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VIZI PRIVATI E PUBBLICI TABU’

Lo scandalo dell’eurodeputato dell’estrema destra ungherese Jozsef Szajer, coinvolto in un orgia con 25 uomini e uso di cocaina, è solo l’ultimo caso dello storico legame tra perversione e politica. Ma neanche è certo il primo caso di pubblici difensori della famiglia tradizionale che sono insieme peccatori. Certo, se Szajer era stato accusato di omofobia, siamo all’ assurdo: se significa “paura dei gay”, Szajer era invece un temerario. Ma visto che di Ungheria parliamo, mi piace ricordare due stupendi film in argomento, anche se datati: Vizi privati e pubbliche virtù(1975) e Una notte molto morale (1978). Il primo si deve al genio di Miklós Jancsó e declina in modo politico la morte dell’arciduca Rodolfo d’Asburgo (1889), l’erede al trono di Francesco Giuseppe ufficialmente suicidatosi nel castello di caccia di Mayerling assieme alla giovane amante Maria Vetsera. Si parlò di cospirazione internazionale e Jancsó la reinterpreta in modo personale: i due amanti e i loro amici vengono uccisi dalle autorità imperiali per aver complottato di detronizzare l’Imperatore e per la loro sfacciata, degradante immoralità. In realtà l’arciduca è un ribelle e vuole dissacrare l’autorità del padre cominciando da se stesso, e nel film c’è di tutto: orge, incesto, droga, esibizionismo, bisessualità. I funzionari e ufficiali imperiali intervenuti vengono umiliati, finché dopo l’ultima trasgressiva festa quattro ribelli vengono uccisi con la pistola e si spaccia la versione del suicidio. Il film fu denunciato da alcuni critici come “gratuitamente grafico”, ma in realtà è fortemente ideologico: nelle intenzioni del regista, la decadenza e l’ipocrisia dell’impero si riflette nel comportamento perverso e aberrante ma disperato del principe, impersonato da Lajos Balázsovits, mentre Maria Vetsera è Teresa Ann Savoy, che rivedremo in altri film dove sesso e potere s’intrecciano perversamente. Una curiosità: tra le disinibite attrici c’è anche Ilona Staller. Altra curiosità: il titolo originale ungherese è Magánbűnök, közerkölcsök, cioè “vizi privati, pubblici piaceri”.

Una notte molto morale (Egy erkölcsös éjszaka) è un film del 1978 diretto da Károly Makk e per la sceneggiatura si vale anche dello scrittore e commediografo Itsvan Orkeny e del regista Peter Bacso’. La trama è uno spasso: nel migliore bordello cittadino vive ospite uno svogliato studente di medicina, e quando corre voce che la madre verrà a trovare il figlio, i notabili del paese e la tenutaria della “casa” le faranno credere che quello è un prestigioso collegio per ragazze di buona famiglia. Non è detto che la madre (Margit Makay, grande attrice drammatica) ci creda, ma sa mantenere una rassegnata dignità. Ma per una notte tutti mediteranno sulla propria identità, per tornare il giorno dopo alle solite abitudini.

In realtà il decennio che segue il ’68 è uno stupendo elenco di riflessioni sul potere: La Caduta degli Dei diretto da Luchino Visconti del 1969 con Helmut Berger, Il Portiere di notte di Luciana Cavani del 1974 con protagonista Dick Bogarde o ancora Zeta – L’ orgia del potere di Costa Gravas del 1969, con Irene Papas. Nel 1975, poche settimane prima del massacro sul lido di Ostia, Pier Paolo Pasolini conclude le riprese del film Salò o le 120 giornate di Sodoma, affidando alla raffigurazione orgiastica una potente metafora del potere, attinta all’opera del marchese de Sade. L’anno successivo vede l’uscita di Salon Kitty, di Tinto Brass, metafora invece di Sesso e Nazismo. E qui ritroviamo Teresa Ann Savoy, che rivedremo ancora come Drusilla nel 1979 in Caligola, film che pochi hanno visto nella versione integrale e che vide una serie di disavventure produttive uniche nel suo genere: Gore Vidal (sceneggiatore) fu cacciato via dal produttore (e poi regista non accreditato) Bob Guccione (editore della rivista Penthouse), mentre Tinto Brass levò in seguito la firma dalla regia, per cui quel film neanche è chiaro di chi sia. Il film fu poi sequestrato e tagliato tante di quelle volte da non capirci più niente. Nel film comunque sesso e potere sono legati in modo indissolubile, e Caligola (Malcom McDowell) è un campionario di arbitrio, violenza e perversione sessuale tipici appunto del potere assoluto.

Molti dei film citati ebbero continui guai con la censura, che più che al messaggio politico si attaccò alle scene di sesso esplicito presenti nelle opere, in realtà non fini a se stesse come nell’ordinaria pornografia, ma ideologicamente motivate. Non si capisce a questo punto se l’ossessione censoria fosse il sesso o il messaggio politico. Probabilmente tutt’e due, ma fu facile relegare coraggiose opere d’arte al di fuori delle normali sale cinematografiche, relegandole nei cineclub o addirittura nelle sale a luci rosse, dove non erano affatto gradite dal pubblico sbagliato.