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Fury

Fare un buon film di guerra non è facile: per garantire lo spettacolo si deve spendere molto, le ricostruzioni devono essere attendibili e le battaglie realistiche. In più la guerra non è più un valore, almeno nella nostra società, quindi è difficile dare oggi un assetto ideologico accettabile a un genere di film ormai messo in discussione dal pacifismo. Da qui la tendenza a mostrare il lato brutale della guerra ed eroi rosi dal dubbio sulla loro missione. Qui in Fury l’impianto dato dal regista David Hayer è in realtà è relativamente tradizionale: siamo nel 1945 e le truppe alleate hanno ormai varcato il Reno e sono entrate in Germania, ma devono scontrarsi con la dura resistenza tedesca, che ormai difende casa propria. Qui seguiamo un plotone di carri armati Sherman della seconda Divisione corazzata americana, veterana dello sbarco in Normandia e della controffensiva delle Ardenne (che al cinema significa: Il giorno più lungo, Bastogne e Salvate il soldato Ryan) ma messa ora in seria difficoltà dai carri tedeschi Pantera e Tigre, tecnicamente superiori e tatticamente meglio utilizzati. Capo carro è il sergente Don “Wardaddy” Collier (Brad Pitt), mentre il resto dell’equipaggio è formato da veterani rozzi e induriti. Come rimpiazzo del quinto carrista arriva il giovane occhialuto Norman Allison, classica recluta da scozzonare, e infatti il confronto coi veterani è immediato. Confronto che si farà più drammatico quando riprende l’avanzata: per colpa di Allison,durante un’imboscata il carro conduttore viene distrutto e il capo plotone Parker ucciso. A quel punto il nostro sergente di ferro decide di iniziare il novizio alla realtà della guerra e lo prende sotto la sua ala. E’ un educatore discutibile, visto che lo obbliga ad uccidere un prigioniero a sangue freddo, ma la sua teoria è che i soldati tedeschi vanno ammazzati tutti. Diciamo pure che l’allievo impara subito e quasi ne gode, ma neanche il nemico fa sconti. Per fortuna anche la guerra ha i suoi intervalli: durante l’occupazione di un borgo, sergente e carrista conoscono per caso due ragazze tedesche e con una delle due – Emma – il nostro novizio ci va anche a letto. La colazione è purtroppo rovinata dalle provocazioni degli altri carristi – soldatacci induriti se non criminali – e da un bombardamento che uccide le due donne. Si riparte su ordine del duro capitano Wagoneer, stavolta per presidiare l’incrocio di una carrabile che dovrà essere poi occupata dalla fanteria. Purtroppo dopo un duro scontro con una batteria anticarro e un panzer Tigre (autentico, prelevato da un museo, ndr.), di quattro carri ne resta uno solo: il nostro, soprannominato “Fury” . Ma è solo l’inizio: una volta giunti all’incrocio, di notte, lo Sherman si pianta colpito da una mina e in più si scopre che c’è una compagnia di almeno duecento tedeschi in transito. Che fare? Non c’è tempo per riparare il cingolo e il buon senso suggerisce di abbandonare il carro e nascondersi fin quando il nemico è passato. E qui – come nel Soldato Ryan – dal realismo si passa all’assurdo. Mentre nel primo film la pattuglia attacca battaglia con tutti invece di nascondersi, qui si decide di chiudersi nel carro armato a mo’ di fortezza e di resistere fino all’arrivo dei rinforzi. Insomma, la classica missione suicida. E i tedeschi, nonostante siano dure Waffen SS, vengono decimati dal tiro del cannone e delle mitragliatrici di bordo. Ma l’assedio non può durare a lungo: le armi anticarro scalfiscono la fortezza d’acciaio e le munizioni scarseggiano. Collier sarà colpito da un cecchino e resta a bordo, mentre Allison si salverà uscendo dalla botola di sicurezza (che sfiata sotto il pavimento del carro, ndr.). Nascosto nella buca aperta dalla mina, viene scorto da un tedesco, il quale per pietà fa finta di non vederlo. I tedeschi se ne vanno, lui aspetterà poi dentro al carro il suo destino, ma per fortuna arriva la fanteria, che ha dunque trovato la strada ormai sgombra. Infatti i tedeschi si sono mortalmente accaniti su quel carro invece di procedere fino a presidiare le posizioni assegnate. Nell’ultima scena Allison guarda per l’ultima volta il suo carro dal finestrino dell’ambulanza. Una panoramica dall’alto riprende lo Sherman con attorno pile di cadaveri. Tra parentesi, l’ottima direzione della fotografia di Roman Vasyanov ha dato al film un tono cupo, tutt’altro che solare, mentre lo scenografo Andrew Menzies ha saputo creare ambienti complessi, ricordandoci che la guerra moderna è fatta di uomini, ma anche di macchine e altri prodotti industriali. In più il film alterna spazi aperti all’universo claustrofobico dei carri armati, pari solo a quello dei sommergibilisti di U-Boot 92. Eppure quei cinque carristi chiusi dentro quella scatola di acciaio che li sballotta ogni momento si sentono come a casa loro, a modo loro l’hanno persino arredata, anche se quello spazio puzza di sudore e carburante e sanno benissimo che rischiano di finire arrostiti. E siccome molte inquadrature sono riprese in soggettiva, dentro quel carro ci siamo anche noi spettatori.

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Fury
Titolo originale Fury

Un film di David Ayer
Con Brad Pitt, Shia LaBeouf, Logan Lerman, Michael Peña, Jon Bernthal, Jason Isaacs, Scott Eastwood, Jim Parrack, Brad William Henke, Jonathan Bailey, Branko Tomovic, Marek Oravec, James Henri, Laurence Spellman, Kevin Vance, Adam Ganne, Sam Allen
Azione, Ratings: Kids+16
durata 134 min.
USA 2014
Lucky Red

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