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Un Mondo iniquo

siria-aleppo-14670831_10154591393324808_3675277897794890283_nIn Yemen 370mila bambini soffrono, mentre in Colombia sono stati 220mila le vittime della guerra civile, in 10 anni in Messico sono scomparse 30mila persone, in 5 anni di guerra in Siria i morti sono 270mila, in Iraq e Afghanistan, nonostante i tentativi di “normalizzazione” dell’Occidente, si continua a morire per attentati terroristici, come anche in Pakistan, mentre il Africa si soffre per carestia e conflitti.

Nel Mediterraneo, secondo l’International Organization for Migration (Iom) e confermato dal portavoce dell’agenzia per i rifugiati Unhcr William Spindler, sono circa 3mila le persone che hanno perso la vita, nel tentativo di fuggire da guerre e povertà nel sud del mondo.

Tante, troppe sono le persone torturate e assassinate, per poter dare giustizia a tutti, ma una cosa si potrebbe fare: non cadere nella banalità di additare l’assassinio e la tortura come “brutale”. È lapalissiano che tali azioni sono brutali. Come può esistere una tortura amorevole? E’ come affermare che un indigente soffre della mancanza del minimo indispensabile. È brutale rifiutare protezione a donne e bambini.

Usare un vocabolo come “brutale” solo per catturare l’attenzione dell’ascoltatore, o lettore, sminuisce le molte altre azioni violente che gli umani sono capaci di pensare e realizzare.

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#Aleppo #Syria 2016: è una foto di prima mano postate su una chat whazup #nofilter

I crimini che si sono perpetrati contro l’umanità non sono solo “circoscritti” ai genocidi del ‘900 degli Armeni o degli Ebrei, dei Curdi o dei Ruandesi, ma anche il crimine quotidiano degli attentati e della prevaricazione delle potenti multinazionali nei confronti delle piccole comunità, per sorvolare sulle stragi in varie forme dei nativi delle Americhe, dell’Africa e dell’Asia per colonizzare e civilizzare.

Un’umanità in gran parte vittima di un’omologazione forzata che nega la possibilità di vivere in tranquillità nelle differenze, pregando come e dove si vuole, se lo si desidera, e nella lingua che si conosce.

Un’omologazione indotta da una globalizzazione a senso unico che evita gli scambi e le contaminazioni, per una crescita delle varie società, dando precedenza alla prevaricazione.

L’arroganza dell’Occidente nell’imporre i propri docmi, sino a voler esportare la sua pretesa Democrazia.

La strumentalizzazione delle religioni per interesse e predominio di alcune persone su altre, sbandierando la Guerra di Religioni solo per esacerbare gli animi.

Mai come in questi ultimi anni nei conflitti non si fa alcuna distinzione, colpendo scuole, ospedali e edifici di culto. Prima erano danni collaterali, ora sono degli obbiettivi per snidare i terroristi.

In questi ultimi anni si è superato ogni limite, non esistono più aree esenti dall’odio, rendendo qualunque luogo un obbiettivo, un target dei conflitti.

Durante l’assedio di Sarajevo i suoi abitanti riuscivano a condurre una vita quasi “normale”, cosa impossibile per Aleppo dove all’assedio si aggiunge a un martellante bombardamento. Una guerriglia urbana trasformata in un distaccato rilascio, notte dopo notte, di bombe dal cielo che non solo nega un’infanzia ai bambini, ma li terrorizza se non riesce ad ucciderli.

Le vittime prescelte sono sempre le donne e i bambini, non solo nei conflitti, ma soprattutto negando loro un futuro, riducendoli in schiavitù. Un destino riservato anche agli uomini di quell’umanità oppressa, spinta alla competizione che esclude i timidi.

Non solo in Sudafrica, in India, e nel Sudamerica si fa scempio della donna e di minori che riescono ad arrivare in Occidente. Secondo l’ultimo rapporto di Oxfam Italia  i minori che giungono in Italia dopo viaggi perigliosi, spariscono dalle strutture di accoglienza, probabilmente fuggono per raggiungere i parenti nelle diverse città europee, ma c’è anche chi finirà negli ambiti delinquenziali, perché gli adulti invece di proteggerli li utilizzano nello sfruttamento minorile.

Nel Mondo regna la diseguaglianza tra generi e popoli, tra nazioni e continenti, tra i pochi che hanno il 99% della ricchezza mondiale e la moltitudine  spesso sopraffatta  per avere una fetta di quell’uno percento disponibile.

Il grido «#NiUnaMenos» («Non una di meno») che echeggia per le strade di Buenos Aires per chiedere giustizia per l’ennesima donna, ragazza, violentata e uccisa, comprende e abbraccia i bambini e tutte le vittime di una vita prepotente.

migrazione-580f17294Tra le strategie dell’Unione europea contro la povertà e l’emarginazione, per non lasciare indietro nessuna persona, ha attivato una piattaforma, nell’ambito delle sette iniziative prioritarie dell’Europa 2020, per una crescita intelligente, sostenibile e solidale.

Una piattaforma che potrebbe rimanere al palo di un semplice studio statistico o di un’indagine demografica, mentre 4milioni di italiani conoscono la fame, soffrendo l’inutilità di un “aiuto” virtuale, per appoggiare concretamente le strutture economico-finanziarie.

I propositi dell’Unione sono nobili nell’intervenire nel mercato del lavoro, per un reddito minimo, garantendo l’assistenza sanitaria, l’istruzione, gli alloggi e l’accesso a conti bancari di base.

I Conflitti dopo l’11 settembre

Nei conflitti che si sono susseguiti si è avuta una deriva che non comporta l’uso di fare prigionieri e le vittime collaterali non sono un’eccezione, ma una consuetudine dovuta alla fretta o come sadico monito.

Una vittima collaterale di un drone statunitense è stato Giovanni Lo Porto ucciso, agli inizi del 2015, in un raid in una zona tra Pakistan e Afghanistan.

Conflitti più che guerre, senza un campo di battaglia circoscritto, dove il nemico può essere di fronte come alle spalle o ai fianchi.

Una sfida fatta più come un’esibizione muscolare, dove da una parte c’è chi arriva uccide e si dilegua e l’altra evita il contatto fisico con le vittime grazie alle nuove tecnologie da videogame.

Sembra di assistere da una parte alla guerra dei cent’anni con spadoni e saccheggi fronteggiare dall’altra gli effetti speciali alla George Lucas di Guerre Stellari.

Duellanti anonimi che operano nell’anonimato, tra la popolazione civile, senza farsi riconoscere, per una guerra innominabbile che ha fatto, dall’11 settembre 2001, un milione e 300mila le vittime, dati raccolti dall’International Physician for the Prevention of Nuclear War, Nobel per la pace nel 1985, che vengono ritenute per difetto, non conteggiando i conflitti più recenti di Libia, Siria e l’ultima a Gaza.

Guerre al terrore o umanitarie, all’Occidente e ai crociati, ma in sostanza il tutto si riduce per l’Occidente a un continuo rincorrere le visionarie follie di emiri e calliffati islamici: una vendetta continua con vittime collaterali di piloti virtuali che operano dall’altra parte del Mondo, mentre per i fanatici senza divisa, impegnati ad insinuare il terrore tra la popolazione, è una prassi mietere vittime senza distinzione.

Se da una parte il loro colpire è casuale, finalizzato a fare più morti possibili, senza alcuna “attenzione”, dall’altra si scegono bersagli da colpire con droni o bombe “intelligenti”.

Due epoche allo scontro, per due differenti visioni della società, per scoprire che la Religione non è più l’oppio dei popoli, ma l’adrenalina per un conflitto permanente.

In tutto questo chissà se Kant, criticando la ragione per far posto al trascendentale, avrebbe sospeso il sapere per far posto alla fede?

OlO Conflitti dopo 11 settembre Droni 20131214-081824I OlO Conflitti dopo 11 settembre Droni drone_pilot_1719505OlO Conflitti dopo 11 settembre Islamia Isis Daesh slide_363490_4264824_compressed OlO Conflitti dopo 11 settembre Libro di Grégoire Chamayou copia

Siria: Vittime Minori

Tre anni di atrocità con 100mila morti, un milione di profughi minorenni e altrettanti che hanno perso tutto, compresa l’infanzia, città distrutte e razziate, un patrimonio culturale disperso, una convivenza perduta per una migrazione interna in cerca di un rifugio da parenti e amici di 4milioni di persone e di 2milioni che hanno varcato i confini per fuggire dai massacri.

In questo panorama di guerra civile sono numerosi gli appuntamenti di confronto tra i belligeranti e i loro padrini annullati, vari slittamenti di conferenze di Pace e soluzione finale del conflitto da ottenere solo sul campo di battaglia.

Le aspirazioni di pace infrante vanno ad arricchire la già copiosa lista d’insuccessi diplomatici europei. Impegni diplomatici che sembrano più indirizzati a boicottare la riconciliazione tra le comunità e aprire le porte ad una futura devastazione del Medio oriente piuttosto che essere degni del Nobel per la Pace.

È grazie all’interminabile foraggiamento militare russo e iraniano oltre alle incertezze dell’Occidente per le sue precedenti collusioni che l’attuale potere siriano deve la sua esistenza per continuare a dominare un paese dilaniato dall’odio e dalle bombe.

L’Occidente è impegnato a fare stretching dialettico perché riscaldare i muscoli per intervenire in Siria, anche se inorridito dal sospettato uso di gas nervino o sarin contro la popolazione civile di Ghouta, sobborgo a est di Damasco, comporta affrontare non solo le Forze armate di Bashar al-Assad, ma anche la Russia e l’Iran, mentre la Cina che detiene strumenti di dissuasione finanziari su tutto l’Occidente, cerca di essere sopra le parti per continuare a stipulare contratti con tutti.

È orribile l’atroce morte inflitta a donne e bambini, ma non si può ritenere meno atroce rimanere vittima di missili lanciati su scuole e ospedali. Certo i missili sono un’arma convenzionale i gas sono un’arma di distruzione di massa, ma utilizzare indiscriminatamente le armi è comunque un crimine contro l’umanità. Un concetto ribadito lapalissianamente anche da Ian Buruma, nell’articolo La moralità delle bombe su La Repubblica del 3 settembre, e ribadita da Adriano Sofri il giorno successivo sullo stesso quotidiano, perché una barbarie è una barbarie, quali siano i mezzi con la quale viene perpetrata, rimane un crimine verso le popolazioni civili coinvolte, loro malgrado, in uno scontro d’interessi e di ideologie.

Morire per una pallottola alla nuca o in pieno petto non può essere diverso dall’essere uccisi dal rilascio di armi biologiche o per un colpo di machete.

Bambini che gridano dalla televisione il loro mutarsi improvvisamente in adulti senza aver spensieratamente giocato in un giardino e non tra le macerie delle proprie abitazioni.

Vedere quei visi sembra rivedere quello di Kim Phuk colpita dalle bombe al napalm che divenne il simbolo della guerra in Vietnam. Oggi la signora Kim Phuc è ambasciatrice per la pace per l’Unesco, occupandosi dei bambini vittime di guerra, ma forse il futuro di quelli della Siria sarà stroncato da un missile per diventare le vittime collaterali del senso di colpa dell’Occidente che non ha la capacità di fermare sul nascere dei conflitti che mietono vittime tra i civili più che tra i belligeranti.

Visi di bambini nei campi profughi dove l’Unicef cerca di alleviare la loro vita in tende e baracche, per cancellare il loro sguardo inebetito.

Sembra di rivedere le immagini dal Libano degli anni ’80 o dai Balcani dei ’90: occhi sgranati pieni di paura e rabbia, con tante domande sul perché tutto questo a loro, alle loro famiglie, al loro paese, ma tutto questo non può bastare perché si rischia un confronto tra potenze. Un motivo in più per gli Stati uniti ad essere così cauti nel prendere una decisione anche se è stata superata la linea rossa, senza avere la certezza di chi è stato ad oltrepassarla.

 

02 OlO Siria I crimini Siria vittime immagini 02 OlO Siria I crimini Vietnam Kim Phuk la bambina della foto-simbolo della guerra