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Uscita dal Nulla (I racconti di Campo di Fiori)

L’amico Fritz vuole il mio aiuto e non posso dirgli di no:  deve sistemarmi il computer  e caricarci una copia pirata di un software e io poco ne capisco. Abita a poche centinaia di metri da me, in uno dei vicoli attorno a piazza Farnese, quindi è comodo. Conosco anche sua moglie: è facile incontrarla mentre a piazza Farnese passeggia e prende il sole con il figlio in carrozzina. E’ giovane, come lo è il mio amico informatico: entrambi sono fra i venti e i trenta e la casa dove abitano forse apparteneva a una nonna. Non è grande, ma in quella posizione va bene tutto; una sera mi hanno anche invitato a cena e ho dato anche un’occhiata ai loro libri: alcuni erano anche in francese e in olandese, ma da queste parti c’è veramente di tutto.

L’amico però mi chiede qualcosa di cui non può parlare con sua moglie: per motivi di lavoro ha conosciuto una ragazza albanese e mi spiega la storia: lei viveva in Olanda ma è stata espulsa e ora vive a Roma e lui vorrebbe aiutarla a uscire dal suo ambiente. Così come la racconta, la storia non regge, ne manca la metà. Per fortuna abbiamo tempo, siamo seduti a un tavolino della latteria di vicolo del Gallo e il caffè me lo faccio durare tanto. Fuori piove, quindi non c’è nessuna ragione per uscire fuori, e lentamente saltano fuori altri dettagli della storia: lei faceva spesso la spola tra Roma e l’Olanda, guadagnando da alcune commissioni, ma solo per vivere e pagarsi le spese. Intuisco che forse era roba di droga (leggera?), ma l’amico Fritz resta sul vago. In ogni caso è stata espulsa dall’Olanda perché irregolare. E adesso a Roma che fa? Vuole uscire da un certo giro. Giro di che? Prostituzione o che altro? L’amico o fa il finto tonto o è un ingenuo. Prendo comunque tempo; ci si rivedrà non appena avrò preso alcune informazioni. Certo, così com’è raffazzonata la storia non regge e se ne potrebbe ricavare la sceneggiatura per un film poliziesco, con tanto di inseguimenti, ricatti e altro. Un minimo di curiosità comunque rimane e per questo mi muoverò. Le informazioni le prendo, ma non sulla ragazza; del resto non lavoro in polizia. Telefono a un centro di ascolto per ragazze di strada e spiego più o meno la storia come mei è stata raccontata. Mi risponde una voce femminile, non credo italiana, la quale mi consiglia di far mettere in contatto la ragazza direttamente con loro. La questione è delicata ed è meglio non esporsi in prima persona. Ma a questo punto richiamo l’amico Fritz e fisso di nuovo un appuntamento in latteria, solo che stavolta voglio che sia presente anche la ragazza. La voglio conoscere e spiegarle quanto consigliato dalla voce amica, dove casi come questo sono all’ordine del giorno. Non so neanche com’è fatta, questa ragazza, ma lo saprò presto.

Quando entro in latteria, i due sono già dentro seduti al solito tavolino di marmo. Visto che paga l’amico, chiedo un caffellatte e la signora mi serve subito: mi conosce da anni e ancora ho il ricordo di sua madre, tanto simile alla sorella di mio nonno. La ragazza è un po’ come me l’aspettavo: giovane, biondina, truccata con discrezione, vestita sexy ma non troppo. Parla un italiano decente e si direbbe voglia farsi passare per brava ragazza. Ascolta tutto ma parla poco, né faccio domande. Capisco che si fida di me e questo mi basta. Dagli sguardi che i due si scambiano ho capito però che il mio amico ci è già andato a letto e che questa è una paracula, altro termine non mi viene in mente. Recita molto bene la parte della ragazza che vorrebbe avere un futuro ma scopre troppo poco le carte e questo non mi piace. In tasca poi da questa storia non me ne viene niente, quindi le passo le informazioni ma le faccio capire che io da questa storia voglio rimanere fuori. Il fatto poi che lei si possa muovere liberamente non quadra con la storia del giro di sfruttamento. Più facile che stesse insieme a un mezzo spacciatore che ora vuole scaricare, sempre che non lo abbia già fatto. Di ragazze straniere venute a compromessi con Roma ne ho conosciute tante: chi ha fatto la babysitter, chi ha posato per PlayBoy una volta finiti i soldi, chi si mette con chi la può ospitare, oppure i solti giri di droga e adesso anche i servizi fotografici per le riviste porno. Non so poi in che rapporti stia con altri albanesi, visto che quella è gente dura e non guarda in faccia nessuno. Devo dire che il suo corpo è attraente e il suo sguardo buca lo schermo, ma io a Campo di Fiori eviterei di mettermi con una ragazza di cui so ancora poco niente. L’atteggiamento del mio amico poi è strano: non si capisce se è il classico pollo o sa e non dice. E’ sposato e ha un figlio piccolo, ma questo sembra secondario. Sua madre poi l’ho anche conosciuta: una mezza olandese o francese che traffica con mobili indonesiani per l’esportazione. In effetti mi riviene in mente lo scaffale con i libri in olandese che avevo visto quella sera. Mi ricordo anche della bellezza di alcune ragazze olandesi figlie di coppie miste, come ho visto ad Amsterdam. L’Indonesia era infatti una colonia olandese e in viaggio ritenevo la cucina indonesiana preferibile a quella cinese.

Finale della storia? Una schifezza. Lei è ripartita e l’amico mi ha chiesto di cercarla, manco fossi un detective. Mi ha dato nome e cognome dei genitori e un indirizzo, ma a me sembrava tutto molto aleatorio: i dati non sono verificabili non essendo registrati nella nostra Anagrafe; del resto il mio amico forse neanche sa bene qual è il vero nome e cognome della ragazza. Anche se all’epoca non c’erano ancora i cellulari, non avere un telefono di riferimento di un amico a me sembra strano. Non lo so, ma la cosa mi puzza e consiglio al mio amico di lasciar perdere le ricerche. In fondo, se quella ha deciso di sparire è perché avrà pensato che non le conveniva legarsi a un giovane professionista sposato; meglio un singolo con cui convivere lontano dall’ambiente di partenza. Quanto al mio amico, l’ho rincontrato un paio di mesi dopo. Nel frattempo la moglie era tornata dalla madre e si era portata appresso il figlio. E’ l’ultima volta che l’ho visto: semplicemente, non l’ho più cercato, né si è fatto vedere più in giro.

Canone Inverso (I racconti di Campo di Fiori)

Anche quando è la figlia a farsi avanti, si corteggia sempre per prima la madre. Sulla spiaggia ero stato avvicinato al bar da due donne giovani, che per un attimo si erano separate dal loro gruppo. Niente di strano: quando posso mi dedico alla vela e anche le due donne erano iscritte al mio stesso circolo. Una delle due l’avrei rivista il giorno dopo e fu lei a prendere l’iniziativa di chiacchierare con me; sul momento sono rimasto sulle mie: in genere non do confidenza, sono singolo e avendo più di cinquant’anni non mi fido mai delle situazioni facili e sinceramente trovavo questa trentenne un po’ troppo seduttiva. Mi fa un sacco di domande e rispondo in modo gentile, ma senza concedere troppa confidenza; parlare con lei è gratificante, ma sul momento la trovo un po’ invadente. Dopo dieci minuti passati attorno al tavolino del bar le chiedo ironicamente se sua madre è libera. E’ una provocazione, ma lei subito conferma quanto avevo intuito, sorridendo e portandomi realmente da sua madre, la quale banalmente prendeva il sole sotto l’ombrellone. Una donna normale, né bella né brutta, sulla cinquantina, con un bel corpo e un sorriso ambiguo, che solo più tardi avrei imparato a decifrare. Curiosamente, aveva poco seno, mentre sua figlia era più in carne. In ogni caso il contatto era stabilito, e così cominciò la storia che mi avrebbe cambiato la vita.
Non ci mettemmo insieme subito, ma dopo quasi due settimane. Ogni giorno uscivo con la mia vela, una laser molto veloce quanto scomoda, poi verso le 11 prendevo il sole chiacchierando con entrambe le donne. La madre di vela poco capiva ma ammirava chi la praticava, a cominciare da sua figlia, la quale si era iscritta al corso della Lega Navale. Ero ancora abbastanza atletico ma non certo tale da far scena sulla spiaggia e l’idea di un legame non mi dispiaceva. Qui tutto prometteva bene, e così fu: prima a pranzo insieme, poi la passeggiata sul lungomare, infine fui invitato a casa, il classico villino in affitto o in proprietà sul litorale laziale, ben arredato e soprattutto con una stanza da letto dove prima o poi speravo di dormire: niente di peggio di quelle donne (e mi sono capitate) che prima ti fanno vedere la camera da letto e poi ti lasciano fuori della porta. Comunque a letto alla fine ci siamo andati, era un afoso pomeriggio di agosto e la figlia era rimasta con le amiche sulla spiaggia. Sudavamo entrambi come candele e questo non mi dispiaceva. Trovai invece sgradevole il suo abbraccio, come se si aggrappasse a me invece di sedurmi. A parte il lavoro (impiegata presso un grande studio medico), della sua vita privata non sapevo molto, se non che aveva avuto comunque un uomo che era il padre di sua figlia. Io sono fatto così: se non ho progetti per il futuro faccio poche domande e aspetto che la storia me la racconti chi mi sta davanti. Nel tardo pomeriggio poi ci raggiunse la figlia, che sicuramente aveva capito per tempo lo sviluppo della giornata e forse aveva volutamente ritardato. Cenammo poi tutti insieme, ma tornai a casa mia: provavo imbarazzo verso la figlia, anche se era chiaro che proprio lei ci aveva lasciato educatamente la casa libera. Questo fu solo l’inizio, perché dalla settimana successiva iniziai a dormire a casa loro, ormai ero di famiglia. E proprio vivendo insieme nello stesso tetto mi resi conto di qualcosa che non mi aspettavo: la figlia era una provocatrice nata. Entrava in salotto scalza nonostante i rimproveri di sua madre, lasciava aperta anche la porta della sua stanza e mi faceva capire di saper tutto sulle nostre notti amorose, anche i dettagli intimi. Magari non diceva niente, ma lo faceva capire con lo sguardo, non è chiaro se complice o meno. Avesse almeno avuto un fidanzato! Era una ragazza normale e per trovarsene uno non le mancava niente. Sua madre comunque lasciava correre, incurante sia dello stile della figlia che delle mie reazioni, peraltro molto controllate. I rapporti tra madre e figlia risentivano della mancanza di un uomo in casa, ma non erano critici. In ogni caso la mia storia di coppia sarebbe finita con l’estate e lo facevo anche capire.
Ma qualcuno me lo impedì. Alla fine mi feci sedurre dalla figlia, devo dire senza troppa resistenza da parte mia. I dettagli non li scrivo, ma ammetto che la mattina dopo la colazione in famiglia fu vissuta in modo assolutamente regolare, senza sguardi allusivi e comunque con tanto caffè. Più tardi saremmo andati in spiaggia e io avrei ripreso ad andare a vela, ma ormai era cambiato tutto, né sapevo se la mia storia parallela avrebbe avuto seguito. In quei casi, era meglio non forzare mai la mano e aspettare gli eventi, e infatti per una settimana non successe quasi niente: io stavo insieme alla madre mentre la figlia si faceva i fatti suoi con i trentenni suoi coetanei.
Una cosa però la notai: la ragazza si riavvicinava a me ogni volta che vedeva allentarsi il mio legame con sua madre. Me ne accorgevo dal suo atteggiamento ansioso, oppure da uno sguardo troppo seduttivo. Nel corso della giornata magari non si notava, ma in certi momenti era come se un sesto senso la mettesse in guardia da una situazione di potenziale crisi. Lo so, esprimersi in questo modo è poco chiaro, ma tutto poi si traduceva in uno strano legame, dentro il quale si dipanavano dinamiche di cui avevo anche paura, mentre madre e figlia ben sapevano condurre il gioco delle parti. C’erano giorni in cui praticamente a turno stavo insieme con due donne diverse, anche se alla fine magari dormivo da solo e – diversamente da quanto si vede nei film – non c’era nessun tour de force. La madre nell’intimità non reagiva come altre donne con cui ero stato, in questo era molto passiva, mentre la figlia aveva una maggior coscienza del suo corpo, che usava si direbbe come mezzo di comunicazione. La madre invece devo dire che aveva un atteggiamento talvolta assente. A parte vuoti di memoria per indirizzi o impegni recenti (può capitare: dove avete parcheggiato la macchina ieri sera?), era a tratti nervosa o stanca. Era andata da poco in pensione e quindi non lavorava più, ma questo le aveva tolto quel minimo di socialità che aveva in ufficio, mentre la figlia ovviamente aveva il suo giro e faceva tardi la sera. Per fortuna al mare la sera uscivamo anche noi e ad Anzio (dove stavamo) non mancano occasioni di svago e si può sempre passeggiare per il porto o nel centro o mangiare del pesce. Mi poteva dunque annoiare magari l’apparente estraneità della madre, ma la vivacità della figlia manteneva alto il mio interesse per il legame e forse questo era palese anche a un osservatore esterno. E poi il letto: con la madre provavo sensazioni forti, mentre con la figlia era diverso, in un certo senso mi conosceva meglio lei e sapeva condurre il gioco invece di essere passiva. E’ stato spesso notato che nelle famiglie incestuose c’è un’inversione di ruoli, dove una madre assente o marginale delega le sue funzioni alla figlia, la quale si assume responsabilità anche gravose e in pratica cerca di tenere unita a tutti i costi la famiglia. Esattamente: mi trovavo dentro un caso da manuale e ne approfittavo, rimanendo però prigioniero del meccanismo. Quando poi ho capito che la madre iniziava a soffrire di Alzheimer, era tardi. Forse la figlia lo sapeva o lo aveva intuito e per questo cercava di legarmi a lei anche scendendo a compromessi. Ormai è passato del tempo e la figlia si è fidanzata e ora vive con il suo ragazzo, mentre io resto a casa con sua madre, com’è giusto che sia. L’amore ogni tanto lo facciamo pure, quando non è irascibile o assente per via della sua malattia. E faccio finta che la figlia abbia agito in buona fede, anche se so bene che non è vero. L’aveva pensata proprio bene.

Torno subito

Non più giovane ma neanche vecchio, mi accosto alle novità con la curiosità mia innata, ma anche con il disagio dell’alieno. A carnevale io e mia moglie siamo andati a una festa familiare, dove si ballava tutti: noi grandi, le figlie adolescenti (per conto loro) e anche i bambini: niente di strano, visto che per questi ultimi c’era più di una rete televisiva o web che trasmetteva in esclusiva baby-dance. Niente da stupirsi se imparano a muovere il culo e gli arti dai due anni in su, non appena conquistata la posizione eretta, per diventare più agili e armoniosi dei ballerini professionisti una volta adolescenti.

Questo mi porta a parlare di quanto sia ormai pervasiva la sessualizzazione della nostra cultura. Sapevo p.es. dell’esistenza delle chat e webchat lines, ma ignoravo che ce ne fosse anche una gratis e ho voluto curiosare. Diversamente da quelle più diffuse, questa linea garantisce un accesso realmente gratuito. Il segreto? Chi vuole affiliarsi deve avere solo una webcam e un buon collegamento ed esser maggiorenne, anche se forse qualcuno bara. Chi si esibisce e chatta con gli utenti collegati ama ricevere mancette (tips) e ogni gettone costa 10 centesimi di dollaro. Quando si raggiunge un certo importo si accontentano i desideri dell’utente collegato. Se poi qualcuno è più generoso, si va in camera privata, cioè la scena resta visibile solo per chi ha pagato. Ma prima di quel momento posso assicurare che si vede di tutto e di più: il dialogo è quasi pubblico e tutt’altro che esclusivo e non c’è limite alla fantasia sessuale. Chi sta davanti alla telecamera fa a mezzi con l’azienda e i pagamenti vengono liquidati con paypal o simili. Perché ne parlo? Perché c’è di tutto e di più: ragazze, gay, coppie, trans, amiche, signore sposate, addirittura persone anziane quanto coraggiose. Il porno è stato sdoganato a un punto tale che ormai ne tocchi la banale quotidianità. Quella che era nata come esibizione teatrale di professionisti è scaduta a dopolavoro per coppie esibizioniste o lavoretto per studentesse fuorisede. Se nessuno ti riconosce perché studi lontano dal paese (il che è da dimostrare), se hai tagliato i ponti col tuo ambiente, se vivi in un villaggio siberiano o in una favela sudamericana non te ne frega niente se per far soldi col sesso virtuale devi scherzare con sconosciuti e infilarti dentro arnesi finti. C’è chi va oltre: dopo gli scritti (la chat in tastiera) vengono.. gli orali. La puttanella colombiana tra un’esibizione e l’altra si fuma pure una sigaretta, mentre la studentessa rigorosamente con gli occhiali aspetta i “tips” per levarsi il reggiseno ma ha lasciato la radio accesa, e canticchia. La ragazzotta russa con gli occhi verdi chiama nel frattempo l’amica di rinforzo e per un attimo non parla quella specie di inglese che usa coi suoi fans, mentre i  rumori di fondo comprendono giornali radio in russo, musica pop e sciacquoni di water. Nel frattempo una ragazza mostra i suoi tatuaggi, la casalinga sposata sculetta in cucina tra un fornello e l’altro e una ragazzona non bella si scatena col fidanzato o con due uomini insieme, uscendo spesso fuori campo. Negli accoppiamenti, l’aspetto più curioso è che soprattutto le donne non guardano quello che fanno, ma controllano lo schermo del video con la stessa attenzione per l’andamento dei titoli di Wall Street. Un occhio all’arnese, uno al salvadanaio, in modo da orientare l’audience o seguirne i desideri. Ognuna poi sceglie il proprio look o si muove a modo suo: più raffinate nelle movenze le asiatiche, un po’ meno le russe, anche se sanno bene come tirarsela con lo spettatore affezionato e generoso. Qualcuna tiene infilata dentro la vagina una specie di peretta da clistere. E’ un “lovense”, un vibratore con telecomando a distanza, ultimo ritrovato dell’elettronica sessuale. Capito? Chi paga può mandare scosse di diversa intensità e vibrazione e a ogni “ding” la ragazza si eccita o fa finta di farlo, mentre in calce alla scena vengono pubblicati in diretta i testi della chat di gruppo, che comprendono sia commenti da caserma cha sincere manifestazioni di affetto. In effetti alcune fanno proprio tenerezza e sono anche coraggiose. E se a condurre il gioco è una donna non bella o matura, per ogni “ding” l’espressione estatica è sincera. Anche gli ambienti sono i più svariati: la camera propria, un lettone popolato di peluche, la cucina, il camerino di un bordello, un ufficio, più raramente una piscina, dove naturalmente i vestiti durano poco. Libertà assoluta, visto che l’unico limite è l’età certificata per esibirsi: tutti maggiorenni, compresi quelli che ogni tanto entrano in scena si direbbe saltuariamente. Quando dico libertà significa che puoi anche vedere una donna legata come un salame dal partner sadomaso. Sganasciante poi una scena dove una ragazza forse russa o romena chatta mezza nuda con accanto addirittura la nonna, che segue le prodezze della nipote con lo sguardo di chi vede un film di fantascienza ma in fondo si diverte, salvo dover abbassare anche lei un reggiseno non proprio lingerie. Ma in democrazia tutti possono partecipare. A sentire le poche interviste con le ragazze, tutte sembra lo facciano per soldi, ma anche per esibizionismo. Ma è persino difficile ormai distinguere la puttana professionista dalla brava ragazza: tutte spigliate ma normali, non importa se accanto tengono giocattoli sessuali o loro stesse diventano giocattoli comandati a distanza: in fondo il gioco lo conducono loro. Lo fanno ora saltuariamente, ora ogni giorno come primo lavoro. Gli americani pragmaticamente chiamano tutti “sex workers”, la legge italiana, più idealistica, considera prostituzione anche quella senza contatto fisico. Ma la rete corre molto più veloce.

Tumblr addio?

Per chi non la conosca, Tumblr è una piattaforma in rete simile a Istagram, dove convergono da una decina d’anni soprattutto le esperienze grafiche e fotografiche di tutto il mondo. Ora la doccia fredda: dopo il 17 dicembre Tumblr ha deciso di eliminare dal portale tutte le immagini sessuali non artistiche. Leggi: pornografia, ma non solo, visto che sono state censurate anche le foto erotiche del grande Grigori Galitsin. Sono leggibili le nuove regole, con esempi grafici che sembrano risalire ad altri tempi: il seno femminile è permesso solo se è una madre che allatta, o se è un quadro di un museo; la nudità è concessa in un contesto medico o elioterapico. Sembra di rivedere i ragazzi di una volta mentre sfogliano un atlante di anatomia per artisti o le riviste germaniche di nudismo balneare. Si sono attivati strani algoritmi che ovviamente prendono pure qualche buffa cantonata, ma conducono una folle operazione – si tratta di milioni se non miliardi di immagini – per bonificare un portale che nel migliore dei casi perderà molti clienti e quindi anche la pubblicità, diretta o indiretta che sia. Come il Codice Hayes, è una censura esterna alle istituzioni e per questo più efficace. Ora, il motivo di tale iniziativa non è chiaro, ma merita qualche commento. Il primo è che la censura è un fiume carsico che ogni tanto ricompare impetuoso, ma trova ormai un ambiente diciamo saturo: non c’è settore della nostra vita sociale che non sia sessualizzato, né si creda che questa sia un’esclusiva occidentale: proprio su Tumblr c’era anche ampio spazio per la pornografia islamizzante, soprattutto malese e indonesiana. Piuttosto, il vero problema della censura è che da anni sbaglia il proprio obiettivo: è ossessionata dal sesso ma miope di fronte alla violenza. Proprio su Tumblr ci sono una serie di blog che mostrano immagini di crimine violento, di sadismo, di tortura. Altri blog inneggiano al nazismo, all’intolleranza religiosa, all’islamismo aggressivo, allo sterminio della razza bianca e – viceversa- alla supremazia dei bianchi sui neri. Se le donne sono vestite, allora tutto è permesso? Strano criterio. E se difendiamo il diritto di opinione di un islamista o di un nazista, perché vietarlo a chi ha fatto del sesso la sua cultura? Fermo restando il limite del rispetto della persona (che, diciamolo, nel porno è raro: la donna è sempre passiva e disponibile), il problema non è drammatico. Rispetto alle censura di cinquant’anni fa il mondo è cambiato, ma non pe questo la società si è sfasciata, mentre l’imitazione della violenza è molto più pericolosa. E’ la violenza che permea i videogiochi, i rapporti sociali, il cinema. In prima serata si possono vedere anche atti violenti nelle varie serie televisive “poliziottesche”, ma una breve scena di nudo integrale nelle puntate de L’amica geniale è stata tagliata. Era davvero così pericolosa per le famiglie, quando qualsiasi bambino può andare in giro per la rete a imparare il Kamasutra? Per piacere, siamo seri.

Relax in Giallo

NdP AdN Relax in giallo 1Il massaggio è un’antica tradizione orientale, legata a complesse filosofie del corpo e dell’anima, e negli ultimi tempi si sono moltiplicate anche a Roma le sale di massaggio cinesi. Avete mai provato a suonare il campanello di questi locali sul piano stradale ma blindati verso l’esterno, da cui sembra che non esca mai chi ci lavora dentro? E quanto sono realmente professionali questi centri che aprono e chiudono di continuo? Quante ragazze che vi lavorano hanno un diploma credibile, leggibile e riconosciuto dalle nostre autorità? La protesta delle fisioterapiste nostrane ci rammenta il solito vuoto legislativo italiano. Mi sono divertito a leggere un articolo scritto da un certo Duilio La Tegola, “General Manager e Fondatore della Scuola di Massaggio Diabasi®”, che difende i professionisti italiani e spara a zero contro i centri cinesi su strada, coadiuvato dall’associazione culturale VIMO (Verifica Italiana Massaggi Orientali). Ne vien fuori una discreta competenza delle massaggiatrici cinesi, ma una carenza di formazione professionale come noi la intendiamo giuridicamente. Il progetto di questo signore? Testuale: “Conquistare la donna con il massaggio perfetto” OVVERO “La mia dura lotta per evitare che il maschio italiano frequenti i centri massaggio a luci rosse”. La prima parte del discorso è bizzarra: e perché non insegnare anche alle nostre mogli a fare i massaggi? Quanto all’altra metà della frase, si dà per scontato che in giro ci sia poca serietà.

Ma andiamo sul campo. Sempre sul piano stradale, come normali negozi, visti da fuori i NdP AdN Relax in giallocentri di massaggio sono tutti uguali. O meglio: quelli Thai sono più curati e più invitanti, mentre quelli cinesi al massimo mostrano una targhetta luminosa da quattro soldi con scritto “aperto” e un campanello dietro a un vetro oscurato. Si direbbe che l’allestimento lo curi sempre la stessa ditta. D’estate magari una delle ragazze siede sulla soglia armeggiando col telefonino, ma è raro che la porta sia aperta, quindi l’unica cosa da fare è suonare. Mi apre una ragazza e vengo smistato dalla mama-san, la quale mi indica il camerino dove entrare e dove mi seguirà la ragazza. Lo spazio interno sembra molto compartimentato e pieno di tramezzi. Pago anticipato (30 euro la mezz’ora, 50 se un’ora, zero scontrini) ed entro nella stanzetta assegnata. Sull’igiene di questi posti se ne sentono di tutti i colori, ma l’insieme mi pare pulito e profumato. La ragazza non veste con una tunica come mi aspetterei, ma indossa una specie di costume da bagno intero tutto attillato e indossa un paio di pantofole che si leva appena può. Una musica di sottofondo – cinese, ovviamente – è diciamo gradevole. La ragazza mi fa cenno di spogliarmi. Resto in slip, ma devo levare anche quelli. Chiedo di farmi una doccia, lei acconsente e mi passa l’asciugamano di carta. Una volta che mi sono asciugato mi fa sdraiare sul lettino pancia sotto e solo in quel momento mi accorgo che c’è un buco dove infilare naso e bocca per respirare. Chiedo alla ragazza il nome: Nora, anzi “Nòla”. Nome d’arte, ma almeno facile da ricordare.

Olio? – ma certo. Quale? E che ne so? Fai tu. Nel frattempo ascolto questa musica cinese commerciale e mi rilasso a pancia in giù. Il lettino è comodo e il lenzuolo pulito. Da fuori si sente la mama-san che parla ad alta voce con una delle ragazze; la voce è in acuto e la sta forse sgridando. Ma ormai vivo in un altro mondo, lontano dal traffico. Mi risveglia la voce di Nòla: “Massaggio nolmale o fòlte?” . Beh, meglio normale, la prima volta non si sa mai. Da questo momento le mani scorrono sulla mia schiena e lavorano le spalle con movimenti decisi e armoniosi, per poi scorrere lungo la spina dorsale. Le thailandesi conoscono i “punti” e premono su di essi, le cinesi no. Cerco di scambiare con Nòla quattro chiacchiere, ma conosce troppo poco la nostra lingua e la conversazione procede a pezzetti. In seguito tutti mi diranno che una massaggiatrice cinese conosce non più di dieci parole in italiano. Per fortuna quando dico “cervicale” capisce e le mani massaggiano il punto giusto. Praticamente ora mi si è seduta sulla schiena e in questo modo può gravare sulle sue braccia col peso del corpo. Altro olio è stato aggiunto e il mio collo viene strizzato come uno straccio. Il gioco si fa duro quando lei mi si para davanti in piedi e preme con le mani sulle mie spalle massaggiandomi con forza. Potrei aggrapparmi alle sue gambe ma non lo faccio. Poi saprò che le cinesine riconoscono i questurini perché non mettono mai loro le mani addosso!  Mi sento comunque meglio, anche se quando la ragazza inizia a usare avanti e indietro anche l’avambraccio mi rendo conto della sua forza fisica. Comunque non deve lavorare dieci ore in un ristorante cinese o star dietro a una macchina da cucire dentro un capannone sul Raccordo anulare. In questi centri il lavoro non è in fondo massacrante e tra un cliente e l’altro le ragazze sfogliano riviste o seguono i loro sceneggiati. Comunque, potrebbero fare anche le commesse o le parrucchiere, dipende solo da chi le ingaggia, sempre e solo cinese.

Si scende. Ottimo il lavoro sulle vertebre lombari, visto che come chiunque lavora in ufficio e guida ogni giorno, soffro di lombosciatalgia. Ma quando il massaggio arriva alle gambe e ai glutei, mi rendo conto che la ragazza ora sta saggiando le mie reazioni. Resto indifferente, non offro esca. Basterebbe un gesto minimo per sentirmi discretamente proporre qualche extra, ovviamente dietro una mancia che andrebbe tutta a lei. La padrona non obbliga nessuna delle ragazze, ma di fatto chiude un occhio: più loro arrotondano, più può comprimere la loro paga, che – per quanto ne so – è così distribuita: nessun mensile, per ogni cliente 30% a mama-san, 20% a loro. Finale? Mi sento realmente rilassato e forse tornerò.