Archivi tag: Profughi

Migrazione: I profughi non sono pinguini

da una illustrazione di Sergio Capparucci

Agli inizi di quest’anno Liliana Segre veniva applaudita, con il suo discorso sulla solidarietà e la convivenza, al parlamento Europeo. Un discorso della senatrice novantenne, che ha vissuto tanti tragici momenti, proteso alla comprensione e messo in discussione dagli scontri sul confine greco turco e dal respingimento dei profughi.

A Malta, nel 2019, si era aperto uno spiraglio sulla revisione del Regolamento Dublino, coniugando solidarietà con una equa ripartizione della responsabilità tra i membri dell’Unione europea, cercando di superare il concetto dei pesi mediterranei come “campo profughi d’Europa”. Tanti buoni propositi che si sono infranti contro il muro innalzato dai problemi pandemici del Covid-19 e la riluttanza dei paesi del nord-est a partecipare alla redistribuzione dell’umanità in fuga ed offrire un luogo per vivere.

L’Europa si è nuovamente eclissata, mentre la pandemia non ha frenato i flussi migratori, dimenticando la disperazione sui volti di un’infanzia che ha solo conosciuto la fuga e la reclusione in campi stipati e con una carenza di servizi, sperando di non avere degli aguzzini come tenutari.

Migrazioni che non si sono interrotte e alle quali una destra continua a gridare di chiudere i porti, di non far attraccare  navi che hanno raccolto in mare degli sventurati o addirittura di organizzare dei blocchi navali costosi e inefficaci per fermare dei gommoni o barchette ed anche se venissero intercettate le “minacciose” imbarcazioni quali azioni dissuasive potrebbero intraprendere verso delle carette che a malapena rimangono a galla?

Minacce incomprensibili se non si ha una soluzione, perché fare muro non serve a niente se non si indica quale comportamento avere. Forse si circonda il natante e si aspetta che le persone muoiano di fame o si possono spingere le barchette verso le coste di provenienza, senza entrare con i mezzi militari nelle acque territoriali, chiedendo magari l’intervento dei libici in divisa.

Non è necessario essere una persona religiosa per aiutare il prossimo, ma sicuramente è bizzarra la propaganda xenofoba di chi si dichiara un credente.

La sinistra, mentre cerca di accogliere i fuggiaschi, confida nella condivisione europea, sperando in una dura presa di posizione dell’Unione europea verso quei paesi che si rifiutano all’accoglienza, approvando sanzioni e tagli ai contributi.

In questo marasma di grida, le cui vittime continuano ad essere donne, bambini e uomini che fuggono dai soprusi e dalle stragi, viene varata una iniziativa a garantire la presenza nel Mediterraneo centrale di una nuova nave, tutta italiana, per soccorrere i naufraghi e testimoniare quanto accade a poche miglia dalle nostre coste.

Un’imbarcazione voluta da ResQ – People Saving People https://www.resq.it/, per essere attiva nel giro di pochi mesi, con un equipaggio di circa 10 persone per il funzionamento e 9 tra medici e infermieri, soccorritori, mediatori giornalisti e fotografi. Due gommoni veloci che  assicureranno gli avvicinamenti alle imbarcazioni in difficoltà e il salvataggio dei passeggeri.

Attendendo la nave di ResQ – People Saving People è Banksy che vara la Louise Michel, una nave per il salvataggio dei migranti in difficoltà, finanziata con il ricavato delle opere che lo street artist ha dedicato al dramma della migrazione.

La Louise Michel battente bandiera tedesca ed è un atto d’accusa all’immobilismo dell’Unione europea che Banksy spiega su Instagram https://www.instagram.com/p/CEehZUzJVds/

I migranti commuovono meno dei pinguini relegati in spazzi ghiacciati sempre più ridotti, sono entrambi il termometro del cambiamento non solo climatico, ma anche sociale che spesso trovano nel mare la loro ultima dimora.

****************************

Qualcosa di più:

L’accoglienza e l’appello di Saviano | Una Intellettuale Migrazione
Migrazione: bloccati prima o parcheggiati dopo

Africa: Il Sahel italo-francese non «combat»
Migrazioni, cooperazione Ue-Libia | L’ipocrisia sovranazionale
Migrazione | Conflitti e insicurezza alimentare
Migrazione in Ue: il balzello pagato dall’Occidente
Migrazione: Un monopolio libico
Migrazione: non bastano le pacche sulle spalle
Migrazione: umanità sofferente tra due fuochi
Migrazione: Orban ha una ricetta per l’accoglienza
Aleppo peggio di Sarajevo
Migrazione: La sentinella turca
Migrazione: Punto e a capo
Migrazione: Il rincaro turco e la vergognosa resa della Eu
Europa: la confusione e l’inganno della Ue
Europa e Migrazione: un mini-Schengen tedesco
Migrazione: Quando l’Europa è latitante
Un Mondo iniquo
Rifugiati: Pochi Euro per una Tenda come Casa
Siria: Vittime Minori
Europa: Fortezza d’argilla senza diplomazia
La barca è piena
Il bastone e la carota, la questione migratoria

****************************

Migrazione: Non bastano le pacche sulle spalle

Per anni l’Europa non ha mostrato interesse alla questione migratoria che coinvolgeva le “frontiere” del Mediterraneo, poi sono cominciati i rimproveri per il poco impegno italiano nello schedare e nel non riuscire a tenere quei fuggitivi in Italia, nel rispetto della convenzione di Dublino, ma solo da poco si è inaugurata l’era delle pacche sulle spalle, dei ringraziamenti per il lavoro svolto.

Ora però sarebbe opportuno andare oltre la semplice rassicurazione del presidente della Commissione Ue Jean-Claude Juncker nell’affermare che l’Italia può “continuare a contare sulla solidarietà europea” sul fronte della crisi dei migranti.

Un piccolo passo è stato compiuto da Macron, europeista e sovranista, con la sua critica ai paesi dell’est che hanno confuso l’Unione europea come un emporio dove fare la spesa senza pagare la merce acquistata, mostrando cinismo nel trattare la questione dei rifugiati.

Il presidente francese pone comunque dei distinguo tra i profughi dalle violenze e quelli della carestie, come se morire di fame e sete non fosse una violenza pari a quella di trovarsi vittime di conflitti, solo per ribadire, come aveva fatto Hollande, che la Francia si attiene al nuovo trigono del motto della Rivoluzione francese in “Liberté, Égalité, Telibecchitè”, trovando la Fraternité obsoleta, chiudendo da tempo le frontiere.

Con il vertice di Parigi tra Italia, Francia e Germania, il ministro degli interni italiano ha posto la questione di un codice per le Ong impegnate nel Mediterraneo, oltre ad indirizzare le navi su altri porti per lo sbarco dei migranti ed a maggiori pressioni sui paesi europei non impegnati nella ricollocazione.

Un vertice quello parigino che si è posto come preparatorio a quello del G20 a Amburgo, ma soprattutto all’incontro informale dei ministri dell’Interno dell’Unione a Tallinn per superare le minacce italiane di chiudere i porti italiani alle navi straniere, con una revisione del Trattato di Dublino.

Mentre l’Italia minaccia la chiusura dei porti, Francia e Spagna, insieme ad altri paesi che non si affacciano sul Mediterraneo, sprangano i loro approdi e l’Austria mette in scena un spot elettorale, poi rientrato, con il voler schierare i blindati sulla frontiera del Brennero, come dimostrazione di tanta ammirazione e empatia per lo sforzo italiano.

Anche l’avvertimento del commissario alla Migrazione Dimitris Avramopoulos sul “Ricollocarli o ci saranno sanzioni” gridata contro l’Ungheria, la Polonia e la Repubblica Ceca, pronto a proporre l’apertura di procedure d’infrazione, rimane solo una vaga minaccia.

A Berlino, al vertice preparatorio del G20, il primo ministro italiano Paolo Gentiloni ringrazia “i leader per la solidarietà e la comprensione per le difficoltà che dobbiamo affrontare in comune”, ma aggiunge anche che dopo tante espressioni di solidarietà è ora di passare ad un aiuto più concreto.

Il concreto aiuto che l’Italia si aspetta, viene specificato dal ministro degli interni Marco Minniti, in un maggiore coinvolgimento europeo nell’ospitalità dei profughi e nell’impegno di guardare all’Africa come soluzione e non come fonte del problema. Minniti all’incontro di Tallinn non ha commosso nessuno e vedere l’Africa come una risorsa rimane difficile con una Libia ufficialmente divisa in due governi e centinaia di tribù e milizie, oltre al fatto che la Cina si è radicata proprio negli stati africani da dove proviene gran parte della migrazione.

La Cina ha fatto dell’Africa, in questi ultimi decenni, un suo territorio d’oltre oceano, con gli enormi scambi di dare avere che difficilmente portano del benessere alle popolazioni native che continuano a migrare, anche per la cessione dei terreni più fertili alle compagnie cinesi, oltre ai conflitti per territori e ricchezze.

Tra pacche sulle spalle, tante parole d’incoraggiamento, ma soprattutto risatine di arroccamenti europei e porte chiuse, interviene Emma Bonino affermando che siamo stati noi a offrire i nostri porti, nell’ambito dell’operazione europea Triton, per gli sbarchi, ed ora è complicato disfare quell’accordo.

****************************

Qualcosa di più:

Migrazione: umanità sofferente tra due fuochi
Migrazione: Orban ha una ricetta per l’accoglienza
Aleppo peggio di Sarajevo
Migrazione: La sentinella turca
Migrazione: Punto e a capo
Migrazione: Il rincaro turco e la vergognosa resa della Eu
Europa: la confusione e l’inganno della Ue
Europa e Migrazione: un mini-Schengen tedesco
Migrazione: Quando l’Europa è latitante
Un Mondo iniquo
Rifugiati: Pochi Euro per una Tenda come Casa
Siria: Vittime Minori
Europa: Fortezza d’argilla senza diplomazia
La barca è piena
Il bastone e la carota, la questione migratoria

****************************

Il Viaggio Infinito di Jacopo Di Cera

Una mostra fotografica, in contemporanea alla 57^ Biennale Arte di Jacopo Di Cera, di una trentina  scatti a colori dei frammenti delle imbarcazioni che riposano nel cimitero delle barche di Lampedusa, stampati direttamente su pezzi di legno prelevati in parte dagli scafi che hanno traghettato centinaia di migliaia di persone sulle coste italiane.

Si tratta di un viaggio metaforico che parte dall’Odissea di Omero e arriva ai riferimenti visivi di Rothko e Klein per raccontare, semplicemente attraverso le forme e i colori, tutto quello che si nasconde negli occhi di chi abbandona la propria terra per fame, disperazione e paura attraverso associazioni visive e cromatiche.

Quella di Jacopo Di Cera non è solo una mostra fotografica di straordinario impatto visivo, ma è anche itinerante per sensibilizzare chi visita la mostra al dramma migratorio che nel 2016 ha toccato con successo le città di Milano, Roma, Arles, Carrara, Napoli, Torino e Parigi.

Nelle barche di Lampedusa che Jacopo Di Cera ha portato a Venezia sono i contenitori di sofferenza e speranze per un approdo sicuro per un’umanità vittima delle contraddizioni di un Mondo dalle disuguaglianze sempre più ampie e in cerca di una nuova opportunità.

****************************

JACOPO DI CERA
Fino alla fine del mare
Dal 14 maggio al 6 giugno 2017

Galleria Accorsi
Campo San Stae (Santa Croce)
Venezia

Orario:
da martedì a domenica
11.00 – 20.00

Ingresso gratuito

****************************

Profughi: scenari da gossip

Nel periodo natalizio tutti dovrebbero essere più buoni e non cinici come chi ha ideato il reality The Mission da mandare in onda il 4 e l’11 dicembre 2013 su Rai Uno.

Un reality con personaggi dello spettacolo, e non, che vagano nei campi rifugiati in Sud Sudan, nella Repubblica Democratica del Congo e in Mali, mentre i profughi fanno da comparse.

Gli ideatori dello spettacolo, in collaborazione con l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr) e l’organizzazione non governativa italiana Intersos, affermano di voler trattare la tematica che coinvolge un’umanità in fuga da guerre e carestie con serietà e sobrietà.

Forse non è opportuno usare come scenario per una serata televisiva d’evasione le tragedie di milioni di persone stipate in tende con servizi sanitari insufficienti e nella precarietà igenica.

Un dubbio che è certezza per Andrea Casale che ha promosso una raccolta firme su Change.org e ha trovato nelle parole di Christopher Hein, direttore del Cir (Consiglio italiano per i rifugiati), e in quelle di Guido Barbera, presidente del Cipsi (coordinamento che unisce oltre 40 associazioni di solidarietà internazionale) un sicuro consenso.

A difesa di tale scelta si evidenzia l’opportunità di utilizzare un programma di prima serata per ampliare la schiera di telespettatori sensibilizzati a questo perenne dramma umanitario, rendendo proficuo il periodo della raccolta fondi delle organizzazioni umanitarie.

Una scelta che potrebbe però anche avere un effetto dannoso alle donazioni con uno spettacolo umiliante e con personaggi che avrebbero delle difficoltà a rinunciare all’aria condizionata e a bevande dissetanti in un habitat e con un clima ostile.

È forse a seguito delle numerose critiche che la Vigilanza Rai ha posto, chiedendo la visione preventiva, una sorta di censura sul reality.

I campi profughi scelti come set televisivo non sono certo tra i più tranquilli, ma non sono neanche quelli coinvolti nel progetto dell’IKEA Foundation per Refugee Shelter. L’Ikea ha realizzato delle unità alloggiative temporanee in sostituzione delle tende per i campi in Etiopia, Libano ed Iraq.

La componibilità dei Refugee Housing Unit permette la sostituzione dei pannelli danneggiati, offrendo una maggior durata del manufatto, contrariamente a quanto accade con una tenda danneggiata che deve essere interamente sostituita.

Ben differenti i riflettori che i media hanno puntato sull’esperienza del sudafricano Julian Hewitt e della sua famiglia nell’aver trascorso il mese di agosto nella baraccopoli di Pretoria. Un esperimento “sociale” che ha portato i coniugi Hewitt e le due loro figlie a vivere un mese nello slum dove ha la residenza la loro domestica africana.

Una famiglia che ha scelto, a differenza delle migliaia di persone che non hanno potuto decidere, di vivere in un’unica stanza e dividere la latrina con altre famiglie.

I Hewitt hanno permutato per un mese la loro comoda residenza in un compound vigilato per una baracca in agosto, un periodo invernale per l’emisfero meridionale, alla ricerca dell’empatia con la stragrande maggioranza dei sudafricani che vivono al di sotto della soglia di povertà, con uno stipendio giornaliero che in gran parte si dissolve per i biglietti del trasporto pubblico.

Un’esperienza importante per una famiglia bianca della classe media quella di vivere in una baracca nello slum di Mamelodi e poi raccontarne nel Blog che hanno aperto e, chissà, forse diventerà una moda dei benestanti sudafricani che non si limitano alla beneficenza.

A Vienna Ute Bock non va a vivere sotto i ponti o nei cantieri con i migrati, ma li accoglie nei settanta appartamenti che riesce a gestire con una piccola squadra di volontari, ma questo non fa notizia, mentre in Kenya ci si appresta a rimpatriare più di mezzo milione di rifugiati somali entro i prossimi tre anni nel loro paese d’origine, a tutt’oggi insicuro e con un governo precario.

Una proposta del governo keniota a quello somalo e all’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati per alleggerire i due campi d Dadaab e Kakuma, ingovernabili e altrettanto insicuri, come scelta volontaria.

05 Bei Gesti Profughi in Tv e Ikea nei campi