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Esteban Villalta Marzi: Il suo lascito

La città di Dublino accoglie la prima personale dell’artista italo-spagnolo Esteban Villalta Marzi, maestro della New Pop Art europea, con la mostra ELLA, ospitata presso la Tøn Gallery dall’8 al 29 maggio 2025. L’evento, curato da Patricia Pascual Pérez-Zamora e Matilde Spedicati, assume oggi un valore ancor più profondo e commovente: Villalta Marzi è scomparso improvvisamente il 13 aprile scorso, lasciando un vuoto nella scena artistica internazionale.

L’esposizione, realizzata con il sostegno dell’Ambasciata di Spagna in Irlanda, ruota attorno all’opera Ella, creata nel 2024: un ritratto carico di potenza simbolica, in cui una figura femminile dai capelli di tutti i colori emerge come icona e guida concettuale. Ella non è solo un volto, ma un archetipo: una donna libera, nomade, senza tempo. Con il suo sguardo ipnotico, conduce lo spettatore in un viaggio visivo tra identità, lotta e affermazione.

Le opere presentate nella mostra compongono un universo popolato dalle cosiddette EVM girls: donne ribelli, sensuali, fuori dagli schemi. Tacchi a spillo, fiori tra i capelli, tatuaggi e gesti sovversivi delineano una femminilità potente e consapevole, immune agli stereotipi. Sullo sfondo, una giungla satirica in cui si aggirano dinosauri grotteschi: metafore pungenti di un patriarcato ormai anacronistico. In questo mondo, le donne di Villalta Marzi non si piegano: combattono, si affermano, vincono. Lo fanno senza retorica, con una leggerezza feroce che attraversa l’intera produzione dell’artista.

Ella diventa così molto più di una mostra: è un manifesto visivo dell’emancipazione femminile, una dichiarazione artistica che coniuga ironia e profondità, bellezza e dissidenza. È l’eredità più autentica di Villalta Marzi, che ha saputo far dialogare arte pop, cultura urbana e impegno sociale, sempre con uno stile inconfondibile.

L’evento dublinese si inserisce in un più ampio progetto di cooperazione culturale tra Italia e Spagna. La serata inaugurale del 7 maggio vedrà l’introduzione dell’artista al pubblico irlandese da parte del fotografo friulano Matteo Trevisan, che inaugurerà lo stesso giorno, presso l’Istituto Italiano di Cultura di Dublino, la sua mostra Matteo racconta, anch’essa curata da Patricia P. Pérez-Zamora. Il progetto è stato reso possibile anche grazie al supporto dell’Istituto Cervantes di Dublino e del Fogolâr Furlan di Dublino, emanazione dell’Ente Friuli nel Mondo.

Nonostante la scomparsa di Villalta Marzi, il suo lavoro continuerà a parlare. Il prossimo 16 giugno, Matera ospiterà un nuovo progetto espositivo dedicato all’artista, dal titolo ¡Bienvenido a mi casa! Esteban Villalta Marzi a Casa Ortega. La mostra, indipendente da quella di Dublino, si svolgerà all’interno della storica abitazione dell’artista spagnolo José Ortega, oggi spazio museale ed espositivo. Le opere di Villalta Marzi dialogheranno con quelle di Ortega, in un intreccio di visioni artistiche e identità culturali, all’interno di un contesto carico di memoria e significato.

La sua arte rimane con noi: vibrante, viva, profondamente umana. Ella è Esteban, ed Esteban è in Ella.

Marcello Silvestri: la spiritualità si fa arte per la Terra

Nel cuore della Maremma, terra amata e vissuta dall’artista Marcello Silvestri, prende vita una mostra che intreccia il sacro con l’urgenza ecologica, offrendo un percorso artistico di profonda introspezione.

Sacra. Ecologia dentro, personale dell’artista veronese d’origine e tarquiniese d’adozione, dopo l’esposizione all’Auditorium San Pancrazio, si sposterà al Museo della Ceramica – Palazzo dei Priori, dove resterà aperta dal 16 maggio al 15 giugno 2025.

Promossa dalla Società Tarquiniense d’Arte e Storia, con la cura della regista Lia Beltrami e il contributo critico di Gianluca Marziani, la mostra si configura come un evento di rilievo nel panorama culturale nazionale e internazionale. Non solo per il suo valore artistico, ma per il profondo significato spirituale e sociale che la attraversa.


Un dialogo tra arte, fede e cambiamento climatico

In occasione del Giubileo 2025 – Pellegrini di Speranza, Silvestri propone un viaggio visivo e interiore che invita i visitatori a riscoprire una spiritualità ecologica. L’artista, noto per la sua lunga ricerca sulla sacralità nei testi religiosi, intreccia nella mostra riferimenti alla Laudato Si’ di Papa Francesco (nel decennale della sua pubblicazione) e al Cantico delle Creature di San Francesco (di cui si celebra l’ottavo centenario), creando una narrazione che esorta alla responsabilità verso il creato.

Le opere, cariche di simbolismo, colore e materia viva, trasformano l’angoscia per la crisi climatica in speranza, attraverso una visione che parte dall’interiorità per tradursi in azione. Silvestri, con il suo stile inconfondibile, invita alla contemplazione non di un Eden perduto, ma di un mondo ferito da guarire.


I quattro elementi feriti e la ceramica come memoria

Il percorso si articola attorno ai quattro elementi naturali – aria, acqua, terra e fuoco – in dialogo con la fragilità della condizione umana e le ferite ambientali. Particolarmente significativi sono i grafostrakon, opere in terracotta ispirate alle crepe della terra maremmana, simboli di fratture ma anche di resilienza.

Questa sezione della mostra rientra nel programma “Buongiorno Ceramica”, promosso dall’AICC (Associazione Italiana Città della Ceramica), grazie alla collaborazione con il presidente Massimo Isola.


Un tempo sacro per una nuova alleanza

La mostra si colloca in un periodo di forte valenza simbolica: il 20 aprile 2025, giorno in cui la Pasqua è stata celebrata simultaneamente da tutte le confessioni cristiane, coincide con l’ultimo giorno della Pasqua ebraica. Un momento straordinario di convergenza spirituale che invita al dialogo tra fedi, culture e coscienze.

Due giorni dopo, il 22 aprile, si celebra la Giornata Mondiale della Terra (Earth Day), occasione per riaffermare un patto universale di tutela ambientale. In questo contesto, l’arte di Silvestri si fa ponte tra cielo e terra, tra spiritualità e attivismo, tra memoria e futuro.

«Con Silvestri – afferma la curatrice Lia Beltrami – l’arte diventa un atto di responsabilità. Le sue opere non si limitano a denunciare, ma trasformano il dolore per il creato in speranza concreta, in linea con il programma Emotions to Generate Change, sviluppato insieme ai Dicasteri vaticani.»


Educare alla bellezza della Terra

Con il contributo organizzativo di Sara Silvestri, la mostra si apre alle nuove generazioni grazie a laboratori didattici e visite guidate per studenti, promuovendo un’educazione ecologica basata su bellezza, rispetto e consapevolezza.

In un’epoca segnata da crisi ambientali, guerre e divisioni culturali, Sacra. Ecologia dentro si propone come un ponte tra generazioni e fedi, un pellegrinaggio artistico e spirituale verso l’interiorità e la responsabilità condivisa.

Gianna Parisse: Il bianco e nero della Terra

Nel cuore di un bianco e nero denso, che non concede distrazioni, ma costringe lo sguardo a farsi intimo e profondo, Gianna Parisse espone la sua ultima ricerca visiva nella mostra Brevemente risplendiamo sulla terra. Il titolo, ispirato al romanzo di Ocean Vuong, diventa chiave poetica di lettura per un progetto che unisce memoria, natura e sguardo contemporaneo.

Fulcro dell’esposizione è un nucleo di fotografie di grande formato e immagini proiettate, tratte dall’archivio Mundus, una lunga e personale indagine dell’artista sui luoghi di Amatrice dopo il terremoto del 2016. In queste opere, Parisse esplora le rovine non come segno della fine, ma come spazio del possibile: lì dove gli oggetti familiari, le pietre, i rami spogli e gli utensili antichi perdono i contorni, riemerge una nuova tensione esistenziale.

Lo strumento prediletto per questa raccolta è lo scanner, attraverso cui l’artista riesce a catturare non solo le forme, ma le atmosfere stesse: l’impressione fuggevole di una realtà che sembra galleggiare in un abisso di luce. I soggetti si stagliano su fondi neutri, quasi abbacinanti, generando un effetto tridimensionale che restituisce corpo e assenza allo stesso tempo. Le immagini appaiono così sospese, come presenze aeree che conservano la traccia di un’esistenza passata, fragile e persistente.

In questo paesaggio rarefatto e onirico, dove la nebbia si fa materia e la luce diventa custode della memoria, Parisse compone una sinfonia visiva in tre tempi: vegetale, minerale, oggettuale. I rami di un meleto, le pietre segnate dal tempo, le stoviglie sopravvissute al disastro si trasformano in elementi archetipici di un racconto che va oltre la cronaca per farsi meditazione sull’effimero.

Le opere della mostra raccontano una Terra ferita, ma non rassegnata: emergono come visioni che testimoniano la volontà di resistenza e la ricerca di un contatto tra natura e umanità. In esse, l’ordinarietà diventa sublime, e la fragilità delle cose si trasforma in punto di forza tra il dolore e la bellezza, tra l’abisso e l’infinito.

Brevemente risplendiamo sulla terra è, in definitiva, un viaggio nella soglia tra ciò che è stato e ciò che ancora resiste. Un inno silenzioso alla presenza, alla luce che sopravvive nella materia, e alla possibilità, sempre viva, di vedere il mondo con occhi nuovi.


Gianna Parisse
Brevemente risplendiamo sulla terra
Dal 10 aprile al 31 maggio 2025

Galleria Heimat
vicolo del Cinque, 24

Orari
martedì – sabato 11-19

Ingresso: libero

Informazioni :
tel. 06/86834763

A cura di Nicoletta Provenzano


Papa Francesco e i social del presenzialismo: la lezione ignorata

Alla scomparsa di Papa Francesco, mentre il mondo cattolico e non solo si stringeva in un sincero cordoglio, non sono mancati gli omaggi sui social: gesti a volte autentici, ma spesso caratterizzati da una smania di visibilità che strideva dolorosamente con l’umiltà e il messaggio del Pontefice.

Dopo le benevoli frasi di rito – e anche quelle meno benevole, senza ipocrisie, degli esagitati reazionari – sulla scomparsa di una figura che ha segnato la vita di molti, restava evidente quanto Bergoglio avesse inciso profondamente nella Chiesa e nella società civile.

I giorni seguenti sono diventati l’occasione per l’inevitabile elenco di ciò che Papa Francesco ha fatto e di ciò che, secondo alcuni, avrebbe potuto o dovuto fare. Tra le critiche più ricorrenti, non è mancato il riferimento al tema femminile, senza però riconoscere che proprio durante il suo pontificato si è registrata una svolta significativa: per la prima volta, diverse donne sono state chiamate a ricoprire incarichi di governo all’interno della Città del Vaticano, segnando un cambiamento storico pur in una realtà complessa e tradizionalmente maschile.

Tuttavia, come ha osservato una sociologa, il Papa guida “un transatlantico che non può cambiare rapidamente rotta”: una perfetta fotografia di un’istituzione imponente, refrattaria ai mutamenti repentini, dove persino un leader aperto e dinamico deve confrontarsi con inerzie secolari.

Mentre la Chiesa si interrogava sul futuro, il mondo della rete ha dato il peggio di sé: smartphone in mano, l’importante era esserci, postare, taggare. L’attenzione si è presto spostata su chi ha scelto il palcoscenico social per “presenziare” a questo momento storico, trasformando un evento di raccoglimento in una vetrina personale.

In questo teatrino del “mi si nota di più se vado o se non vado?”, sembra che l’insegnamento di Papa Francesco sia stato completamente ignorato. Il Pontefice aveva più volte ammonito contro la “coca-colizzazione” della cultura e della spiritualità, contro quella superficialità effimera che svuota l’umano di significato. Nel suo recente discorso alla Pontificia Università Gregoriana, aveva chiesto con forza di umanizzare il sapere, di coltivare un’istruzione inclusiva, capace di rispettare le differenze e guidata dalla dignità della persona.

Eppure, nella settimana del suo ultimo saluto, il culto dell’apparenza ha prevalso: foto, video, selfie, post a uso e consumo di like e visualizzazioni. È lo stesso spirito contro cui il Papa si era scagliato a Lampedusa, nella sua profetica omelia contro la “globalizzazione dell’indifferenza”. Di fronte alla tragedia dei migranti, Francesco aveva denunciato come la cultura del benessere ci abbia resi incapaci di piangere, prigionieri di “bolle di sapone” dorate, indifferenti al dolore del mondo.

Anche tra i politici e i rappresentanti delle istituzioni si è visto il contrasto tra chi ha scelto la discrezione e chi, invece, non ha resistito alla tentazione del selfie o dell’apparizione.

Il funerale di Papa Francesco sarebbe dovuto essere un momento di raccoglimento e di riflessione su quella “cultura della cura” che tanto aveva a cuore. Invece, per molti, si è trasformato in un’occasione di esibizione. Un triste spettacolo che evidenzia quanto ancora sia attuale – e inascoltato – l’invito di Francesco a riscoprire il senso della fraternità e della responsabilità reciproca.

“Non dimenticate il senso dell’umorismo”, aveva esortato il Papa, citando Thomas More. Ma di fronte a certe scene, più che sorridere, viene da chiedersi dove, e quando, abbiamo perso la bussola.

Oliviero Rainaldi: Un Viaggio Pittorico alle Origine

Noto per la potenza evocativa delle sue sculture, Oliviero Rainaldi inaugura una nuova stagione espressiva con la mostra Seconda Madre, dove si confronta per la prima volta in modo organico con il linguaggio pittorico. Una serie di lavori su tela realizzati interamente in bianco e nero compone un universo visivo essenziale, rigoroso, che resta fedele alla sinteticità formale che ha sempre contraddistinto la sua opera plastica.
Il cuore tematico della mostra è l’origine: la maternità come archetipo, forza pulsante e generativa che prende forma attraverso il corpo, trasformato in simbolo. Il bianco e il nero diventano codice visivo, eco di una memoria condivisa e personale, spazio della riflessione e della rivelazione. In questa polarità cromatica si consuma un atto pittorico intimo e solenne, quasi rituale, dove la superficie si fa pelle, e il gesto pittorico diventa atto conoscitivo.
“Un invito, un abbraccio, una mutazione. Tre atti essenziali della vita che emergono con forza in questa nuova serie di dipinti” osserva il critico Arnaldo Colasanti. “Con Seconda Madre, Rainaldi costruisce un universo sospeso tra luce e mistero, dove la pittura diventa al tempo stesso celebrazione e inquietudine.”
Le immagini presentate nella mostra non descrivono, non narrano: custodiscono. Ogni tela è una soglia, un varco che mette in dialogo cielo e terra, materia e spirito. Le figure, rarefatte e insieme potenti, evocano la nascita non solo come evento biologico ma come stato esistenziale, tensione permanente tra il trattenere e il lasciar andare, tra la madre reale e quella mitica, archetipica.
La pittura di Rainaldi non si limita a rappresentare: suggerisce, invoca. Fasce, panneggi, forme avvolgenti si presentano come tracce di un linguaggio antico, un’iconografia che richiama la scultura funeraria della Magna Grecia, ma anche le stratificazioni simboliche del teatro contemporaneo più radicale. La materia pittorica, quasi sacra, sembra voler proteggere un segreto: l’origine della vita, e con essa, il mistero della trasformazione.
Con Seconda Madre, Oliviero Rainaldi ci invita in un percorso di visione e ascolto profondo, in cui il silenzio del bianco e del nero diventa spazio fertile per l’immaginazione, la memoria, il mito.


Oliviero Rainaldi
Seconda Madre
Sino al 23 maggio 2025

La Nuova Pesa
via del Corso, 530
Roma

Dal lunedì al venerdì
10:00 – 13:30 / 16:00 -19:30

Info:
Tel. – 06 3610892