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Parigi: Montparnasse la Riva della cultura

La Rive Gauche non è solo il Quartier Latin con i caffè letterari, saint-Germain e le suggestioni della chiesa di Saint-Sulpice che Dan Brown ha riversato nel Codice da Vinci o i giardini di Luxembourgo, la Sorbona e il Pantheon, ma è anche il Museo Nazionale del Medioevo di Cluny e le Terme romane con il ciclo di arazzi de La Dama con l’Unicorno, con fermata Cluny-Sorbona del Metro con la volta decorata dalle firme dei grandi di Francia.

Una Riva della Senna ricca di realtà museali come l’Istituto del mondo arabo (1987), con le caratteristiche moucharabieh per la ventilazione e la regolazione della luce esterna all’interno dell’edificio, grazie alle geometrie “variabili” della tradizione araba, ritenuta una delle grandi opere voluta da François Mitterrand e decisa sotto Giscard d’Estaing nel 1973, rappresenta la continuità della Grandeur parigina al di sopra di ogni schieramento, con l’intenzione di migliorare le relazioni diplomatiche tra la Francia e i Paesi arabi, proponendo in un differente allestimento la lettura parallela delle tre religioni abramitiche.

Dal V al VII arrondissement si arriva al Musée du quai Branly, inaugurato all’ombra della Torre Eiffel nel 2006, e ci si affaccia sul quartiere di Montparnasse, sul XV arrondissement, dopo aver transitato per il Musée d’Orsay come esempio di un museo realizzato dalla dismissione dell’omonima stazione per opera di Gae Aulenti. Il Musée du quai Branly è il completamento della missione del Musée de l’Homme, attualmente in attesa della riapertura nel 2015, nel ripercorrere le origini di molte culture. Un Museo, progettato dall’architetto Jean Nouvel, è un esempio di architettura nel verde e rivestito di vegetazione dall’ingegno di Patrick Blanc, l’ideatore dei Giardini verticali, con un giardino concepito dall’architetto paesaggista Gilles Clément con sentieri, collinette, camminamenti lastricati, passeggiate su ciottoli di torrente e piccoli bacini che predispongono alla meditazione.

Dal Musée du quai Branly ci si appresta a visitare Montparnasse (monte Parnaso) che deve il nome alla collina usata da alcuni studenti, nel XVII secolo, per declamare dei versi, promuovendola a dimora delle Muse per poi essere rasa al suolo per disegnare il Boulevard du Montparnasse, nel XVIII secolo, luogo di passeggiate e dalla Rivoluzione francese in poi quartiere caratterizzato da numerose sale da ballo e cabaret, tra cui il famoso Bal Bullier.

Addentrandosi nel quartiere è facile notare, sull’alberato boulevard Raspail, la Fondazione Cartier, un edificio caratterizzato dall’idea di trasparenza, dissolvenza e smaterializzazione che l’architetto Jean Nouvel ha realizzato in acciaio e vetro, arricchito dal verde verticale del botanico francese Patrick Blanc (1997), per proporre mostre di arte contemporanea.

Dal lato opposto del boulevard Montparnasse, come in altri quartieri parigini, vi è un cimitero storico con i suoi illustri ospiti come Baudelaire, Jean-Paul Sartre, Simonne de Beauvoir, Guy de Maupassant, Serge Gainsbourg e Philippe Noiret.

Imboccando rue Vercingetorix, all’altezza della Metro Gaité, si può raggiungere i giardini pensili dell’Atlantique e le architetture neo barocche e classiche di place de Catalogne, un vero trionfo del postmoderno. Un esempio della capacità parigina di combinare l’architettura ottocentesca con quella contemporanea che viene esaltato in place de Séoul con il complesso residenziale dalle ciclopiche colonne doriche di vetro del Echelles du baroque di Ricardo Bofill.

Nei pressi, tra giardini e vialetti lastricati, la chiesa di Notre Dame du Travail (Nostra Signora del Lavoro), costruita agli inizi del 1900 dall’architetto Jules Astrouc, si mostra esteriormente come qualsiasi altra chiesa gotica, ma l’interno, con le sue strutture metalliche, oscilla tra costruzione industriale e fienile del Midwest americano.

Una chiesa, con la struttura metallica della navata ispirata alle opere di Eiffel e Baltard, nata in un quartiere operaio come replica delle fabbriche di quell’epoca, costituita da 135 tonnellate di ferro e acciaio e come campana il bottino della guerra di Crimea.

Un altro insolito luogo di culto è la chiesa Saint Christophe de Javel (rue de la Convention) con le raffigurazioni di san Cristoforo che benedice ciclisti, aviatori e macchine. Non lontano, in rue d’Alleray 81, c’è Notre-Dame de l’Arche d’Alliance, al confine con il XIV arrondissement, un esempio di architettura sacra del XX secolo, realizzata dagli stessi architetti dell’edificio del Parlamento Europeo di Strasburgo.

Tornando indietro, non lontano dal Cimitero di Montparnasse e dalla Torre, in un cortile di un anonimo fabbricato al n. 5 Rue d’Odessa è possibile ammirare la facciata decorata con formelle di ceramica di gusto liberty del sobrio ingresso della sauna Les Bains d’Odessa riservata ai gay.

Montparnasse è anche, per non tradire la sua nomea di quartiere d’intellettuali, il luogo dove si organizzano gli incontri in piazza degli aderenti e simpatizzanti del Circul’Livre , per far circolare la cultura attraverso lo scambio di libri.

Tirare fuori da un armadio i libri dimenticati per condividerli con gli altri non è solo un’occasione per promuovere la lettura, ma un veicolo di coesione sociale nell’incontrare gli abitanti del quartiere.

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Dello stesso argomento:

Parigi: Il trionfo del recupero (2 parte)

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Parigi: I contrasti di una città

Parigi: La frenesia delle luci

Roma Parigi: Andata e Ritorno

I grattacieli davanti Greenwich

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Economia e globalizzazione: il gioco delle tre carte – Il mazziere

In un sistema aperto e globalizzato ciascuna giocata avviene contemporaneamente su due tavoli, quello nazionale e quello internazionale. È necessario dunque ampliare il livello di osservazione per comprendere il gioco, i giocatori, ma soprattutto chi da le carte ed i suoi trucchi.

Nei mercati internazionali il tasso di cambio rappresenta una valvola per far affluire o defluire capitali: un tasso di cambio tendente al ribasso agevola le esportazioni a scapito delle importazioni e contemporaneamente scoraggia gli investimenti in valuta.

Con l’avvento della crisi e l’aumento del debito pubblico dei paesi industrializzati, le banche centrali e i governi, hanno adottato misure straordinarie di politica monetaria immettendo moneta, e abbassando di conseguenza il tasso di cambio (Rapporto ICE 2013).

Ora, nell’attuale sistema economico, la maggior parte dei paesi avanzati (diciamo l’Occidente) vive al disopra delle proprie possibilità e consuma più di quanto produce. Ciò implica che una parte dei beni consumati sono importati e in genere, dai paesi in via di sviluppo.

Con l’abbassamento del tasso di cambio tende a ridursi però la convenienza da parte dei paesi avanzati di importare beni e, a loro volta, i paesi in via di sviluppo vedono contrarre la loro attività commerciale verso l’estero (esportazioni).

Dunque giocando al ribasso con il tasso di cambio, si può operare un’alterazione “impropria” nella competizione dei mercati internazionali: migliora la bilancia di pagamenti e si crea una sorta di effetto beggar-thy-neighbor verso l’esterno. Si, proprio qualcosa di similare a quanto avveniva nella Grande Depressione del ‘30!

Sintesi: gioco sporco!: i paesi avanzati fanno pagare la crisi finanziaria ai paesi emergenti. Nel 2012 la presidentessa brasiliana Dilma Rousseff, lamentava l’assenza di soluzioni allo tsunami monetario (Rapporto ICE 2013), proprio a Washington dove, in visita ufficiale, sembrava voler richiamare il mazziere (gli Stati uniti d’America) sugli andamenti del dollaro.

Perché si è giunti a questo punto?

Ritorniamo al primo giro di carte.

Con gli accordi di Bretton-Woods del primo dopoguerra (1944) si posero le regole di politica monetaria internazionale: stabilizzazione dei tassi di cambio rispetto al dollaro (gold exchange standard), a sua volta agganciato all’oro.

Ma già nel 1971 il presidente Richard Nixon annunciò unilateralmente la sospensione della convertibilità del dollaro in oro, avviando implicitamente l’era della libera fluttuazione dei cambi. L’esplosione della spesa pubblica americana per la guerra del Vietnam, richiedeva una tale immissione di liquidità da rendere impossibile la convertibilità del dollaro in oro!
Bluff: gli Stati uniti potevano continuare a trarre vantaggi dal dollaro, moneta ormai mondiale, senza più preoccuparsi del deficit strutturale della bilancia dei pagamenti e della conseguente immissione di moneta.

Tornando a oggi, si può senza dubbio affermare che gran parte del debito pubblico degli Stati Uniti è detenuto dalla Cina, fortemente interessata a non far deprezzare le sue riserve monetarie in dollari.

Carta truccata: gli Stati Uniti d’America oggi vorrebbero continuare a dare le carte, ma il ruolo del mazziere sembra fondarsi sulla potenza del sistema politico-economico del gigante cinese più che sulla solidità reale dell’economia americana.

In realtà, i paesi emergenti, Cina in testa, stanno introducendo nuove variabili in gioco e sembrano poter profilare un diverso assetto degli attuali blocchi geopolitici: saranno i nuovi equilibri a favorire la guarigione del sistema infermo o ne decreteranno la fine? Quel che è certo è che ormai non si può più prescindere da questa consapevolezza.

(2 puntata)

02 OlO Il gioco delle tre Carte 23 gennaio Banche riforma Wall Street con la Volcker Rule obama-wall-street-134034

02 OlO Il gioco delle tre Carte 23 gennaio Economia Bretton woods us-gold

Economia e globalizzazione: il gioco delle tre carte

La Crisi economica è profonda, globale e per il suo prolungarsi è evidente il rischio che da “ciclica” possa trasformarsi in “cronica”. Cosa si sta facendo per risolverla? Obama, dopo quattro anni di braccio di ferro con la lobby di Wall Street, sta ottenendo l’attuazione della Volker Rule, l’Unione Europea bastona i paesi membri già in ginocchio: solo la regola del “si salvi chi può”è comune e condivisa.

Il Miserere cominciò circa 6 anni fa con il fallimento di Lehman Brothers, precursore dei successivi crack finanziari di portata mondiale. In questo tempo, una parte del mondo, quella sviluppata, si è persa nel processo agli untori. In concreto sono stati individuati solo palliativi temporanei: un maquillage per eludere “inopportuni” cambiamenti strutturali. Questi ultimi, infatti non possono convenire a governi, non a politici e certamente neppure alle multinazionali quando l’unico obbiettivo è il mantenimento del potere. L’altra parte del mondo, i “lontani paesi in via di sviluppo” (latinoamericani inclusi), memore dei contraccolpi economici già ricevuti, cerca di rimanere a galla evitando gli schiaffi dell’imperialismo del terzo millennio.

La globalizzazione attuale alimenta il sistema a scapito dei più deboli, non solo in termini sociali a livello nazionale, ma anche a livello geopolitico.

È come il Gioco delle Tre carte, Carta vince Carta perde: a parte rare eccezioni, vince sempre colui che dà le carte sia perché la probabilità statistica è matematicamente a suo favore, sia perché molto spesso la aiuta imbrogliando.

Come spiegare il gioco? Il tema è più complicato di quello che sembra se lo si osserva da vicino: si incontra la grande ragnatela intricata di variabili economiche; a distanza invece lo si può semplicemente ricondurre al Gioco delle Tre Carte.

Da vicino la trama include soprattutto i processi di finanzilizzazione e internazionalizzazione avviati negli anni ’90 dagli Stati Uniti e conseguenti al pensiero neoliberista, culminante nell’abrogazione della Glass-Steagall (1999), legge che separava le banche commerciali da quelle d’investimento. Questa linea si diffuse con diversi gradi di libertà in Europa e in gran parte del Mondo.

La nascita della banca universale o mista infatti ha permesso soprattutto alle più grandi banche, le multinazionali, di effettuare attività ad alto rischio utilizzando per lo più i depositi dei privati (cioè i debiti a breve). La deregolamentazione dei derivati e l’abbassamento dei controlli hanno ulteriormente agevolato la nascita di un “sistema bancario ombra” e gonfiato la bolla speculativa. Ma le bolle speculative sono sempre destinate a scoppiare determinando il collasso dell’economia e, di seguito, una compensazione di segno opposto, diciamo depressiva. Le Aziende falliscono, aumenta la disoccupazione, è difficile far fronte ai debiti, si contraggono consumi e investimenti e l’economia reale precipita in caduta libera: non c’è più liquidità! Le banche che hanno giocato d’azzardo, sicure perché “too big to fail” (troppo grande per fallire) sono state “risanate” dai governi compiacenti pur di salvare il salvabile.

Per questo ora si è avviato un dibattito mondiale sul neoliberismo economico. Ma tornare indietro in tutto o in parte su leggi che hanno fatto da detonatore alla Crisi – come ad esempio prova a fare Obama con la Volker Rule – servirà veramente?

Ma poi chi da le carte?

(Prima parte)

Il gioco delle tre Carte capitolo 1 Banche riforma Wall Street con la Volcker Rule 18063-wall-st

Parigi: Il trionfo del recupero

Quello di Parigi è uno sviluppo architettonico che ha coinvolto tutto il territorio, dal centrale Centre Pompidou al meno turistico ex quartiere industriale del 13esimo Arrondissement, con l’apertura negli anni ‘90 della biblioteca François Mitterrand e la passerella pedonale Simon de Beauvoir che la collega, con sinuoso ondeggiare, al parco di Bercy con il Palazzetto dello sport e la “scombinata” architettura della Cineteca Francese, un edificio nato nel 1996 come l’American Center per mano di Frank O. Gehry ma solo nel 2005, dopo nove anni d’inattività, è diventato il monumento alla cinematografia.

Partendo proprio da Bercy, scelta nel 1977 come area verde per la riqualificazione della parte est come esempio di recupero di un’area agricola prima che industriale, un’ex-area di stoccaggio vini, si possono apprezzare due differenti utilizzi delle botteghe artigiane di fine ‘800.

Una parte degli edifici a schiera, recuperati dall’abbandono, sono stati trasformati in un villaggio della gastronomia e dello shopping, inglobandoli in una sorta di centro commerciale Bercy Village, dove banche, agenzie di viaggio, parrucchieri, negozi vari, anche quelli per rendere felici gli animali domestici, si alternano a una svariata proposta gastronomica internazionale.

Mentre un altro complesso ospita l’Ecole de Boulangerie et de Patisserie de Paris, per formazione professionale nel campo della panetteria e pasticceria, oltre a quasi 2mila metri quadri dedicati alla collezione di Jean-Paul Favand ordinata nel Musée des Arts Forains. Un Museo dall’atmosfera giocosa delle feste di paese del XIX secolo, con giostre e automi per un accesso limitato a gruppi di almeno 15 persone, che vengono esaltate con Le Festival du Merveilleux dal 26 dicembre 2013 al 5 gennaio 2014.

Sempre sulla riva sinistra della Senna, prima della Bibliothèque Nationale, un altro ondeggiare, sul quai d’Austerlitz, riveste l’ex capannone industriale costruito nel 1907 da Georges Morin-Goustiaux che gli architetti Jakob + MacFarlane hanno trasformato nella Cité de la Mode et du Design dove si può vedere nelle periodiche feste del design i mille oggetti di arredo e scoprire i diversi utilizzi dei materiali naturali come il giunco che non serve solo a fare cesti o copricapo, ma anche rivestimenti, tappeti e mobili che incastrano bottiglie e quanto altro vi viene appoggiato. Nuovi utilizzi del giunco pensati da Juan Fernando Hidalgo Cordero.

La Cité de la Mode et du Design non è solo un contenitore che si limita a essere una vetrina per la creatività, ma anche luogo d’incontro per giovani che contribuisce alla trasformazione del quartiere.

Proseguendo sul quai d’Austerlitz è stato approntato uno spazio espositivo temporaneo per la Street Art nell’edificio La Tour 13 prima di essere demolito, dove una trentina di appartamenti con i suioi 9 piani sono stati decorati con graffiti, stencil, pitture acriliche, sculture e installazioni, da un centinaio di artisti provenienti da tutto il mondo compresa l’Italia.

La Tour è stata per Parigi quello che il 5 Pointz ha rappresentato per New York. L’edificio parigino è stato temporaneamente un luogo per l’arte urbana, mentre le newyorchesi testimonianze pittoriche sulle facciate dei palazzi di Long Island, nel Queens, saranno cancellati dopo vent’anni di creatività dalle ruspe degli speculatori Jerry e David Wolkoff e il luogo sarà recuperato dal degrado. Due storie parallele per rivitalizzare il mercato immobiliare con demolizioni e edificazioni.

A rinfrancare il panorama architettonico parigino contribuisce anche il recupero di un frammento di 4,7 chilometridella vecchia linea ferrovia sopraelevata per Vincennes che si sviluppa da Place de la Bastille, seguendo Avenue Daumesnil, fino al Boulevard Périphérique (porte Saint-Mandé), trasformato in Promenade plantée, conosciuta anche come Viaduc des Arts.

Unapasseggiata pedonale in un giardino pensile, nel XII arrondissement, sopra alle arcate trasformate in negozi e locali, beneficiando di affacci suggestivi per poter guardare i palazzi senza alzare lo sguardo e veder scorrere il quotidiano traffico ad una decina di metri sotto.

Il recupero del viadotto, progettato dal paesaggista Jacques Vergely e dall’architetto Philippe Mathieux, venne inaugurato negli anni ’90.

La grandeur parigina ha sacrificato la stazione Bastille, demolita nel 1984 per far posto al nuovo teatro dell’opéra alla Bastille, vedendo nel viadotto ferroviario un’opportunità di riqualificazione dell’area con una promenade vestita di vegetazione che poteva cambiare d’abito secondo le stagioni,

Di minor estensione è il parco sopraelevato newyorkese di High Line, a Manhattan, realizzato tra il 2006 e il 2011 sul tracciato ferroviario. Una promenade verde, realizzata dagli architetti Diller Scofidio+Renfro e dallo studio di architettura del paesaggio James Corner Field Operations, di poco più di un chilometro e mezzo che corre tra Gansevoort Street e la 30ª strada con l’idea di prolungarla sino alla 34ª strada.

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Roma più che un giardino pensile va una passeggiata sul viadotto del Gelsomino, sull’ex ferrovia vaticana, svettando con le sue 8 arcate a 15,30 metri sopra via Gregorio VII, aspettando quello tra i palazzi degradati di San Lorenzo, sulla Tangenziale Est, sugli edifici industriali trasformati in luoghi della cultura universitaria.

Meno esaltante è la sorte che è toccata all’antica fabbrica di ceramiche Boulenger, trasforma in Le Manoir de Paris. Una casa stregata, un contenitore a metà strada tra un museo e un parco di divertimenti, nel 10e arrondissement, per far sussultare i visitatori davanti ai misteri e le leggende parigine, nel quartiere delle porcellane.

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Siria: Il miraggio della Pace

Si è conclusa l’indagine svolta dal personale dell’Onu sull’utilizzo di agenti chimici nel conflitto siriano.

In cinque (Ghouta, Khan al Assal, Jobar, Saraqueb e Ashrafieh Sahnaya) dei sette casi presi in considerazione è stato confermato l’uso di gas non solo contro persone armate, ma facendo soprattutto vittime tra donne e bambini.

Si tratta di attacchi avvenuti tra marzo e agosto scorso, ma il rapporto non stabilisce alcuna responsabilità, compito escluso dal mandato degli ispettori guidati dallo svedese Ake Sellstrom.

Dopo essere stato accertato l’uso di armi chimiche con missili e bombe, l’Opac (OPCW), l’Organizzazione dedita allo smantellamento delle armi chimiche alla quale è assegnato il Nobel per la Pace 2013, che ha provveduto a rendere inutilizzabili le strutture di fabbricazione e di stoccaggio, ora prosegue con lo smaltimento dell’arsenale.

Un impegno quello della distruzione dalle armi chimiche che affianco all’impegno dell’Opac ci saranno l’Unione europea e gli Stati uniti, con il trasferimento dei contenitori ad un porto italiano, probabilmente in Sicilia o in Sardegna, per poi essere allocati in una nave statunitense destinata all’affondamento con tutto il carico.

Le armi chimiche stanno per essere neutralizzate, così l’Opac può guadagnarsi il Nobel per la Pace conferitogli quest’anno, ma le armi convenzionali continuano a mietere vittime al ritmo di un centinaio al giorno, come anche il freddo e la fame rendono la vita drammatica in questo inverno particolarmente rigido in tutta l’area mediorientale.

Sembra che non ci sia altra soluzione economica e pratica oltre che rapida per allontanare dal teatro di guerra degli strumenti di sterminio di massa e dare un’illusione di pacificazione, ma i bombardamenti proseguono e le auto bomba si perfezionano.

A queste notizie i media dedicano poco spazio, come dimostra il prestigioso quotidiano La Repubblica del 13 dicembre con tre pagine scarse di fatti internazionali su 63 pagine più trenta di cronaca romana. In rapporto alle pagine è il quotidiano Avvenire ad avere maggiore attenzione alla situazione internazionale, quattro pagine su trentatre, nulla a confronto con le cinque pagine su venti dell’edizione che Le Monde invia all’estero.

La situazione non si modifica di molto con l’attenzione che i Tg mostrano alla situazione maliana, con le recenti elezioni o le violenze nella Repubblica centro africana tra cristiani e musulmani per il possesso delle ricchezze di uno dei più poveri paesi dell’Africa.

Altrettanto disinteresse hanno dimostrato i media ai primi scontri nel Sud Sudan, la più giovane nazione, offrendo timide notizie solo quando il tentativo di golpe si è trasformato in guerra civile tra i due principali gruppi tribali per il controllo della ricchezza petrolifera.

Dalle priorità informative sono scomparse le situazioni libiche ed egiziane, in assenza di eclatanti attentati, ma in compenso l’omaggio a Mandela ha occupato molti giornalisti nel raccontarlo, con il solleticante fuori programma del “selfie” di Obama, Cameron e Schmidt, oscurando l’avanzata populista anti Euro.

Non si può gareggiare contro il morboso interesse dei media sulle condizioni di un ricco e famoso per porre all’attenzione dell’opinione pubblica della miserabile situazione di un’umanità “stracciona” o di 24 famiglie bloccate dalla burocrazia, in attesa di adottare di bambini orfani, e dalla incerta situazione politica nella Repubblica democratica del Congo.

Un altro “Mandela”, l’avvocato Riad Turk, è in prigione da venticinque anni come oppositore al regime siriano, ma dopo il rilascio di Domenico Quirico, amareggiato giornalista del La Stampa, sembra che sia caduto un velo sulla Siria e sul sequestro di padre Dell’Olio che sino ad ottobre risultava trattato “bene” dai suoi rapitori.

A Ginevra 2, di rinvio in rinvio di appuntamenti confermati e poi disdetti, siamo arrivati all’appuntamento del 22 gennaio 2014 per dissipare almeno in parte la nebbia che avvolge la tragedia siriana.

Poche certezze sulla presenza di tutti i protagonisti, laicisti e islamismi, seduti a un tavolo per riflettere sul futuro della Siria nella città svizzera che ha visto un accordo in “prova” per il nucleare iraniano, presenze di cui poco si sa come ospiti ginevrini.

Il Libero esercito siriano ritorna a recalcitrare per partecipare al summit. Il generale Selim Idriss, nel quale gli Stati uniti avevano riposto una misurata speranza come leader, è fuggito nel Qatar, mentre il fronte islamico si rinforza.

Complica la situazione la situazione meteorologica che ritarda il trasferimento delle armi chimiche e il consolida l’intesa tra la Russia e la Siria dopo la scoperta di giacimenti di idrocarburi allargo delle coste siriane.

Per la Siria si è intrapresa la campagna Free Press for Syria per garantire un’informazione libera per la Siria, ma si può avere qualche notizia sfogliando anche il web di SiriaLibano.

Le armi chimiche siriane saranno inghiottite dal Mediterraneo, come molta umanità in cerca di Pace, ma quali le future conseguenze?

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