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La fine del catechismo

Trovo strana ma tutto sommato molto italiana l’inversione di quest’estate: in pochi giorni le ONG diventano paracriminali, mentre ora in Libia arruoliamo i contrabbandieri come guardie di frontiera. In più, qualche africano neanche emarginato ma solo ingrato e sciagurato ce la mette tutta per finire sui giornali, mentre la sindaca di Roma pensa di risolvere in due giorni una situazione vecchia di anni. Definisco molto italiano questo modo di fare perché i nostri politici sono velisti da regata, pronti tutti a sfruttare il vento in vista delle elezioni. Ed essendo ormai in perenne campagna elettorale, l’allenamento è continuo. E siccome si pensa che i voti li prenderà chi sarà capace di frenare l’immigrazione dall’Africa, meglio ancora se musulmana, il calcolo viene prima dell’ideologia, sperando che nessun elettore si accorga che in politica l’originale è meglio della brutta copia.

Perché parlo di catechismo? Col termine intendo un insieme dottrinale di concetti enunciati con chiarezza – quindi comprensibili – e ribaditi di continuo, in linea con la tradizione dei cristiani sociali e del vecchio partito comunista. Ma se ai concetti non si accompagna un’adeguata analisi teorica, tutto resta infine un insieme di frasi fatte e come tale viene ripetuto alla nausea dai mass-media. In più c’è il problema di qualsiasi politica: il passaggio dall’idea alla realizzazione concreta nel sociale. Faccio qualche esempio: “La società futura sarà multietnica e multiculturale” ; “lo straniero ti arricchisce” ; “ fuggono dalla guerra”. Analizzando questi stupendi concetti: nel primo caso ormai il futuro è il presente, ma ancora non è chiaro come questa società deve funzionare. Che lo straniero o l’immigrato ti arricchisca è vero fino a un certo punto, visto che si tratta di masse di poveri. Quanto alla guerra, spesso è difficile distinguere il profugo politico da quello economico, anzi trovo la distinzione praticamente priva di senso e spesso impossibile da certificare.

Ora, cosa non ha funzionato? Cosa ha spinto la politica a cambiar vela di corsa? Perché la gente normale non segue più neanche gli appelli di papa Francesco? Proviamo a dare qualche risposta.

Lasciando da parte – per ora – la diffidenza verso l’Islam, alimentata dal terrorismo ma forte della presenza in Italia di quasi due milioni di musulmani (partiti da zero quarant’anni fa), la prima osservazione è che da dieci anni viviamo una crisi economica e dunque sociale, quindi le classi sociali meno ricche e meno scolarizzate devono spartire le risorse con i nuovi arrivati, ma in modo perverso: diminuiscono le prime, mentre aumentano i secondi. La seconda osservazione è che lo Stato si sta riprendendo solo ora le prerogative che aveva delegato a organizzazioni private. Parlo delle cooperative di volontariato o di assistenza, degli appalti e subappalti per insegnare l’italiano ai migranti, dei centri gestiti da chi non l’ha mai fatto prima, e naturalmente delle ONG. Si può anche parlarne male, ma il termine stesso “non governative” suggerisce che per definizione queste organizzazioni non sono necessariamente allineate alla politica del governo, qualunque esso sia. Possono commettere qualche peccato veniale per la giusta causa, ma sono coerenti con sé stesse, a differenza di un governo che accoglie tutti e poi non sa che farne e dove metterli. Se sono davvero una risorsa, i migranti non sono valorizzati come serve. Anche per questo la gente mugugna.

I Luoghi del Dialogo

Si è concluso in questi giorni il Progetto “Luoghi comuni, luoghi in comune, percorsi di dialogo e conoscenza a partire dai luoghi di culto della provincia di Roma” di Centro Astalli, in partenariato con CRS – Cooperativa Roma Solidarietà della Caritas Diocesana di Roma.

Per questo progetto gli Artigiani Digitali hanno realizzato tre video che raccontano i percorsi di integrazione promossi attraverso incontri di orientamento per cittadini stranieri, moduli didattici per le scuole elementari, visite nei luoghi di culto e incontri formativi rivolti a docenti e genitori.

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Potete vedere i video cliccando sulle immagini:

AdN I Luoghi del Dialogo 1

 

 

AdN I Luoghi del Dialogo 2

 

 


AdN I Luoghi del Dialogo 3

 

 

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Le culture delle persone

Mai come in questo momento in Italia si pone il problema dell’integrazione degli immigrati e lo dimostra da sola l’impressionante serie di insulti al ministro Kyenge. Il dibattito è dunque molto animato, ma da un punto di vista teorico rimane fermo ad una serie di stereotipi, mentre questo libro introduce una tesi nuova. Ma andiamo per ordine. I primi contributi scientifici sul problema appaiono alle fine degli anni ’80, quando ci si accorge che l’Italia da terra di emigrazione sta diventando anche il contrario (1). Si tratta di studi ora originali, ma spesso tradotti dal francese, visto che molti dei problemi erano stati affrontati dagli altri prima di noi. Proprio gli studiosi francesi notavano la debolezza del pensiero antirazzista – vagamente umanitario – nel confronto con il razzismo quotidiano del francese medio verso i suoi ex popoli colonizzati Il primo s’ispira a princìpi etici universali, il secondo tira le somme di una convivenza forzata (2). Da quel giorno i continui flussi migratori continuano a spostare milioni di persone, alimentando il dibattito nelle nostre società tra chi è propenso ad accogliere l’altro e chi tiene a chiudere frontiere reali e culturali, in nome della sicurezza e della difesa dell’identità nazionale. Si è passati nel frattempo dal concetto di assimilazione a quello di integrazione (3) ed è cresciuto anche il discorso interculturale, fondato sulla valorizzazione della ricchezza dell’altro. Si è però sottovalutato l’impatto che milioni di stranieri possono avere in pochi anni nel tessuto sociale. Giulietto Chiesa, ottimo giornalista e attivista politico, nella sua prefazione a un manuale sulla legislazione italiana verso gli stranieri (4), indica correttamente nella globalizzazione dei processi produttivi e dei mercati la causa dell’accelerazione dello spostamento di popolazioni verso i centri produttivi e ne descrive a lungo le sofferenze umane. Ma non spende una parola per capire cosa pensa il cittadino medio privo di cultura politica o di un ritorno economico diretto, davanti a una massa di estranei con cui è obbligato a convivere. Storicamente, i rapidi spostamenti di popolazione e di risorse provocano sempre conflitto, ma non averne riconosciuto la portata è una carenza teorica pagata con l’affermarsi in Italia e all’estero di formazioni politiche dichiaratamente xenofobe (5).

Ma torniamo al nostro discorso iniziale. Una volta il diverso per essere accettato doveva rientrare nelle categorie del pittoresco e dell’esotico. La prima era riservata agli abitanti della nazione dai costumi arretrati ma interessanti: scugnizzi, briganti, gitane, mangiatori di maccheroni, pastori sardi. L’esotico invece rimandava al favoloso Oriente e all’Africa nera, magari con un pizzico di erotismo. E l’antropologia, dal canto suo, quando non giustificava il razzismo, aveva fino a pochi anni fa il limite di descrivere le varie etnie sul posto dove vivevano. Ma ora sono loro che vengono da noi, e la pretesa scientificità dell’antropologia e della sociologia cede troppo spesso il passo alla politica, scivolando nella propaganda ora in senso razzista, ora integrazionista (6). Walter Baroni ha dunque dedicato il suo studio all’analisi dei discorsi attorno all’accoglienza, al mescolamento delle culture e delle matrici. (7). Il dispositivo di enunciazione interculturale è ricostruito attraverso l’esame di materiali eterogenei, che vanno dalle campagne di comunicazione visiva di governo, Ong e associazioni contro la discriminazione, alle opere degli scienziati dell’intercultura e alla letteratura della migrazione. Al centro dell’attenzione vengono poste le modalità con le quali si produce la trasfigurazione discorsiva dei migranti in carne e ossa nel simbolismo interculturale, sorta di doppione normalizzato dei primi, costretto a un dialogo tra culture che è poco più che un monologo dei professionisti dell’accoglienza.

I risultati? Negli ultimi decenni, all’ombra del discorso reazionario, centrato sulla minaccia dell’immigrato criminale, è cresciuto anche il discorso interculturale, fondato sulla valorizzazione della ricchezza dell’altro. Ma quella che a prima vista potrebbe apparire come un’opposizione, in realtà è una solidarietà segreta, che qui si cerca di mostrare, articolando una scrupolosa analisi delle retoriche dell’accoglienza e dell’integrazione. Si nota intanto l’efficacia – almeno in certi ambienti – delle motivazioni conservatrici rispetto a quelle ideologiche della sinistra e dei cattolici. Il discorso della destra ha uno sfondo economicistico: l’immigrato è forza lavoro, quindi rifiutare oziosi e delinquenti è normale: in fondo nessuna società sente il bisogno di importarne. Ma se un camionista dell’Est accetta paghe più basse e turni di notte, danneggia i padroncini, gli stessi che in realtà gli cedono la licenza in subappalto. Insomma l’immigrato va bene se si integra senza rompere troppi equilibri, tanto che in una delle campagne di comunicazione, quella del Progetto integrazione promosso dal Ministero del Lavoro, della salute e delle politiche sociali, la badante parla veneto e il pizzaiolo napoletano! Evidentemente il centro-sinistra ha cercato di mediare davanti a un’opinione pubblica italiana tutto sommato razzista, accettando la segregazione neoliberista di una società ancora provinciale e poco internazionale, profondamente divisa tra “leghisti” e “progressisti”. Ma proprio qui s’inserisce la tesi dell’autore: gli argomenti dei primi sono basati su concetti economici ed etici, ma quelli dei secondi sono in sostanza una parodia delle motivazioni economiche che combattono. Il discorso produttivo resta – mascherato involontariamente – anche nel discorso umanitario: l’immigrato ti arricchisce (anche quando delinque?); un campo nomadi  produce al suo interno socialità. C’è un razzismo sotterraneo, non dichiarato, più gentile, che s’incardina sull’idea di valorizzazione della cultura altrui. C’è dunque anche un razzismo di centro-sinistra che ritiene che lo straniero sia qualcosa di diverso e vada integrato a tutti i costi: l’idea di alterità è talmente radicata che dell’immigrato facciamo un diverso. L’intercultura è dunque il problema di cui crede di essere la soluzione: questa, in sostanza, la tesi di fondo sostenuta e scrupolosamente argomentata da Baroni:

“In una campagna di Lettera 27 che analizzo nel libro, l’idea di fondo è che queste persone devono venire qua per arricchirci. Non ci passa neppure per l’anticamera del cervello che abbiano dei diritti universali e possano vivere dove vogliono. Così alla fine, a destra il discorso ha uno sfondo economicistico (l’immigrato è forza lavoro), a sinistra c’è un arricchimento simbolico, ma di fatto l’immigrato è sempre visto come qualcuno che deve darci qualcosa, avere una funzione. Quindi in sostanza il discorso non cambia.”

Conclusioni: il 2008 è stato l’anno europeo dell’intercultura, ma essa dovrebbe servire a tutti. Invece i progetti sono finalizzati a minoranze e immigrati, perché dobbiamo aiutarli, farli integrare e comunque giustificarne la presenza sul territorio. Si nega di fatto il concetto che l’integrazione sia una questione di diritti. Le varie campagne enfatizzano l’accettazione della cultura degli altri, ma è un compromesso. Il percorso dovrebbe essere alla rovescia: iniziamo a parlare di diritti (e doveri) e solo dopo facciamo un discorso di accettazione culturale. Perciò è un libro consigliato a tutti, e in particolar modo agli operatori culturali e ai mediatori (spesso in buona fede quanto lo erano i missionari), a chi fa informazione, ma anche ai politici, se interessati a costruire un paese democratico.

 

  *******************************Libro Contro l'intercultura. Retoriche e pornografia_images_cop.baroni

Titolo: Contro l’intercultura. Retoriche e pornografia dell’incontro

Autore: Walter Baroni

Editore: Ombre Corte, 2013

Collana: Culture, Nr. 104

Pagine: 176

ISBN-10: 8897522424

ISBN-13: 9788897522423

Prezzo: 17 euro

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NOTE:

 

 

(1) Razzismo e antirazzismo tra presente e tradizione Roma : Editori riuniti riviste, 1989 – Fa parte di: Democrazia e diritto : rivista critica di diritto e giurisprudenza

 

(2) Razzismo e antirazzismo / Alain De Benoist, André Béjin, Pierre-André Taguieff  Firenze : 1992 ; Razzismo e antirazzismo : la sfida dell’immigrazione / René Gallissot ; Bari : 1992 ; La forza del pregiudizio : saggio sul razzismo e sull’antirazzismo / Pierre-André Taguieff  Bologna :1994

 

(3) L’assimilazione prevede in una qualche misura l’abbandono della propria lingua e dei propri valori a favore di quelli della cultura egemone, l’integrazione permette l’esistenza di isole culturali aliene, purché non entrino in conflitto coi valori della società di accoglienza.

 

(4) Legislazione stranieri : per comprendere, decodificandolo, un diritto difficile / Lucio Barletta ; con la collaborazione di Domenico Colotta . Roma , 2007.

 

(5) E’ noto che in Europa esistono movimenti ben più estremi della Lega Nord, ma non sempre hanno quel riconoscimento giuridico e morale che in Italia abbiamo permesso ai leghisti, né all’estero un ministro della repubblica verrebbe insultato impunemente in aula e fuori. Il razzismo della Lega fa passare tra l’altro in secondo piano meccanismi istituzionali di separazione ed esclusione ben più radicali e strutturati, come quelli imposti dalla Sud Tiroler Volkspartei in Alto Adige non solo agli immigrati, ma agli stessi cittadini italiani..

 

(6) Il problema è più chiaro se impariamo a distinguere l’informazione dalla propaganda. L’informazione deve essere attendibile, verificabile e completa. La propaganda non lo è. Esiste in realtà una via intermedia, laddove l’informazione è scientifica e attendibile ma non completa. Penso a Lacio drom, la rivista di studi zingari diretta da Livia Karpati, che per diciotto anni è riuscita a parlare di Sinti, Rom e Camminanti senza mai nominare la parola furto; come parlare di Corleone discorrendo di soli agrumi. Eppure il livello scientifico della rivista era ottimo: spaziava dalla politica all’etnologia, dalla giurisprudenza alla sociologia, dalla letteratura al cinema, coprendo zone geografiche vastissime. Ma era viziata dal pregiudizio positivo, ammesso che il termine abbia senso.

 

(7) Walter Baroni collabora con il Dipartimento di Scienze della formazione dell’Università di Genova. Al centro della sua attività di ricerca sono i processi di soggettivazione e di segregazione discorsiva dell’altro. Ha pubblicato saggi sulla marginalità urbana e sulla differenza culturale, in riviste e volumi nazionali e internazionali.

 

 

 

BIBLIOGRAFIA:

 

 

Razzismo e antirazzismo tra presente e tradizione Roma : Editori riuniti riviste, 1989 – Fa parte di: Democrazia e diritto : rivista critica di diritto e giurisprudenza

 

Bianco su nero : satira e illustrazione su razzismo e antirazzismo / a cura di Elisabetta Cirillo, COSPE, Cooperazione per lo sviluppo dei paesi emergenti  – Milano : Nuages, 1992

 

 Razzismo e antirazzismo / Alain De Benoist, André Béjin, Pierre-André Taguieff  Firenze : La roccia di Erec, 1992

 

Razzismo e antirazzismo : la sfida dell’immigrazione / René Gallissot ; cura e introduzione di Annamaria Rivera.  Bari : Dedalo, 1992

 

L’ antirazzismo in Italia e Gran Bretagna : uno studio di educazione comparata / Sandra Chistolini ; prefazione di Mauro Laeng.  Milano : F. Angeli, 1994

 

Antirazzismo ed istituzioni : atti dell’incontro-dibattito con la Polizia di Stato SOS Razzismo Italia e SIULP / a cura di Angela Scalzo ; prefazione di Luigi M. Lombardi Satriani. Roma : CentroStampa De Vittoria, 1994

 

Guida per amare i tedeschi / Roberto Giardina.  Milano : Rusconi, 1994, 1995. –  351 p. ; 21 cm Collezione · Problemi attuali. Interventi  In copertina. dopo il tit.: come superare i pregiudizi e smontare i luoghi comuni

 

La forza del pregiudizio : saggio sul razzismo e sull’antirazzismo / Pierre-André Taguieff.  Bologna : Il mulino, 1994

 

Razzismo ed antirazzismo in pubblicita / Maria Laura Mautone ; rel. M. Livolsi  Milano : Istituto Universitario di Lingue Moderne, 1993/94

 

Con quella faccia da straniero … : sussidio per l’educazione alla convivenza interculturale e all’antirazzismo / a cura di Alberto Caldana e Cinzia Sabbatini  – S.l. : s.n., 1995?

 

Il razzismo spiegato a mia figlia / Tahar ben Jalloun. Milano, Bompiani, 1998

 

Rappresentazioni degli immigrati a Torino. Problemi per l’antirazzismo / Laura Maritano  -Fa parte di: Afriche e orienti : rivista di studi ai confini tra Africa, Mediterraneo e Medio Oriente

 

Razzismo e antirazzismo nella cultura europea : tesi di laurea / Michela Fabris ; relatore: Paolo Sibilla  , A.a. 2002-2003

 

Attacco antirazzista : Rapporto sul razzismo e antirazzismo nel calcio / a cura di Mario Valeri. Roma : Associazione culturale Panafrica, ©2006

 

Legislazione stranieri : per comprendere, decodificandolo, un diritto difficile / Lucio Barletta ; con la collaborazione di Domenico Colotta . Roma : Sinnos, 2007.  223 p. ; 21 cm + 1 CD-ROM.

 

Educare al confronto : antirazzismo : aspetti teorici e supporti pratici / Monique Eckmann, Miryam Eser Davolio ; prefazione: Georg Kreis ; presentazione: Concetta Sirna  Milano ; Lugano : Casagrande, 2009

 

Razza, razzismo e antirazzismo : modelli rappresentazioni e ideologie / a cura di Zelda Franceschi  – Bologna : I libri di Emil, 2011

 

Razzismo e antirazzismo : una introduzione / Rita Cavallaro Acireale ; Roma : Bonanno, [2012]

 

Contro l’intercultura. Retoriche e pornografia dell’incontro. / Walter Baroni.  Ed. Ombre Corte, 2013 . Collana: Culture , Nr. 104 ; 176 p.

 

 

 

Europa e i suoi aspetti

Testare l’europeismo dei cittadini dei diversi stati presenti nel Continente non solo al livello comunitario o nel circuito dell’Euro, ma anche di quelli che si pongono in una situazione di attesa o di completa neutralità, è l’intento del Goethe-Institut, insieme all’emittente radiofonica Deutschlandradio Kultur e al quotidiano Die Welt come media partner, con il sondaggio online EUROPA-LISTE.

Tra i monumenti si può pensare al Muro di Berlino come monito perché non possa accadere più o la Sagrada Familia di Barcellona come simbolo di un’Europa incompiuta e che si sta formando.

La Porta di Brandeburgo o la Torre Eiffel sono scelte scontate come il Colosseo o la Westminster Abbey. Il Partenone può essere scelto come simbolo della democrazia, ma anche come la vittima delle bramosie britanniche nel saccheggiare i tesori altrui, con la rimozione di alcune delle sculture ora in mostra al British Museum. Un destino simile a quello della maggior parte delle opere dell’antica città di Pergamo in Anatolia (oggi in Turchia) che oggi arricchiscono il Museo di Pergamo a Berlino.

Forse non è necessaria la monumentalità dell’opera per essere scelta come rappresentativa dell’Europa. Ci sono tanti “piccoli” monumenti, come quello custodito nella cappella Portinari nella chiesa di sant’Eustorgio a Milano, sparsi per l’Europa realizzati nel secolo gotico dove la raffigurazione e la decorazione si mostra simile in gran parte del Continente. Un esempio di monumento che l’Europa mostra come scultura narrativa.

Un’iniziativa per far vivere l’Europa, permettendo alle persone di esprimere le proprie aspettative per andare oltre la crisi economica attuale e la propria idea di un’Europa che sia anche culturale.

Inventariare l’Europa e l’idea che hanno gli “europei”, oltre ai nostri vicini del Mediterraneo e dell’est di questa timida realtà in divenire.

Inventariare l’Europa nelle sue eccellenze, attraverso l’immaginario europeo, per trovare il monumento simbolo o la cucina più apprezzata.

L’Europa è il tema anche dell’iniziativa promossa dalla Rai dedicata ai Nuovi Talenti per l’Europa 2013, per avere l’occasione di vincere una videocamera Hd.

Come fare è esplicato nella pagina dei link alla sezione “Cittadini Europei”, oppure puoi giocare con Mario e il suo Test interattivo, imparando divertendoti. L’importante, però, è non perdere l’occasione, il tempo a disposizione è tanto ma il 3 giugno scadrà il termone d’iscrizione per Nuovi Talenti per l’Europa 2013.

 

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