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Viae Publicae Romanae

Al nuovo sindaco vorrei chiedere di ascoltare gli automobilisti, magari istituendo una casella email dedicata. Non parlo di via dei Fori Imperiali, difesa chissà perché proprio dagli archeologi, ma del resto di Roma. Per anni non ho mai guidato la macchina perché non ne avevo bisogno: abitavo infatti al centro; poi mi sono sposato e a mia moglie abitare al centro non interessa: come troppi romani ama le comodità e non si farebbe mai tre piani di scale come ho fatto io per anni, né accetterebbe di vivere in un quartiere ormai troppo rumoroso o dove è impossibile trovare parcheggio. Neanche le interessa avere a portata di mano cinema, teatro, musica dal vivo e locali decenti senza dover riprendere la macchina. Ma non è di questo che voglio parlare, ma piuttosto di cosa significa guidare in una città organizzata da tecnici e politici privi di senso strutturale. Per senso strutturale intendo la capacità di affrontare un problema nel suo complesso invece di risolvere la situazione un pezzo per volta. Che senso ha costruire l’enorme ponte della Musica per farci passare solo pedoni e ciclisti? E perché un’arteria importante come la via Ostiense è servita da poche linee di autobus, a differenza della Nomentana? E se non conoscete bene Roma vi chiederete per quale motivo è vietato percorrere alcune strade dall’inizio alla fine. Parlo di via Venti settembre, del lato sinistro del Lungotevere, di tante altre strade a cui è inibita la propria funzione primaria. E spesso vi perderete o almeno finirete da un’altra parte perché le indicazioni sono insufficienti, i cartelli e i semafori sono troppi o messi male. Alla fine di via di Porta Maggiore come interpretare p.es. un semaforo che mostra il rosso e il verde insieme? Poco male: procedete lo stesso, visto che dovete girare attorno a Porta Maggiore invece di passarci dentro, ma evitate di montare sul marciapiede che protegge i binari del tram e soprattutto cercate di infilare l’accesso alla Tangenziale est, mai così cervellotico come su una piazza dove passano due tipi di tram e tutto il traffico per la Casilina. Ma cambiamo quartiere: ormai sono pratico, ma chi potrebbe pensare che dopo Cinecittà è impossibile voltare a sinistra per andare all’ambulatorio dell’IPA, per cui bisogna girare al semaforo prima della Lamaro, cioè un chilometro prima? E provate ad andare alla stazione Tiburtina in Tangenziale est provenendo da San Giovanni: semplicemente l’accesso ancora non esiste. Se poi venite invece dalla direzione opposta, vi ritrovate a girare a destra salendo la rampa, poi riscendete ancora ma solo se riuscite a leggere un cartello piccolo all’inizio della Tiburtina. Ma non era la stazione più importante di Roma, anche se chi l’ha progettata era forse più pratico di aeroporti? E a proposito di cartelli, ma chi aveva l’appalto della segnaletica per l’Auditorium? Quel cartello l’ho trovato anche a Spinaceto. Provate invece a leggere in galleria Giovanni XXII le indicazioni per uscire sulla Trionfale o sulla Pineta Sacchetti: ma fatelo subito senza andare a sbattere sullo spartitraffico di cemento, visto che i cartelli sono piccoli, non sono illuminati e sono messi troppo in alto e troppo vicino agli svincoli. Oggi ho calcolato che, in circostanze normali, quei cartelli sono leggibili solo da sei metri di distanza, una frazione di secondo per decidere. Perché non unificarli con lo standard di quelli della Tangenziale in galleria? Se invece percorrete il Ponte delle Valli provenendo da Conca d’Oro e intendete immettervi nell’Olimpica per andare verso lo Stadio, rallentate per due motivi: il cartello è illeggibile e la curva è a 90 gradi. Chiaramente chi guida spesso queste cose le sa, ma c’è sempre una prima volta. Nella vecchia Tangenziale, p.es., provenendo da Salario, all’altezza del Verano, al cimitero rischiavate di finirci davvero, visto che si aveva solo un decimo di secondo per decidere se andare a sinistra per San Giovanni o a destra a Tiburtino o restare in mezzo addosso al paracarro. Per fortuna ora è tutto in galleria. E a proposito di gallerie, direi che a Roma – e non solo a Roma – manca uno standard di illuminazione e cartellonistica. E che dire di quel fastidioso sfarfallamento che disturba chi guida nel tratto aperto dell’Olimpica tra il Tevere e lo Stadio? E’ dovuto a una copertura a cella d’ape per frangere i rumori. Sì, ma gli occhi?

E passiamo alle barriere. Lunghi guardrail si alternano a marciapiedini bassi bassi, ma perché? Perché mai l’inizio del Ponte delle valli è diviso in due corsie da una barriera continua di cemento per cinquanta metri e poi solo con un basso marciapiede che rischia di fare da trampolino per chi lo strusciasse? Lo stesso sull’Olimpica, che alterna barriere decenti a bassi marciapiedi. E nelle confluenze, quante volte il guardrail – spesso smozzicato e deformato da anni di urti – termina con un basso marciapiede di foggia triangolare che non proteggerebbe da errori di manovra, ma anzi li amplificherebbe? E se poi vogliamo parlare di semafori, ma perché sulla Salaria nel tratto dall’incrocio di viale Liegi fino alla fine di villa Ada – un paio di chilometri – ve sono una dozzina, oltretutto nemmeno sincronizzati? Mai comunque come tra Ponte Vittorio e Porta Castello: ce ne sono quattro in poco più di cento metri. Almeno dopo una cert’ora potrebbero essere anche disattivati, no?

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