Archivi categoria: BEI GESTI

Africa: Speciali visite a domicilio

Amref, impegnata con i suoi Dottori Volanti nell’intervenire là dove nessun’altro può, propone il video, realizzato qualche tempo fa da Geo&Geo di Rai3, la storia di un giovane ragazzo che è stato salvato grazie all’intervento dai Flying Doctors.

È da quasi 60 anni che continua la missione dei Flying Doctors, planando lì dove non c’è nessuna pista d’atterraggio, né strutture sanitarie, ma solo bisogni essenziali da curare, con controlli e operazioni chirurgiche.
I fondi che vengono raccolti grazie alle donazioni regolari sostengono il programma Mettigli le Ali di Flying Doctors assicurando regolare assistenza specialistica e chirurgica agli abitanti dei villaggi più remoti, operando in più di 150 centri sanitari. Sono 8 aerei leggeri, 2 ambulanze e 2 elicotteri, i mezzi che permettono ai Flying Doctors di svolgere la loro missione e di raggiungere quelle aree da tutti dimenticate.

Un sostegno che permette ogni giorno di salvare centinaia di vite.

******************

Per vedere il filmato puoi cliccare qui

Per sostenere la nostra campagna costruendo il tuo aeroplanino di carta clicca qui http://amref.it/mettigli_le_ali_flying_doctors/index.php

******************

Bei Gesti Africa Amref Flying Doctors Mettigli le Ali con logo

Migrazione: Quando l’Europa è latitante

Superstiti del deserto e del mare, compagni di chi è perito durante il cammino o chi è scomparso nel Mediterraneo, sono ora abbarbicati sugli scogli tra l’Italia e la Francia.

Sono centinaia di migranti salvati dalla flotta transnazionale dell’operazione Tridente e che ora vengono bloccati nel proseguire il loro viaggio per raggiungere i parenti e gli amici sparsi per l’Europa.

Alcuni hanno accettato di trasferirsi nei locali della stazione di Ventimiglia, altri sono stati obbligati ad abbandonare gli scogli con blitz della polizia italiana, ma il terreno accidentato degli scogli non ha permesso di completare l’intervento imposto per dissuadere ogni protesta.

Un’umanità affamata e disorientata che può contare solo sulla solidarietà di associazioni del volontariato e dei singoli, non solo sul confine italo-francese, ma anche alla stazione centrale di Milano e quella Tiburtina a Roma, per aiutare donne, bambini e uomini in quei non “luoghi” in attesa di una destinazione.

Una piccola parte di quel popolo di 60 milioni di senza cittadinanza e in attesa di una nuova patria che compone la nazione degli invisibili.

Migranti che fanno litigare l’Ue, una vera zizzania per l’Europa sul cosa fare di questi africani e mediorientali. Un’Europa che prima si è dimostrata ostile a dare un aiuto all’Italia, alla Grecia e a Malta nel salvarli dal Mediterraneo e ora non vuole andare oltre nel fornire mezzi e personale.

Di quei fuggiaschi dai conflitti e dalle carestie non tutti saranno accettati in Francia e in Germania, in Svezia come in Belgio, altri paesi non vogliono neanche ipotizzare di concedere lo status di rifugiato.

Sfamiamoli e curiamoli, ma poi rimandiamoli da dove sono venuti: la loro sorte non è un problema dell’Europa.

Per fortuna non tutti hanno una visione egoistica della vita ed ecco giovani e anziani che portano cibo e prodotti per l’igiene, giocattoli e indumenti.

A Roma le iniziative private hanno trovato in un’ex vetreria industriale dismessa, oggi sede del centro Baobab, un luogo di raccolta dei generi di prima necessità, mentre a Milano è stata l’amministrazione comunale ad affiancarsi velocemente al volontariato.

A Ventimiglia sono arrivati 200 kit alimentari e igienici raccolti da Music For Peace, in sinergia con la comunità di San Benedetto, e qualche associazione francese ha fatto capolino, intimidite dal Front National.

Una solidarietà di cittadini che agisce, lasciando filosofeggiare i paesi dell’Ue sui risvolti del trattato di Schengen e quello di Dublino.

Una situazione quella italiana che da anni esiste a Cale,

******************

A migrant shouts a slogan as he wears a Tee Shirt with the message, "Open The Way" as he stands on the seawall at the Saint Ludovic border crossing on the Mediterranean Sea between Vintimille, Italy and Menton, France

La ricchezza delle differenze

Salvaguardare la diversità culturale, perché le differenze sono un arricchimento per la società e non un motivo di separazione tra le persone, bandendo ogni forma di omologazione, per aprirsi ai cambiamenti culturali.
Il 21 maggio si celebra in tutto il mondo la Giornata Mondiale della Diversità Culturale, proclamata dalle Nazioni Unite nel 2002, subito dopo l’adozione da parte dell’Unesco della Dichiarazione Universale sulla Diversità Culturale. Nel testo Razza e Storia scritto nel 1952 per l’Unesco, l’antropologo francese Claude Lévi-Strauss propone che la protezione della diversità culturale non resti confinata nella preservazione dello status quo: è “la diversità stessa che deve essere salvata, non la sua manifestazione e la sua forma visibile in cui ogni epoca ha racchiuso questa diversità”.

Una Diversità che non può essere un handicap, né relegata in un habitat protetto, ma deve interagire con le altre differenze. Differenze che non possono essere causa di conflitti, come il voler imburrare da sotto a sopra o viceversa, semplifica magistralmente Dr. Seuss nel suo libro per “ragazzi” La battaglia del burro per stigmatizzare la stupidità umana nel trovare differenze negli altri per ritenerli antipatici o nemici, solo perché non si comprende il loro modo di vivere.

Parlare un altro idioma o apprezzare un cibo piuttosto che un altro non può essere causa di separazione. Il prossimo non può essere visto con sospetto a priori, ma occorre provare a conoscerlo ed è strano che questa avversità si possa riscontrare in ogni ambito sociale.

Essere diffidenti verso un’espressività pittorica che non si limita all’arte che si compiace di sé stessa ma affronta tematiche sociali per rivendicare pari dignità ad ogni singola persona è un comportamento di una superficialità sconcertante. Una diffidenza che non emerge quando le stesse tematiche vengono affrontate con le parole, anzi avviene l’opposto.

Un esempio si è avuto lo scorso 21 maggio, nella suggestiva sala conferenze della Dante Alighieri, sotto il patrocinio dalla Commissione Nazionale Italiana per l’Unesco con la pièce teatrale Notte Nera, interpretato con pathos da Luisa Stagni, con la quale l’autrice Claudia Bellocchi affronta il tema dell’abuso e maltrattamento minorile.

Un monologo struggente che ha stimolato un dibattito sull’educazione nell’ambito scolastico dove il bullismo è una forma di abuso e dove varie realtà sociali cercano di operare per superare le differenze che gruppi sociali riscontrano in un singolo individuo nel suo essere schivo e quindi emarginato per la sua “diversità”.

La scrittura di Claudia Bellocchi sul tema dell’abuso fa parte di un più ampio discorso espressivo che coniuga l’opera pittorica e la videoinstallazione e che con la parola riesce ad offrire una visualità completa delle emozioni che tale violenza, non solo fisica, viene esercitata come prevaricazione di una persona su di un’altra.

Alla scrittura viene affidata tutta quella libertà espressiva, quando non viene censurata, che all’arte visiva viene negata se opera nel sociale e non si limita ad offrirsi come bell’oggetto o intervenire con performance provocatoria.

Alle diversità espressive nelle coniugazioni tematiche che introducono le problematiche della violenza, si affianca l’ipovedenza dell’attrice Luisa Stagni, protagonista della pièce, per comprendere le mille sfaccettature nell’approcciarsi, con differenti modalità, ad un pluralismo culturale al porsi verso il prossimo.

Limitare l’espressività ostacola il dialogo e la comprensione per una pacifica convivenza tra comunità e singoli.

Bei Gesti La ricchezza delle differenze Notte Nera

 

Migranti: Un’umana comprensione

Si usa nella scrittura o nel parlato vocaboli che dovrebbero dare del disagio, come stigmatizzare un essere umano morto come cadavere, invece diventano consueti nella quotidiana informazione.

“Sono stati recuperati 24 cadaveri” è una formula cruda e distaccata, dalla quale non trapela alcuna compassione, un giornalista che si trasforma in contabile, mescolando la cronaca con un serial alla CSI.

Nessuna misericordia per chi è vittima della vita e della violenza. Numeri per una statistica sotto la voce cadaveri recuperati. Perché non utilizzare un vocabolo come salma o corpo? Forse perché quel morto lo rende troppo simile a noi?

Vocaboli che marcano le distanze, come usare diverso al posto di differente, perché si è differenti nel parlare o mangiare, ma non si è diversi sino a quando una persona non viene privata di una mano o di una gamba da un suo simile. Allora si che c’è una diversità tra la vittima e il suo carnefice, tra lo sfruttato e il suo sfruttatore.

Shakespeare, nel Mercante di Venezia, semplifica l’evidenza che l’umanità è simile comunque e ovunque a stessa: «Se ci ferite noi non sanguiniamo? Se ci solleticate, noi non ridiamo? Se ci avvelenate noi non moriamo?» dal monologo di Shylock

Si abusa anche del termine di clandestino, solo perché non utilizza i mezzi convenzionali per viaggiare, evitando aeroporti e ogni “non luogo” dove si richiedono dei documenti, ma per chi fugge non è consigliabile farsi riconoscere da chi lo bracca.

Per anni si è ipotizzato di aprire degli uffici per accogliere le richieste di asilo nei luoghi dai quali si fugge, ma solo ora sembrano concretizzarsi, finanziati dalla Comunità di sant’Egidio e alle Chiese evangeliche, la realizzazione dei desk umanitari da dislocare nei paesi limitrofi alla Libia. Punti di accoglienza dei migranti che, in collegamento con le ambasciate europee, consentano ai richiedenti asilo per ottenere un visto umanitario per l’Europa. Un’eventualità, quella dei corridoi umanitari, prevista dall’Accordo di Schengen per evitare interventi militari e blocchi navali, ma che non garantiscono comunque il non ripetersi delle sciagure.

I richiedenti dei visti umanitari dovranno comunque affrontare un periglioso viaggio per giungere in Marocco o in Libano, ma poi come reagirebbero le autorità nel vedere i loro sudditi intenzionati a fuggire da una dittatura o da un conflitto? Braccia che non combatteranno le loro guerre. Un’umanità perseguitata e discriminata che si mette in fila davanti allo sportello per presentare la domanda di richiesta di aiuto.

Si pensa di bloccarli sul loro bagnasciuga, utilizzando droni che distruggano barche e barconi prima che prendano il mare, e poi stiamo li a guardare che vengono uccisi dalle armi invece che affogati?

Potrebbe essere una soluzione per acquietare la nostra coscienza anche pagare le tribù libiche perché ostacolino il traffico di esseri umani. Magari c’è anche chi pensa di retribuire gli scafisti per non trasportare l’umanità disperata. Sembrerebbe meno costoso del mantenere uno schieramento di navi nel Mediterraneo.

Pagare i delinquenti per non delinquere. Perché non è stato proposto alle organizzazioni criminali di casa nostra?

Malta come anche Cipro offrono la loro rispettiva cittadinanza a persone abbienti, in cambio di un investimento dai € 650mila agli oltre € 5milioni. La Grecia si accontenta dell’acquisizione di una proprietà immobiliare del valore minimo di €250mila, mentre la cittadinanza ungherese è più a buon mercato, basta pagare una quota di € 300mila per vedersi restituiti dopo 5 anni € 250mila.

Un bazar dei diritti che potrebbe essere ampliato alle persone non proprio benestanti.

Non può essere un marchio indelebile quello di aver avuto la disgrazia di nascere poveri nel luogo sbagliato, inospitale e in perenne conflitto.

Nella Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, si sancisce che: Ogni individuo ha diritto alla libertà di movimento e di residenza entro i confini di ogni Stato.

L’autoritario primo ministro del governo italiano potrebbe alzare la voce con l’Ue per superare il Trattato di Dublino, per non vincolare i richiedenti asilo al luogo di sbarco, e essere meno accondiscendenti nella collaborazione con la polizia austriaca nell’identificare eventuali migranti tra i passeggeri dei treni italiani, in territorio italiano dell’Alto Adige, “respingendo” prima del confine le persone che non hanno i requisiti per poter entrare in Austria.

L’Austria è una dimostrazione di quanta immaginazione autoritaria e selettiva si può avere nell’interpretare, di volta in volta e secondo le varie necessità, la formulazione di libera circolazione delle persone e delle merci, sul territorio europeo, degli accordi firmati anche dall’Austria a Schengen (1995).

00 OlO Migranti Un'umana comunicazione novembre 2014 respingimenti

Siria: Un aiuto per una generazione

In Siria 220mila morti in 4 anni di guerra, dilaniata tra Assad e Isis, dove ogni diritto è negato ad ogni persona, soprattutto all’infanzia che gli viene negata non solo la possibilità di giocare per strada senza correre il rischio di saltare su di una mina o essere il bersaglio di un cecchino, ma di un’istruzione.

La tragedia dei bambini siriani non è solo per un’infanzia rubata, è anche il rischio di essere una “generazione perduta”, senza istruzione e con una quotidianità tra macerie o in campi profughi, con una vita fatta sacrifici e lavoro minorile.

Una crisi umanitaria di oltre 2,3 milioni di persone fuggite dal paese per rifugiarsi nei paesi limitrofi e più della metà sono bambini. Mentre sono 9,3 milioni di persone quelle colpite in varie forme dalla guerra civile all’interno della Siria e 4,3 milioni sono bambini.

Una generazione perduta, una lost generation, condannata a subire la guerra e confidare negli aiuti umanitari per poter sopravvivere.

Una guerra all’infanzia e alla cultura, oltre che per il predominio di un modo di vivere sull’altro, costringendo intere famiglie a lasciare le proprie case abbandonare la scuola, gli amici e i parenti, gli affetti più profondi.

 

L’Unicef, insieme ad altri partner, ha aperto una campagna per chiedere ai governi di sostenere i bambini della Siria, per raccogliere 1 miliardo di dollari per aiutare una intera generazione di bambini siriani ad avere l’opportunità di un futuro più stabile e sicuro.

Non solo i governi sono coinvolti in questa raccolta di fondi, ma anche le singole possono aiutare i bambini siriani, con una donazione non solo online per contribuire a salvare la vita dei bambini.

00 Bei Gesti Siria Una Generazione perduta bambini-siria-200 Bei Gesti Siria Una Generazione perduta 1.2.2._gewalt_in_syrien_960x480_120206