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8 racconti fantastici

Firmati da Marguerite Gautier, questi racconti sono in realtà scritti a quattro mani (1) e presentano tratti originali: ambientati ora in società distopiche, ora in laboratori di ricerca, ora in società tradizionali; sono frenetici nel loro sviluppo e propongono un’insolita, curiosa integrazione fra scienza e religione, dove gli elementi tradizionalmente fiabeschi si mescolano con teorie quantistiche e fisica della materia. I titoli stessi dei racconti suggeriscono un calendario liturgico: Strenia – Epifania, Nel cuore di Cupido – San Valentino, Dante’s Feminine Carnival – Carnevale, Hovo Sapiens – Pasqua, Gloria – Assunzione della Beata vergine a Ferragosto, Santi – Ogmissanti, Ritorno al Futuro – Commemorazione dei Morti, Il Natale di Natale – Natale. Difficile descrivere i singoli racconti, dinamici come sono e pieni di simboli, né farò lo spoiler. Mi limito a dire che la narrazione si basa sul contrasto dinamico tra due prospettive antitetiche, cristiana e matematico-scientifica, col Tempo inteso come dimensione fisica e metafisica. Quasi tutti i personaggi loro malgrado sono catapultati da un momento all’altro in dimensioni spazio-temporali diverse, con un meccanismo che ricorda i “varchi” de I banditi del tempo di Terry Gilliam (1981), mentre la sontuosa festa in costume di Dante’s Feminine Carnival l’accosterei invece alle barocche messe in scena di Goltzius and the Pelican Company (2012) di Peter Greenaway. Il primo racconto Strenia – Epifania rimanda invece a Metropolis (1927), archetipo delle collaudate città speculari, distopiche e classiste. C’è in questi racconti una forte immaginazione visiva e il senso del movimento, per cui è istintivo pensare a uno sviluppo cinematografico, sempre che il regista trovi i fondi necessari per le sue visionarie scenografie. E leggendo Gloria – Assunzione della Beata vergine a Ferragosto, nello sviluppo dell’azione non è difficile riascoltare l’eco degli Infiniti Mondi di Giordano Bruno: teologia e natura dialogano e interagiscono tra di loro stimolando l’integrazione fra religione e scienza. Curioso poi è il trattamento della dimensione temporale: più di un personaggio si trova sbalzato da un’epoca all’altra e si rivede alla fine spettatore della scena da cui è uscito o più spesso scappato inseguito da malintenzionati. Personalmente avrei approfondito in almeno due racconti (San Valentino e Ritorno al Futuro) la tecnica del tempo circolare, qui appena suggerita. Nel cinema è rara e a memoria d’uomo la ricordo solo in Giulia e Giulia (1988) e Allacciate le cinture (2014). Comunque vale senz’altro di leggere questi otto racconti: sono mozzafiato.


Note:

  1. Autori ne sono Margherita Lamesta Krebel (attrice, giornalista, sceneggiatrice) e Gualtiero Serafini (regista, sceneggiatore e docente di sceneggiatura).
    Scheda:

8 racconti fantastici / Marguerite Gautier. Prefazione di Enrico Vanzina, prresentazione di Maria Grazia Bianco. Milano, Rossini editore, 2023. 230 pag. , 14.99 euro. Distribuito anche da IBS


Vittorio Fava: La Memoria della carta

cm22x13x13_Oggetto antico napoletano_Orologi antichi, cartoline d’epoca e manoscritti

Questa mostra antologica di Vittorio Fava, promossa dalla Galleria d’Arte Purificato. Zero, ripercorre 50 anni di lavoro dell’artista romano da anni residente a Poggio Nativo nel Reatino. Il titolo volutamente riprende quello della mostra “Mnemosyne”, tenuta nel 1988 a Palazzo Valentini a Roma.
Nelle otto sale rinascimentali affrescate del Palazzo Rospigliosi-Colonna sono in esposizione circa cento opere: pitture, sculture, incisioni, film dipinti, assemblaggi, leggii, libri d’artista, mobili…L’allestimento prevede una visita anche al grande Museo del Giocattolo, il più grande d’Europa, dove sono inseriti alcuni lavori dell’artista. L’effetto generale è quello di trovarsi difronte lo strano, il curioso, il meraviglioso e di entrare nelle antiche favole con personaggi magici in grotte altrettanto magiche.
Fava così scrive: «l’opera cresce insieme alla scoperta e all’assemblaggio delle materie, giorno dopo giorno, incollando le sue parti come una saldatura amorosa tra due amanti. Per combattere i duri momenti della manualità, quando la carta vetrata leviga il legno, penso di essere un operaio che nell’antico Egitto liscia il basalto divino con la sua pazienza sublime».
Ed Enrico Crispolti, nel testo in catalogo della citata mostra del 1988, così scriveva: «In un certo modo, e anzi a suo modo, Vittorio Fava è un artista sperimentale. Ma non tanto nel senso che si potrebbe subito intendere, e cioè giacché egli nel suo lavoro esce dalla pittura nell’oggetto, e tuttavia praticando questo vi recupera la pittura, quanto perché è intenzionato chiaramente a darsi la libertà di trascorrere da un “medium” all’altro, dalla pittura infatti all’oggetto, che è anche sonoro e luminoso, dalla scrittura poetica al film, dalla scultura all’incisione, dall’oggetto al libro, al mobile. […] Di fatto Fava è sperimentale non attraverso il linguaggio, ma direi piuttosto entro il linguaggio, in ogni sua possibile determinazione sia formale che mediale. […] I libri sono oggetti di sorprendente complessità di presenze magiche iconiche, segniche, materiche, spazi di possibili viaggi fantastici nell’ignoto, ove le sorprese sono ad ogni passo, in ogni episodio di pagina plastica, in ogni trapasso a voragine o invece in legami difficoltosi fra una pagina e l’altra. La scultura vi si connette nei possibili leggii, ricchi anche di interventi di colore, segnici. Fra la scultura e i libri e la pittura Fava ha realizzato anche un mobile dipinto, nei cassetti del quale sono oggetti di memoria, disparati. Perché la memoria è in effetti il tramite dell’evocazione simbolica: una memoria che intreccia la dimensione individuale con quella collettiva, nella sconfinata remota profondità degli archetipi.»
In tutta la vastissima produzione un ruolo fondamentale assumono proprio i libri d’artista, citati già da Crispolti, che Fava realizza da formati minimali a grandissimi, come quello esposto a Palazzo Venezia a Roma, nel 2011, nell’ambito della 54a Biennale di Venezia, padiglione della Regione Lazio.
La mostra è corredata da un catalogo, a cura di Riccardo Pieroni, che è, a sua volta, un vero e proprio libro d’artista.


Vittorio Fava
Mnemosine – La memoria greca delle arti
Opere dal 1968 al 2024
Dal 12 ottobre al 3 novembre 2024

Palazzo Rospigliosi
Piazza della Indipendenza 18
Zagarolo (Roma)

Orari:
mercoledì e giovedì 9.00-13.00;
martedì, venerdì, sabato e domenica 9.00-13.00 | 15.00-18.00;
lunedì chiuso

Ingresso: libero


Acqua benevola di vita o malevola matrigna

Il sesto Obiettivo del Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo è dedicato all’Acqua pulita e ai servizi igienico-sanitari, affinché non ci sia più una persona su tre senza servizi igienici, perché le popolazioni senza Acqua pulita e servizi igienico-sanitari sono maggiormente vulnerabili ad ammalarsi e a morire.

Nelle baraccopoli africane come in quelle sudamericane, nei campi profughi come a Gaza, i bambini giocano tra acque stagnanti e senza Acqua potabile e servizi igienici.

Si muore sia per mancanza di Acqua che per la sua eccessiva presenza, ma non tutti sono consapevoli di cosa vuol significare avere o non avere l’Acqua.

Una mostra dedicata all’Acqua come elemento di vita, ma anche come motivo di conflitto, non ad un l’utilizzo metaforico come strumento per lavare la propria immagine incrinata da qualche discutibile precedente comportamento, ma come momento di riflessione di quanto una minoritaria parte dell’umanità ha tanta acqua da potersi permettere di sprecarla e quante persone ne soffrono per sua mancanza.

L’Acqua attraverso le opere di una ventina di artisti, dal figurativo all’astratto, che hanno usato la pittura, la terracotta, la fotografia, l’assemblage, le performance e il video, per rappresentarla benevola come fonte di vita o una malevola matrigna come causa di alluvioni e conflitti.

Artisti come Carlo Ambrosoli, Elisabetta Bertulli, Gregorio Gumina e Tiziana Morganti, in un alternarsi di drammaticità e di mito, propongono l’Acqua come ostacolo per raggiungere un luogo ideale, come un’isola, per ricostruirsi una vita.

Claudia Bellocchi, il binomio DESART2 (Alessandra Degni – Simona Sarti), Ada Impallara, Giacomo La Commare e Bianca Lami, propongono una narrazione astratta, per offrire una visione di un’Acqua tumultuosa o placida, attraversata dalla luce o dalla tenebre che rasentano impressionismo.

Luigi M. Bruno, con segni fluidi, offre una lettura dell’Acqua sia di vita che di conflitto e secondo la sponda da cui si guarda, mentre l’acquerello di Alessandra Parisi, da una visuale aerea, propone un fiume che scorre tra piante, la cui tranquillità viene interrotta dalla bellicosa opera dell’uomo.

Bruno Menissale e Cosetta Mastragostino, sembrano affrontare l’apparente immobilità dell’Acqua di una laguna, il primo con plumbee atmosfere, mentre la seconda, con le cromaticità del verde, sono delle piante ad uscire dallo spazio del racconto.

Eclario Barone propone le luci e le ombre, con la cripticità dell’Acqua e si contrappone alla narrazione del fiume conteso nell’opera descrittiva di Massimo Napoli, mentre Tania Kalimerova, delicatamente, affronta la tematica della siccità.

La morbidezza della ceramica di Elizabeth Frolet dialoga a distanza con il lavoro di Daniela Passi, non tanto perché sembra scaturire da reminiscenze Dadaiste, ma per la capacità onirica di rimaneggiare e assemblare oggetti del quotidiano, come nella fluidità delle forme nel narrare.

Le fotografie di Toni Garbasso e di Graziella Reggio sono delle testimonianze immaginative dell’Acqua, la prima nel suo fluire in un’ambientazione crepuscolare, mentre la seconda è avvolta in un’atmosfera melanconica, con la nebbia che avvolge il ponte e la natura e sembra presagire alla siccità.

I video di Eleonora Del Brocco, Daria Lior-Shoshani e Chantal Spapens, passano dal documentario-reportage alla fiction, sino alla testimonianza poetica e performativa.


ACQUA
di vita – di conflitto
Dal 12 ottobre 2024 al 10 gennaio 2025

Con le opere degli artisti:

Carlo Ambrosoli, Eclario Barone, Claudia Bellocchi, Elisabetta Bertulli, Luigi M. Bruno, Eleonora Del Brocco, DESART2 (Alessandra Degni – Simona Sarti), Elizabeth Frolet, Toni Garbasso, Gregorio Gumina, Ada Impallara, Tania Kalimerova, Giacomo La Commare, Bianca Lami, Gianleonardo Latini, Cosetta Mastragostino, Bruno Menissale, Tiziana Morganti, Massimo Napoli, Alessandra Parisi, Daniela Passi, Graziella Reggio, Daria Lior-Shoshani, Chantal Spapens

Inaugurazione il 12 ottobre 2024 alle ore 10.00
Presso la Fondazione MAGIS ETS in via degli Astalli, 16 a Roma

Orario: dal lunedì al venerdì dalle 15.00 alle 17.00
Per informazioni e su appuntamento:
tel. + 39 06 69 700 32
michisanti.p@fondazionemagis.org

Nell’ambito di Arte solidale e in collaborazione con il collettivo Artisti Oltre i Confini
a cura di Gianleonardo Latini


Eppure si vive anche così – storia di un’esperienza missionaria

Selene Pera è una simpatica volontaria lucchese poco più che trentenne, che dal 2012 svolge attività con la Congregazione delle suore di santa Gemma Galgani e in dieci anni ha lavorato nelle missioni nella Repubblica Democratica del Congo e a Betlemme. Questo libro è il diario degli ultimi tre mesi passati nel 2023 in Africa, nella zona est attigua a Ruanda e Burundi, separata dal lago Tanganica. Un’area povera e politicamente instabile da sempre, dove le Ong e le missioni cristiane fanno quello che possono dove lo Stato non può arrivare.

Selene torna in Africa dopo dieci anni ma ha già un bagaglio di esperienze e contatti nel volontariato, lo fa con gioia e sa bene che l’aspetta una vita scomoda, ma è serena e preparata (è laureata in scienze sociali). Le prime pagine parlano di saluti ad amici, parenti e suore, più le vaccinazioni e l’elenco di cosa portare con sé: in Africa mancano sempre le cose più cretine. Il volo la porta a Bujumbura (Burundi) e si prosegue con un pick-up carico verso la regione di Uvira (R. Dem. Congo), dove si trova la comunità. Sono solo 30 km, ma alla frontiera i controlli vanno per le lunghe e quando vedono un bianco (Muzungu in svahili) cercano sempre di farsi dare soldi, cosa che avverrà spesso in quei tre mesi. La zona dove Selene e le suore operano è turbolenta: la parte orientale del Congo ex-belga poi Zaire ed ora Repubblica Democratica del Congo è campo di battaglia per più formazioni armate (Movimento M23, Forze Democratiche di Liberazione del Ruanda o FLDR), guerriglieri, bande tribali o comuni briganti. Chi scrive si ricorda ancora dei Katanga, di Bob Denard, di Jean Schramme e dei suoi duri mercenari al servizio dell’Union Minière che resero il Congo degli anni ’60 un inferno sulla terra. Sia le forze armate regolari (FARDC) che  le forze di pace dell’ONU (MONUSCO) portano avanti operazioni militari, ma la posta in gioco resta sempre la stessa – lo sfruttamento delle risorse minerarie – e i risultati modesti: la zona di Kivu è pericolosa e nel 2023 a Goma è stato ucciso il nostro ambasciatore Ugo Attanasio (1). In sostanza il conflitto è endemico e farne le spese è sempre la popolazione dei villaggi, regolarmente vessata da regolari e ribelli.

Detto questo, torniamo alla nostra Selene. E’ accolta dalle suore con gioia, alcune le conosceva già (suor Adacieuse, nomen omen), e sempre con gioia svolge il suo lavoro di apostolato laico: assistenza nel dispensario alle giovani madri con bambini, visita agli ospedali, distribuzione di viveri. La sanità congolese è a pagamento e non passa i pasti, per cui chi non ha parenti deve affidarsi alla carità o appunto a organizzazioni missionarie autorizzate dal governo centrale. Selene resta sbalordita dalle cifre per noi irrisorie (ma non per loro) che uno deve spendere per una lungo degenza o per una protesi, al che interviene di tasca sua con una somma donatagli dall’amico Fiorenzo. E qui la classica riflessione di chi ha operato in Africa: basta poco per assicurare alle famiglie cibo e assistenza; per noi sono realmente cifre accessibili se non ridicole, ma non per la poverissima gente dei villaggi e delle periferie urbane. Ma una volta che uno vede certe scene di miseria e malnutrizione non sarà mai più lo stesso. Un bambino – Emmanuel – all’inizio pesa tre kg e mezzo! Selene e le sue compagne hanno una serenità e una resistenza fisica fuori del comune, si adattano ai tempi lunghi, ma anche gli africani hanno una vitalità e un’allegria che rimane impressa: in ogni luogo dove vanno, o a messa, sempre danze e tamburi (anche nella liturgia) e gente gioiosa per l’arrivo di queste donne che non chiedono niente. C’è una socialità diffusa a tutti i livelli e compensa dalle fatiche: difficile fare progetti quando sei impegnato ogni giorno in una routine ben organizzata dalle suore, le uniche che sanno anche cavarsela ai posti di blocco dei malpagati doganieri, le sole che sanno districarsi tra fango e baracche. I nomi dei luoghi citati sono tanti ma li ho voluti esaminare uno per uno con Google Maps e immagini di corredo. Alla fine dalla terra rossa e dal verde della vegetazione esce sempre fuori l’esteso agglomerato di case basse e di baracche privo di un centro e di un’organizzazione razionale dello spazio. Ho visitato la chiesa cattolica di Kavimira, ma ho anche esplorato il santuario di Kibeho (Ruanda), la cattedrale di Butare (id.), Bukavu (Congo), dove oltre la chiesa c’è un centro di orientamento e istruzione per ragazzi e ragazze di strada (CTEO). Ho anche visto l’esterno della Prison Centrale de Bukavu (una muraglia di mattoni con una scritta a caratteri cubitali), dove le nostre cercano di assistere alcune ragazze ma non riescono a contattare Emanuel, un ragazzo che aveva seguito una brutta strada. Inutile descrivere le condizioni di vita delle patrie galere del Congo o delle bidonvilles, sono state descritte più volte. A rimanere impressi sono i ritratti delle persone: Maombi, la moglie del soldato, la Petite, suor Esperance, suor Agnes e le altre – e soprattutto l’atteggiamento positivo e pratico di Selene e delle sue colleghe, il suo inguaribile ottimismo e le descrizioni di luoghi e persone senza retorica. Spesso sono persone che non rivedrà più – la discontinuità delle relazioni è parte dell’intenso volontariato, mentre rimane la rete delle amicizie con le suore e altri volontari. E rimane fermo l’appello che papa Francesco fece nel 2015: Se tu vuoi trovare Dio, cercalo nell’umiltà, cercalo nella povertà, cercalo dove Lui è nascosto: nei bisognosi, nei più bisognosi, nei malati, negli affamati, nei carcerati”.

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NOTE:

  1. https://www.ilriformista.it/cose-la-guerra-mondiale-africana-il-conflitto-nel-quale-e-maturato-lattacco-allambasciatore-luca-attanasio-198403/amp/

Eppure si vive anche così. Viaggio missionario nella Repubblica Democratica del Congo / Selene Pera. Lucca, Maria Pacini Fazzi editore, 2024. 119 pag., 12 euro. Quanto ricavato dalla vendita del libro sarà devoluto alla missione di Kavimvira.


Alla ricerca degli artisti perduti 11

Espressionismo

L’Espressionismo che sempre fu vivo negli artisti e nell’arte, secolo dopo secolo, dall’Ellenismo al Barocco, nell’alternarsi all’olimpico classicismo e il suo sogno di divina armonia (follia dionisiaca e solarità apollinea secondo Nietsche), volle invece dar voce all’umanissima e astrusa pena dell’esistere e delle sue ragioni, ora rabbiose, ora passionali, ora di rivolta, nell’indagare fin nel profondo e misterioso innervare di anima e carne, sangue, libido e disperare, il senso straziante o grottesco, irridente o spietato, d’una interiorità vissuta con anatomica sincerità, grandezze o miserie che fossero, deliri e sogni, d’un rivelatore viaggio agli inferi, alle voci celate o mascherate che s’annidano là dove sgorga la sorgente nascosta e primeva del nostro procedere, lento o turbinoso che sia; fino alla foce che tutto annienta, senza nulla spiegare…

Aubrey Beardsley ( 1872 – 1898)

Volle definirsi “grottesco”, ma più che grottesco Beardsley direi esasperatamente raffinato, di quella raffinatezza tipicamente decadente che fu la stagione della grande letteratura esausta, sensuale, dal gusto un pò deviante e tetro, e anche patetico se si vuole, come la “Patetica” di Chaicovsky, grondante il piacere della morte e l’autocompiacimento della dissoluzione, di astruse pene e implacabili tubercolosi, morti premature e, appunto, raffinatissime malinconie : Mahler, Debussy, Wilde, Proust, d’Annunzio ecc.. .Il fascino di un’epoca nel suo splendido languire, e una nuova stagione creativa che s’annuncia prepotente: il Novecento e le sue avanguardie!

La matrice Espressionista dell’arte contemporanea

… Più vedo, esamino, ricerco, commento, più prendo atto che la quasi totalità dell’arte contemporanea, dico contemporanea, non le cosiddette avanguardie storiche del novecento, è figlia geneticamente della matrice espressionista, laddove per espressionismo si determina la crisi della umana società che esamina e cauterizza spietatamente le proprie ferite e le proprie viscere..