Tutti gli articoli di Luigi M. Bruno

Riflessione di fine anno e buoni propositi per l’anno nuovo

Buoni propositi? L’inguaribile misantropo che è in me (muoia Sansone con tutti i filistei!) arriva cinicamente ad augurarsi come rimedio ai bubboni di questa nostra malatissima umanità che la deflagrazione di una prossima stella riduca coi suoi raggi gamma in un istante questo azzurro pianetino in una specie di caldarrosta spaziale!…

Calma, scherzavo!… Vediamo: pirateria finanziaria, corruzione politica, malavita organizzata, inquinamento planetario, morti per fame guerra e terrorismo.. . che altro si porta in dote la nostra gente oltretutto collettivamente “intubata” in una demenza virtuale che la allontana definitivamente dalla sacrosanta realtà?… Chi dice che ci vorrebbe una “decrescita” felice, tornare alle sane origini (ma erano poi così sane le toppe al sedere e i bracieri affumicati?), chi auspica la dittatura etica ed illuminata di un superuomo (ahimè! Il potere illimitato trasforma gli angeli in demoni), chi semplicemente ripete la cantilena: i politici corrotti e non tutti a casa! (e poi? Ci ammazziamo per strada nella libertà indiscriminata del mors tua vita mea?), chi si aspetta dal Papa “buono” un ritorno (ma c’è mai stato?) al francescanesimo planetario. Ma il fatto è che non siamo santi e nemmeno eroi.

Guardiamoci in faccia: magari non uccidiamo né rapiniamo, ma dove la mettiamo l’indifferenza, l’ipocrisia, l’egoismo, la vigliaccheria con cui ci dobbiamo penosamente confrontare ogni giorno?…

No, non siamo santi, e forse siamo anche un tantino disonesti: quel tanto, ci giustifichiamo, per poter sopravvivere in questa laguna di alligatori in cui ci troviamo. Bé, nonostante tutto non disperiamo. Se non crediamo più a Babbo Natale e alla Befana però qualcosa ci resta in tasca. Ogni tanto ci accorgiamo che qualcuno fra noi si butta, rischia la vita per tirarci fuori dall’ acqua ( ma noi diciamo chi glielo fa fare?), un altro si sporca le mani per tirare sù qualcuno sommerso nei suoi escrementi, qualcun’altro rischia malaria leoni e colpi di machete per dar da mangiare a una tribù, qualche pazzo rinuncia al successo e ai piaceri di una ricca professione per medicare piaghe tra capanne di fango e miseria, e c’è anche chi (invece di abbandonare la sua nave!) preferisce uccidersi col suo aereo lontano dalle case piuttosto che salvarsi col paracadute… Insomma, dico che se ci guardiamo intorno qualche buona semente ogni tanto fruttifica fra la molta gramigna. Ma sì!

Forse c’è un Gandhi o uno Scwheitzer sepolto in fondo a ognuno di noi. Preghiamo che prima o poi, almeno una volta, possa venire a galla. Alla fin fine gli angeli che dovevano distruggere Sodoma e Gomorra si sarebbero accontentati di trovare un uomo giusto, una sola pianta sana per salvare tutta la baracca. Speriamo, sì fortemente speriamo in un nuovo anno che ci redima e ci salvi tutti tanto da allontanare i devastanti raggi gamma della stella punitrice Ed io, che dire?

Siccome son piccino mi accontenterò di trovare doni modesti in attesa delle grandi soluzioni. Per esempio sarebbe bello che nel nostro antico e felice paese la gloriosa lingua italica non fosse un maldestro “optional” nel dilagare cafone e provinciale di una anglofonia a tutti i costi. Sarei felice anche che una certa fasulla avanguardia artistica la smettesse di intristirci coi suoi rattoppi presuntuosi e cialtroni!

Sarei felice che la gente tornasse a guardarsi intorno invece che vivere attaccata a un filo o a un “display” ipnotizzante!… Ma sì!

Infine, lo dico?… è una speranza proprio piccina picciò: sarei felice di sentire chiari e limpidi i dialoghi nei film senza assordanti e roboanti colonne sonore che coprono i bisbigli dei protagonisti nel momento decisivo!…

È vero, sembra davvero poca cosa, ma che rabbia chiedersi poi all’uscita: ma che accidenti ha detto lui a lei? Insomma, andiamo al cinema a sentire storie o concerti sinfonici?…

Buon 2014 a tutti!

 01 Italia Riflessione di fine anno e buoni propositi per l’anno nuovo 2014 Cometa Hale-Bopp50400

Icone e Feticci

Ci giunge notizia che a New York folle quasi in preda ad affannosa isteria corrono, letteralmente corrono ad ammirare la Ragazza con l’orecchino di perla di Vermeer. (Ricordate? Se ne fece tempo fa anche un film tipo pasticcio sentimentale: soldi buttati via per una storia assurda!). Va bene. Qual’è la novità? Ma non è una novità. Stesso fenomeno (bombardamento mediatico, file e attese ultrachilometriche) lo abbiamo avuto per altre “star”, che fossero i Bronzi di Riace, la Dama con l’ermellino di Leonardo o i Girasoli di van Gogh, per non parlare dell’ eterna, maniacale fissazione per la irridente Gioconda! Fenomeno che ci parla chiaramente dell’attrazione quasi folle che le masse hanno per “l’Icona”, la sacrale Immagine che in sé racchiude pulsioni, desideri, delizioso sgomento per una magica, unica apparizione che prepotentemente ci magnetizza. Non ci interessa il contesto, la somma e l’approfondimento, l’evoluzione estetica e l’analisi del percorso creativo.

Vogliamo solo lei: la primadonna, la protagonista che abbiamo eletto a punto di riferimento assoluto, enigmatico, affascinante “buco nero” in cui si riversano intelligenze, curiosità, stupori. Non abbiamo tempo né voglia (e forse neanche capacità) di interessarci ad altro che non sia l’Immagine che abbiamo eretto a Totem, a Feticcio sacrale e riassuntivo delle nostre manie e fobie. Intorno all’Icona prescelta intoniamo nenie e cortei quasi trovassimo in essa risposte a oscuri disagi e a incertezze identitarie che imperversano sulle nostre folle contemporanee, sempre più povere di autentiche capacità percettive, di scelte e di libertà profonde e motivate.

I soliti stregoni ci imbastiscono la Stella santificata di turno ordinandoci oceaniche genuflessioni. A questo punto la critica artistica come l’effettiva qualità dell’opera in questione conta poco e qualsiasi contraddizione suonerebbe sacrilegio! Quel che conta è correre ed essere lì, aspettando il nostro turno di baciare il Sacro piede e di imbastire una specie di muta preghiera, di essere esorcizzati nel rituale di comune adorazione. Non è forse così anche in altri ambiti? Nello sport non è quel tale campione da cui solo ci aspettiamo miracolosi interventi? Non è quella star nel cinema, morta o vivente che sia, in cui riversiamo sogni e pretese di redenzione? Nella stessa politica non siamo sempre all’affannosa ricerca del Leader carismatico, del Grande Padre o Fratello che poi tante follie e tragedie collettive ha sempre provocato?..

La libertà costa cara: costa fatica, studio, solitudine, incomprensione. Poter capire e scegliere è raro privilegio, rara medaglia che pochi possono appuntarsi al bavero. E’ molto più comodo accodarsi e farsi trascinare nell’orgia della stupefazione ammirativa per la Sacra Immagine di turno: misteriosa Fanciulla, prega per noi!

 06 Riflessioni Arte ICONE E FETICCI Ragazza con l’orecchino di perla Fig1

Urla nel Buio

Claudia Bellocchi artista già nota, oltre che per la sua ricerca pittorica, per il suo impegno umano e civile, produce e allestisce nei locali de “Il moto della mente” un percorso che si snoda sia attraverso una serie di elaborazioni cromatiche splendide e disarmanti ispirate alla gestualità infantile, sia attraverso una scenografia cupa e inquietante dove balenano al buio strisce di luce come piccole urla: una specie di tunnel degli orrori. Tutto ciò lungo una sequenza di animali fantastici, orchi e ombre che vogliono dar lettura e denuncia degli abusi (in tutti i sensi) e della violenza sui bambini.

E meglio di qualsiasi invettiva o proclama qui grida, nell’immedesimarsi pittorico e poetico, l’orrore stesso del piccolo abbandonato all’incubo dei tormenti subiti. Nel brillare sanguigno dei rossi come fiori carnali, nel pallore improvviso che saetta nell’oscurità, sono le lacrime soffocate di chi rifugiatosi ingenuamente sotto un letto tenta di fuggire alle lunghe ombre di fantasmi crudeli.

Poi, nel buio fattosi totale, imbuto di angosce e orrori, l’attrice Luisa Stagni interpreta, dirò meglio vive e soffre un lungo straziante monologo—confessione (il testo è dell’artista Bellocchi) in cui come ferite aperte e dolenti si ravviva la pena di chi ha vissuto e vive con la carne e lo spirito segnato per sempre dalla violenza subita.

“Volevo solo amore!” esclama e ripete l’attrice—vittima, come lacerazione irrimediabile di chi testimonia su di sé l’indegna persecuzione dell’innocente.

La Chiesa Avventista che da anni combatte contro l’abuso sui minori con la campagna “Sette” è in concreto presente nel promuovere e coadiuvare attivamente la manifestazione, così come ognuno di noi se vuol chiamarsi individuo civile degno di appartenere all’umanità è impegnato sempre e dovunque nel combattere questa macchia oscura che ci degrada tutti.

 

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OLYMPUS DIGITAL CAMERATANALIBERATUTTI

Dal 27 settembre al 12 ottobre 2013

Roma

Moto della Mente

via Monte Giordano, 43

 

Informazioni;

Tel. 06/6869974

http://www.motodellamente.eu

Orario:

lunedì al venerdì dalle ore 15.00 alle 19.00

Claudia Bellocchi

Chiesa Avventista

Video

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Mostre URLA NEL BUIO Sotto al LettoMostre URLA NEL BUIO Luisa Stagni OLYMPUS DIGITAL CAMERAMostre URLA NEL BUIO Luisa Stagni

Terra e Libertà: La storia siamo noi

Qualcuno disse: “Chi dimentica la storia merita di riviverla”. Forse la storia non è maestra di vita perché in fondo rifacciamo sempre gli stessi errori, ma è la nostra memoria, quel che siamo stati e perché. Ken Loach girò nel ‘95 Terra e libertà con l’entusiasmo e la commozione di rievocare i dimenticati di una guerra perduta (la guerra civile spagnola: 1936—1939). Nonostante sia un film propriamente “storico” nel rievocare temperie emotive e sociali, confusioni e speranze di un determinato periodo Terra e libertà è un film di sentimenti e di scoperte sopratutto individuali: l’amore, il valore dell’amicizia, la delusione, la crescita, la terribile abitudine d’avere la morte al fianco. Crescita di un uomo alla ricerca di sé stesso attraverso la prova cruenta e dolorosa della sua generazione.

Generazione utopicamente illusa e generosa che crebbe nell’entusiasmo e nella splendida confusione di uno straordinario crogiuolo: i primi trent’anni del ‘900. E’ un po’ lo stesso percorso estetico del grande romanzo storico. Come in Guerra e pace di Tolstoj la complicata e trascinante fatalità degli eventi è l’affascinante proscenio per i personaggi che subiscono, ma in un certo senso determinano, una serie di conseguenze esistenziali.

Questo per un inalienabile procedimento che è radicato nell’artista e nell’opera d’arte che vuole comunque nell’individuo, nell’”eroe” il fulcro e il senso d’ogni movente fatale, eroe in cui riconoscersi e immedesimarsi. Non esiste guerra o tragedia collettiva che in un’opera drammatica scavalchi e annienti i protagonisti, di nessuna importanza nella effettiva realtà storica, ma fondamentali nella resa artistica di un dramma che senza di essi sarebbe solo cronaca, documento. E’ legge eterna che vuole nel coinvolgerci nel pathos riconoscerci in una storia singolare che ci riassume e ci spiega. Ecco il perché del paradosso che in arte l’individuo è più importante della storia che lo contiene e nella quale agisce. Ecco perché Pietro e Natascia, in “Guerra e pace” sono più importanti della campagna napoleonica di Russia, perché Renzo e Lucia sono più importanti della peste secentesca, perché Ettore e Achille sono più importanti dell’assedio di Troia.

Così anche in Terra e libertà il protagonista è l’uomo, la donna, che in quella terribile fatalità si determinarono fino ad assumere statura tragica e a spiegarci la ragione, se ragione c’è nell’orrore di una guerra spietata,degli eventi che portarono a tanto generoso spreco di vite e di ideali. In questo senso la loro umanità, commovente esempio di quella generazione sacrificata, pur se sconfitta e delusa, trova ragione della sua esistenza, resta e si afferma umanamente. Così come nella vita gli sconfitti in nome della civiltà non sono mai perdenti, semente gettata e nascosta pur capace sempre di dar frutto, prima o poi.

Cinema loach-terra-e-libertàCinema Terra e Libertà La storia siamo noi

Giovanni Cara: l’essenza dell’umano

La figura, intendo l’umana umanissima figura, in Giovanni Cara non rispetta né vuole farlo adempimenti accademici o sapienze volumetriche che risolvano il pathos in una presenza solida e temporaneamente stabile.

La superficie, pelle e carne, appaiono candidamente indifese in una limpidità disarmante. La figura vive e appare solo mediata dal suo empito erotico: mani, occhi, tendini, sangue, solo come apparenza di una corposità disfatta nella luce, nel colore, nel segno lasciato senza pentimenti: una dolce ferita che è primitiva ingenuità esistenziale.

L’uomo vibra nell’essere suo momentaneo. Hic et nunc: qui ed ora comunque. Una eternità mutevole sofferta nel suo aperto dissociarsi da simmetrie e proporzioni rassicuranti.

Tutto si fonde e si ricompone nell’aperto, dissacrante, scomposto desiderio di esistere nella necessaria, irresistibile sessualità che è continuità carnale del proprio sé in un mondo che ci riflette impietoso.

 06 Riflessioni Giovanni Cara