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Un aereoplanino per volare

Nel grembo ovattato di questa (in)felice società prona, immersa, stravolta, affogata nello strapotere totale, assoluto, della tirannia virtual/digital/irreale, laddove nelle nostre metropoli si aggira una (dis)umanità inebetita fino all’autoipnosi da straniamento in spazi illusori, laddove masse apocalittiche di genti ormai aliene a sé stesse e agli altri non alzano nemmeno più gli occhi non dico al cielo (mai più così lontano ed estraneo) ma almeno all’altro incauto viandante autoipnotizzato, tanto da causare buffi e ripetuti scontri di teste intronate tra i cupi schiavi della irrealtà elettronica… Dicevo, in questo pentolone da incubo fantascientifico (ma siamo noi o sono già arrivati i baccelloni—invasori?)… Ecco, all’improvviso, Dio ti ringrazio! Uno squarcio d’azzurro, un caldo raggio di sole, una brezza odorosa e fragrante che mi rievoca genti e sentimenti tanto arcaici quanto affettuosi e rassicuranti!.. Cioé?… In che forma e qualità si è manifestato questo sorriso che mi incoraggia ancora a sperare?… La forma di un aeroplanino di carta, signori miei, eccotutto!… Vi par poco?… Ma pensate! Aggirandomi per strada, tra i soliti musi intenti in frenetici e muti giochi solitari o a spendersi in monologhi terrificanti… ecco che costeggiando l’esterno di una scuola gremita chissà da quanti diabolici marchingegni multiuso, nell’infuriare di bip—bip, trilli e twitter e sms, autoscatti e quant’altro, tra tablet, IPod, IPhone, PlayStation, smartphone, XBox, nella rissa quotidiana e travolgente di questa nevrosi collettiva, anzi planetaria, cosmica… Vedo volare da una finestra, candido, irridente e gentile nientemeno un aeroplanino di carta, volteggiare come un fiore in graziose spirali e planarmi davanti. Testimone innocentemente trasgressivo di una umanità non immemore di naturali radici eppur fantasiose, di un divagare legittimo trasmesso da avi antichi, da fanciulli remoti che guardavano e reinventavano il mondo con occhi limpidi, con giochi e favole che rimandavano all’essere stesso primitivo dell’uomo, al mito elementare e gioioso di chi per primo si è beato dello spettacolo meraviglioso dell’esistere, nel raccontarlo a misura del suo stupore per sé e per le innumerevoli generazioni avvenire… Possibile tutto questo, voi direte, in un banale, semplice pezzettino di carta a rudimentale forma aerodinamica?… Sì, perché quel benedetto pezzettino di carta stracciato da un quaderno di scuola e lanciato in aria da mani giovani eppur antichissime ci racconta di una speranza, forse una tenace certezza, che il nuovo, invasivo, seducente mondo offertoci su un piatto rilucente e sonoro, con tutti i suoi fili, fischi, zapping e brillar di labirinti policromi, non vale quel piccolo, semplice, aeroplanino di carta che riemerge da elementari, graziose invenzioni per raccontarci di memorie ed emozioni che ancora ci appartengono, di un tempo fatto di nuvole e onde e frutti meravigliosi che ci lasciavano senza fiato, con nulla in tasca e tutto un mondo da spendere!

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