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Krimi

In Italia chiamiamo giallo un romanzo di argomento criminale; in Germania il genere è più opportunamente chiamato Krimi (1). Attualmente in Italia il giallo scandinavo è di moda, ma quello tedesco è ancora poco noto. Un vero peccato, visto che nulla ha a che fare con le teutoniche serie televisive piene di poliziotti inespressivi, algide bionde, giovani psicopatici, industriali truffatori e teste di cuoio senza volto. In realtà il Krimi è un genere ben strutturato; da qui l’iniziativa di una piccola casa editrice italo-tedesca, la Book Salad, che dedica al genere una collana, Angst (paura), con l’accortezza di tradurre solo quei libri che possano offrire al lettore italiano anche un’immagine dell’attuale società tedesca. Citiamo qui due autori in catalogo: Vincent Kleisch (Il profeta della morte) e Karl Olsberg (Il Sistema) (1). Sono due autori profondamente diversi: il primo è un attore e presentatore televisivo, ma anche un autore di successo che ha scritto un libro dopo l’altro, quasi fosse seriale come i suoi assassini. L’altro invece è un informatico specializzato in intelligenze artificiali e lavora ad Amburgo come consulente aziendale. Ma oggi parleremo solo di Kleisch e del suo Profeta della Morte.

Come tutti gli altri romanzi di Vincent Kleisch, siamo a Berlino (dove del resto l’autore abita) e naturalmente si descrive una società assai dinamica. Siamo nel quartiere di Wedding, una zona di caserme d’affitto abbastanza degradata, dove gli assistenti sociali hanno molto lavoro con famiglie a dir poco problematiche. Una giovane donna avvelena il marito e poi si uccide. Dramma familiare? No, perché c’è chi aveva previsto tutto in dettaglio. Chi è questo profeta? L’atmosfera è ambigua, un po’ come ambiguo è il volto dell’autore. Il commissario Julius Kern della LKA (la squadra omicidi) dovrà scontrarsi con il suo acerrimo nemico, l’assassino seriale Tassilo Michaelis. In realtà i due sono legati da strani rapporti, con finale a sorpresa. Questo Tassilo tortura e uccide le vittime con sadismo efferato, e in questo ricorda certe produzioni video tedesche specializzate in BDSM. Ma il nostro assassino non è stupido: sempre attento a non lasciare indizi anche dopo aver fatto il macellaio, è anche un fine intenditore, gentile e formalmente impeccabile, e infatti lavora nella ristorazione di lusso. Ma aveva iniziato da cameriere umiliato e da qui è iniziata la sua carriera di assassino: Tassilo uccide chi gli manca di rispetto. Noi italiani nel crimine siamo sicuramente più passionali che repressi (la mafia è un discorso a parte), ma qui siamo in Germania, dove il pubblico sicuramente s’identifica con personaggi simili. Ma il pregio di questo libro consiste nella continua ambiguità. Ambigui certi quartieri berlinesi, dove in cantina succede di tutto. Ambigui i personaggi: ambiguo Tassilo, ambigui i poliziotti che gli danno la caccia, a cominciare da Kern, di cui non si capisce il vero rapporto con il suo rivale; ambiguo Jonathan, ex compagno passivo dei giochi di Tassilo, che diventa una specie di Virgilio nei gironi del sadomaso violento. Il primo a descriverli letterariamente fu in realtà un altro scrittore tedesco poco noto in Italia. Parlo di Hubert Fichte, grande scrittore omosessuale di Amburgo, morto nel 1986 di Aids a cinquant’anni e autore assai prolifico di saggi e romanzi. Ma da noi è stato tradotto solo Pubertà scritto nel 1974 ma da noi uscito nel 1977 per i tipi di Garzanti, oltre ad una lunga conversazione con Jean Genet uscita nel 1987 per Ubulibri. Un vero peccato, visto la grandezza dello scrittore (5).

Ma torniamo a Berlino. La caccia all’assassino è una corsa contro il tempo, prima che si avveri un’altra profezia di cui non diremo niente per non levare nulla al lettore. Anche se certe descrizioni non sono adatte per uno stomaco debole, bisogna ammettere che la tensione sale al cardiopalma e che la trama è ben costruita. Ma non sveleremo certo il finale. Piuttosto, ecco come l’autore stesso spiega la sua estetica:

Quando ero un bambino sono stato affascinato dal “Faust” di Goethe e più tardi ho letto anche “Il silenzio degli innocenti”. Trovo incredibilmente avvincente il classico principio del patto con il male perché sono entità lontane ma al contempo vicine. Kern e Tassilo sono come amici che hanno opinioni divergenti. In più sulla loro amicizia aleggia un mistero, un segreto. Tassilo uccide perché odia quando gli si manca di rispetto, quando nell’esercizio delle sue funzioni di cameriere lo si tratta male. Quindi mi chiedo: come fanno inservienti, cuochi, camerieri e tutti coloro che lavorano nell’ambito del servizio a sopportare i clienti? Tutte le storie (tranne gli omicidi) che racconto nel libro sono capitate nella realtà a me o ai miei colleghi. Spesso non è facile sopportare. Ovviamente solo pochi ospiti sono così terribili come quelli descritti nel libro. Però in questo tipo di lavoro servono delle valvole per “far uscire il vapore”. Il mio è scrivere .(…) Ovviamente è anche possibile creare tensione senza sangue, ma la morte è sempre la paura più grande di tutte – e queste paure ci affascinano molto”

Per me l’assassino è il protagonista nel thriller. Una persona che uccide altre persone è affascinante e desidero raccontare del perché compie quegli atti. Se tengo segreta la sua identità non ho nessuna possibilità di raccontare la sua storia. Sono anche dell’opinione che un assassino sconosciuto non possa esistere in un thriller ma solo in un giallo. Quando la gente guarda “Batman” nessuno si lamenta del fatto che subito si sappia che il “Joker” è cattivo”.

Detto questo, speriamo che anche il Krimi abbia presto in Italia i suoi fan.

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NOTE:

Noi lo chiamiamo così per il colore della copertina della prima e tuttora popolare serie edita da Mondadori.

Karl Olsberg è in realtà lo pseudonimo di Karl-Ludwig Freiherr von Wendt.

La fantascienza non ha stranamente saputo prevedere Internet, anche se Bruce Sterling (maestro del cyberpunk) scrisse nell’88 un libro che si chiamava Isole nella rete. Ma in realtà la scienza spesso corre più rapida degli scrittori: ancora negli anni ’70 nessuno di loro riusciva a immaginare un computer con circuiti miniaturizzati.

Da un’intervista pubblicata sul sito dell’editore italiano.

Sarebbe auspicabile che siano tradotti in italiano almeno Die Palette (1968) o das Weisenhaus (1977) o Wolli Indienfahrer (1978). Quello che sorprende è che Hubert Fichte sia poco noto in un paese – il nostro – dove l’interesse per la letteratura omosessuale ha ormai raggiunto la maturità.

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Libri KRIMI - Kleisch Il profeta della morteTitolo:Il Profeta della Morte

Autore: Vincent Kliesch

Traduttrice: Anna-Sophie Grashofer

Editore: BookSalad (Angst), 2013

Pagine: 315

Prezzo 15 euro

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Libri KRIMI Vincent_Kliesch