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L’immaginazione al podere

07 MP LocationAlla fine la sceneggiatura era quasi pronta: una storia d’amore tradizionale o quasi, con le opportune (e trendy) contaminazioni del momento, opportunamente inserite nella trama. Gay e famiglie arcobaleno dovevano entrarci per forza, normali come la coppia in crisi o i contratti a termine. Ma l’idea portante era che la storia si dovesse svolgere all’interno di un’azienda agricola rivitalizzata da giovani imprenditori figli di vignaioli impoveriti dalla crisi. Inutile parlare di borsa e obbligazioni a un pubblico composto di famiglie che vivono in provincia, mentre invece le startup agricole stanno ora prendendo piede tra i giovani. Ma a quel punto le storie d’amore e le alleanze commerciali si sarebbero incrociate quasi meglio che nel realismo socialista, interagendo una con l’altra. Due coppie giovani e rispettivi genitori tradizionalisti in agricoltura ma abbastanza moderni in amore.

Ora, per chi non fosse pratico di produzioni cinematografiche, va detto che – a parte la scelta del regista – il problema non è trovare un paio di bravi scrittori e sceneggiatori, né fare il casting degli attori. Il vero problema è trovare i soldi per produrre il film. Per un film prodotto ce ne sono cinquanta che non vedranno mai la pellicola, e sul Giornale dello spettacolo le denunce di lavorazione non devono ingannare: son poco più che atti amministrativi e non è detto che quei film o sceneggiati saranno completati o persino iniziati realmente. Il finanziamento del cinema avviene essenzialmente attraverso il credito bancario. Ma devi dare garanzie, e in questo il mondo del cinema somiglia molto a quello dei palazzinari. Come un nuovo cantiere paga l’appalto precedente, così un film nuovo serve a pagare i buffi della produzione arretrata. E se un film incassa poco, bisogna subito produrne un altro di cassetta, altrimenti le cose vanno male. Ma sono anni che ormai ora si tende a vendere all’estero il film prima ancora che ne sia stata iniziata la lavorazione, attraverso compromessi di ogni genere, quindi dimenticate l’immagine del produttore vecchio stile – l’ultimo è stato Franco Cristaldi – e consideratelo ora come una via di mezzo fra l’imprenditore e l’appaltatore, con ottime (e necessarie) doti di intermediario. Se poi si riescono a programmare i passaggi televisivi ancora meglio, tanto la gente non va più al cinema e le sale chiudono. Naturalmente in prima serata certe cose sarebbero sconvenienti, quindi altri compromessi, anche se ormai al pubblico familiare fa piacere vedere la coppia gay o il migrante integrato per fidanzamento con la figlia. Però niente incesto, anche se ormai dilaga.

Ma torniamo al lavoro di budgeting (1). Una serie di accordi con la regione Puglia garantiva una serie di vantaggi finanziari sotto forma di defiscalizzazione nel caso fossero stati scelti per le riprese alcuni luoghi da valorizzare: fattorie e aziende dove sviluppare l’agriturismo, centri storici di piccoli paesi da ripopolare. Questo era coerente con l’idea di partenza: narrare la ripresa di un’azienda agricola vinicola. Che vino scegliere in questo caso? I vini pugliesi sono almeno una trentina (2). Parecchi produttori si misero in lizza e la produzione si vide recapitare parecchie casse di bottiglie, prontamente accantonate per le feste di rappresentanza. Era bastato inviare una serie di mail e di lettere con la carta intestata della produzione a una serie di aziende, specificando che non solo il loro marchio sarebbe stato visibile in alcune scene (sarebbe vietato, ma in commissione stanno attenti solo a sigarette e superalcolici), ma che la location avrebbe valorizzato le loro colline e le loro vigne e quindi la promozione turistica in Italia e all’estero. Qui nessuno s’inventava niente: è noto quanto gli stranieri amano il vino italiano e le loro zone di produzione, che tuttavia non sempre conoscono. Le vigne ben ordinate rendono il paesaggio gradevole, ma le bottiglie in tavola son sempre un valore aggiunto. Prendete il commissario Montalbano: è una buona forchetta e col pesce un buon bianco non può mancare. Alla fine si optò per un Bianco d’Alessano

Nella trama dovevano confrontarsi più generazioni: gli anziani vignaioli e i loro figli e nipoti che lottavano per modernizzare l’azienda agricola e renderla competitiva per il mercato estero. Trama banale, ma di sicuro effetto, mezza erede del grande romanzo russo ma aggiornabile ai tempi attuali. Centro dell’azione doveva essere la grande masseria di famiglia. Ma una variante fu introdotta per l’interessamento della Provincia autonoma di Bolzano, o meglio, di alcuni imprenditori altoatesini. In sostanza, se eravamo disposti ad ambientare parte della trama in alta val Venosta, c’era la possibilità di un sostanzioso contributo finanziario. Avremmo avuto almeno un albergo tutto per noi, addirittura ne sapevamo già il nome: a esser pignoli era il Fernblick a san Valentino alla Muta, in quel di Curon Venosta (Graun im Vinschgau). Bene o male dovevano rientrarci pure le mele col marchio appunto della valle, quindi niente mele del Trentino, ma neanche le austriacanti Marlene. Quanto al vino, andavano bene sia il Riesling che il Kerner, tanto tipici della val Venosta, ma fu scelto il secondo perché più vicino alla location. E’ comunque un ottimo bianco col pesce alla griglia.

Furono richiamati gli sceneggiatori. Potevano adattare la trama mischiando la Puglia col Sud-Tirolo? L’ibridazione era possibile o poco credibile? Visto che c’erano di mezzo i soldi, la produzione non avrebbe perso tempo: o si cambiava la trama o si cambiavano gli scrittori. In genere gli sceneggiatori si dividono in tre categorie: gli intellettuali, i professionisti e gli aspiranti. I primi sono insopportabili e lavorano solo per i grandi registi, gli altri sono duttili e scrivono a comando, adattandosi alla situazione in un modo sconosciuto all’intellettuale che frequenta da anni le sale d’essai e ama il cinema, ma nulla conosce del retrobottega produttivo. In modo analogo, chi scrive colonne sonore può essere un bravo musicista oppure un marchettaro del pentagramma, ma anche bravi professionisti hanno ogni tanto accettato sottobanco lavori in nero per sfamare la famiglia. La terza categoria, gli aspiranti, è quella che ha pure seguìto corsi di sceneggiatura e scrittura creativa, ma non conosce ancora i trucchi del mestiere e soprattutto non ha i giusti agganci per entrare nel giro. Se ne incontri uno, ti chiederà sempre “chi conosci?” Per cui, non appena qualcuno gli promette un lavoro, sono disposti a sgobbare anche di notte per riscrivere da capo scene e dialoghi. Lo sceneggiatore a contratto li chiamava i miei negretti, termine molto diffuso nell’ambiente. Ma grazie a loro si andava spediti. Erano riusciti tra di loro a formare un gruppo affiatato e questo era un vantaggio nei tempi serrati richiesti dalla produzione.

La prima idea era copiata da un vecchio fatto di cronaca: un giovane imprenditore del nord Italia s’innamorò di una ragazza calabrese che non avrebbe mai trovato marito dopo una violenza carnale subìta poco prima. In realtà erano stati i parenti a commissionare lo stupro, in modo da lasciare intatta la grande proprietà terriera di famiglia. Quest’uomo del nord era naturalmente estraneo a quella mentalità e fece capire che della verginità non gliene poteva fregare di meno. La cosa finì in tribunale perché, sempre per non frazionare il latifondo, i parenti di lei cercarono di fare la pelle al nordista guastafeste. La trama sembrava però più adatta a un film di Mario Salieri (3) che a un film per i canali televisivi. Piuttosto, i giovani agrari pugliesi avrebbero potuto conoscere i loro colleghi sudtirolesi durante una vacanza in val Venosta. Poco importa se il bel meridionale s’innamorasse della figlia del direttore della cantina sociale di Curon Venosta o il giovane sudtirolese produttore di mele e gestore del turismo perdesse la testa per la bellezza italiana conosciuta nell’albergo di famiglia: l’importante è che la famiglia si opponesse, in modo da terminare la serie televisiva con un bel matrimonio che integrasse nord e sud, italiani e sudtirolesi. E qui c’era solo da scegliere: trame simili sono vecchie come il mondo. Sicuramente uno del nord avrebbe suggerito la modernizzazione delle vigne pugliesi, ma era meglio non replicare lo stereotipo del sud arretrato. Su questo punto la discussione si protrasse per diverse ore, arrivando a un compromesso: il sud- tirolese non avrebbe messo bocca sulla gestione delle vigne pugliesi, ma sarebbe stata invece la bella ragazza del sud a far notare la modernità dell’economia altoatesina. Al ritorno dalla vacanza in montagna lo avrebbe poi riferito ai fratelli e al padre, naturalmente sordi come pentole. Manfred – chiamiamolo così – una volta presentato in famiglia, sarebbe stato oggetto di facili ironie, molto educato con tutti ma capace di chiedere perché il vino prodotto localmente si chiamasse primitivo.

Solo che i danni della xylella agli uliveti pugliesi avrebbero drasticamente indirizzato gli investimenti nel settore vinicolo. La falcidia degli ulivi secolari poteva essere sfruttata pure per mostrare all’estero l’arbitrio dell’Europa dei burocrati di Bruxelles verso i produttori di olio meridionali, e nella sceneggiatura qualcuno avrebbe magari detto che quegli uliveti secolari li avevano piantati i Greci. Su questo insisteva molto uno degli aiuto sceneggiatori, di Barletta, che aveva preso a cuore la sorte degli ulivi. Era lui che suggeriva le battute anche dialettali da mettere in bocca ai personaggi meno colti dello sceneggiato, né sapeva che il film sarebbe stato doppiato in inglese per l’estero. Quelle battute avrebbero compensato gli educati ma legnosi altoatesini dell’altra metà della trama, il cui accento e le movenze non potevano essere mascherate. La Provincia autonoma di Bolzano infatti aveva insistito per una serie di attori locali – alcuni in realtà austriaci e bavaresi – per favorire la distribuzione del prodotto nelle reti televisive di Innsbruck e Monaco, ma bisogna dire che per i nostri gusti quegli attori erano tutti bravi ma poco espressivi.

Tutto sarebbe a questo punto filato liscio: trama credibile, location finanziate, casting quasi pronto. I fotografi avevano già iniziato a fare i sopraluoghi sia in Puglia che in val Venosta, un brogliaccio di dialoghi era già strutturato, se non che arriva la telefonata del produttore, o meglio del gruppo di azionisti che avevano programmato la prevendita della serie. Fermi tutti, bisognava farci entrare un inglese. Un inglese? Certo: la serie forse si poteva vendere anche a una rete britannica, e da qui il contratto con Netflix era cosa fatta. Ormai i negretti erano abituati a questi cambiamenti di vento, per cui non si scomposero. Alla corte britannica si era nel frattempo celebrato il matrimonio tra il principe Harry e Megan e l’onda lunga dei rotocalchi sarebbe durata mesi. Un inglese, magari aristocratico, poi fa sempre scena, e nel nostro sceneggiato poteva essere stato il fidanzato della figlia del possidente pugliese quando lei era andata a studiare in qualche costoso college estivo nella terra di Albione. In fondo quella ragazza era una che se la tirava, come tante provinciali ricche, quindi la storia era più che credibile. Sarebbe stata anche l’occasione per mettere in mezzo qualche stilista italiano trapiantato a Londra, interessato a far conoscere le proprie collezioni. Anche la ragazza pugliese doveva essere elegantissima, ma Italian Style. Gli unici che forse avrebbero posto problemi di vestiario erano i crucchi altoatesini, ma a loro si sarebbe pensato in seguito. Già, ma il nostro inglese come reinserirlo nella trama? Veniva in Puglia da singolo o piuttosto con moglie e figli per godersi le gioie dell’agriturismo? E l’incontro dopo cinque anni sarebbe stato casuale o si sarebbero prima rincontrati su Facebook dopo qualche anno? La prima ipotesi avrebbe aggiunto un tocco melodrammatico alla vicenda, nel secondo caso sarebbe stata un tocco di classe al passo coi tempi, per cui la scelta non portò a discussioni. Ne frattempo si aspettava la decisione della banca…

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  • Il budgeting è una delle fasi iniziali e più importanti della produzione cinematografica e consiste nel reperire i fondi necessari alla realizzazione del film. I processi per il suo avvio nascono durante lo sviluppo, generalmente durante la scrittura della sceneggiatura, quando il regista deve proporre ai produttori dello studio cinematografico interessato un bilancio di spesa approssimato e ottenere da loro il mandato per procedere con la pre-produzione. Procedendo e dilungandosi nella produzione, il budgeting viene solitamente diviso in quattro aree: talento creativo (cast tecnico e artistico), produzione diretta (costo per costruzione di set e materiale necessario alla lavorazione), post-produzione (costo per le fasi di questo processo) e settori vari (completamento delle obbligazioni, distribuzione, marketing, etc).
  • Per la precisione: vini DOCG 4, vini DOC 29, vini IGT 6 (Fonte: UIV – ISTAT)
  • Mario Salieri, napoletano, è un affermato regista italiano di film pornografici, bisogna dire di qualità: trame decenti e legate alla cronaca o alla letteratura, attori e attrici che sanno recitare anche col volto. Anche la fotografia, affidata al bravo Nicola De Sisti e spesso in B/N, è di rara qualità nel mondo dell’hard. Dopo il 2008 – crisi dell’home video – si è adeguato all’internet. Grosse polemiche ha suscitato il suo remake (2017) de La Ciociara. (vedi: https://it.wikipedia.org/wiki/Mario_Salieri)