Archivi tag: Burkina Faso

Il Verde d’Africa

I mille drammi che gli africani vivono possono passare in secondo piano nell’interesse delle redazioni telegiornalistiche, ma anche sull’informazione cartacea, escluse due/tre testate, non godono di molta attenzione, come padre Alex Zanotelli ha sottolineato nel rinnovare il suo appello per l’Africa.

Tra le situazioni che mancano di un monitoraggio continuo c’è la lotta intrapresa, una decina di anni or sono, dai paesi della striscia del Sahel contro il deserto, proponendo un rimboschimento lungo un’area di quasi 8mila km, larga 15, con la creazione di una barriera, una grande muraglia verde (Great Green Wall) che colleghi la costa atlantica africana a quella sull’Oceano Indiano, per impedire al deserto di spostarsi sempre più in basso.

Una grande muraglia verde per smorzare la forza dell’Harmattan, il vento secco e polveroso del Sahara, che nel Burkina Faso ha il volto di un gruppo di donne del villaggio di Kao, impegnate, con la realizzazione di un vivaio ed con il supporto della Ong Bambini nel Deserto, a tenere viva una barriera “frantumata” in forma triangolare per usufruire dell’aerodinamicita’ e far scorrere il vento, proteggendo le case e le coltivazioni.

Nel Ciad si è venuto a conoscenza, grazie ai post del missionario gesuita padre Franco Martellozzo, di una gioiosa attività di rimboschimento, che si rinnova ogni anno in concomitanza con la Festa dell’Albero.

Una Festa rallegrata dall’irremovibile entusiasmo di una bimbetta di 4 anni, che padre Franco Martellozzo chiama Bakhita, nel contribuire alle operazioni di scarico delle 400 piantine arrivate con un pick up.

Una campagna arboricola che il sultano di Baro ha voluto concludere non solo con canti e danze, ma con una cerimonia di premiazioni di tutti quelli che si sono impegnati in ogni villaggio, donando altre piantine da curare e uno zainetto per andare a scuola.

Questo entusiasmo delle giovani generazioni è probabilmente tramandato dalle loro madri, con la loro operosità ed ingegno nel quotidiano , visto il ruolo bellicoso o apatico del maschio, la locomotiva della società. Infatti, come viene evidenziato nel recente studio del World Farmers Organisation, il 43% dei contadini sono donne, anche se in alcuni Paesi la percentuale sale al 70%, e sono ancora le donne, secondo la Fao (agenzia Onu per l’alimentazione e l’agricoltura), a farsi carico dell’approvvigionamento del 90% della fornitura d’acqua domestica e tra il 60% e l’80% della produzione di cibo consumato e venduto dalle famiglie.

Un’operosità che trova negli Orti comunitari del Ciad una risposta alle multinazionali ed ai Fondi sovrani impegnati a fare incetta, con land grabbing, di terre fertili per imporre coltivazioni intensive di ciò che loro ritengono avere bisogno e non di quello che necessita alle comunità di quei territori per la loro quotidianità.

****************************

Qualcosa di più:

Africa: una scaltra “Democrazia”
Africa: attaccati al Potere
Africa: le Donne del quotidiano
Gli orti dell’Occidente
Le loro Afriche: un progetto contro la mortalità materno-infantile
Africa: i sensi di colpa del nostro consumismo
Solidarietà: il lato nascosto delle banche
I sensi di colpa del nostro consumismo
Le scelte africane

**************************

Africa: Il Sahel italo-francese non «combat»

Di un intervento italiano nel Sahel si parlava già dal maggio scorso con l’Operazione “Deserto Rosso”, ma la Difesa aveva smentito, ora è una realtà la presenza dei militari italiani nel Niger affianco delle truppe francesi, ma non per combattere, come ha tenuto a specificare il capo di Stato Maggiore della Difesa, generale Claudio Graziano, ma limitandosi ad «addestrare le forze nigerine e renderle in grado di contrastare efficacemente il traffico di migranti ed il terrorismo».

Ma la preparazione dell’intervento si potrebbe far risalire all’ottobre del 2016, con la decisione presa dal Consiglio dei ministri dell’allora presidente Matteo Renzi, con Paolo Gentiloni ministro degli Esteri, di istituire, nella capitale nigerina Niamey, una rappresentanza diplomatica che verrà aperta nel febbraio nel febbraio 2017 e successivamente (ottobre 2017), nell’ambito dell’accordo di cooperazione tra Italia e Niger, seguito dall’invio di una decina di addestratori  italiani.

Ora la prospettiva è di un contingente di poco meno di cinquecento militari che sembrano troppi per addestrare e pochi per contrastare efficacemente i trafficanti e i terroristi.

Nel Niger operano ben cinque gruppi terroristici tra Isis, al Qaeda e Boko Haram che alimentano il terrore. Pochi i nostri militari, troppi, o forse è il numero giusto per affiancare i militari francesi e statunitensi nel “difendere” gli interessi occidentali sulle risorse nigerine che non comprende solo l’uranio, ma anche petrolio, oro e diamanti.

Sicuramente per il governo italiano operare nel Niger significa bloccare il traffico di esseri umani per non fare intraprendere ad un’umanità disperata un viaggio pericoloso, ma anche perché scegliere il paese africano in posizione centrale (a nord l’Algeria e la Libia, a est con il Ciad, a sud con la Nigeria e il Benin e a ovest con il Burkina Faso e il Mali), e perché istruire i militari quando sarebbe più efficace un controllo sul malaffare e la corruzione che riducono permeabili e inefficaci le frontiere?.

Che cosa mai possono fare di più i nostri militari dell’addestramento francese alle truppe nigerine?

L’idea di intervenire in Africa nasce con il summit tenutosi il 13

dicembre 2017 presso La-Celle-Saint-Cloud, vicino a Parigi, dove il presidente francese Emmanuel Macron ha invitato non solo i paesi del G5 Sahel (Mali, Mauritania, Niger, Ciad e Burkina Faso), ma anche Italia, Germania, Arabia saudita ed Emirati Arabi Uniti.

Precedentemente il Consiglio di sicurezza dell’Onu (giugno 2017) aveva approvato all’unanimità la nascita del G5 Sahel e il 30 ottobre scorso, gli Stati Uniti hanno promesso di fornire 60 milioni di dollari che vanno ad aggiungersi ai 58 milioni di dollari donati dall’Unione Europea e al contributo saudita di 100 milioni che permettono di avvicinarsi all’obiettivo di 492 milioni.

La scelta del governo italiano di spostare una parte dell’impegno militare italiano dall’Iraq al nord, nell’ambito della coalizione anti-Daesh, all’affiancamento del Corpo antiterrorismo G5-Sahel ha fatto sorgere delle sarcastiche critiche nel vedere i militari italiani come i pochi aiutanti dei soldati francesi, ma l’impegno è sotto l’egida dell’Onu che coinvolgerà non solo l’Italia e la Francia, già presente nell’area del Sahel con gli oltre 3mila militari dell’operazione «Barkhane», nell’affiancare i 5 paesi del Sahel, ma anche i soldati statunitensi e tedeschi.

L’impegno italico per contare di più in Europa si va a scontrare con l’attivismo Macron – Merkel nel rinverdire i fasti franco-tedesco degli accordi di amicizia del 1963 tra Charles de Gaulle e Konrad Adenauer, ma Gentiloni non si arrende e propone a presidente francese, nell’ambito del vertice Med-Set dei Paesi del Sud Ue, il «Trattato del Quirinale» e l’invio dei militari italiani in Niger è parte della strategia perché l’Italia non sia esclusa dalla prima fila europea.

Da sinistra si fa presente che i campi di concentramento libici continuano ad essere il teatro di stupri e torture, mentre dalla Lega si sollecita di sigillare i nostri confini, invece di chiudere i passaggi altrui, ma c’è anche l’articolo 11 della Costituzione: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.”

La presenza di militari fuori dal territorio nazionale è da ritenersi uno strumento di offesa o di prevenzione? È difficile instaurare un rapporto dialettico per la risoluzione delle controversie quando la controparte opera con le armi e non con le parole.

****************************

Qualcosa di più:

Migrazioni, cooperazione Ue-Libia | L’ipocrisia sovranazionale
Migrazione | Conflitti e insicurezza alimentare
Migrazione in Ue: il balzello pagato dall’Occidente
Africa: una scaltra “Democrazia”
Migrazione: Un monopolio libico
Africa: attaccati al Potere
Africa: le Donne del quotidiano
Le loro Afriche: un progetto contro la mortalità materno-infantile
Africa: i sensi di colpa del nostro consumismo
Solidarietà: il lato nascosto delle banche
I sensi di colpa del nostro consumismo
Le scelte africane

****************************

 

Un Festival in Esilio

L’imperante presenza degli islamisti e l’instaurazione della sharia nel nord del Mali ha rischiato di far saltare l’edizione del 2013 del Festival au Désert. Un festival che aveva trovato, dopo le prime 3 edizioni itineranti, nella località di Essakane, a 65 chilometri da Timbuctu, il luogo ideale dove festeggiare internazionalmente la musica, le danze e i giochi legati alla tradizione tuareg.

Fin dalla sua nascita nel 2001 il Festival au Désert si è distinto per lo spirito di tolleranza e apertura verso tutte le tradizioni delle popolazione del Mali.

Fondata sulla festa tradizionale Tuareg – Tamashek -, quando i clan nomadi si incontravano nella stagione più fresca, per celebrare la loro cultura, la loro musica e le loro storie di peregrinazioni.

Quest’anno il Festival torna al suo spirito nomade. Manny Ansar, il direttore del festival, ha scelto per questa tredicesima edizione un luogo lontano dalle intolleranze delle bande islamiste che occupano Timbuktu e dalla loro avversità verso la musica e per i monumenti dichiarati dall’Unesco patrimonio dell’umanità.

Una carovana di pace – “carovana di artisti per la pace e l’unità nazionale in Mali” viaggiando dalla Mauritania al Mali e nei campi profughi tuareg in Burkina Faso.

Un viaggio attraverso il Sahara con partenza 20 gennaio per arrivare il 7 febbraio a Ziniaré, nel Burkina Faso, per essere vicino alle persone che sono in esilio.

***********************************************

Festival au Désert in Exilé

Dall’8 febbraio al 6 marzo 2013

http://www.festival-au-desert.org/