Se la maestra ammaina la bandiera.

La maestra Maria lavora da alcuni anni, su incarico del ministero degli esteri romeno, in una scuola italiana dove più che in altre parti è presente una comunità proveniente dal suo paese.

Lo scopo iniziale era di riavvicinare i bambini nati in Italia alla cultura d’origine, facendo corsi di perfezionamento nella lingua dei genitori, insegnando loro tradizioni e costumi che crescendo in Italia avrebbero presto dimenticato.

Quest’anno, vista la disponibilità delle colleghe della scuola dell’infanzia, in occasione delle feste del Natale avevano messo in piedi un progetto per insegnare a tutti i bambini le canzoni di Natale anche in romeno.

Grande gioia tra i bambini che hanno subito preso come un nuovo gioco lo studio della lingua che anche i loro amichetti parlavano.

Ma qualche genitore ben pensante si è messo di traverso, dapprima qualche commento scocciato mentre riprendevano i bambini, poi proteste sempre più decise e convinte, fino a costringere il Dirigente Scolastico a chiudere il progetto, visto anche lo spavento della maestra Maria di fronte alla veemenza dei genitori.

Personalmente ho criticato la scelta del dirigente, non si accettano le contestazioni dei genitori al proprio lavoro, l’insindacabilità delle scelte didattiche dei docenti a qualunque livello, è sempre stato un baluardo della scuola pubblica italiana, accettare di trattare queste scelte equivale ad ammainare la bandiera della propria indipendenza di fronte alle richieste dell’utenza.

Credo invece che mai come in questo momento questa bandiera debba essere lasciata in alto, proprio ora che famiglie sempre più distratte, stordite dalla crisi economica, hanno abbandonato il cimento educativo per lasciare i propri figli davanti a tv, computer e play station, vittime sempre più spesso senza alcuna difesa di messaggi commerciali sempre più sfacciati e sempre meno subliminali.

Così la scuola, soprattutto quella per i più piccoli, è l’ultima tutela che questi bambini hanno per formarsi una personalità, per apprendere la socialità, per diventare adulti responsabili.

E allora se anche le maestre che tutti i giorni, nonostante i loro problemi quotidiani, nonostante gli stipendi bassi, nonostante l’opera di demolizione che i governi per primi hanno avviato verso la loro professionalità, se anche le maestre ammainano la bandiera, allora sul serio non ci sarà più nulla che ostacolerà il cammino dei nostri figli verso la loro trasformazione in perfetti consumatori, pigramente abbandonati davanti alla tv, pronti a cadere da un momento all’altro nell’obesità infantile.

Ci vorrebbe allora che di fronte a casi simili, di fronte a scene analoghe in ogni scuola d’Italia, con i genitori che si improvvisano maestri, professori, presidi e magari anche ministri dell’istruzione, non ci scordassimo che ogni giorno centinaia di maestre, anche dell’asilo, impegnano la loro esistenza a correggere omissioni, ignoranza e superficialità di altri soggetti o istituzioni, pur con tanti limiti e qualche esagerazione, ma ricercando tenacemente tra mille difficoltà una riconversione educativa che sia in grado di fornire ai più piccoli gli strumenti di crescita e di protezione per e dal futuro, con un lavoro al limite del sacrificio personale. Allora qualche volta mi piacerebbe che fuori la scuola, qualche genitore scrivesse “W le maestre!”

  Sergio Spera.

 

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