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Jazz: Non solo in Note

Il jazz, vissuto come emblema chiarissimo di protesta sociale e politica, oggetto e desiderio di trasgressione, emerge dalla trama del film di R.S. Leonard, Swing Kids, Giovani Ribelli. Nella Germania tormentata dal diffuso spirito di intolleranza, un gruppo di giovani studenti, al grido di “Swing Heil”, preferisce la bandiera del jazz americano a quella sinistra della svastica.

Un tema, questo, di grande attualità, che trova una puntuale conferma anche nel saggio illuminante dovuto alla penna del noto critico e musicista americano Mike Zwerin, intitolato Musica Degenerata, tradotto ora. in italiano per i tipi della casa editrice Edt. L’autore ripercorre le tappe fondamentali che hanno fatto seguito al fiorire e poi alla rapida diffusione della musica sincopata del Terzo Reich, durante gli anni di piombo del Nazismo, quando ogni espressione artistica non in sintonia con i canoni estetici del regime totalitario, veniva brutalmente bandita.

La carica protestataria e dirompente, connaturale a questo idioma, risolta in chiave allegorica fa da sfondo ai racconti di Josef Skvorecky (Il sax basso, Adelphi, attualmente in corso di ristampa). Diversa per intensità ma ugualmente avvolgente la tematica sulla “jazzità” presente nel romanzo della scrittrice afroamericana Toni Morrison: Jazz, edito da Sperling & Kupfer – Frassinelli. A metà strada fra il saggio e il romanzo si colloca, infine, il libro dell’inglese Geoff Dyei: Natura morta con custodia di sax, Instat Libri.

Ricognizione appassionante, svolta con fraseggio agile e discorsivo, attraverso le vicende artistiche e umane, gli aneddoti, relativi agli uomini del jazz, ma non solo.

Per coloro che amano l’immagine fotografica e pittorica del jazz, segnaliamo, infine, California Cool, edito da CoHins&Brown.

da EcoTipo – L’Evasione Possibile
del settembre 1993

L’eros non è un venticello

La musica. E’ stata definita innumerevoli volte, da autorevoli bocche, la più sensuale delle arti. Sensuale non perché prodiga di arti ammaliatrici ed erotiche, ma perché proprio per la natura dei suoni essa più di tutte si appella attraverso il senso dell’udito ad evocare impressioni ed emozioni “sensuali” prima ancora che razionali.

E’ stata probabilmente, in tempi remotissimi, la prima delle arti, sorella di magie rituali e di evocazioni mistiche, rivelatasi in parallelo alla voce umana, e di essa accentuazione e rinforzo. Questa sua origine magica, inafferrabile, le è rimasta sempre nel profondo.

Nel buio di una sala, lo scaturire come dal nulla di suoni armonici, porta con sé ogni volta un piccolo brivido, una piccola gioia sensuale che ci accomuna nell’udire e partecipare ad un evento quasi miracoloso.

La parentela poi tra musica ed eros dichiarato è documentata, nel corso dei secoli, da costumi e culture. In età classica l’elegante prostituzione delle “etère” era legata alla loro abilità di musiciste, e dire “flautista” era lo stesso che dire raffinata meretrice. Del resto, ancora oggi in oriente il primo requisito delle geishe, accanto all’arte amatoria, non è forse l’abilità musicale?

Sono tradizioni oggi in occidente quasi scomparse, ma sempre è rimasto l’Eros ad ispirare molti autori.

L’amore, con i suoi piaceri e le sue afflizioni, fu particolare musa dei madrigalisti cinque-secenteschi: per tutti il, nome di. Claudio Monteverdi che d’Annunzio amava definire “il divino Claudio” per la dolcezza e l’ardore della sua ispirazione erotica, pur depurata dall’eleganza di un’attentissima maestria armonica.

L’eros, del resto, serpeggia e trionfa in quasi tutta la musica del XVIII secolo.

Un eros elegante e licenzioso, malizioso ed incipriato, divertente e dispettoso, da Pergolesi a Vivaldi, da Gluck a Cimarosa, da Haendel a Paisiello, forse con l’unica straordinaria eccezione di un Bach che prende distanza dai piaceri terreni per attingere all’ispirazione spirituale (pur con l’eccezione di un paio di cosiddette “cantate profane”).

Poco più tardi, l’erotismo mozartiano conclude gloriosamente tutta la tradizione secolare di levigata e civilissima sensualità musicale, trionfando negli ammiccamenti e negli approcci dei suoi indimenticabili protagonisti nel “Don Giovanni”, in “Così fan tutte” e nelle “Nozze di Figaro”. Siamo nell’età dei colti libertini.

Col Romanticismo si inaugura invece un eros meno limpido e disinibito.

Il profondo legame fra Eros e Thanatos (Morte) diventa indivisibile.

La passione dei sensi si colora di fatalità, si ammanta dei tragici coturni, esplode nel sangue, si consuma nell’esito inevitabile della morte.

Può essere il Verdi della “Traviata”, dove l’amore è costretto dal codice morale alla rinuncia, ma anche il Donizetti della “Lucia di Lammermoor” dove la passione perseguitata sfocia nella pazzia e nel suicidio, o il Bizet della “Carmen” dove l’eros ferino e violento corre spavaldo verso il sangue dell’arena: l’ispirazione musicale romantica vive comunque la sensualità come una tragica irresistibile colpa.

Man mano poi che la stagione romantica si racchèta e si illanguidisce, sul finire del secolo, l’eros, anch’esso più languido e meno tragico, vive di dolcissime e quasi perverse estenuazioni insieme alla stagione dei simbolisti e dei “nabis”, insieme agli arabeschi erotici di Wilde e Huysmans, nei sogni incantati di una generazione colta,sensibile al richiamo dei sensi, unica terra promessa, unica divinità alla quale sacrificare, nella rinuncia di ogni altra idealità, nel pessimismo totale di un’umanità non più riscattata, fiorisce l’ispirazione musicale per un amore carnale che ad antichissimi miti idealmente si ricollega.

La sensualità è per questi artisti il senso stesso della vita, l’unica coerenza; nel piacere e nella ricerca del piacere lo stile della loro vita.

Dopo l’ultimo fragoroso Wagner, dove nel “Tristano e Isotta» in una specie di ininterrotto, tempestoso orgasmo, celebra l’eros tragico e ineluttabile, ecco allora le delicatissime, trasparenti risonanze di Debussy, i suoi echi di antichissime nostalgie trascolorate d’una sensualità cangiante nel suo “Aprés midi d’un faune”, o le morbose estenuazioni del “Martirio di S. Sebastiano” (concepito a due mani con d’Annunzio, principe incontestato di furori e languori erotici). E poi ancora, l’esotica e carnale “Salomè” di Richard Strauss con l’altra sua sorella, la pallida e luttuosa “Elektra”.

La donna è vista come sacerdotessa crudele e raffinata di questi rituali magico-erotici, in un clima di eccessi e di perversioni che oggi può forse farci sorridere, ma che indubbiamente favorì la sublimazione dell’Eros trasfigurato in musica.

L’ultimo grande del secolo scorso, Gustav Mahler, testimone estremo d’un morente Romanticismo che celebra il suo straziante crepuscolo, si annuncia anche come il primo grande musicista del nostro secolo. Ma il suo eros è rarefatto, decantato, trascolora in meditazioni e nostalgie nelle quali affoga e scompare. Lamusa imperante di Mahler, persecutoria, ossessiva, eppure dolcissima è “1hanatos”, l’ultima amante, è la morte che lo rincorre e lo chiama ovunque.

Nel “lied” “Der Abschied” (L’Addio) egli probabilmente ci consegna il commiato non solo di sé e della sua generazione (morirà poco dopo), ma di un intero secolo di battaglie e di sogni, un commiato struggente che racchiude in sé ogni possibile rimorso, annullarsi e scomparire infine in una specie di lago sonoro, di lontananza irraggiungibile: geniale.

conclusione, pur se sconsolata, d’ogni possibile passione.

da EcoTipo – L’Evasione Possibile
del marzo 1993

Segni di Guerra

Ai Balcani e alle atrocità della guerra tra ex iugoslavi sono stati dedicati diversi libri, scritti da differenti angolazioni e sensibilità.

Nello scritto di Demetrio Volcic (Sarajevo, Nuova Eri-Mondadori, pp. 230, £. 29.000) emerge la natura bellicosa del popolo balcanico, l’odio profondo che “unisce” nella quotidianità i serbi e croati e i piani Nato per ristabilire l’ordine a Sarajevo e nella Bosnia, ma anche l’impotenza davanti a questa carneficina d’innocenti.

Quello di Chiara Valentini (L’arma dello stupro, ed. Luna) è di prossima uscita. Nel libro di Anna Cataldi Sarajevo. Voci di un assedio (Baldini & Castoldi, pp. 169, £. 20.000) sono raccolte una settantina di lettere di genitori ai figli, di ragazzi ai loro amici, di gente rimasta nella capitale bosniaca ai conoscenti diventati profughi. Con Cieli di piombo di Mimmo Lombezzi (ed. e/o, pp. 130, £. 12.OOO) si passa alla ricerca della “riproducibilità” dei rumori e delle sensazioni di guerra di tutti contro tutti. E inoltre di Slavenka Drakulic Balkan Express, di L. Lusenti e L.Miamì, Profugbi, ed. Comedit, G. Riva e M. Ventura, Iugoslavia, il nuovo medioevo, ed. Mursia. Iugoslavia. Dentro la guerra, di Fulvio Molinari e Antonio Sama (ed. Goriziana, pp; 207, £. 40.000). Non solo all’ex Iugoslavia, ma a tutte le secessioni e agli integralismi è dedicato il libro a più mani Delle guerre civili (ed. Manifestolibri, pp. 91, £. 10.000). In molti di questi scritti appaiono anche i bambini e il loro essere tra la paure e assuefazione, con l’unica colpa di trovarsi in una terra martoriata.

Una terra in guerra civile, un conflitto dilagante, uno scontro tribale che ogni giorno sembra quello della non guerra, ma che in realtà è solo un:ennesima promessa mancata. Un conflitto del “sospetto” e originato dalla mentalità balcanica, dall’estrema diffidenza verso il vicino e quindi colpire per primi, prima di essere le vittime.

… un mondo dove la sopravvivenza è violenza, la libertà è un sogno e la giustizia è un imbroglio, …” Oriana Fallaci, 1975.

da EcoTipo – L’Evasione Possibile
del settembre 1993

Le aristocratiche pratiche

Prima di Lolita le bambine si comportavano meglio?

Questo piccolo manuale, scritto all’inizio del secolo da un raffinato scrittore francese, fa supporre che le ninfette la sapessero molto lunga. I consigli ricalcano (in parodia) i centinaia di manuali per le varie educatrici governanti, scuole di monache e altro.

Alcuni consigli (“Se scoprite che siete figlia dell’amante e non del marito di mamma, non chiamate quella persona ‘papà’ davanti a venticinque persone”) potrebbero ben figurare nei manuali di cui sopra.

Infatti la parodia non distrugge mai lo spirito originale della legge: lo rende più chiaro.

La perfida bambina cui tale manuale s’indirizza non è infatti uscita dal riformatorio: dal testo si desume che la ninfetta ha un autista, un’istitutrice inglese, una cameriera, più domestici.

E’ insomma una viziata ragazzina dell’alta borghesia.

E qui due osservazioni. E’ quasi facile trasgredire un codice se questo è ferreo, anche se usi e costumi privati possono essere ben lontani da quelli praticati in pubblico. La trasgressione richiede comunque un codice da trasgredire, e questo è il motivo perché l’erotismo d’epoca è più piccante.

Altra osservazione: l’erotismo, come ben altri diritti civili, riguardava solo una ristretta parte della società, e lo dimostra proprio questo galateo.

La lettrice precoce e procace, al patì dei suoi genitori, certe trasgressioni se le può permettere senza che l’equilibrio sociale o morale venga appena scalfito. Possiamo immaginare anzi la sua vita futura: moglie e madre borghese, ben realizzata in famiglia, ma degna di Girotondo di Schnitzler o di qualche pochade francese.

Il tradimento è fedeltà alla Legge, ma a quella della Natura.

Corollario: se l’erotismo attuale è volgare, è perché ha vinto la democrazia.

E’ chiaro che poche centinaia di aristocratici (e non di arricchiti) intenditori avevano un gusto più raffinato di noi. Ma non bisogna mai dar giù a chi è arrivato solo adesso a godere (!) dei diritti civili.

da EcoTipo – L’Evasione Possibile
del marzo 1993

Sull’impalatore Valacco

“Ecco”, pensai “un nuovo romanzo su Dracula ma non potrebbe esistere se non a condizione della più assoluta fedeltà alla storia: il reale, il tal caso, supererebbe ogni immaginazione, e ogni nuova invenzione non sarebbe che un debole riflesso, uno squallido rifacimento di fatti storici ben più. vivi e veri.”

Così lo studioso rumeno Mario Mincu, in una delle sue prime osservazioni, introduce il lettore al suo “II Diario di Dracula” (Bompiani, 1992, pagg. 220, lire 11.000).

Da uomo di cultura quale è, Mincu scrive direttamente in italiano questo libro, sotto lo stimolo, come narra nelle prime pagine, dell’incontro con un sedicente conte bessarabico, avvenuto durante il suo primo viaggio in Italia, su di un treno.

Una “scusa” quella di essere stato incaricato dallo strano personaggio di riordinare l’antico scritto, fortunosamente ritrovato, del principe valacco.

Un escamotage narrativo che porterà Mincu ad interrogarsi, più di una volta, sul perché di tanto ritrovato interesse. dopo 500 anni, per il personaggio Dracula, un quesito difficile da comprendere e al quale non dà mai una risposta diretta, lui che mai aveva letto Bram Stoker.

Una prova letteraria curiosa, costruita su di una ricerca storica minuziosa e confezionata sotto forma di impressioni, memorie e considerazioni riordinate dal principe Dracula “voivada” Vlad nei 13 lunghi anni della sua prigionia nel castello di Visegràd, nei pressi di Budapest.

Il narratore Mincu-Vlad, rielabora e mette su carta i dubbi e le perplessità dei suoi rapporti con il suo amico carceriere Mattia Corvino principe di Ungheria, con i parenti, con gli amici, con Elisabetha sua sposa per volere di Mattia Corvino, con i nemici e con il papa Pio II.

Attraverso le riflessioni di carattere filosofico viene tracciato il ritratto di un uomo sanguinario, dispotico e guerriero, ma anche di un uomo di cultura e poliglotta, dalle molte speranze e dalle mille sfaccettature. Un principe vissuto in una terra di in equilibrio tra Occidente e Oriente e lui stesso diviso tra la Cristianità e l’Islam, in un’epoca in cui l’intera zona era allo stesso tempo un ponte fra Oriente e Occidente ed un’enorme palestra per incursori.

Brani come “… Ammazzare è proibito, anche se di fatto se ne ammettono tante legittimazioni, guerra di difesa, di punizione, ecc. Tutto per uccidere la noia. la gente si annoia: allora si distrae con il sangue. Solo lo spargimento di sangue è un diversivo di sufficiente soddisfazione. Nessun altro spettacolo può dissimulare la noia degli umani. Nerone incendiò Roma per sconfiggere la noia. Non vi riuscì è vero, ma fece parlare di sé …” o come “Vivo solo di notte. Di giorno non posso far altro che dormire. Mi sento assuefatto al buio … La luce del sole mi acceca. Nella notte il mio sguardo penetra gli oggetti e li attraversa.” e ancora “Sogno continuamente un orrendo oceano di sangue che si avvicina minaccioso. Morirò annegato nel sangue delle mie vittime. Se morirò…” sono continue ed insinuanti allusioni dell’autore per dare una spiegazione alla nascita della leggenda di Dracula il “non morto”.

Ai fini della leggenda è interessante anche la scritta tombale “Qui giace Dracula. Allorché io volli essere, proprio allora cessai di essere” rinvenuta in Bosnia (!).

Ma se non è certo che i morti hanno assalito i vivi, certo è che i vivi non hanno mai lasciato i morti in pace.

da EcoTipo – L’Evasione Possibile
del maggio 1993


Il diario di Dracula
di Marin Mincu
Bompiani, pp. 220
prezzo: € 7,20 €
EAN: 9788845201332