rinvenuti in necropoli scavate nell’Esquilino nella prima fase edificatoria dopo il 1870. “Indicatori di ruolo femminile e maschile” e “Oggetti di lusso e di prestigio” continuano ad esporre oggetti in bronzo ed in ceramica generalmente di provenienza funeraria e frutto dell’opera di artigiani locali o di scambi con mercanti etruschi, latini e greci.

Conclude la mostra la sezione “Corredi funerari confusi” che espone reperti dello stesso tipo della cui contestualizzazione poco o nulla si sa, furono scavati in epoca non certissima, in luoghi appena citati senza avere alcuna cura di riportare il tipo di giacitura ed altre notizie utili a studiare l’epoca e la provenienza; sono elementi “muti” da apprezzare solo visivamente. L’esposizione si tiene in Palazzo Caffarelli tranne una sezione ospitata nelle vicinanze dell’imponente basamento del Tempio di Giove Capitolino.

La mostra è stata organizzata dall’Assessorato, dalla Sovraintendenza Capitolina e da Zetema con il concorso del Parco Archeologico del Colosseo, dell’Università la Sapienza e di quelle della Calabria e del Michigan che hanno eseguito scavi archeologici con reperti che in parte sono esposti.

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La Roma dei Re
Il racconto dell’Archeologia
dal 27 luglio 2018 al 27 gennaio 2019

Roma
Musei Capitolini

Orario:
9,30 / 19,30

Ingresso:
gratuito per chi ha acquistato per 5 euro la MIC Card valevole per un anno
info Rel. 060608

Orario
Tutti i giorni 9.30-19.30; la biglietteria chiude un’ora prima
Giorni di chiusura:
25 dicembre, 1 gennaio

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Migrazione: Europa, Europa

MP Migrazione Europa EuropaFateci caso, l’asse franco-tedesco comprende bene o male l’area geopolitica del Sacro Romano Impero, mentre tutti i paesi afferenti al “gruppo di Visegrad” – nessuno escluso – hanno fatto parte integrante dell’Impero Austro-Ungarico, compreso il Lombardo-Veneto da cui è partita la Lega. Che dire? Il Sacro Romano Impero era una potenza continentale poco interessata al Mediterraneo e ai paesi che vi si affacciano, tant’è vero che per secoli quattro minuscole Repubbliche marinare hanno potuto gestire da sole il traffico con l’Oriente. Da parte sua l’Impero asburgico ha dovuto combattere trecento anni per frenare l’avanzata dell’Impero Ottomano islamico, e solo lo storico Franco Cardini è convinto che i Turchi dopo Vienna si sarebbero fermati o addirittura sarebbero tornati indietro. Seminomadi sì, ma sempre potenza militare e demografica. Ce lo ricorda oggi proprio il presidente Erdogan, che ha convinto il suo popolo che i nomadi devono obbedire solo al Capo. Ma scendiamo giù nel Mediterraneo: come gli antichi Romani e come a suo tempo Giolitti nel 1911, anche noi abbiamo capito che non si possono tenere le coste della Libia senza controllare l’interno, anche se lo puoi fare solo con l’accordo con le tribù piuttosto che pattugliando a vuoto il deserto del Fezzan, come nel bel film del ventennio Lo squadrone bianco (1936).

Già, l’Italia. Per motivi storici quella che ai tempi di Roma antica governava il bacino del Mediterraneo – vista anche la sua posizione geografica – si direbbe che non si è mai più ripresa e senta ancora il complesso dell’invasione, tanto ben sfruttato dalle destre nazionaliste o meno. Ma non sarà certo un governo imprevisto e imprevedibile a risolvere quella che non è mai stata un’emergenza, quanto piuttosto un processo storico paragonabile solo alle grandi migrazioni del passato. Diciamolo: questa migrazione i governi precedenti l’avevano tollerata se non incoraggiata, abolendo di fatto le frontiere alla fine della Guerra Fredda. La cosa non deve stupire: anche se per motivi diversi, sia i cattolici che la sinistra internazionalista sono sempre stati estranei allo stato nazionale, i primi in nome dell’accoglienza cristiana e dell’ecumenismo, la seconda in nome dell’internazionalismo proletario e della ridistribuzione del reddito e delle risorse. Mentre i primi finora sono stati così coerenti da accettare anche l’ingresso (controproducente?) dei musulmani, una parte della sinistra europea sembra non abbia avuto il coraggio di andare fino in fondo, ripiegando su alleanze di governo o spinte elettorali di tipo nazionale (come in Francia e nel Regno Unito) e soprattutto senza esprimere i propri concetti in maniera chiara. Da qui una narrazione contraddittoria, travolta purtroppo da una crisi economica venuta da lontano ma durata dieci anni, la quale ha finito per mettere tutti uno contro l’altro; da una parte le classi medie impoverite, dall’altra gli ultimi e penultimi che vogliono la loro fetta di torta. Purtroppo a suo tempo si è molto discusso sull’impatto della globalizzazione sulle popolazioni migranti, ma non è stata analizzata adeguatamente la reazione delle società europee residenti messe di fronte al cambiamento.

E qui s’inserisce anche la paranoia, quella che si ripresenta puntuale MP Migrazione Europa Europa 1ad ogni ciclo economico gravido di sconvolgimenti sociali. Intendo analizzare una delle teorie più pericolose che girano in questi tempi: il mito della sostituzione etnica. In sostanza, ci sarebbe un preciso piano per sostituire gradualmente la stanca, invecchiata e decadente popolazione europea immettendo sangue fresco, possibilmente africano e musulmano. Non sarebbe una novità: nella storiografia germanica le invasioni barbariche sono tuttora considerate portatrici di nuove e giovani energie innervate nel decadente Impero romano, il quale soffriva esattamente delle stesse cose dell’Europa di oggi: crisi economica, crisi demografica, crisi militare. Ma qui il tutto è definito come il complotto di una élite di banchieri e finanzieri (per fortuna non più ebrei) che nelle chiuse stanze di un consiglio di amministrazione allocato chissà dove (ma sicuramente in un grattacielo) hanno elaborato il piano per cambiare il sangue al debole corpo della vecchia Europa e rilanciare in questo modo la produzione. Si sarebbe dunque pianificata la distruzione dei popoli europei attraverso l’attacco mirato e scientificamente perseguito alla natalità europea e grazie alla deportazione da Africa e Asia di milioni di individui sradicati che avrebbero imbastardito la razza e la cultura europea e distrutto l’identità, determinando così una massa informe di cittadini senza radici, senza patrimonio, origini, avi, tradizioni, legami comunitari e quindi facilmente assoggettabile da parte dei poteri finanziari e priva di ogni possibilità di resistenza.

Intanto, l’attacco alla natalità gli europei se lo sono pianificato da soli: la denatalità è il risultato di una serie di fattori tutti interni alle società europee. In secondo luogo, è vero che una massa di “diversi” rompe equilibri consolidati, ma è anche vero che questo processo non nega affatto l’idea di Europa, la quale altro non è che il punto terminale di una serie di migrazioni che si sussegue da millenni. Lungi però dal diventare il nulla indistinto, questa entità diventa sempre qualcos’altro, formando nuove culture e nuove società che trasmettono e riesportano in forma anche aggressiva il prodotto finale. Basti pensare all’epoca dell’espansione coloniale. E in fondo il mito del ratto di Europa significa proprio questo: quello che entra da fuori si trasforma in qualcosa di ben diverso dall’identità originale. Altro che perdita d’identità, casomai è proprio il contrario. Come si vede, oltre che paranoico il discorso del complotto è superficiale.

MP Migrazione Europa Europa 2Altro punto debole della tesi è la puerile confusione tra economia e finanza. L’economia ha bisogno di spostare uomini, la finanza no. Una fabbrica ha bisogno di materie prime, di operai, di mercato, mentre la finanza oggi può spostare capitali senza neanche muovere un atomo di materia, meno che mai nell’epoca dell’internet e del digitale. E allora che senso ha trasferire milioni di uomini da un continente all’altro? In finanza nulla, mentre in economia è diverso: il vuoto non esiste e in genere l’ingranaggio si autoregola: laddove c’è lavoro ma servono altre risorse umane il vuoto viene colmato in breve tempo. Sull’integrazione degli immigrati si può e si deve discutere, non riducendo il problema ai contributi per le pensioni o semplificando gli attriti tra culture diverse, né adattandosi forzatamente a costumi estranei ai nostri per paura di un confronto: gli spostamenti di uomini portano anche conflitti. Pur tuttavia l’economia ha le sue leggi. Alla gente semplice invece piacciono i complotti: semplificano al massimo la realtà e trovano subito il colpevole. Persino una società democratica rappresentativa sente ancora il fascino della cospirazione di poche persone riunite al chiuso di una stanza dei bottoni. Peccato che non sia la realtà. Esistono invece le convergenze di interessi, ma non è detto che esse siano strutturate e programmate come uno pensa, anzi sembrano spesso portare a conseguenze inaspettate ed effetti collaterali non previsti. L’importante è dunque saper gestire il cambiamento. Ma per farlo bisogna prima capirne la dinamica.

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Siria: Vittime Minori
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Il bastone e la carota, la questione migratoria

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Le loro Afriche: un progetto contro la mortalità materno-infantile
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Solidarietà: il lato nascosto delle banche
I sensi di colpa del nostro consumismo
Le scelte africane

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Il culto della personalità nel Novecento

AP Libri International CommunismScrivere di comunismo e di culto della personalità oggi, quando si celebra l’apoteosi del modello unico neocapitalista (in equilibrio fra neoliberismo e sovranismo) può sembrare un lavoro scomodo. Eppure, mai come oggi è di stretta attualità, visto che sempre più spesso organizzazioni politiche collegiali, magari anche di tradizioni secolari, vengono sostituite nel consenso di massa da partiti personali oppure fortemente influenzate dalle cosiddette “personalità”. Si possono fare diversi esempi: dalla Francia di Macron, Le Pen e Melenchòn, all’Italia di Berlusconi, Renzi, Grillo e Salvini, fino agli USA di Trump, per non parlare della Russia di Putin. In questo contesto, alla luce del peso che il movimento comunista internazionale ha avuto nella storia del secolo scorso, sia nei Paesi dove è andato al potere, sia in quelli dove è rimasto all’opposizione o dove addirittura ha continuato ad essere perseguitato, la bella ricerca di Kevin Morgan (docente di Social Sci Politics alla University of Manchester, e studioso del movimento comunista britannico e internazionale) è particolarmente prezioso. Attraverso la consultazione e la selezione di un vasto elenco di fonti (raccolto in diversi archivi fra Parigi, Londra, Manchester e Mosca) e di una sterminata bibliografia, l’autore ricostruisce la storia di questo rapporto fra comunismo e ruolo della personalità nel Novecento, in un excursus che va dalla Rivoluzione d’Ottobre fino al movimento zapatista messicano di fine secolo. Attraverso i sette capitoli in cui è suddiviso il libro, Morgan scompone il fenomeno nel tempo e nello spazio. Cronologicamente vengono individuate quattro fasi specifiche: 1) il periodo rivoluzionario dal 1917 fino alla morte di Lenin nel 1924; 2) quello che va dalla metà degli anni Venti a quella degli anni Trenta, in cui il feticismo religioso di Lenin è ancora preponderante; 3) la vera e propria fase in cui esplode il culto della personalità, con l’ascesa e l’affermazione del culto della personalità di Stalin (1935-1956); 4) la fase post-staliniana, dal rapporto Khrushchev al “fenomeno Marcos”, passando per il culto di Mao e dei leader dei movimenti di liberazione asiatici. Ma Morgan declina anche in termini tematici il fenomeno, che non può essere ridotto solo a Stalin e allo stalinismo. Ecco che quindi egli affronta il tema del leader come incarnazione dell’importanza e del ruolo storico del partito, il segretario generale come garante supremo dell’unità e dell’integrità del partito e dalla sua comunità militante, fenomeno questo che appartiene a tutte le specificità nazionali del movimento comunista. Fu così ad esempio per il PCF di Thorez, per il CPGB di Harry Pollit, per il PCI di Togliatti e per il PCE di Dìaz. Inoltre, l’autore evidenzia come il culto della personalità non fu solo «culto del potere», ma anche volano di un preciso immaginario dello scontro rivoluzionario, attraverso la figura del militante/dirigente «martire» (come l’italiano Gramsci o il tedesco Thälmann), del leader rivoluzionario di estrazione operaia (come ancora il francese Thorez, l’australiano Miles o lo spagnolo Dìaz), o infine della personalità carismatica, della «figura avvincente» (enkindling figure) il cui prototipo era stato Lassalle e che in Europa avrebbe visto fra gli altri il bulgaro Dimitrov, la spagnola Ibarruri, ma anche lo scozzese Willie Gallacher. Pur non nascondendo le conseguenze terribili che il culto della personalità ha avuto in URSS e in buona parte dei Paesi nei quali il movimento comunista è andato al potere nel secolo scorso, anzi dedicando loro diverso spazio nel libro, Morgan comunque non perde di vista il fatto che il comunismo e i suoi esponenti emersero nel “secolo breve” come il migliore strumento al servizio dei movimenti rivoluzionari e per la diffusione di una cultura della solidarietà che rivendicò anche il diritto ad essere praticata. Il leader rivoluzionario o di partito, il segretario generale divennero quindi per milioni di persone una sorta di simbolo che induceva all’azione e alla resistenza contro l’attendismo e l’immobilismo, caratteristica familiare di una certa politica radicale, indipendentemente che la battaglia venisse persa (come nel caso di Thälmann in Germania) o vinta (come in quello di Dimitrov). D’altronde, il carattere distintivo del comunismo non risiedeva necessariamente nell’intreccio di questi valori simbolici con un certo autoritarismo burocratico del partito (Morgan ricorda che questo era già presente nei partiti della Seconda Internazionale). Ciò che invece in essenza distinse l’esperienza comunista fu che il fatto che questo forte simbolismo rivoluzionario (incarnato dalle grandi personalità del movimento comunista internazionale) fu imbrigliato nella realpolitik di Stato (anche dove il potere non era stato conquistato) con il suo corollario di cinismo e brutalità.

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International Communism and the Cult of the Individual
Leaders, Tribunes and Martyrs under Lenin and Stalin
(Comunismo internazionale e culto della personalità nel Novecento)
di Kevin Morgan
Palgrave Macmillan, London, 2017, pp. 363

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Il potere è femmina

AB Libri teodoraCome sempre la storia è in grado di offrire grandi spunti narrativi, quando poi si va a “pescare” nel periodo storico scelto per questo romanzo i racconti sono quasi infiniti.

Per entrare meglio nei dettagli possono essere un buon punto di partenza le parole dell’autrice nei ringraziamenti finali, dove dice:

“… E a tutti coloro che lo leggeranno e si divertiranno, perché chi scrive qualcosa lo fa sempre per i lettori, sperando che questa storia piena di avventure, intrighi e colpi di scena vi consenta di passare qualche ora divertendovi…”

Può sembrare strano ma in queste tre righe Mariangela Galatea Vaglio, riesce a fare al suo stesso romanzo una una piccola e semplice recensione, perché la sua storia diverte, è piena zeppa di avventure e colpi di scena e si fa leggere in davvero poco tempo.

Il libro narra le vicende di Teodora, una delle figure più importanti della storia dell’impero bizantino vissuta a Costantinopoli nella prima metà del 500 d.C. Per rispetto di chi non conosce la sua storia non verrà svelato qui chi fu e cosa fece se non che la sua carriera ebbe inizio come attrice, un attrice molto particolare visto che, più che le parole, era il suo corpo a parlare… E sapeva usarlo molto bene a giudicare dagli obiettivi raggiunti.

Seppur la storia di Teodora sia piena di luci e ombre specialmente per i suoi inizi, giustificabili però con il fatto che allora le donne molto altro non potevano fare, il suo temperamento e il suo coraggio rappresentano un po’ il riscatto come donna, laddove riuscì ad utilizzare i suoi doni per affermarsi nella società e a mettere in riga i prepotenti.

Il suo personaggio riempie molte delle pagine del romanzo mentre in quelle dove lei non figura la scena è presa da colui che fece l’altra parte di storia a quel tempo, Pietro Sabbazio Giustiniano, detto semplicemente Giustiniano.

Nipote del generale Giustino che fu un fidato servo dell’imperatore Anastasio, Giustiniano seguì dapprima le orme dello zio nell’esercito per poi dedicarsi maggiormente alla politica di Costantinopoli, dove pian piano riuscì a ritagliarsi un suo spazio, favorito anche dall’appoggio delle fazioni del circo di città che allora controllavano il popolo.

Il circo. Non si può parlare di questo romanzo senza menzionare l’importanza che il circo di Costantinopoli aveva nel contesto politico non solo di Costantinopoli ma di tutto l’impero, dal momento che, il primo appoggio che l’imperatore doveva avere era il loro, pena la rivolta. E per avere questo appoggio tra le cose più importanti a cui l’Eletto doveva pensare era la religione. In quegli anni infatti, l’impero era attraversato dalle correnti dei monofisiti e dei calcedoniani, questi ultimi appoggiati dalla sede centrale della Chiesa situata ancora a Roma, seppur il suo splendore sia ormai un ricordo lontano. I monofisiti erano invece odiati dalla Chiesa ma avevano comunque un peso politico notevole a cui l’imperatore non poteva voltare le spalle, cosa che, come scoprirete leggendo il libro, non era per nulla facile.

Teodora e Giustiniano i protagonisti dunque, accompagnati da un carrellata di altri personaggi storici che si alternavano nella lotta al potere o che, come semplici comparse, erano in grado di cambiare gli equilibri di un impero come quello Bizantino. Detto questo però, e tornando alle parole iniziali, la storia si può leggere e conoscere anche divertendosi ed è quello che un po’ succede leggendo questo romanzo a volte un po’ “peperino”, capace di non cadere mai nella noia, svelando i retroscena più oscuri di un impero prestigioso e regalando momenti di piacevole lettura con qualche particolare piccante.

Il libro sembra essere il primo di una serie di romanzi che andranno a comporre la “Saga di Bisanzio”, del resto la storia è lunga e un solo romanzo sarebbe sprecato, chissà quali altri misteri si celano dietro questa figura affascinante di cui è bene ricordarsi il nome, Teodora.

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Titolo: Teodora. La figlia del circo. La saga di Bisanzio
Autore: Mariangela Galatea Vaglio
Editore: Sonzogno, 2018, pp. 380
Disponibile anche in ebook
Per informazioni sull’autrice è possibile visitare il suo blog

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