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SBERLEFFI DI UNA CHANSON

Il clamore che ha suscitato la condanna a due anni di carcere duro al gruppo punk delle Pussy Riot per mano della polizia ha offuscato la strage dei minatori durante uno sciopero per delle rivendicazioni salariali in Sud Africa.

La polizia sudafricana ha reagito ad un imminente pericolo dei manifestanti, armati di bastoni, machete e armi da fuoco, che stavano protestando perchè ritengono che 400 euro mensili per 11 ore lavorative a 2mila metri sottoterra per estrarre il platino sono insufficienti anche per chi vive in Sud Africa.

La colpa delle Pussy Riot è di aver esternato con una preghiera cantata in una chiesa moscovita di Cristo Redentore la loro contrarietà al potere imperante di Putin in una Russia autoritaria.

La sentenza, basata sull’imputazione di vandalismo e istigazione all’odio religioso, non chiarisce se è stato ritenuto un’aggravante invocare in un luogo dell’ortodossia russa la Madonna che si porti via Putin, portando offesa allo zar, o il dimenarsi in una chiesa.

Amnesty International ha chiamato a raccolta tutti gli attivisti dei Diritti Umani a manifestare per la libertà delle ventenni punk e l’Occidente alza la voce per l’eccessiva severità della condanna scoprendo solo ora che in Russia è a rischio la libertà d’espressione solo perché il mondo musicale si è schierato con le Pussy Riot, ma nessuno ha biasimato il comportamento delle autorità sudafricane.

Le controversie tra due sindacati rivali sono sfociate in violenza trasformando una rivendicazione per migliorare le condizioni lavorative in uno scontro di tutti contro tutti.

Il gruppo Lonmin, proprietario della miniera, vuole tutelare i suoi interessi e minaccia di licenziare tutti gli scioperanti se non tornano a lavorare. Interessi che sembrano aver avuto una favorevole svolta dopo un periodo di affanno per il platino e dove le quotazioni sono in risalita per la gioia dei mercati e delle minoranze ingioiellate. Un futuro con una penuria di platino è più grave della mancanza di acqua o di una strage.

Uno scontento che ha contagiato altre miniere sudafricane per una vita divisa tra il lavoro nelle viscere della Terra e quella nelle baracche di lamiera, in un paese ricco di risorse goduto da pochi.

L’attenzione dei media sull’universo musicale evidenzia anche le contraddizioni come quella nella quale è inciampato Sting che prima si schiera in difesa delle Pussy Riot e poi canta in un’esclusiva festa in Costa Azzurra del plutocrate russo David Kaplan sostenitore di Putin. Precedentemente in Costa Smeralda aveva deliziato le orecchie degli invitati di Alisher Usmanov, numero uno della Gazprom, per festeggiare la sorella maggiore di Putin avvalorando l’asserzione che Svetonio attribuisce a Vespasiano sul denaro e la sua mancanza di odore: Pecunia non olet.

La triste realtà è che il mondo musicale vive di gossip e sono molti a voler partecipare mentre gli intellettuali si accodano.

Il caso delle Pussy Riot è diventato il simbolo per salvaguardare la libertà d’espressione in attesa della registrazione del marchio, mentre poco trapela per la libertà creativa degli artisti tunisini continuamente sotto il mirino islamista. Violenze che non si limitano alla dialettica, ma confinano in continue aggressioni fisiche che coinvolgono anche la classe docente illuminata sino ad emarginare nelle retrovie della quotidianità le donne cancellando tutte le conquiste con la proposta di modificare le pari opportunità tra donna e uomo nella sua “complementarietà”.

Mentre il diritto d’informazione cerca di essere salvaguardato da Julian Assange per Wikileaks ponendosi sotto l’ala protettiva del governo ecuadoregno, il governo inglese dimostra come sempre di non avere buoni rapporti con la stampa.

Per quei governi che dimostrano autorità nei confronti delle informazioni ce ne sono altri che come la Birmania aboliscono dopo cinquanta anni la censura preventiva sui media dopo essere stato considerato da Reporters sans frontières uno dei peggiori paesi in termini di libertà di stampa.