Tutti gli articoli di Luigi M. Bruno

Alessandra Celletti: L’Utopia del sogno

LMB Musica Alessandra Celletti 2017 Working on Satie erik_small-4Con “Working on Satie” Alessandra Celletti celebra i fasti della mitica stagione surreale che col balletto “Parade” nel 1917 proclamò la necessità ironica, gioiosa, rivoluzionaria, di affermare i diritti della libera creatività che attinge all’antirealtà del paradosso onirico.
Dal poema di Cocteau Satie, coadiuvato dal delirio cubista di Picasso, ricostruì il percorso ora umoristico ora grottesco ora elegiaco di una innovativa, scandalosa tessitura armonica che rivelava l’assurda ma vitale irrealtà del Sogno e dei suoi enigmi.

Compositrice fervida e originale, oltre che affermata pianista, Alessandra Celletti ci conduce con l’andamento altalenante e misterioso di frammentarie evocazioni a ricomporre la complessa tela di un “notturno” vagando tra sonno e risvegli, tra i quadri di una immaginaria esposizione (non è già surreale l’invenzione di Mussorgsky?) alla ricerca del magico filo, della traccia fiabesca che ci riporta alla nascosta sostanza del nostro esistere.
I capitoli dell’opera, in irragionevole libera autonomia, in effetti si ricollegano e si manifestano proprio con la logica della apparente assurdità onirica.

Dopo l’omaggio rievocativo a Satie con il picchettare (“the Typewriter”) della macchina da scrivere, l’autrice si immerge letteralmente nella rievocazione (“Landscapes”) di elegiaci paesaggi della memoria dove colori e temperature autunnali ci riconducono a lontane stagioni infantili (il bambino che gioca e continuamente si assopisce).
Con “Faces” si alternano volti e figure di antiche fotografie, riflessioni malinconiche di esistenze sconosciute, voci remote, occhi e sorrisi che riemergono dalla penombra.
Poi le profondità fredde e acquatiche di “the Lake”, i verdi minerali di “Absinthe flowers”, la rievocazione infantile di curiose giostre, il reticolo buio in “the Metal tower”, come di sbarre e inferriate a chiudere il respiro.
Eppoi in “Ectoplasm” le tracce evanescenti di animule, echi languenti di un trascorso, irresoluto esistere.
E ancora, il bizzarro, tutto surreale “Concert in a snowball”, dove la pianista suona sulla tastiera di leggiadri megascheletri, con un intermezzo quasi di sapore chopiniano (una “berceuse”?).
Spirali elicoidali che sprofondano in imbuti terrestri, enigmatici palombari, saltellanti musiche di pianola che si alternano a placide meditazioni.

Una straordinaria passeggiata tutta intrapresa col gusto del libero divagare, lo stupito indagare con occhi infantili la continua sorpresa d’un magico mondo nascosto dietro l’apparenza della comoda, quotidiana realtà.
Una visione musicale in perfetta simbiosi, inscindibile dalla fantasia visiva, dalla geniale improvvisazione pittorica dell’artista Onze che con la compositrice realizza un insolito duetto di richiami e coinvolgimenti che hanno nel comprendersi e realizzarsi quasi la perfezione di un miracoloso “entanglement”.

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L’atlante segreto di Alessandra Celletti

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Kounellis: “pittore che non sa disegnare”

Arte LMB Kounellis aA proposito della recente scomparsa dell’artista greco Jannis Kounellis… aldilà della necessaria considerazione per la persona e la sua coerenza umana e politica, non posso non criticare come già detto in molte occasioni per gli artisti della cosiddetta “arte povera” quanto sia stato responsabile e decisivo il suo apporto come personalità riconosciuta nel dilagante ed invasivo equivoco su questa tematica assai controversa!… Non ho mai condiviso l’entusiasmo e l’ammirazione per questa corrente che ormai imperversa da molti decenni creando ancor più (se ce ne fosse bisogno) confusione e incertezza sui fondamentali valori dell’opera d’arte… Molti nomi “importanti” hanno influenzato in modo decisivo il mercato e la diffusione dell’arte determinando valutazioni per me assurde su opere molto ma molto discutibili!…
Ancora una volta, me ne dispiace, devo far da controcanto alle eccessive riverenze verso un artista e una pretesa arte che, ripeto, è responsabile di aver depistato la già confusa qualità del comune osservatore traviando una critica intellettualmente presuntuosa e arrogante che ha sempre tacciato di superato formalismo accademico ogni appunto rivolto all’ arte “povera”, anzi poverissima… Rileggete quello che ha detto e scritto Vittorio Sgarbi sull’argomento, personalità pur discussa e per altri versi discutibile, ma che in questo caso approvo totalmente… e se volete sorridere un pò il capitoletto sull’arte “povera” nel libro di Pablo Echaurren “Controstoria dell’arte”!

Marcinelle

LMB Marcinelle 1

Ricordate ancora quando partimmo?
Gli occhi allegri e il sorriso pronto,
la nostra pelle ancora bruna
figlia del sole che nei campi
bruciava gli occhi
quando all’alba, d’estate,
già sulle zolle piegava
alla fatica nostra giovinezza.
Sulle nostre mani
già grosse e dure
correva il filo impaziente
del nostro furioso coraggio:
fame e rabbia, andar via!
per dimenticare i rattoppi,
le quattro sigarette contate,
le inutili bestemmie
e i giorni vuoti buttati in piazza.
Così andammo via
stipati nei treni, come tradotta
ci portava in guerra
cercando lontano, fin lassù,
nel grigio paese d’un livido sole
i pochi soldi da avere in tasca,
una cravatta, la brillantina
e una camicia pulita il sabato sera.
“Nè cani né italiani”
era scritto sulle porte;
gente chiusa tra parole diverse,
noi sfrontati nelle “salles de bal”,
ubriachi di solitudine,
per rubare un sorriso, un “giro”,
a pallide ragazze intimorite.
Arrivammo lassù, eravamo solo carne,
braccia di giovani schiavi
in cambio di carbone.
Scendemmo fino in fondo al buio
nel pozzo che ci stringeva alla gola,
contando i giorni per tornare a casa.
La chitarra, le canzonette,
le fotografie, birra, vino
e qualche bacio non bastarono.
…Salvatore, Rocco, Felice, Attilio,
Guerrino, Santino, Donato…
Eravamo in tanti,
più di cento a morire!
Laggiù siamo rimasti per sempre,
terra nella terra,
uno vicino all’altro
per farci coraggio,
con negli occhi ancora
nuvole e sole di nostra terra antica.
Urlammo in fondo al pozzo
maledicendo il Dio
avaro dei braccianti,
l’angelo nero che ci soffocava.
In fondo ai tunnel, notte per noi,
lassù era mattina,
lasciammo giovinezza e miseria,
gli occhi allegri a bere con gli amici,
i baci e promesse scambiati nel partire.
Sognavamo di tornare,
in piazza a far romanzo
della nostra avventura.
Ma muti tornammo per sempre
e il campo ci copre ormai
dove sudammo un giorno
per contenere appena
stomaco e arsura.
Muti tornammo all’aria,
ci tolsero al buio,
era agosto in cielo,
mentre la gente urlava ai cancelli
nomi sconosciuti.
Dal fondo ci raccolsero
come sacchi di nero carbone
e tornammo poveri corpi stremati,
ancora uno all’altro vicini
nel viaggio fino a casa.
Ora in silenzio dormiamo
nei campi che conobbero
i nostri piedi nudi,
sotto gli ulivi, sulle pietre
mangiando il nostro pane.
Sognammo tutti una terra
per noi di frutti e di grano,
di figli contenti e l’amore
di chi ci volle per sempre.
Come ci chiamavamo?
…Francesco, Michele, Pasquale,
Raffaele, Angelo, Emidio…
Eravamo in tanti, più di cento.
Un giorno partimmo.
25 Febbraio 2017

L’opera totale nella ricerca di Ugo Bongarzoni

arte-lbm-ugo-bongarzoni-2Nella ricerca intensa, appassionata di Ugo Bongarzoni c’è il fervore e la pienezza di raccontare e raccontarsi tutto. C’è l’urgenza delle entusiasmanti scoperte: il Mito, la favola eterna dell’uomo e dei suoi sogni.
Dovrei dire ricerca essenzialmente pittorica, ma anche plastica, materica, tanta è la necessità dell’artista di usare l’elemento tridimensionale, l’oggetto, l’apporto massiccio e continuo del bassorilievo e del mosaico, dell’intarsio o del collage, come se l’esclusivo uso del segno e del colore non bastasse ad andare fin nel profondo dell’idea.
L’artista coniuga la materia e il colore in un sovrapporsi di elementi che rimanda ad antiche tradizioni di nobili artefici, coloro che nell’opera individuavano la totalità di tutte le esperienze percettive e cognitive.
L’opera di Bongarzoni trascende le rarefazioni e le eleganze formali legate ad un unico itineris.
Nell’artista c’è lo slancio di comunicare l’intuizione di un mondo rivelato, un sogno che si manifesta con la misteriosa prepotenza quasi della necessità profetica.
arte-lbm-ugo-bongarzoni-3E attraverso il tripudio cromatico, la generosità dinamica di una struttura complessa eppur felicemente armonica perché ogni sua parte si completa e si richiama in un tutt’uno, si realizza infine nell’artista il concepimento dell’opera totale, epopea e proclama di una indiscussa fede nell’uomo e nella sua inesausta necessità di capire e trasformare il mondo nel miracolo del suo molteplice manifestarsi.

Le legioni romane sconfitte dai “marines” americani

adn-lmb-le-legioni-romane-sconfitteAscolto allibito durante uno dei tanti “quiz” a premi la stupefacente risposta di un concorrente (adulto, serio) alla domanda: “A quale popolo i romani devono la sconfitta detta poi proverbialmente delle forche caudine?”.
Il concorrente, incerto e compassato risponde: “… Agli americani?”. Ora, non contesto la libertà di essere miserevolmente ignorante (poteva almeno rispondere genericamente; i cartaginesi, gli egiziani, o altri popoli dell’antichità), in tal caso costui se ne resti tranquillamente a casa, ma come si può arrivare a vertici così grotteschi di totale insipienza?..
C’è da dire che questo episodio non è affatto isolato: in altre occasioni ho udito altre inarrivabili meraviglie che qui non dico…
Anzi no, vi delizio di un ricordo personale: ai tempi dell’Accademia di Belle Arti (corso di scenografia teatrale!) uno studente affermò, a proposito di Shakespeare, trattarsi di un famoso scrittore francese!…
Ma torniamo al nostro concorrente.
Se penso ai quiz d’altri tempi da “Lascia o raddoppia” in poi, in cui specialisti e ferratissimi individui stupivano ammirati dall’italico pubblico televisivo con risposte precise e pertinenti a domande complesse e tortuose!
Altri tempi. Anche nel campo leggero e disimpegnato del quiz si assiste allo sprofondare qualitativo sia delle domande (facili, spesso facilissime) sia delle risposte talmente assurde e inadeguate da far pensare che si è arrivati a profondità di ignoranza ormai abissali. Eppure….. questa è la domanda da porsi, eppure…. come può giustificarsi tanta tragica grossolana ignoranza nell’epoca gloriosa di internet che mette a disposizione di tutti (chi non possiede un computer, un tablet, uno smartphone?) una possibilità infinita di conoscenza storica, letteraria, musicale, geografica, scientifica? Chiunque può con un clic trovare risposta pertinente e precisa praticamente a tutto!.. Che uso dunque si fa di questi preziosissimi mezzi?
A che serve avere sottomano l’uso di questa immensa biblioteca planetaria se poi non c’è alcun interesse o volontà o anche curiosità di aprirla?… Dunque, beati i tempi della faticosa ricerca cartacea tra pesanti enciclopedie, rarità libresche, manuali, fino alle pur corrive letture “popolari”!
A che servono le straordinarie innovazioni tecnologiche se si sguazza nella bestiale innocenza della più totale ignavia?…
Ci viene data la possibilità di salire sulle nuvole, ma la volontà si aggira purtroppo nelle buie e tiepide caverne primordiali, una specie di materno grembo protettivo che deresponsabilizza totalmente il cosiddetto “comune” individuo da qualsiasi apertura mentale……
Cosa diceva il povero Dante?:”Fatti foste non per vivere come bruti, ma….. ecc. ecc.”