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Roma non sia più schiava dei palazzinari

Christian Raimo ha lanciato dalle pagine de Linkiesta una sfida (dal titolo: Roma, così si è scelto di uccidere la città) ai candidati sindaco di Roma; una lettera aperta per un radicale cambio di rotta nell’amministrazione della capitale, oggi divisa in periferie ghetto ed enclave di lusso, per colpa dei politici, ma anche degli intellettuali. Sandro Medici, candidato della sinistra (Rifondazione comunista, Comunisti italiani, Liberare Roma, Roma Pirata e Repubblica Romana) gli risponde con una lettera. Saremo lieti di ospitare anche le repliche degli altri candidati.

Raccolgo l’invito a ragionare su Roma che Christian Raimo rivolge un po’ a tutti, oltreché ai candidati a sindaco. Colgo nella sua analisi molte verità e quella densità critica che è in gran parte la stessa che mi ha spinto a promuovere la Repubblica Romana.

Al di là dei tanti spunti e delle svariate argomentazioni, nella lettera di Raimo mi colpisce la sua accusa a quel corpo intermedio intellettuale che da decenni ha rinunciato (si rifiuta) di svolgere la sua funzione preminente: quella di sollecitare la politica a comprendere la città e a progettarne il futuro. Una funzione che nel passato, anche tra contrasti a volte furenti, ha spesso determinato scelte politiche consapevoli e felici. E sulla quale si sono formati amministratori che ancora rimpiangiamo: tra questi, i citati Nicolini e Tocci, più una larga schiera di politici-intellettuali che ancor oggi sopravvive qua e là, dispersa e sostanzialmente neutralizzata.

Ha ragione Raimo: l’assenza di dialettica tra chi pensa e chi agisce, tra chi legge la realtà e chi s’incarica di cambiarla ha determinato quel vuoto nella cultura della sinistra romana che ha finito per indebolire la centralità dell’istituzione pubblica sulle scelte urbane. C’è da aggiungere che per alcuni è stata una sventura, per altri è stato un sollievo. Sia come sia, quel che si è via via consolidato è stato un processo di subordinazione della politica all’economia, appena scalfito da pratiche di riduzione del danno che in pochi, pochissimi abbiamo cercato di agire.

Non per essere pedante, ma lungo gli anni Sessanta, dal Gruppo ’63 al Sessantotto, s’è sviluppata (e non solo a Roma) una tempesta critica che ha poi nutrito e sedimentato l’esperienza delle giunte rosse, per molti aspetti la migliore del secolo scorso. Per anni e anni abbiamo tutti attinto a quella fonte culturale originaria, che tuttavia non siamo più riusciti a rinnovare e/o attualizzare. Forse non era possibile o forse non ne siamo stati capaci. La conseguenza è stata comunque quella d’inaridire la nostra proposta, il nostro immaginario. E dunque consumare una sconfitta.

Oggi Roma è una bottega. Dove tutto si compra e tutto si vende, compresa la dignità della rappresentanza politica. Se per realizzare un asilo-nido si deve concedere l’edificazione di un paio di palazzine, se per qualche km di metropolitana bisogna autorizzare milioni di metricubi, vuol dire che il Campidoglio è un’agenzia d’intermediazione urbanistica e i vari amministratori agenti fiduciari delle centrali immobiliari.

Non sfugge a nessuno che tale avvilente situazione sia soprattutto figlia delle politiche economiche dominanti, che in generale, riducendo i trasferimenti di bilancio, impongono alla sfera pubblica di ritrarsi dal suo ruolo regolatore per far posto alle dinamiche di mercato, attraverso la privatizzazione di servizi e patrimoni, la dismissione di competenze economiche e sociali. Al punto da ridurre l’amministrazione a un mero ufficio certificatore di interessi privati.

Difficile valutare quanto la politica abbia consapevolmente contribuito alla sua eutanasia. Di certo, non ha fatto molto per evitarla. E qui a Roma l’ha perfino accompagnata e favorita, grazie al furore liberista delle giunte di centrosinistra e, successivamente, ai comitati d’affari e al penoso clientelismo della destra.

C’è consapevolezza di tutto ciò? A me non pare proprio. Anzi, l’impressione è che sia in corso un tentativo di rimozione e dunque una sostanziale accettazione di quel ch’è stato. Anche perché prendere atto delle proprie responsabilità comporterebbe uno scatto di discontinuità che le maggiori forze politiche oggi non sono in grado di produrre: per farlo, dovrebbero transitare lungo un ripensamento talmente profondo che finirebbe per scardinarle completamente. Per questa ragione sono ancora lì, con i loro assetti oligarchici che fanno e disfanno, preoccupati solo di consolidare i propri poteri, sostanzialmente indifferenti ai contenuti, alle proposte di cui dovrebbero essere portatori.

La conseguenza è che la campagna elettorale vivacchia su improvvisazioni e banalità, micro-polemiche e scemenze varie. Non c’è una visione di Roma, non c’è prospettiva strategica, non c’è cultura del futuro. E gli stessi programmi che vengono offerti agli elettori risentono di mancanza di spessore e di respiro.

L’elencazione dei problemi che Raimo sintetizza con efficacia necessiterebbe di ben altro, di ben altra passione, di ben altra competenza. Purtroppo, resta senza risposte.

Nel nostro piccolo, stiamo provando a tratteggiare un’idea di città, che meglio corrisponda all’inquietudine e al desiderio dei tanti e tante che non intendono rassegnarsi. Con la quale vorremmo raccogliere la disponibilità e il consenso di chi sta ritrovando la passione per la politica. Sappiamo quanto sia difficile, ma sappiamo anche che solo in una condizione di libertà e indipendenza è possibile ricominciare un cammino di cambiamento: di se stessi e della città

Sindaco nuovo vecchi problemi

Dopo le primarie romane vinte da Ignazio Marino, ora il Pd avrà qualche possibilità di tornare in Campidoglio, non perché Roma ha visto un Pd cambiato e liberato dagli orpelli di una politica poco idealista, ma un esponente che appare minoritario, pur se sponsorizzato da Goffredo Bettini, capace, come ha dichiarato dopo i risultati, di liberare la città dal malaffare.

Ignazio Marino sarà capace di far riflettere quegli elettori in fuga verso le 5 Stelle che il cambiamento può avvenire dall’interno e non è necessario esprimere tutta la propria rabbia verso la politica con un voto che potrebbe avvantaggiare gruppi di potere. È improbabile che Ignazio Marino possa convogliare sul suo nome anche degli elettori schierati con Sandro Medici.

Anche se lo slogan di Sandro Medici «Roma malata ha bisogni di Medici» è estremamente indicato per un medico chirurgo come Ignazio Marino che deve svincolarsi dalla morsa di Bettini.

Oltre a smantellare il malaffare dal Campidoglio saprà arginare i questuanti pronti dietro la porta del nuovo Sindaco e affrontare l’impoverimento del bilancio capitolino grazie anche alla voracità delle società municipalizzate, come alter ego dell’Amministrazione.

Alla poltrona di Sindaco ambiscono persone che sono espressione di un partito e indipendenti. Ignazio Marino è sicuramente espressione del Partito Democratico come Alemanno del Popolo della Libertà e Marcello De Vito per Movimento 5 Stelle, non un partito, ma una presenza organizzata.

Alfio Marchini è un indipendente dell’imprenditoria edilizia, mentre Umberto Croppi è indipendente scontento della destra berlusconiana che pensa di ritirarsi per appoggiare Marino. Sino a qui sono comunque espressione di correnti e rabbie politiche, mentre Sandro Medici è più un’espressione del sociale e della cultura, come dimostrano i suoi mandati da presidente del Municipio X e la conoscenza della città esternato nella pubblicazione Roma bella m’appare, pure se la sua candidatura è consigliata dai comunisti rimasti fuori dal Parlamento.

Ogni candidato alla poltrona di Sindaco dovrebbe avere un programma d’intervento per rendere efficienti e accessibili i servizi per la tutela del patrimonio, ora frammentati in diversi luoghi di Roma, e non continuare a cedere a destra e a sinistra la gestione dei musei e di monumenti.

Una politica più avveduta verso i rifiuti come una possibilità di ricchezza per la città e smettere di continuare a nascondere la mondezza sotto il tappeto. Il tappeto è troppo corto e i rifiuti non solo potrebbero essere, dovutamente trattati, un combustibile, ma incentivare la raccolta privata della carta, vetro e plastica, con un sicuro guadagno  che sarebbe occasione per diminuire la quantità nelle discariche e fonte di sopravvivenza per molti senza dimora.

Tra questi candidati potrebbe esserci chi riuscirà a sfatare l’idea che la crisi si combatte con l’edificazione e riflettere sulla costruzione dello stadio della Roma nella zona di Tor di Valle, un complesso stretto tra la via del Mare e il Tevere. Un territorio aggredito anche dal corridoio d’asfalto verso Tor de Cenci-Latina della Bretella autostradale A12 Genova-Roma che coinvolge tre aree archeologiche e due Riserve naturali, mettendo in secondo piano la realizzazione della metropolitana leggera Roma-Pomezia-Ardea e il potenziamento della rete ferroviaria pontina e la linea Roma-Ostia.

A Vitinia fa gola l’area dell’ex deposito militare, 50 ettari di vallate e colline e presenze archeologiche, per una colata di cemento.

Il Sindaco dovrà affrontare anche “piccoli” problemi come la pavimentazione e aree lasciate nell’abbandono come il Campo del Testaccio, nell’omonimo quartiere. Un buco nero dell’incuria nei pressi del Cimitero Acattolico, della Biblioteca “Enzo Tortora” e di un complesso scolastico. Un cattivo esempio educativo per nuove generazioni sul tema della salvaguardia dei beni comuni.

Questi sono solo alcuni dei problemi che il nuovo Sindaco si troverà ad affrontare e di alcuni di questi candidati abbiamo auscultato l’incapacità di affrontare le emergenze, la loro voce sgradevole, gli occhi come due minuscole fessure o i successi amministrativi e programmatici. Di altri non abbiamo ancora neppure un programma.

Illuminante è l’inchiesta Romanzo Capitale realizzata da Paolo Mondani per Report del 14 aprile 2013 e dedicata a Roma e alle trame affaristiche ha avviluppato la città e Alemanno può sentirsi offeso e querelare Milena Gabanelli, ma un sindaco ha difficoltà di controllare un’amministrazione così dilatata e dove si annidano mille possibilità per “arrotondare” i “miseri” compensi.

Precedentemente un pezzo di storia romana recente era stata ispiratrice del Romanzo comunale dell’ex assessore alla cultura Umberto Croppi.

Il prossimo sindaco dovrà essere molto accorto nella scelta dei collaboratori per non incorrere in spiacevoli incomprensioni gestionali della municipalità e soprattutto tenendo conto dell’incapacità dei politici di dare delle certezze e nel comprendere i rimproveri del Presidente della Repubblica, tanto da portarli ad applaudire ad ogni richiamo, pensando che non era indirizzato al proprio comportamento, ma a quello degli altri. Applaudire quando si dovrebbe provare imbarazzo, è dimostrazione di vera confusione mentale.

 

Lo sguardo del prossimo Sindaco

Il Sindaco che verrà dovrà affrontare l’organizzazione e il dislocamento dei numerosi uffici e servizi per una migliore fruizione da parte del cittadino e nell’ambito della culturale è quello più spinoso con la miriade di offerte che propone.

Con aprile arriva per il PD il momento di scegliere il suo candidato per la poltrona di Sindaco di Roma. Non un Sindaco qualsiasi, il primo cittadino che deve dare l’esempio a milioni di abitanti di una città ricca di storia e sonnolenta.

Oltre al PD anche altre formazioni proporranno il loro candidato, ma la discriminante tra l’uno e l’altro non è solo la presentabilità e la competenza della persona, oltre che della sua onestà, ma soprattutto nella sua capacità di scegliere il suo entourage e il tenere ben presente che Roma deve far convivere la tutela del patrimonio culturale senza demonizzarlo come si è fatto da anni. Una ricchezza culturale che non dovrà essere un ostacolo a rendere la città vivibile per tutti e non una situazione fastidiosa come se fosse della rogna.

La fretta con la quale si muovono i sindaci per avere dei risultati da vantarsi è superiore solo all’incompetenza che spesso hanno i loro lacchè, raccattati anche tra gli scarti delle precedenti gestioni ed ecco le conseguenze di un restauro approssimativo o di un’infrastruttura utile che si trasforma in una trappola per il cittadino.

La politica e l’imprenditoria devono collaborare, per il bene di Roma, e ogni volta i candidati si propongono di scardinare le clientele, ma sino ad ora hanno dimostrato di non essere maturi per tale cooperazione per la soggezione di una parte nei riguardi dell’altra.

La lobby nel senso più deteriore è quella degli immobiliaristi che un tempo venivano definiti in tutto il loro splendore i palazzinari. I muratori e gli operai non necessariamente devono essere impegnati a erigere muri e colare cemento, potrebbero esprimere il loro meglio anche nel recupero e la conservazione del patrimonio artistico. Un’attività che aprirebbe per l’Italia un futuro di cooperazione tra ambientalisti e imprese edilizie. Centinaia di migliaia sono gli alloggi rimasti invenduti o sfitti, ma sono tanti i monumenti che potrebbero essere recuperati per essere fonti di reddito e non svenduti.

Sarebbe utile per il futuro delle città italiane la nascita di una lobby di archeologi, storici dell’arte, bibliotecari, restauratori, archivisti e conservatori che facilmente troverebbero un appoggio considerevole nella società civile.

Tra le letture da consigliare al prossimo Sindaco c’è il libro di Salvatore Settis Paesaggio, costituzione, cemento (Einaudi), per comprendere l’importanza di intraprendere la battaglia per l’ambiente contro il degrado civile.

Sarebbe una grande vittoria se il prossimo Sindaco di Roma non masticasse gomme o non passasse del tempo davanti allo specchi, non camminasse come un perseguitato delle emorroidi o astenersi di arieggiare la bocca per liberare vocaboli di cui ignora il significato o fare dei gargarismi con la solidarietà, senza prendere delle energiche decisioni per migliorare la vita agli abitanti di Roma.

Ma soprattutto dimostri di avere una visione della città che approdi alla Metropoli capace di coniugare il millenario tessuto urbano con le esigenze della quotidianità degli abitanti e quella dei turisti, senza che i pullman non si addentrino sino sotto il museo o il monumento, mentre siano rispettate le fasce per lo scarico delle merci, come dovrebbe essere per il servizio di pulizia delle strade.

La lista dei candidati a Sindaco di Roma continua ad implementarsi e modificarsi. Attualmente Gianni Alemanno cerca una riconferma per il centrodestra con un camper per girare in lungo e in largo la città alla ricerca di voti.

Il centro sinistra propone ufficialmente David Sassoli, europarlamentare Pd, e poi una serie di altri esponenti tra i quali Paolo Gentiloni, ex assessore capitolino con Rutelli, e per ultimo è presente anche Ignazio Marino. Anche Sinistra ecologia e libertà sarà presente nelle primarie del centrosinistra con dei suoi candidati.

Il Movimento 5 Stelle mira al colpaccio in Campidoglio proponendo Marcello De Vito per confermare il Tsunami elettorale.

Come indipendente e fuori dalle primarie di Pd e SeL è degno di nota Sandro Medici, gradito da una sinistra diffusa e dai movimenti sociali, con la sua esperienza di presidente del X Municipio e la conoscenza della città esternato nella pubblicazione Roma bella m’appare.

Umberto Croppi che vuol realizzare per Roma quello che non è riuscito a fare come assessore!

Da non dimenticare Alfio Marchini, un immobiliarista che abbandona la cementificazione selvaggia per abbracciare la filosofia del recupero edilizio, con una sua lista civica.

In sintesi abbiamo chi ha fatto il Sindaco per il quale l’elettore può giudicarlo dai risultati, chi porta un’effervescente esperienza europeista o chi una soddisfacente esperienza nell’amministrare un Municipio, chi ha uno sguardo aperto e poi c’è chi ha un’implacabile voglia di protestare.

Una campagna elettorale che porterà ad imbrattare la città di manifesti, anche di chi afferma di non fare affissioni abusive. Qualcuno ritiene che sia uno spreco impegnare degli euro per essere scelto nelle primarie come candidato e magari vorrebbe non vedere il proprio faccione sui muri.

All’elettore l’ardua sentenza, riflettendo anche sulle incognite esplose con le attuali elezioni politiche, guardando negli occhi i singoli candidati per vedere Roma e non le loro tasche.

 

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Roma: un’altra Idea di Città

All’interno del centrosinistra, per migliorare il prosieguo dei risultati di queste elezioni recenti, c’è chi pensa di essere più credibile solo quando è umile e radicato sul territorio ed è per questo che il primo marzo viene aperto il Laboratorio di Un’altra idea di città a via Rubattino 1 (Testaccio – S. Maria Liberatrice) dalle ore 18 alle 21.

Un’occasione di compartecipazione alla stesura del programma che il centrosinistra potrebbe presentare alle elezioni comunali.

Il forte divario tra le elezioni politiche e quelle regionali è proprio la cartina di tornasole di quello che diciamo e pratichiamo da sempre e su questa strada occorre continuare con coraggio e determinazione.

I risultati di queste elezioni politiche non fanno che confermare quanto sosteniamo da tempo: il centrosinistra è forte e vincente solo quando è umile, credibile, competente, radicato sul territorio, unito ed eticamente sostenibile. Il forte divario tra le elezioni politiche e quelle regionali è proprio la cartina di tornasole di quello che diciamo e pratichiamo da sempre e su questa strada occorre continuare con coraggio e determinazione.

Nel Lazio Nicola Zingaretti ha dato quella garanzia di credibilità e buon governo che, se fosse più estesa, non lascerebbe alcun spazio all’antipolitica e al diffuso voto di protesta. Un voto ‘nutrito’ dalla brutta politica e presente in tutti partiti. Accanto alla protesta occorre sempre abbinare la proposta per ridare dignità al Paese e alle nostre città. Occorre farlo prima che sia troppo tardi e che si svuotino del tutto di valori, contenuti e di tanti italiani che pensano di cambiare paese, anziché cambiare ‘il’ Paese.

Per farlo occorre umiltà, competenza, e grande capacità di ascolto. Per questo, anche grazie alla collaborazione di amici che condividono questo percorso, Paolo Masini invita all’aperitivo-inaugurazione del Laboratorio di incontri sui temi che dovrebbero stare più a cuore per la Roma che verrà.

I laboratori sono utili ma potrebbe essere ancor più pratico il web per allargare la partecipazione alle necessità di una città-metropoli come Roma. Raccogliere attraverso la Rete i suggerimenti, superando i vincoli fissati nei giorni e nelle ore di appuntamento. Se una consultazione attraverso l’informatica può risultare troppo distaccata si potrebbe essere attenti alle segnalazioni provenienti dai diversi organi d’informazione e soprattutto camminare per le strade con interesse, senza alcuna fretta, per quello che ci circonda.

IN ALLEGATO I TEMI CON LE DATE E ORARI DEGLI INCONTRI

Roma LABORATORIO DI UN’ALTRA IDEA DI CITTÀ programma

Roma LABORATORIO DI UN'ALTRA IDEA DI CITTÀ 2

Grattacieli e obelischi di Sergio Ferrazza

 

Sergio Ferrazza. Cronaca e slancio creativo nei suoi flash pittorici densi di urgente contemporaneità ma anche di amoroso rievocare sogni e tradizioni di una cultura antica, nostra come la nostra pelle e il nostro respiro. Ieri e oggi si accavallano e si misurano negli squarci visivi che sono improvvise prospettive, folgorazioni ora futuribili ora a ritroso segnate da intense cromaticità, “colpi” di colore che legano e riverberano civiltà remote e angosce metropolitane in un “unicum” atemporale, spazio e campo di confronto di una umanità perenne e fervida

Il suo colore, segnale di emozioni non trattenute, senza incertezze marchia come ferite esplicite il tracciato di civiltà diverse pur nella continuità del suo eterno proporsi.

Così richiami di sacrali eros induisti sono il sogno negato di puritani ed aridi verticalismi occidentali, grattacieli come obelischi a divinità mercantili; i guerrieri di terracotta cinesi come esercito dissepolto contro le crude muraglie cementizie, incanti e ricchezze di genti che furono allevate al bello e alienanti serialità contemporanee.

In queste “mappe” alterne e varie dove l’umanità propone il collante della propria appartenenza etica o diversa comprensione del mondo, la fotografia è la base esplicita: fotografia manipolata e percorsa da quel colore che lega e assomma in sé la necessità dell’artista di coniugare eventi così dissimili e contrastanti, necessità di accogliere in un’emozione totale, onnicomprensiva, quel che fummo e saremo.

Il richiamo alla tematica figurativa tardo pop—art di Schifano è d’obbligo, ma il riutilizzo di Sergio Ferrazza, nell’uso anche di altri materiali (stoffa, acetati, sabbia, plastica) ha fervori e necessità tutte sue, in una ricerca formale che fà dell’esplicito “gesto” pittorico e della frammentazione visiva il complesso mosaico di una lettura umana variegata eppur di compatta continuità nel suo infinito avvicendarsi.

 

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