EDITORIA AUTOPRODOTTA

Libro originale, ripercorre attraverso due biografie la storia di due confini: quello tra sudtirolesi e italiani, e quello tra italiani e sloveni. Confini ora tangibili, ora invisibili, modificati nel tempo dalla politica sino a diventare oggi i più aperti d’Europa. Ma con una lunga scia di odio, morte, diffidenza e danni alle persone. L’autore narra due storie emblematiche di gente comune: la storia di Giovanni Postal, cantoniere italiano presso Salorno (dove scorre la linea linguistica che divide da sempre italiani e tedeschi), e di Udo Grobar, pensionato della minoranza slovena di Gorizia con i parenti oltrela Casa Rossa, che all’epoca equivaleva al Muro di Berlino. Il primo salta per aria nel 1961 mentre cerca di rimuovere un ordigno messo lungo la strada dai terroristi tirolesi, l’altro si trova  nel1991 inmezzo alle sparatorie tra milizia slovena ed Esercito federale jugoslavo per il controllo dei valichi di frontiera. Due uomini comuni ed abitudinari, sconvolti e travolti dalla Storia. Di entrambi seguiamo da vicino la vita banale, regolare, fino a quel momento in cui la loro vita cambia o sparisce. Giovanni Postal e Udo Grabar si trovano in mezzo ad avvenimenti più grandi di loro e non hanno la coscienza politica o la cultura per affrontarli. Sono dunque perdenti. Conquistano però il loro posto nella storia, che non è fatta solo di episodi di guerra e trattati di pace. Ma anche nel grande romanzo storico i protagonisti si trovano sempre al momento sbagliato nel posto sbagliato, incapaci di scegliere tra la fedeltà al proprio clan e il nuovo che avanza, e soprattutto poco coscienti del cambiamento epocale. Qui, anche se malconcio, Udo Grobar almeno resta vivo, mentre Giovanni Postal paga caro il suo senso civico e anche la sua imprudenza.

La narrazione delle due storie è preceduta da due introduzioni. Una è di Majda Bratina, l’altra di Oskar Peterlini, rispettivamente per il confine Nordest e per l’Alto Adige/Sud-Tirol. Confine politico ormai disciolto al sole il primo; confine tutto interno alla nazione l’altro, ma non invisibile. Per l’Alto-Adige/Sudtirol, la lunga introduzione del senatore Oskar Peterlini (pp. 14-60) sfora ampiamente lo spazio concesso alla slovena Majda Bratina (pp.7-13), ma è una lettura illuminante. Se ne ricava non solo la storia del Tirolo, che forse pochi italiani conoscono bene, ma soprattutto il punto di vista tirolese. Quanti di noi sanno p.es. che anticamente i Tirolesi erano esentati dal servizio militare al di fuori della loro terra, ma a patto di difendere militarmente i valichi strategici, a cominciare dal Brennero? Gli Schutzen (i miliziani tirolesi) da noi non sono certo amati, ma storicamente in Europa la legalizzazione di milizie regolari autonome è stata concessa solo in casi estremi, come nelle krajne, le province militari balcaniche dell’Impero Asburgico. Questo ha dato col tempo ai Tirolesi una coscienza politica e un’identità particolari, fortemente strutturata e di fatto sottovalutate dai governi italiani che, soprattutto tra le due guerre, hanno cercato di snazionalizzare la zona. Il resto è storia, ben riassunta da Peterlini e scavata nel quotidiano da Scagnetti, che ci illustra anche retroscena poco noti. Chi scrive, se non della Feuernacht si ricorda almeno di Klotz e Burger e della ventina di italiani – militari e civili – vittime del terrorismo sudtirolese, ma anche della capillare presenza militare: c’erano soldati dappertutto. Ma solo dopo abbiamo saputo delle manovre dei nostri servizi segreti e dei circoli pangermanisti bavaresi, tra ambiguità, timori e colpi bassi. Se gestita male, poteva finire come in Irlanda del Nord. Colpisce piuttosto l’aspetto assoluto del punto di vista tirolese. Noi italiani siamo stati cacciati e snazionalizzati dall’Istria e dalla Dalmazia da un governo jugoslavo che concedeva invece l’uso della lingua e un seggio in Parlamento persino agli Zingari, per cui difficilmente riusciamo a capire di cosa possa ancora lamentarsi oggi una minoranza ricca, autonoma e protetta dal bilinguismo amministrativo e dalla riserva dei posti e delle case, che ha di fatto frenato l’immigrazione italiana e creato – almeno in certe zone – una sorta di Apartheid alla rovescia. La speculare autonomia del Trentino non deve ingannare: fu voluta da De Gasperi per bilanciare provvedimenti troppo favorevoli alla parte germanofona. Perché non è questione solo di lingua, ma di culture diverse. Né è facile capire per un italiano medio la figura di Aldo Moro, che sia verso gli Austriaci che gli Jugoslavi (senza contare i Libici) sembra aver concesso tutto in cambio di niente, sbandierando poi i rispettivi trattati come un grande successo della diplomazia italiana. In nome della Pace e su pressione dell’ONU e degli Americani, ma di fatto rafforzando quella destra nazionalista che si voleva eliminare dal gioco politico. Poi, per fortuna – ma l’on. Peterlini ne parla poco – l’unificazione europea ha di fatto superato il concetto stesso di nazione, a tutto vantaggio (paradossalmente) delle regioni storiche. Non però di quelle artificiali, come la Padania, che del Tirolo non potrà mai comprendere e mutuare le strutture profonde.

La minoranza slovena è  invece meno numerosa e meno ricca e istruita di quella sudtirolese, per cui ha una storia diversa, fatta di contadini del Carso, montanari di Carnia e operai inurbati, magari anche agguerriti, ma privi di istruzione superiore. In più, dopo l’ultima guerra questa comunità è rimasta a cavallo della frontiera, politicamente divisa tra Cominformisti (= stalinisti) e titini, osteggiata dai nazionalisti italiani e vista come quinta colonna di un’invasione jugoslava, pur godendo comunque di tutele maggiori di quelle concesse alla minoranza italiana oltreconfine. Attualmente la ricchezza economica raggiunta dalla Slovenia e lo sviluppo del porto di Capodistria stanno modificando i rapporti di forza tradizionali, ma per anni non è stata così. E infatti Udo Grobar lavorava in ospedale a Trieste come umile operaio, prima di tornare – impoverito – al suo borgo sloveno in quel di Gorizia. E’ italiano, ma di serie B. Approfitta della carne e benzina jugo e dei valichi secondari per andare dai parenti, ma non si rende conto della situazione che cambia, anzi precipita. In fondo, nella Guerra Fredda aveva come tanti trovato un equilibrio. Minimalista, ma stabile. Il suo errore è lo stesso delle gerarchie politiche dell’epoca: pensare che tutto questo durasse in eterno, mentre dopo il9 novembre 1989– quando crolla il Muro di Berlino – l’Europa è cambiata per sempre.

Unica nota negativa: l’impianto tipografico. Per un malinteso con l’editore (come abbiamo appurato scrivendogli direttamente) l’impaginazione riproduce in scala la struttura delle bozze in Word, con gli stessi margini e interlinea e microscopiche note in calce. Peccato, perché la distribuzione affidata alle librerie Feltrinelli ha risolto invece il problema di sempre: quante volte un buon libro è rimasto in magazzino per mancanza di una rete distributiva!

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ACCADDE AL CONFINE: STORIE DI GIOVANNI POSTAL E UDO GROBAR
di Scagnetti Gianluca
€ 14,50
Editore Pubblicato dall’Autore, 2012
Collana La community di ilmiolibro.it
5a edizione
pagine 272
Isbn:9788891015044

http://ilmiolibro.kataweb.it/schedalibro.asp?id=758222

 

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