Ucrainazisti: Perché i russi…

Ucrainazisti: Perché i russi…

Putin giustifica l’intervento militare in Ucraina per “denazificarla”. Ora, in guerra la realtà è sempre filtrata attraverso la propaganda, ma in effetti sul campo è attiva una formazione paramilitare neonazista – il Battaglione Azov – alle strette dipendenze dell’esercito regolare ucraino. Formato da volontari ucraini e stranieri con esperienza militare, ha ormai raggiunto l’organico di 3.000 uomini, al punto da cambiar nome in Reggimento operazioni speciali Azov. Dislocato nell’area del Mar nero, ostenta effettivamente simboli nazisti e finora ha dato filo da torcere agli schematici reggimenti russi. Meno numeroso è (o era) invece il 24° Battaglione d’Assalto Separato “Aidar”, che con 400 uomini operava nel Dombass contro i separatisti russi. Difficile avere su questi reparti informazioni attendibili e aggiornate: anche se posti sotto il comando dell’esercito regolare, tendono naturalmente ad essere autonomi, a seguire i loro capi e non sempre rispettano delle leggi di guerra. In più, tendono ad aumentare la loro fama con atteggiamenti esibizionistici a uso dei mass-media. Questo non significa che non sappiano combattere; il problema è che una gestione meno superficiale di queste compagnie di ventura gioverebbe innanzitutto al governo ucraino, il quale appoggia ed esalta reparti da cui dovrebbe invece prendere le distanze.

Andando però indietro negli anni, scopriamo però che c’è qualcosa di già visto. Parlo della 14° Divisione Waffen SS “Galizien”. Reclutata fra gli Ucraini d Galizia (una regione fra Polonia e Ucraina, da non confondere con l’omonima regione iberica) ma anche fra Slovacchi e altre minoranze ostili ai Sovietici e al Comunismo. Da un bacino di 80.000 volontari fu addestrato nel 1943 un contingente di 14.000 uomini, dove gli ufficiali tedeschi mantenevano i gradi più alti. La divisione fu mandata a combattere nel 1944 sul fronte orientale, dove fu pesantemente impegnata nell’area di Brody, distretto di Leopoli, Ucraina occidentale. Dal 19 luglio, dopo feroci battaglie, la divisione, assieme ad alcune unità tedesche, fu accerchiata e sconfitta dall’Armata Rossa. A dispetto della difficoltà del combattimento, la divisione seppe mantenere la disciplina e molti dei suoi membri furono capaci di infrangere l’accerchiamento. Dei 10.400 impegnati in combattimento se ne salvarono 7.000, che ripiegarono in buon ordine. Poco tempo dopo il reparto fu ricostituito attingendo alle riserve. Il 17 marzo 1945 emigrati ucraini crearono il Comitato Ucraino Nazionale per far valere gli interessi ucraini presso la Germania, ottenendo che la Galizien diventasse la 1° Divisione Ucraina. Nel frattempo l’Armata Rossa avanzava e la disfatta era solo questione di tempo. Fu a questo punto che la Divisione si arrese non ai Sovietici, ma agli Anglo-Americani. Fu la salvezza: gli stessi Inglesi che avevano consegnato ai Sovietici la Divisione del generale Vlasov (fanteria di linea ucraina armata dai tedeschi) e i Cosacchi stanziati in Carnia, stavolta non accolse le richieste sovietiche. 8000 prigionieri furono esfiltrati dall’Austria e internati in un campo di prigionia a Bellaria – Igea Marina, vicino Rimini e poi, su interessamento del Vaticano e dei governi Statunitense e Canadese, si favorì la loro emigrazione in Canada e in altri paesi sicuri. Diciamolo pure: gli andò bene. Anche se non furono mai trovate neanche da parte sovietica prove di crimini di guerra di cui si macchiarono altri reparti SS, non fu mai organizzato nessun processo serio sui membri di una formazione militare comunque armata dai Nazisti. Va detto che la Galizien fu impiegata tardi e come reparto militare sul campo, in difesa del territorio piuttosto che come polizia di occupazione, ma è indubbio che per una volta gli Alleati chiusero un occhio e il Vaticano discretamente fece la sua parte. In fondo, anche se peccatori, erano “buoni cattolici e ferventi anticomunisti”. Così li raccomandò il loro vescovo Ivan Buchko.

Negli ultimi anni le insegne della Galizien si sono viste in alcuni cortei in Ucraina, fin quando un tribunale ha ufficialmente stabilito con una sentenza che quei simboli sono nazisti e pertanto sono vietati.

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