Profughi: scenari da gossip

Nel periodo natalizio tutti dovrebbero essere più buoni e non cinici come chi ha ideato il reality The Mission da mandare in onda il 4 e l’11 dicembre 2013 su Rai Uno.

Un reality con personaggi dello spettacolo, e non, che vagano nei campi rifugiati in Sud Sudan, nella Repubblica Democratica del Congo e in Mali, mentre i profughi fanno da comparse.

Gli ideatori dello spettacolo, in collaborazione con l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr) e l’organizzazione non governativa italiana Intersos, affermano di voler trattare la tematica che coinvolge un’umanità in fuga da guerre e carestie con serietà e sobrietà.

Forse non è opportuno usare come scenario per una serata televisiva d’evasione le tragedie di milioni di persone stipate in tende con servizi sanitari insufficienti e nella precarietà igenica.

Un dubbio che è certezza per Andrea Casale che ha promosso una raccolta firme su Change.org e ha trovato nelle parole di Christopher Hein, direttore del Cir (Consiglio italiano per i rifugiati), e in quelle di Guido Barbera, presidente del Cipsi (coordinamento che unisce oltre 40 associazioni di solidarietà internazionale) un sicuro consenso.

A difesa di tale scelta si evidenzia l’opportunità di utilizzare un programma di prima serata per ampliare la schiera di telespettatori sensibilizzati a questo perenne dramma umanitario, rendendo proficuo il periodo della raccolta fondi delle organizzazioni umanitarie.

Una scelta che potrebbe però anche avere un effetto dannoso alle donazioni con uno spettacolo umiliante e con personaggi che avrebbero delle difficoltà a rinunciare all’aria condizionata e a bevande dissetanti in un habitat e con un clima ostile.

È forse a seguito delle numerose critiche che la Vigilanza Rai ha posto, chiedendo la visione preventiva, una sorta di censura sul reality.

I campi profughi scelti come set televisivo non sono certo tra i più tranquilli, ma non sono neanche quelli coinvolti nel progetto dell’IKEA Foundation per Refugee Shelter. L’Ikea ha realizzato delle unità alloggiative temporanee in sostituzione delle tende per i campi in Etiopia, Libano ed Iraq.

La componibilità dei Refugee Housing Unit permette la sostituzione dei pannelli danneggiati, offrendo una maggior durata del manufatto, contrariamente a quanto accade con una tenda danneggiata che deve essere interamente sostituita.

Ben differenti i riflettori che i media hanno puntato sull’esperienza del sudafricano Julian Hewitt e della sua famiglia nell’aver trascorso il mese di agosto nella baraccopoli di Pretoria. Un esperimento “sociale” che ha portato i coniugi Hewitt e le due loro figlie a vivere un mese nello slum dove ha la residenza la loro domestica africana.

Una famiglia che ha scelto, a differenza delle migliaia di persone che non hanno potuto decidere, di vivere in un’unica stanza e dividere la latrina con altre famiglie.

I Hewitt hanno permutato per un mese la loro comoda residenza in un compound vigilato per una baracca in agosto, un periodo invernale per l’emisfero meridionale, alla ricerca dell’empatia con la stragrande maggioranza dei sudafricani che vivono al di sotto della soglia di povertà, con uno stipendio giornaliero che in gran parte si dissolve per i biglietti del trasporto pubblico.

Un’esperienza importante per una famiglia bianca della classe media quella di vivere in una baracca nello slum di Mamelodi e poi raccontarne nel Blog che hanno aperto e, chissà, forse diventerà una moda dei benestanti sudafricani che non si limitano alla beneficenza.

A Vienna Ute Bock non va a vivere sotto i ponti o nei cantieri con i migrati, ma li accoglie nei settanta appartamenti che riesce a gestire con una piccola squadra di volontari, ma questo non fa notizia, mentre in Kenya ci si appresta a rimpatriare più di mezzo milione di rifugiati somali entro i prossimi tre anni nel loro paese d’origine, a tutt’oggi insicuro e con un governo precario.

Una proposta del governo keniota a quello somalo e all’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati per alleggerire i due campi d Dadaab e Kakuma, ingovernabili e altrettanto insicuri, come scelta volontaria.

05 Bei Gesti Profughi in Tv e Ikea nei campi

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