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Gianna Parisse: Il bianco e nero della Terra

Nel cuore di un bianco e nero denso, che non concede distrazioni, ma costringe lo sguardo a farsi intimo e profondo, Gianna Parisse espone la sua ultima ricerca visiva nella mostra Brevemente risplendiamo sulla terra. Il titolo, ispirato al romanzo di Ocean Vuong, diventa chiave poetica di lettura per un progetto che unisce memoria, natura e sguardo contemporaneo.

Fulcro dell’esposizione è un nucleo di fotografie di grande formato e immagini proiettate, tratte dall’archivio Mundus, una lunga e personale indagine dell’artista sui luoghi di Amatrice dopo il terremoto del 2016. In queste opere, Parisse esplora le rovine non come segno della fine, ma come spazio del possibile: lì dove gli oggetti familiari, le pietre, i rami spogli e gli utensili antichi perdono i contorni, riemerge una nuova tensione esistenziale.

Lo strumento prediletto per questa raccolta è lo scanner, attraverso cui l’artista riesce a catturare non solo le forme, ma le atmosfere stesse: l’impressione fuggevole di una realtà che sembra galleggiare in un abisso di luce. I soggetti si stagliano su fondi neutri, quasi abbacinanti, generando un effetto tridimensionale che restituisce corpo e assenza allo stesso tempo. Le immagini appaiono così sospese, come presenze aeree che conservano la traccia di un’esistenza passata, fragile e persistente.

In questo paesaggio rarefatto e onirico, dove la nebbia si fa materia e la luce diventa custode della memoria, Parisse compone una sinfonia visiva in tre tempi: vegetale, minerale, oggettuale. I rami di un meleto, le pietre segnate dal tempo, le stoviglie sopravvissute al disastro si trasformano in elementi archetipici di un racconto che va oltre la cronaca per farsi meditazione sull’effimero.

Le opere della mostra raccontano una Terra ferita, ma non rassegnata: emergono come visioni che testimoniano la volontà di resistenza e la ricerca di un contatto tra natura e umanità. In esse, l’ordinarietà diventa sublime, e la fragilità delle cose si trasforma in punto di forza tra il dolore e la bellezza, tra l’abisso e l’infinito.

Brevemente risplendiamo sulla terra è, in definitiva, un viaggio nella soglia tra ciò che è stato e ciò che ancora resiste. Un inno silenzioso alla presenza, alla luce che sopravvive nella materia, e alla possibilità, sempre viva, di vedere il mondo con occhi nuovi.


Gianna Parisse
Brevemente risplendiamo sulla terra
Dal 10 aprile al 31 maggio 2025

Galleria Heimat
vicolo del Cinque, 24

Orari
martedì – sabato 11-19

Ingresso: libero

Informazioni :
tel. 06/86834763

A cura di Nicoletta Provenzano


Papa Francesco e i social del presenzialismo: la lezione ignorata

Alla scomparsa di Papa Francesco, mentre il mondo cattolico e non solo si stringeva in un sincero cordoglio, non sono mancati gli omaggi sui social: gesti a volte autentici, ma spesso caratterizzati da una smania di visibilità che strideva dolorosamente con l’umiltà e il messaggio del Pontefice.

Dopo le benevoli frasi di rito – e anche quelle meno benevole, senza ipocrisie, degli esagitati reazionari – sulla scomparsa di una figura che ha segnato la vita di molti, restava evidente quanto Bergoglio avesse inciso profondamente nella Chiesa e nella società civile.

I giorni seguenti sono diventati l’occasione per l’inevitabile elenco di ciò che Papa Francesco ha fatto e di ciò che, secondo alcuni, avrebbe potuto o dovuto fare. Tra le critiche più ricorrenti, non è mancato il riferimento al tema femminile, senza però riconoscere che proprio durante il suo pontificato si è registrata una svolta significativa: per la prima volta, diverse donne sono state chiamate a ricoprire incarichi di governo all’interno della Città del Vaticano, segnando un cambiamento storico pur in una realtà complessa e tradizionalmente maschile.

Tuttavia, come ha osservato una sociologa, il Papa guida “un transatlantico che non può cambiare rapidamente rotta”: una perfetta fotografia di un’istituzione imponente, refrattaria ai mutamenti repentini, dove persino un leader aperto e dinamico deve confrontarsi con inerzie secolari.

Mentre la Chiesa si interrogava sul futuro, il mondo della rete ha dato il peggio di sé: smartphone in mano, l’importante era esserci, postare, taggare. L’attenzione si è presto spostata su chi ha scelto il palcoscenico social per “presenziare” a questo momento storico, trasformando un evento di raccoglimento in una vetrina personale.

In questo teatrino del “mi si nota di più se vado o se non vado?”, sembra che l’insegnamento di Papa Francesco sia stato completamente ignorato. Il Pontefice aveva più volte ammonito contro la “coca-colizzazione” della cultura e della spiritualità, contro quella superficialità effimera che svuota l’umano di significato. Nel suo recente discorso alla Pontificia Università Gregoriana, aveva chiesto con forza di umanizzare il sapere, di coltivare un’istruzione inclusiva, capace di rispettare le differenze e guidata dalla dignità della persona.

Eppure, nella settimana del suo ultimo saluto, il culto dell’apparenza ha prevalso: foto, video, selfie, post a uso e consumo di like e visualizzazioni. È lo stesso spirito contro cui il Papa si era scagliato a Lampedusa, nella sua profetica omelia contro la “globalizzazione dell’indifferenza”. Di fronte alla tragedia dei migranti, Francesco aveva denunciato come la cultura del benessere ci abbia resi incapaci di piangere, prigionieri di “bolle di sapone” dorate, indifferenti al dolore del mondo.

Anche tra i politici e i rappresentanti delle istituzioni si è visto il contrasto tra chi ha scelto la discrezione e chi, invece, non ha resistito alla tentazione del selfie o dell’apparizione.

Il funerale di Papa Francesco sarebbe dovuto essere un momento di raccoglimento e di riflessione su quella “cultura della cura” che tanto aveva a cuore. Invece, per molti, si è trasformato in un’occasione di esibizione. Un triste spettacolo che evidenzia quanto ancora sia attuale – e inascoltato – l’invito di Francesco a riscoprire il senso della fraternità e della responsabilità reciproca.

“Non dimenticate il senso dell’umorismo”, aveva esortato il Papa, citando Thomas More. Ma di fronte a certe scene, più che sorridere, viene da chiedersi dove, e quando, abbiamo perso la bussola.

Oliviero Rainaldi: Un Viaggio Pittorico alle Origine

Noto per la potenza evocativa delle sue sculture, Oliviero Rainaldi inaugura una nuova stagione espressiva con la mostra Seconda Madre, dove si confronta per la prima volta in modo organico con il linguaggio pittorico. Una serie di lavori su tela realizzati interamente in bianco e nero compone un universo visivo essenziale, rigoroso, che resta fedele alla sinteticità formale che ha sempre contraddistinto la sua opera plastica.
Il cuore tematico della mostra è l’origine: la maternità come archetipo, forza pulsante e generativa che prende forma attraverso il corpo, trasformato in simbolo. Il bianco e il nero diventano codice visivo, eco di una memoria condivisa e personale, spazio della riflessione e della rivelazione. In questa polarità cromatica si consuma un atto pittorico intimo e solenne, quasi rituale, dove la superficie si fa pelle, e il gesto pittorico diventa atto conoscitivo.
“Un invito, un abbraccio, una mutazione. Tre atti essenziali della vita che emergono con forza in questa nuova serie di dipinti” osserva il critico Arnaldo Colasanti. “Con Seconda Madre, Rainaldi costruisce un universo sospeso tra luce e mistero, dove la pittura diventa al tempo stesso celebrazione e inquietudine.”
Le immagini presentate nella mostra non descrivono, non narrano: custodiscono. Ogni tela è una soglia, un varco che mette in dialogo cielo e terra, materia e spirito. Le figure, rarefatte e insieme potenti, evocano la nascita non solo come evento biologico ma come stato esistenziale, tensione permanente tra il trattenere e il lasciar andare, tra la madre reale e quella mitica, archetipica.
La pittura di Rainaldi non si limita a rappresentare: suggerisce, invoca. Fasce, panneggi, forme avvolgenti si presentano come tracce di un linguaggio antico, un’iconografia che richiama la scultura funeraria della Magna Grecia, ma anche le stratificazioni simboliche del teatro contemporaneo più radicale. La materia pittorica, quasi sacra, sembra voler proteggere un segreto: l’origine della vita, e con essa, il mistero della trasformazione.
Con Seconda Madre, Oliviero Rainaldi ci invita in un percorso di visione e ascolto profondo, in cui il silenzio del bianco e del nero diventa spazio fertile per l’immaginazione, la memoria, il mito.


Oliviero Rainaldi
Seconda Madre
Sino al 23 maggio 2025

La Nuova Pesa
via del Corso, 530
Roma

Dal lunedì al venerdì
10:00 – 13:30 / 16:00 -19:30

Info:
Tel. – 06 3610892


Franco Cannilla: La geometria della Luce

Una tensione costante tra ordine e libertà, tra rigore progettuale e intuizione lirica. Così si presenta il percorso espositivo “Franco Cannilla. Riquadrare la storia”, mostra dedicata al poliedrico artista siciliano, a cura di Giuseppe Cannilla e Mary Angela Schroth, nell’ambito della IV edizione del progetto Riquadrare la storia, incentrato sui lasciti d’artista.

Cannilla (Caltagirone, 1911 – Roma, 1984), figura centrale del secondo Novecento italiano, fu pittore, scultore e raffinato creatore di gioielli, in grado di tradurre la complessità del suo tempo in un linguaggio visivo che fondeva arte, tecnologia e sperimentazione.

Ordine e chiarezza, ma senza rigidezza

La mostra, allestita negli spazi di Sala 1, propone una selezione di opere realizzate tra gli anni Cinquanta e Settanta, testimoni di una ricerca formale tesa a far dialogare la geometria con la luce, la materia con lo spazio. Le opere di Cannilla si muovono all’interno di schemi rigorosi, fatti di linee orizzontali e verticali, ma vivono anche di libere aperture, dove la figurazione si insinua come eco tra le pieghe di materiali plastici, metallici e riflettenti.

Il risultato è una scultura che non vuole occupare lo spazio, ma misurarlo, quasi filtrarlo. Gli elementi inseriti tra le strutture evocano un “respiro visivo”, una circolazione dell’aria e della luce che rende ogni opera dinamica, cangiante, quasi in movimento. Il dialogo tra concavo e convesso, tra superfici lucide e opache, dà corpo a una poetica della trasparenza e della riflessione, che trova nella tecnologia dei materiali il suo alleato privilegiato.

Un archivio vivo

Oltre alla mostra in galleria, il progetto si arricchisce della collaborazione con lo Studio Archivio Franco Cannilla, custode di una vasta raccolta di opere e documenti, e diretto dal figlio Giuseppe Cannilla. Per l’occasione, sarà possibile visitare lo studio dell’artista su appuntamento, entrando in contatto diretto con il luogo dove le opere hanno preso forma e con la memoria concreta di un processo creativo che ancora oggi stimola e interroga.

Un artista tra mondi

Cannilla è stato un ponte tra mondi: tra il Sud artigiano della sua Caltagirone natale, dove apprese i primi rudimenti della ceramica, e l’avanguardia romana degli anni ’40 e ’50. Dopo gli studi a Palermo e il trasferimento a Roma, espone sin da subito in mostre istituzionali e viene notato da personalità come Pier Maria Bardi e Alberto Savinio.

Negli anni, il suo percorso si allontana dal figurativo per abbracciare l’astrazione costruttivista, contaminata da ricerche optical e gestaltiche. Partecipa più volte alla Biennale di Venezia, alla Quadriennale di Roma, e approda su palcoscenici internazionali come la Tate Gallery e il Musée Rodin.

Significativo anche il suo apporto all’arte applicata: i suoi gioielli per Mario Masenza e le sculture monumentali degli anni ’70 rivelano la coerenza di un pensiero estetico che ha saputo declinarsi nei materiali più diversi, senza mai perdere tensione progettuale.

Una rilettura necessaria

Come scriveva Giorgio Tempesti nel 1966: “L’opera di Cannilla si pone come un ponte di unione tra arte, scienza e tecnologia industriale, e rappresenta coloro che, avendo sofferto il dramma delle guerre, riscoprono le loro intenzioni originarie”.

In un tempo in cui l’arte cerca ancora di orientarsi tra significato e superficie, tra memoria e futuro, la riscoperta di Franco Cannilla appare più che mai attuale. Le sue opere non solo raccontano un’epoca, ma invitano a ripensare il rapporto tra forma e pensiero, tra luce e materia, tra arte e vita.


Franco Cannilla:
Riquadrare la storia
Dall’8 aprile al 31 maggio 2025

Sala 1
Centro Internazionale d’Arte Contemporanea

piazza di Porta San Giovanni, 10
Roma

A cura di Giuseppe Cannilla e Mary Angela Schroth

Informazioni:
tel. 06/7008691


Boicottare può essere più efficace di alzare i dazi

Boicottare i prodotti statunitensi – e non genericamente “americani” – è una scelta consapevole e mirata, capace di tradurre piccoli gesti quotidiani in una forma efficace di pressione contro una governance aggressiva e regressiva. Così come il boicottaggio contro le aziende inquinanti o che praticano la sperimentazione sugli animali ha indotto cambiamenti reali nel mondo farmaceutico e cosmetico, anche evitare prodotti USA può mandare un messaggio chiaro: il portafoglio è il vero punto debole del potere.

I consumatori non sono più spettatori passivi. In un’epoca di iper-consumo e sovrabbondanza, scegliere consapevolmente cosa acquistare – o decidere di non acquistare – è diventato un atto politico. La Coca-Cola può tranquillamente lasciare il posto al più autentico Chinotto. Gli hamburger, nati in Germania, si reinventano nella nostra piadina. Le Harley-Davidson trovano valide alternative nelle Triumph, come fece già Marlon Brando ne Il selvaggio (1953), salendo in sella a una Triumph Thunderbird 6T. Lo spirito britannico non ha mai smesso di affascinare le leggende del cinema, anche se fu la Harley-Davidson Chopper, in Easy Rider (1969), a diventare il simbolo per eccellenza della libertà.

Lo Scotch può rimpiazzare il bourbon, la birra europea ha poco da invidiare a quella americana, e i dolci casalinghi superano browning e cookie. Perfino la musica può fermarsi gloriosamente agli anni ’80-’90. Quanto ai fumetti, Linus ci ha già regalato il meglio dagli anni ’70.

Il vero scoglio? Amazon. La comodità di Prime è difficile da abbandonare, ma le alternative esistono e stanno crescendo. Anche nel cinema, l’eredità culturale trasmessa dal dopoguerra a oggi è così vasta da non rendere necessario il continuo apporto USA.

Un Boicottaggio che Parla alla Democrazia

Non si tratta solo di prodotti, ma di una linea politica che va respinta. Le recenti politiche dell’amministrazione Trump – come la proposta di smantellamento del Dipartimento dell’Educazione, la sospensione di Voice of America, il blocco dell’accesso alla biblioteca transfrontaliera Haskell, la vendita della cittadinanza statunitense – non sono episodi isolati. Sono tasselli di un disegno autoritario che colpisce cultura, istruzione e libertà d’informazione.

Trump affida la politica economica a Peter Navarro, economista noto anche per citarsi attraverso un curioso alter ego: “Ron Vara”, un nome fittizio ottenuto anagrammando il proprio cognome. Presentato spesso come un autorevole collega, questo personaggio immaginario diventa uno strumento utile a legittimare le sue stesse teorie.

I dazi, promossi come strumenti di difesa dell’economia nazionale, finiscono per destabilizzare interi mercati. Le Borse reagiscono con volatilità, l’economia globale si irrigidisce, mentre le élite vicine al potere continuano ad arricchirsi. Strategie economiche che si affidano persino a figure inventate, come il fantomatico Ron Vara, rivelano un uso tanto ingegnoso quanto rischioso della propaganda e della manipolazione finanziaria.

L’app Trumptax.eu, sviluppata da Alleanza Verdi e Sinistra, consente ai cittadini europei di distinguere i prodotti realmente statunitensi da quelli solo apparentemente “locali” ma prodotti da multinazionali USA. La delocalizzazione, infatti, consente a molti brand americani di mascherarsi dietro etichette italiane o europee. Boicottarli senza consapevolezza può persino danneggiare l’economia nazionale.

Solidarietà e Protezione: Il Ruolo dell’Europa

In Francia e nei Paesi nordici è già in atto un boicottaggio di massa contro Coca-Cola, McDonald’s, junk food e tecnologia made in USA. In Italia, invece, si fa ancora fatica a parlare apertamente di questi temi senza essere tacciati di anti-americanismo. Eppure la solidarietà verso le istituzioni culturali ed educative, oggi sotto tagli e minacce, passa anche dal rifiuto del modello economico statunitense, spesso impacchettato come inevitabile.

I fondi del PNRR non possono essere usati per supportare aziende soggette a dazi USA o per acquistare armamenti: una scelta che va rispettata e rafforzata, promuovendo invece un’economia europea più autonoma, solidale e sostenibile.

Conclusione: Boicottaggi 2.0

In un mondo iperconnesso, il boicottaggio non è più un atto solitario ma condiviso, intelligente, tecnologico. Dalle app che svelano l’origine dei prodotti, ai social network che amplificano la portata di ogni scelta, il consumatore del nuovo millennio può diventare protagonista del cambiamento. La democrazia si protegge anche attraverso il carrello della spesa.

Boicottare oggi non è solo rifiutare un prodotto, ma affermare un’idea: un’economia giusta, un’informazione libera, una cultura accessibile. In fondo, anche con una piadina al posto di un Big Mac, si può difendere il diritto di scegliere il proprio futuro.