
La guerra tra Russia e Ucraina tra le altre cose è caratterizzata da un’intensa attività di propaganda, ora evidente, ora più raffinata. Sul campo di battaglia non si capisce mai chi sta vincendo o chi rompe l’accerchiamento, del resto il fronte sembra quello della prima Guerra Mondiale e la guerra non può essere descritta in modo chiaro, sia pure al netto della propaganda. Nei social invece è un pullulare di pagine e gruppi tipo “La Russia non è il mio nemico”, “Italiani in Bielorussia”, “Io sto con Putin”, che uno può liberamente seguire. Neanche è detto che siano finanziati dal Cremlino, viste le mille sfaccettature della sinistra e destra italiana. All’interno degli interventi il tasso di informazione è basso: tanti elogi al presidente Putin, insulti a Zelensky, a Ursula von der Leyen, alla Metsola, alla Kallas e all’Unione Europea dei burocratii, ma tutto sommato poche sono le analisi politiche e poche le informazioni sulle società in questione. Alcuni interventi sono più articolati, ne cito uno per tutti:
“Incredibile come certi italiani, immersi fino al collo nei problemi del loro paese, trovino sempre il tempo di criticare il presidente della Bielorussia. Forse dovrebbero prima guardarsi attorno: pensioni da fame che non permettono di vivere, sanità al collasso con liste d’attesa di mesi, ospedali sporchi e affollati. Donne che la sera hanno paura di camminare da sole, aggressioni, furti, degrado ovunque. I trasporti pubblici sono un disastro, i giovani scappano all’estero, chi resta sopravvive tra tasse insostenibili, stipendi miseri e burocrazia folle. E questo sarebbe il “mondo libero”? Eppure proprio chi vive in un sistema allo sbando si arroga il diritto di giudicare un paese ordinato, sicuro e rispettoso. Parlano di dittatura ma accettano il caos e la paura come normalità. Prima di dare lezioni alla Bielorussia, certi italiani dovrebbero guardare al disastro in casa loro”.
Rispondendo a tono: non confondete l’amministrazione con la politica, pur essendo interconnesse. In Austria o in Finlandia ho trovato stazioni pulite, servizi efficienti e sicurezza per strada, eppure sono due paesi democratici gestiti da politici regolarmente eletti, con una fisiologica alternanza fra forze politiche rispettose della Costituzione. Un potere cristallizzato da troppi mandati crea comunque una casta politica preoccupata di consolidare la propria presenza nelle istituzioni politiche e sociali. Quanto alla democrazia, non può essere vista soltanto come una forza eversiva di equilibri sclerotizzati. Sicuramente la democrazia non può essere esportata, nel senso che devono essere prima poste alcune basi elementari per farla funzionare. Non basta indire elezioni, creare liste, mandare le ragazze a scuola e non arrestare più i giornalisti; la partecipazione popolare matura nel tempo, altrimenti si ripropone un sistema di clan che si spartisce il potere dietro una facciata democratica. Quanto diceva Plutarco è ancora attuale, proprio perché vedeva nella democrazia un sistema instabile ma dinamico e capace di adattarsi alla realtà, pur con tutti i pericoli di oligarchia o disinteresse popolare. E qui chi ha scritto quelle righe sopra citate fa capire di non avere interesse per la politica, purché gli venga garantita la sicurezza economica e sociale. Sono gli Indifferenti del 2000.




