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Bosch: Un Surreale Rinascimento

Si è chiusa da poco a Milano la mostra “Bosch e un altro Rinascimento” promossa dal Comune di Milano-Cultura, Palazzo Reale e Castello Sforzesco e realizzata da 24 ORE CulturaGruppo 24 ORE con il sostegno di Gruppo Unipol, main sponsor del progetto.

L’affluenza a Palazzo Reale è stata tale da prolungare gli orari di ingresso dell’ultima settimana di apertura.

Evento di per sé importante, giacché raccoglie opere provenienti da 29 musei nazionali e internazionali e da collezionisti privati, ma la sua vera originalità sta nel percorso espositivo che non si attiene ad una monografica convenzionale sul pittore neerlandese ma ne evidenzia tutta l’originalità e modernità introducendo peraltro un concetto fondamentale che è stato menzionato nel titolo stesso della mostra.

In estrema sintesi, nel Rinascimento accanto alla forma espressiva che ripercorreva un “classicismo aulico ed egemonico” convivevano tendenze altre che privilegiavano temi alternativi, qualificabili come bizzarri, eccentrici, comici. Le opere di Bosch intrise pienamente dello spirito del loro tempo e che riscossero immediato successo in gran parte dell’Europa, appartengono ad una di queste altre forme espressive che rientrano a pieno titolo nella temperie rinascimentale. Il classico in Bosch non riguarda l’interesse per la misura e la proporzione o come direbbe il Vasari la ricerca della “retta misura, disegno perfetto, e grazia divina”, ma è relativo alle espressioni oniriche, fantastiche e bizzarre dell’antico. Per chi non avesse visto l’esposizione o volesse approfondire l’impianto teorico è possibile far riferimento ai cataloghi della mostra   o agli articoli/saggi dello storico dell’arte Bernard Aikema.

A dimostrazione della tesi, sono stati messi in dialogo capolavori tradizionalmente attribuiti al Maestro, come il monumentale Trittico delle Tentazioni di Sant’Antonio, il Trittico del Giudizio Finale, Trittico degli Eremiti con importanti opere di altri maestri fiamminghi, italiani e spagnoli che ne furono influenzati.

Infatti, la fama di Bosch non iniziò nelle Fiandre ma in Europa meridionale e sarà proprio in Italia che il linguaggio fantastico e onirico di Bosch e dei suoi seguaci, protagonisti di un ‘altro Rinascimento’, troveranno il terreno più fertile e maturo per crescere e diventare modello figurativo e culturale per quel tempo e per molte delle generazioni di artisti successive, anche a distanza di secoli.

André Breton, teorico del surrealismo, definì il pittore neerlandese come “il padre fondatore del Surrealismo” e le sue opere continuano tutt’ora ad influenzare l’immaginario collettivo che confluisce nelle forme d’espressione artistica più differenti come il cinema e il fumetto. 

Interessante è l’associazione effettuata sul trittico del Giardino delle Delizie di Bosch con le famose Wunderkammer che raccoglievano oggetti rari, bizzarri e preziosi e che caratterizzavano la moda delle collezioni eclettiche tipiche del gusto internazionale cinquecentesco. L’opera sembra fare da controparte pittorica al gusto per il collezionismo enciclopedico (contenuto delle Camere delle Meraviglie) tra i ceti più elevati tra cinquecento e seicento, volto a suscitare la curiosità del pubblico e il dialogo tra i visitatori oltre che a stimolare la ricerca scientifica.

Nell’iconografica religiosa in cui introduce visioni oniriche, mondi fantasmagorici esseri ibridi a volte grotteschi, l’artista fiammingo costringe lo spettatore a spostare il fuoco d’attenzione da un punto all’altro dei suoi quadri alla ricerca di infiniti dettagli come in genere accade al visitatore di una Wunderkammer.

La potenza evocativa delle sue opere, e dei suoi “mostriciattoli” che, come nelle drôleries richiamano una mostruosità come forma dell’alterità – nella sua dimensione di fuoriuscita dall’armonico non necessariamente condannato da un DIO – crea una spinta immaginativa in grado di richiamare l’intera possibilità dell’esistenza dando forza dinamica alle possibilità esperienziali psichiche che sfilacciano il tessuto del reale aggiungendo ad esso dimensioni e gradi ulteriori.

L’esposizione “Bosch e un altro Rinascimento” quasi suggerisce la possibilità che la nostra Epoca possa attraversare un nuovo Rinascimento dove potremmo abbandonare gli incubi della peste (COVID) che ha marcato il biennio scorso e ricombinare le possibilità dell’esistenza per una visione ricostruttiva non necessariamente apocalittica.

VIDEO

Non chiedermi chi sono

Un romanzo di formazione da non perdere di cui non accennerò minimamente alla trama  che non renderebbe giustizia delle continue invenzioni, degli inserti musicali o filosofici (Il Gran Consiglio dell’Archipianta), degli oggetti che assumono un significato nuovo secondo la persona (le bambole di Alice, la spazzola per capelli di Amanda, il coltello e la katana di Frankie); della Memoria sotto forma di epifania (citiamo Joyce?); della lenta presa di coscienza dell’identità di genere e del proprio corpo da parte ella protagonista, che scopre di valere qualcosa nel momento le chiedono il suo nome (Frankie risponde lei, perché ha letto Frankenstein, come ha preso coscienza di sé leggendo Piccole donne). Conosce l’amore quasi per caso, come casuali sono i suoi incontri in ambienti di frontiera, con personaggi che per fortuna la proteggono – almeno alcuni lo fanno. Impara a difendersi, a scrivere poesie, a organizzare in modo responsabile la propria vita. Il romanzo per fortuna lascia al lettore ampio margine per immaginare luoghi e ambienti secondo la propria fantasia. Il ritmo è quello dei romanzi picareschi e infatti il libro si legge tutto d’un fiato, visto che non sappiamo proprio cosa troveremo nella pagina successiva. Aspettiamo anzi un regista che prenda spunto dal libro e lo traduca in immagini. Immagini già presenti nel libro a mo’ di storyboard. Noi abbiamo visto le tavole originali e sono stupende. Del resto l’autrice si esprime da anni non solo con la scrittura di racconti, anche con la pittura, la radiofonia, le performance teatrali e qui scrittura e immagine si compenetrano a vicenda. Questo è il suo primo romanzo e pare davvero che la storia non finisce qui.


Non chiedermi chi sono
di Claudia Bellocchi
Editore: Robin, 2022, pp. 256
Prezzo 14,00 €
EAN: 9791254672914
ISBN: 1254672915


Tra il Realtà e Introspezione – In cerca di un’identità

Come in ogni narrazione, articolo o romanzo che sia, sono le prime righe a definire ciò che si sta leggendo ed il libro di esordio di Claudia Bellocchi non è esente.

“Precipito nel baratro, cerco di arrestare la discesa afferrandomi alle immagini del passato che mi vengono incontro, non riesco, rimbalzo tra le rocce, all’improvviso nuove epifanie mi trattengono nella loro rete, mi fermo e tento la risalita.”

Un incipit che sintetizza la voglia di vivere della protagonista Frankie, facendo tesoro del passato (di cui ricorda solo parte) per vivere il presente, nonostante le difficoltà della vita, e scegliere la strada del futuro. Il tema della memoria e dei ricordi rimossi affiorano in tutto il romanzo come fossero epifanie che la protagonista accoglie seppur dolorosamente per proseguire nella sua evoluzione identitaria.

È un romanzo visuale, quello di Claudia Bellocchi, e non solo per le sacrificate illustrazioni da una riduzione intransigente che non gli rende giustizia, ma anche per la cura di scegliere, di evidenziare quelle parole piuttosto di altre, il tipo di font da utilizzare, nello scegliere le ambientazioni.

Claudia Bellocchi si confronta con il tempo e lo spazio, scrive applicando le amare e gioiose regole della vita, per chi si rinchiude su se stessi o si apre agli altri.

Frankie, il personaggio principale, entra nel romanzo definendosi un mostro quasi una serial killer “Ho dovuto uccidere poi ho voluto uccidere e ho ucciso di nuovo.” senza fiducia verso il prossimo e la vita. Rinchiusa in se stessa e nel suo mondo: l’“altrove”. “Solo chi cade può risorgere”, come Humphrey Bogart nel film del ‘46, ed ecco che in questo turbinio di sentimenti si fa largo Frankie comunque curiosa di conoscere per scoprire la sua identità. Inizialmente appare come un involucro che riempirà poi di contenuti e di sostanza grazie all’incontro di altre figure femminili e maschili.

Personaggi femminili soprattutto le fanno da contro-altare negativo o positivo e fronteggiano le apparizioni maschili, prevalentemente negative, creando dei luoghi protetti, delle “terre di nessuno” dove poter vivere in tranquillità. Frankie nella sua crescita apprende da tutti e, nonostante il passato, riesce a cogliere la positività o negatività delle persone a prescindere della loro identità di genere.

Frankie, senza voler essere blasfemi, è come Agilulfo, de “Il cavaliere inesistente” di Italo Calvino, che agisce con un’armatura vuota, ma grazie alla coscienza, arricchendosi delle esperienze del viaggio intrapreso verso la verità.

E’ dunque un viaggio nel realismo fantastico, dove il fantastico serve a narrare la realtà di un’umanità perseguita e persecutrice, in cerca di un’identità e di un luogo che Frankie possa chiamare casa. Una ricerca che accomuna Frankie ad altre persone che vagano su questa Terra, lontano dal “Regime” che sovrasta le vite di ognuno, in un viaggio di formazione e nelle tematiche di genere.

In questo romanzo Claudia Bellocchi riesce a sintetizzare l’esperienza dell’artista visuale e della performer che ha investigato l’animo umano per poi addentrarsi nell’essenzialità dell’espressività infantile, alternando l’immagine alla parola, trovando nella tradizione dei cantastorie una curiosa fonte da cui a tratto ispirazione per percorsi più articolati e profondi come questa opera prima.


Non chiedermi chi sono
di Claudia Bellocchi
Editore: Robin, 2022, pp. 256
Prezzo 14,00 €
EAN: 9791254672914
ISBN: 1254672915


Contro la guerra la Cultura del dialogo

Una giornata d’immagini, parole e suoni per testimoniare la forza negativa della guerra e la proposta di risolvere i conflitti con il dialogo, ma fermare la guerra significa fermare gli aggressori o arrendersi a la prepotenza. È difficile pensare che un popolo aggredito possa rinunciare alla libertà e che gli altri popoli ignorino le grida di aiuto e non far mancare gli aiuti non solo sanitari e alimentari. Le armi non sono la soluzione ma un mezzo per non soccombere e portare i prepotenti a trattare.

Attualmente nel mondo sono attivi un centinaio di conflitti perché una parte possa prevalere sull’altra.

Più che un ERRORE, l’aggressione dell’Ucraina è un ORRORE, come sono degli orrori ogni prepotenza.

Bertolt Brecht, nella poesia “La guerra che verrà” (conosciuta anche come “Breviario tedesco”), scriveva
“La guerra che verrà non è la prima.
Prima ci sono state altre guerre.
Alla fine dell’ultima c’erano vincitori e vinti.
Fra i vinti la povera gente faceva la fame.
Fra i vincitori faceva la fame la povera gente egualmente.”

Ma non ci possiamo accontentare di essere liberi dentro, per ottenere un pezzo di pane, essere liberi anche fuori è meglio, per garantire una dignità nel vivere, perché non si può soccombere ai prepotenti per non trovarsi in un’epoca distopia.


STOP THE WAR
L’11 giugno 2022 alle ore 15.00

MuDeCu – Museo delle Culture “Villa Garibaldi”
Riofreddo (Roma)

A cura di Gregorio Gumina

Espongono gli artisti: Pippo Altomare, Claudia Bellocchi, Paolo Bielli, Paolo Dolzan, Franco Fiorillo, Pippo Fucsia, Gregorio Gumina, J Sarah Gumina, Sandra Inghes Maya Lopez Muro, Volker Klein, Anna Maiorano, Giampiero Nacouzi, Paolo Signore.

Lettura poetica di F. Falasca

Intermezzo con la street band FanfaRona

Intervento video di Fulvio Abbate

Proiezione del video per l’Ucraina realizzato da 168 artisti di varie nazionalità.

Dalla mattinata apriremo una pagina online su facebook per raccogliere liberi contributi pittorici, testuali, grafici, sonori che verranno pubblicati.


Claudia Bellocchi e la Distopia Distopika

Una visione tendenzialmente tragica del futuro, come quella descritta in “1984” da George Orwell, è distopia, termine coniato nell’800 dal filosofo ed economista britannico John Stuart Mill, per contrapporsi a quella ottimistica dell’utopia.

È sulla distopia che a 25 anni David Foster Wallace pubblicava “Infinite Jest”, uno di quei libri di cui si parla tanto, ma che ben pochi hanno letto, come il sottoscritto che non lo ha neanche sfogliato e non ne va fiero, ma bisogna fare delle scelte, per riflettere sul vivere o meglio sopravvivere alle peggiori catastrofi che potranno avvolgere la Terra.

Anche i disegni di Moebius, attualmente in mostra presso il Museo Archeologico Nazionale di Napoli, si addentrano nella distopia, in una visione arcaica protesa nel futuro, con personaggi robotici, ma anche grottescamente umani.

Di Prince, a 5 anni dalla sua morte, viene proposto il suo “Welcome 2 America” una visione distopica della vita, trovando in George Orwell le risposte su una realtà informativa manipolata.

Coincidenze o forse solo la maturazione dei tempi per riflettere sulle distorsioni climatiche e sui mutamenti genetici, su questi temi interviene Claudia Bellocchi con una serie di lavori esposti nello spazio di Villino Corsini (Villa Pamphilj).

Niente paesaggi, unica ambientazione della tragedia per questi personaggi in mutazione è la tela di canapa grezza.

Luigi M. Bruno, nel suo scritto di presentazione alla mostra, afferma che “l’antiutopia dell’artista Bellocchi denuncia senza remore e abbellimenti la febbre nascosta, le latenti mostruosità che si nutrono dei peggiori sentimenti di un’anima malata che tenta coi sorrisi spavaldi alla don Rodrigo di celare il bubbone della peste! Ma solo affrontando l’anima nera che si ciba dei rifiuti ai margini di una umanità pur disumana, crudele e cieca nella sua folle indifferenza, solo guardando fino in fondo l’abisso che è sotto i nostri passi, senza sogni gratificanti e ingannevoli, forse troveremo l’uscita.”

Un’antiutopia dalla quale nascono personaggi come Madame o Ominide, Anatomopatologia o Franz, con un’esuberanza capace di rievocare quel prof. Kranz grottescamente vissuto da Paolo Villaggio, tracciati con il carboncino e avvolti da un’atmosfera tetrobronzea.

Un mondo dove l’eloquenza sarà una di quelle capacità che verranno meno in un futuro distopico basato sul conflitto e non sul dialogo, sulla prepotenza del grido e non sulla pacatezza.

Una distopia che minaccia il futuro dell’Afghanistan, perversa sugli abitanti di Hong Kong e sulle comunità LGBTQ non solo in Polonia e Ungheria.

Una mostra quella di Claudia Bellocchi capace di far riflettere, raffigurando la distopia come una deformità di sinistro futuro capace di condizionare negativamente la società se l’individuo rimane indifferente alle altrui tragedie.


Claudia Bellocchi
Distopika

Dal 4 al 19 settembre 2021

Biblioteca di Villino Corsini (Villa Pamphilj).
Roma

Informazioni:
tel. 06/45460691


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