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Post d’Arte: Pirandello e il “Salvator Mundi”

Fausto Pirandello
Una delle personalità di spicco, se non la più significativa, dell’Espressionismo figurativo italiano. Una pittura ricca di energia tonale calata nella cromia di toni caldi e terre dove gli elementi, figurativi e non, fremono, si scompongono e si ricompongono in un flusso di vitalità pur dolorosa nella sua intensità. C’è qualcosa del grottesco di Soutine e qualche folgorante baluginare di Scipione: ma è tutto suo l’amore tattile, sensuale, per il disporsi della materia e il suo totale compenetrarsi nello spazio che di esso vicendevolmente vive. Si parlò,negli anni ’60, di una sua evoluzione cubista della figura, ma a tale tardiva sperimentazione rivendico invece la qualità della sua cifra precedente, tra Scuola Romana, Kokoscha ed espressionismo, che ne fa il più rappresentativo artista, tra gli anni ’20 e ’30, di quel fervido periodo di rinnovamento figurativo.

Quando Ben Affleck regala un Pollock
…In un film visto sere fa in tivù (non importa il titolo, un film americano d’azione, con Ben Affleck). Alla fine della storia il protagonista dona alla ragazza un dipinto di Pollock, lei ne rimane allibita facendoci capire lo straordinario valore pecuniario (neanche fosse un Leonardo!) della tela.. Il fatto che mi ha sconvolto o magari rattristato è che nel film il protagonista possiede anche un originale di Renoir che in pratica viene valutato come un trascurabile “minore” di poco valore rispetto al Pollock… Ora, con tutto rispetto per Pollock e i suoi “sgocciolamenti” oso, sì, oso affermare che Renoir era ed è un grande e Pollock, se vuoi, un curioso sperimentatore nevrotico e alcolizzato che forse gode di eccessiva considerazione, messo tra i “numi” e i geni artistici del novecento… Ma questo piccolo esempio la dice lunga sui tempi che viviamo… Lucio fontana stravince su, che so, su Perugino, o Mirò mortifica Delacroix.. salute a noi!

Un presunto per 450 milioni
Il “Salvator Mundi” opera (presunta) di Leonardo è stata venduta per 450 milioni di $ ovviamente ad un anonimo e quindi è diventata invisibile perché un museo avrebbe avuto tutto l’interesse a pubblicizzare l’acquisto…. Che dire? Una piccola sconfortante considerazione: ormai viviamo in una società incapace di creare non dico il Bello e l’Assoluto, ma di creare comunque, una società arida che vive nella violenza come unica affermazione dell’individuo e nell’acquisizione dei beni materiali (soldi e potenza), e quindi non può far altro, come un vecchio ricco e impotente, che comprare la bellezza, la giovinezza dello spirito, la pura creatività .Non rimane, come in un agone sportivo, che la gara all’asta a chi spende di più ricevendone encomi, applausi (e invidia)! L’unica arte vera e concreta dei nostri tempi? Il restauro, non resta che restaurare tutto, ma proprio tutto: ogni cosa che appartiene al passato, anche mediocre e di maniera, viene tesaurizzata e ammirata come testimonianza di un’epoca aurea e leggendaria… L’uomo ha venduto, da tempo, la sua anima, al Dio Denaro e alla sua arida logica. Non resta che raccogliere tracce e reperti del passato e metterli in cassaforte… E pensare che in altri tempi non ci si pensava una volta a buttar giù una scultura, un palazzo, a coprire un affresco per l’urgenza del nuovo talento… e nessuno si sognava di gridare al misfatto!

Post d’Arte: Artemisia e le altre

Artemisia Gentileschi (1593-1653)

… Di Artemisia si è letto e si è scritto di tutto: artista vittima dei suoi tempi maschilisti, icona del protofemminismo, donna ribelle e coraggiosa, o oltretutto pittrice valente…Io stesso già ne scrissi molti anni fa in  una mia rubrica. L’arte e la moda sono un dubbio connubio ma tant’è!… da Artemisia non si sfugge: libri, saggi, racconti, film, credo che manchi solo un melodramma dell’artista-eroina cinquecentesca. Dissi allora, e ribadisco, quanto fosse curioso e rivelatore il suo prediligere in più di un suo lavoro la rappresentazione cruda e sanguinaria dello “scannamento” di Oloferne da parte dell’eroica Giuditta; esplicita anche se non confessata rivalsa della violenza subita nella realtà: una specie di vendetta in chiave artistica che potrebbero spiegare meglio di me austeri psicanalisti… Ma aldilà dell’episodio di cronaca e delle sue conseguenze, parliamo solo un pò dell’effettivo valore pittorico dell’Artemisia: il raffronto con il padre Orazio è tutto a favore di quest’ultimo (per me)..dalle cupe e tetre atmosfere intrise di sangue e di orrore della figlia, scene appessantite da un caravaggismo di maniera, ricco di orpelli e di sovrabbondanza decorativa, si passa invece al chiarore aurorale dei dipinti paterni dove l’abisso drammatico si stempera in un rigore compositivo e in una qualità plastica che ne fa del Gentileschi non un pedissequo caravaggesco ma un autore di spirito e intenzioni originalissimi.

Elisabetta Sirani (1638-1665)

Artista nel pieno della stagione barocca. Il suo, un barocco “languoroso” e sentimentale, con auguste tracce di Guido Reni. Pittura più devozionale che originale, in riga più con i parroci controriformisti che con la rivoluzione caravaggesca. Trionfo della Santa Maternità e della salottiera disponibilità al rassicurante conformismo di una dolcezza volta allo Spirito con fiducia fanciullesca.

Lucrina Fetti (1600-1651)

Artista della corte mantovana dei Gonzaga, fattasi suora di sant’Orsola, esplicò una pittura tutta sua, devozionale sì, ma di robusta struttura chiaroscurale dove luce, natura e personaggi vivono di ariosità e consonanza quasi musicale. Fantasia la sua, frutto di meditazione monacale ma arricchita da singolari invenzioni barocche ( vedi “il Sogno di Giacobbe”) di gusto scenografico.

Orsola Maddalena Caccia (1596-1676)

Anche lei suora e pittrice, deliziosa decoratrice di trionfi e festoni, resta nell’ambito di un barocchismo scenografico e teatrale. Le sue figure vivono immerse in una specie di compassata malinconia dove tutto è previsto e stabilito, e un vago ottimismo le arrotonda e le infonda in una specie di giardino incantato.

Post d’Arte: da Botero a Rigaud

La storia dell’Arte, tutta la storia di tutte le arti è fatta di incalcolabile, sublime narcisismo… Narcisismo tragico e possente (non querula vanità) per trasformare appropria immagine e somiglianza qualsiasi realtà. Cosicché il mondo, da futile e fugace apparenza, diventa sostanza e carnale riflesso della nostra anima riassumendosi nei disperati specchi dell’artista… Egli si effonde nell’universo e in sé lo racchiude, traducendolo dall’abisso dell’enigma nella certezza vicina e concreta del nostro dolore. Che altro c’è?… Il resto è obiettivo di cronaca mediocre, arte minore, decorativa cialtroneria.

(da “Zibaldone privato“- giugno 1995)

Il minore Botero

Non molto tempo fa (mi sembra fu’ in una trasmissione di Maurizio Costanzo) si definì Botero il più grande pittore del novecento: giudizio a dir poco avventato se si pensa al foltissimo drappello di artisti del secolo di alta o altissima qualità espressiva (Balla, Boccioni, Sironi, Morandi, Afro ecc., solo per restare in casa nostra)… Botero, al massimo, con la sua pittura sacrificata ad un livello di ripetitività satirica (gli eterni ciccioni) può aspirare a definirsi come curioso “minore”, una specie di Arcimboldo dei nostri tempi, in un ambito ristretto ad una originalità aneddotica.

Crivelli e il crudelismo

In Carlo Crivelli l’esigenza espressionista (per quel che noi intendiamo espressionismo) e’ una dimensione talmente scoperta e inderogabile da rasentare il “crudelismo” di una umanità urlante e vulnerabile fin nelle sue fibre intime… una umanità lontanissima, pur contemporanea, dagli olimpici equilibri quattrocenteschi.

Moreau  o Redon

Moreau, il campione di un simbolismo fine secolo un po’ “pompier”, un po’ sovrabbondante di orpelli e vezzi erotici… molto più interessante il simbolismo decisamente surreale di Odilon Redon.

La rusticità di Utrillo

Amo la pittura di Utrillo… la sua tecnica e’ elementare, spesso ingenua, quasi infantile… ma i suoi colori sono stemperati in un diluente poetico di forte intensità emotiva. la sua Parigi fatta di vecchie stradine di periferia, di rusticità campestri, di antichi intonaci, in uno struggente clima autunnale, e’ una città rivissuta nella memoria di un autentico poeta, un luogo posto nella regione della irrimediabile nostalgia di un mondo perduto nell’incanto di una stagione che pure fu nostra…

L’onesto Rigaud

Hyacinthe Rigaud (1659-1743), artista di corte sotto il re Sole Luigi XIV… Ecco l’esempio di un artista perfettamente “calato” nel suo tempo e nelle sue esigenze… successo, rinomanza, serenità e una vita lunga e piena di soddisfazioni… a che altro può aspirare un valente pittore? Forse di vivere una esistenza breve e tormentata da genio dannato e “maledetto” come Caravaggio?.. Certo, Caravaggio “resta” nella memoria mentre l’onesto Rigaud chi lo ricorda più?.. Ma importa poi molto?… Se potessi, dite quello che volete, sceglierei senz’altro la vita del buon Rigaud!