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La folle gloria dei Paladini

mostre-orlando-furioso-500-anni-ariostoUn’esposizione dedicata al capolavoro della letteratura italiana del Cinquecento, l’Orlando furioso di Ludovico Ariosto. Concepito nella Ferrara estense e stampato in città nel 1516, il poema è uno dei capolavori assoluti della letteratura occidentale che da subito parlò al cuore dei lettori italiani ed europei.

A celebrarlo nel quinto centenario della sua prima edizione non sarà una mostra documentaria o di fortuna pittorica, bensì una vera e propria mostra d’arte che condurrà il visitatore in un affascinante viaggio tra le pagine del poema, tra battaglie e tornei, cavalieri e amori, desideri e incantesimi.

La mostra presenterà una selezione di capolavori dei più grandi artisti del periodo, da Giovanni Bellini a Andrea Mantegna, da Giorgione a Dosso Dossi, da Raffaello a Leonardo, da Michelangelo a Tiziano. Accanto a questi, sculture antiche e rinascimentali, incisioni, arazzi, armi, libri e manufatti di straordinaria bellezza e preziosità, faranno rivivere il fantastico mondo cavalleresco del Furioso e dei suoi paladini, offrendo al contempo un suggestivo spaccato della Ferrara in cui fu concepito il libro e raccontando sogni, desideri e fantasie di quella società delle corti italiane del Rinascimento di cui Ariosto fu cantore sensibilissimo.

 

ORLANDO FURIOSO 500 ANNI
Cosa vedeva Ariosto quando chiudeva gli occhi
Dal 24 settembre 2016 all’8 gennaio 2017

CT161885.tifFerrara
Palazzo dei Diamanti

Informazioni:
tel. 0532/244949

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Indagini su Giotto

editoria-stefaneschiNon è una notizia di cronaca nera ma di storia dell’arte. Nell’autunno scorso si è tenuta a Milano, a Palazzo Reale, una mostra su Giotto e, tra i tanti capolavori, è stata esposta un’opera proveniente dalla Pinacoteca Vaticana: il Polittico Stefaneschi.

Si tratta di una grande tempera su tavola in tre scomparti, con una predella divisa in tre parti, dipinta su tutti e due le facciate. Fu commissionata a Giotto e alla sua bottega dal Cardinale Jacopo Stefaneschi, ricco e colto prelato romano, che lo destinò all’altar maggiore dell’antica basilica di San Pietro fatta costruire dall’imperatore Costantino. Era l’anno 1320 e sia il Papa che il Cardinale si trovavano ad Avignone. Nella parte rivolta verso i fedeli nello scomparto centrale giganteggia la figura di San Pietro in trono, avvolto in una splendente veste rossa, affiancato da Angeli e Santi con davanti la piccola immagine inginocchiata del donatore presentato da San Giorgio; dall’altro lato un’altra figuretta identificabile con Papa Celestino V santificato pochissimi anni prima. Lo Stefaneschi, con le mani velate, offre all’Apostolo una piccola ma precisa miniatura del polittico con la sua originaria cornice gotica.

Nei due scomparti laterali due santi per parte identificati da scritte. La predella sottostante contiene una sola tavola, essendo andate perdute le altre due, con dipinti tre santi. La faccia posteriore, che si ritiene rivolta verso l’abside dove si trovavano i sacerdoti, ha al centro la maestosa figura di Cristo in trono sotto un elegante ciborio, con una veste blu, circondato da angeli; di fronte un uomo inginocchiata, forse sempre lo Stefaneschi, in abiti modesti.

Negli scomparti laterali due scene animate, la Decollazione di San Paolo e la Crocifissione di San Pietro con numerose figurette vestite con abiti dai colori squillanti; le tre tavole della predella contengono i dodici apostoli, cinque in ognuna delle due laterali mentre in quella centrale sono dipinti due Angeli, due Santi ed al centro la Madonna con Bambino.

L’iconografia del polittico rispondeva ad una ben precisa strategia, poneva di fronte ai fedeli l’immagine di San Pietro, con in mano una gigantesca chiave, ribadendo il concetto dell’immediata sequenza Cristo, Pietro, Papa in carica che in quanto vicario di Cristo assumeva la veste di prima autorità della Cristianità, superiore all’Imperatore e ai Re, secondo quanto già affermato in precedenza da Gregorio VII e Bonifacio VIII. Il polittico che ha quasi settecento anni, ha avuto una vita lunga, tribolata e. in certi periodi, oscura. Fu istallato sull’altar maggiore e vi rimase per un certo tempo poi, forse dopo il rientro del Papa dalla Cattività Avignonese, nel 1377, potrebbe essere divenuto di ostacolo alla liturgia e quindi spostato, ma le fonti tacciono in proposito; nel ‘500 viene citato nella Sagrestia dei Canonici e successivamente nel ‘600 nell’ Archivio Capitolare utilizzato come dipinto a parete celando la faccia con S. Pietro forse danneggiata e scurita dal fumo delle candele.

Nel 1618 il polittico viene presentato smembrato e ridotto a quadri indipendenti, scomparsa la ricca cornice gotica e forse già da allora due tavole della predella; solo a fine ‘700 il dipinto viene riscoperto e rivalutato, montato su cerniere in modo da essere visibile da ambedue i lati e sistemato nella Sala Capitolare della Basilica. Nel 1931 Papa Pio XI Ratti nell’ambito di lavori destinati a dare un volto definitivo al nuovo Stato della Città del Vaticano scaturito dal Concordato del 1929 fece costruire un edificio appositamente destinato a ospitare i molti dipinti sparsi per i palazzi vaticani; la Pinacoteca fu progettata dall’architetto Beltrami e ad essa fu destinato il polittico che fu restaurato con la supervisione di Biagio Biagetti che non volle creare un falso storico con una cornice gotica posticcia ma ideò un supporto ligneo semplice e lineare che dura tutt’oggi.

Un altro restauro fu fatto tra il 1965 e il 1971 lasciando il dipinto in condizioni tali da non rendere necessari ulteriori interventi. A seguito delle indagini sulle tavole svolte in occasione della mostra di Milano si è giunti alla decisione di predisporre una protezione climatologica del polittico sistemandovi sopra dei vetri speciali che proteggono ma non impediscono la massima visibilità. Altre indagini si sono svolte sulla questione discussa da molti anni sull’intervento della bottega e su quanto del dipinto sia autografo di Giotto; è da tenere presente che le botteghe degli artisti medioevali erano costituite da parecchie persone con differenti specializzazioni, dai garzoni che preparavano colori e tele ai pittori di sfondi e parti secondarie a pittori di qualità con capacità di mimetismo con il Maestro titolare.

Le indagini non hanno dato un risultato definitivo e Giotto è stato “assolto” per mancanza di prove. Il “verbale” delle investigazioni, insieme ad altri interessanti spunti sul polittico, la storia, le vicende costruttive, i restauri, le analisi su singole parti, è contenuto nel libro “Ricerche sul Polittico Stefaneschi. Giotto nella Pinacoteca Vaticana” edito insieme da Edizioni Musei Vaticani ed Electa.

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editoria-stefaneschi_1coverRicerche sul Polittico Stefaneschi
Giotto nella Pinacoteca Vaticana
A cura di Antonio Paolucci, Ulderico Santamaria e Vittoria Cimino
AA.VV.

Presentazione di Antonio Paolucci

Edizioni Musei Vaticani – Electa
Città del Vaticano – Milano 2016

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Arte Astratta- Arte Distratta 2

arte_astratta_distrattaA proposito della pittura astratta, ancora è in auge la logora e sciocca frase dell’ignaro spettatore; “….Ma questo saprei farlo anch’io!”.
Si deve dire che sì, nel passato e forse ancor più oggi, eserciti di mediocrissimi pseudoartisti si sono rifugiati furbescamente in un “astratto” pasticciato, sciatto e volgare, avvalorando l’antica frase di Nietsche a proposito dei falsi profeti; “…che intorbidano l’acqua del catino perché sembri più profonda…”.
Ma noi sappiamo bene che tutti i grandi astrattisti hanno avuto trascorsi figurativi di alta qualità, esperienza e maturità artistica a tutta prova.
L’astratto non è il “refugium peccatorum” degli incapaci, né il gioco aleatorio di chi ancor oggi tira a stupire l’impreparato spettatore.
Se c’è una ricerca che va nel profondo è la ricerca dell’astrazione, essa non è il puro e semplice pretesto di chi è inadeguato per la Realtà ma, al contrario, è il massimo dell’attenzione per il fenomeno, è un Realismo che va oltre la superficie illusoria delle cose, indagando fino alle ultime conseguenze moventi, connessioni e forze che sono alla radice degli eventi universali, perché sappiamo bene che in ogni frammento, pur apparentemente insignificante, si cela il senso e la ragione del Tutto.
Perché le leggi dell’Assoluto si manifestano allo stesso modo nell’infinitamente piccolo come nell’infinitamente grande.

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Dello stesso argomento:

ARTE ASTRATTA E ARTE DISTRATTA 1

DISINCANTATA RIFLESSIONE SU CERTA ARTE CONTEMPORANEA

EVOCAZIONE ED AMBIGUITÀ NELL’OPERA D’ARTE

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