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Quando la carestia sarà un ricordo

Una setta? Forse solo degli illusi che voglio fare arte e mettere a disposizione dei governi nuovi strumenti tecnologici per sopperire alla carenza alimentare dei paesi più poveri?

Sta di fatto che l’associazione Scienza per l’Amore ha visto sequestrati preventivamente entrambi i siti web dove promuovevano le loro attività e progetti.

Il Tribunale di Roma, con la Procura della Repubblica – Direzione distrettuale antimafia, ha dato mandato alla Polizia locale di Roma Capitale, con il suo Gruppo di elite sulla Sicurezza Sociale Urbana, all’oscuramento in base al Proc. Pen. N. 13650/11 R.G.I.P. e il Proc. Pen. N. 25093/10 R.G.N.R., probabilmente perché sospettati d essere dei truffatori con il voler contribuire alla crescita e al benessere dell’Africa, mettendo in grado gli stessi africani di sfruttare al meglio le risorse locali, dove sono endemiche le carenza alimentari ed energetiche.

Lo strumento per realizzare questi obiettivi è la tecnologia Hyst, che consente di impiegare a fini alimentari ed energetici qualsiasi scarto proveniente dalle lavorazioni agricole. Si produrranno così farine per alimentazione umana, zootecnica ed energia pulita.

L’Hyst è un sistema innovativo che anticipa quello che, nelle pubblicazioni scientifiche del settore, si auspica di realizzare fra 10-20 anni.

Una tecnologia che trasforma gli scarti di cereali e frutta in prodotto alimentare appare molto simile al sottoporsi a una cura staminale con cellule trattate in ambiente difficilmente ritenuto sterile.

Il Progetto Bits of Future: Food For All lascia per lo meno perplessi sulla possibilità che un macchinario trasformi degli scarti in cibo, ma sequestrare la loro vetrina senza specificarne le motivazioni.

Bisogna diffidare dei soci e simpatizzanti dell’associazione, e perché? Magari sono contagiosi ed è consigliabile non stringere loro la mano.

Sul sito veniva sbandierata l’adesione di una serie di stati africani (Repubblica del Senegal, Governo di Transizione della Repubblica Somala, Repubblica del Burkina Faso, Repubblica del Camerun, Repubblica del Ruanda, Repubblica del Burundi, Repubblica del Congo Brazzaville) al Progetto con lettere di ministri e rappresentanze diplomatiche.

Forse sono solo il frutto di millantato credito o come è spesso accade un’occasione per dei governanti di fare un po’ di business?

L’Ifad (Fondo Internazionale per la Sviluppo Agricolo) interpellato sull’essere a conoscenza del progetto Bits of Future: Food for All ha risposto chiarendo le competenze dell’organizzazione impegnata nello sviluppo agricolo e ha tenuto a chiarire che la Fao (Food and Agriculture Organization of the United Nations: Employment) potrebbe rispondere.

Mentre alle richieste inviate alla Fao di essere a conoscenza del progetto e confermare un loro interesse non è a tutt’oggi giunto alcun commento.

Come non ha fatto seguito alcuna risposta con il Wfp (Programma Alimentare Mondiale delle Nazioni Unite).

 03 AdN Cibo Carestia Bits of Future Food For All progetto

Italiani in Costituzione

Il 5 dicembre è stato presentato al MACRO di Roma, nell’ambito di Fotografia – Festival Internazionale, l’anteprima del cortometraggio Italiani per Costituzione.

Il video si inserisce nel dibattito sul diritto di cittadinanza dei giovani di seconda generazione, sul rispetto e sulla valorizzazione delle differenze culturali intese come ricchezza e sulla mancanza nel nostro Paese di un’adeguata cultura dell’integrazione.

Prodotto da Camera21 con la regia di Simona Filippini e Matteo Antonelli, le musiche dell’Orchestra di Piazza Vittorio e il Patrocinio del Ministero dell’Integrazione, il progetto è stato ideato in occasione del 150° anniversario dell’Unità d’Italia e raccoglie una serie d’interviste a 20 ragazzi, figli di immigrati in Italia e residenti in diverse città: Napoli, Milano, Roma, Trento, Prato e Palermo.

Ognuno di loro ha parlato di sé, della sua famiglia, della scuola e della città in cui vive e ha citato, commentato o declamato l’articolo della Costituzione italiana più amato, ponendo così l’accento sull’importanza del rispetto delle leggi da parte di ogni cittadino.

Il progetto vuole dar voce a questa importante porzione di popolazione giovanile (si stima siano 600.000 gli studenti stranieri, figli d’immigrati, iscritti nelle scuole italiane) che si sente italiana al punto da acquisirne tic, dialetti, pregi e difetti e porre l’accento sull’infinita varietà di culture, tradizioni, usanze e differenze preesistenti in Italia al fenomeno dell’immigrazione.

Questo video è il naturale proseguimento della campagna dell’Unicef dedicata ai nuovi italiani crescono IO come TU o quella di L’Italia Sono Anch’io collegata alle iniziative installative di Inside Out.

Da dicembre si affianca alla campagna L’Italia Sono Anch’Io quella chiama L’Europa Sono Anch’Io lanciata durante il Social Forum 10+10 di Firenze da Pietro Soldini, responsabile immigrazione della Cgil.

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Italiani per Costituzione

Cosa resta di Nassiriya

Dieci anni fa la strage di Nassiriya, dove rimasero uccisi diciannove italiani tra militari e civili e sette iracheni di cui nessuno di noi ha mai chiesto il nome. Come cittadino partecipai alle varie manifestazioni che si svolsero a Roma e scrissi anche almeno due articoli in argomento, uno dei quali molto critico sulle misure di sicurezza della nostra base. Ma sul momento qualsiasi analisi tecnica e politica era sommersa dall’emozione collettiva, mai spontanea e sentita come in quei giorni. Le istituzioni, dal canto loro, presero subito l’iniziativa di coordinare e gestire dall’alto l’angoscia popolare prima che le sfuggisse di mano. Ricordo come fosse adesso le migliaia di mazzi di fiori posati sulla scalinata dell’Altare della Patria e prima ancora del dolore, lo sgomento della gente. L’innocenza l’avevamo persa dieci anni prima a Mogadiscio, dove subimmo le prime perdite in combattimento dopo la seconda Guerra Mondiale, ma Nassiryia fu un trauma: eravamo andati in Irak per aiutare la gente e il mito del Soldato di Pace non era stato mai intaccato. Forse perché ci credevano pure i soldati, la tragedia avvenne inaspettata, anche se alcuni consigli furono inascoltati e la situazione sottovalutata. Quanto successe quel giorno fu unico e irrepetibile, visto che la lezione l’abbiamo imparata subito e non ce ne siamo dimenticati. Abbiamo perso altri soldati in Irak e in Afghanistan, ma mai più in quel modo né in quel numero. Ed era una facile profezia proiettare nel futuro il trauma nazionale di quel giorno: Nassiriya, come Adua o come l’8 settembre, pesa tuttora sull’immaginario collettivo e lo farà ancora per molto tempo a venire.

Quanto è successo quest’anno però rompe una continuità: intendo parlare dell’intervento della parlamentare del Movimento Cinquestelle Emanuela Corda (1) che in Parlamento il 12 novembre, durante la commemorazione nel decennale dell’attentato ha ufficialmente ricordato e giustificato  anche chi guidava quel camion: “il kamikaze era una vittima come loro”. Ora, a parte il termine improprio (ma usato anche dalla stampa – quello giusto sarebbe shahid, martire), la frase è grave: si trasferisce infatti anche l’assassino nell’elenco delle vittime; un esempio di relativismo che ricorda da vicino la santificazione di Priebke da parte di certa Destra, che considera anche lui vittima di un’ideologia che lo ha portato a diventare un boia. Tesi debole: è facile infatti osservare che sia lo shahid marocchino di Nassiriya che il tenente Priebke in quelle organizzazioni ci sono entrati di loro volontà e non hanno mai chiesto di uscirne. Se poi lo shahid fosse stato plagiato dai suoi capi, peggio ancora: significa che quei gruppi sfruttano instabili mentali e psicolabili, il che potrebbe pure anche avere un fondamento reale. Ma la cosa più grave è che l’opinione dell’on. Emanuela Corda è stata espressa ufficialmente nell’aula del Parlamento da un deputato regolarmente eletto da una parte degli italiani, quindi rappresenta qualcosa di più di un pensiero personale, sia pur discutibile. Personalmente lo vedo non solo come una voluta provocazione: è sintomo di una frattura nella coscienza degli italiani. Stigmatizzato da molte forze politiche e da associazioni militari e civili, l’atto della parlamentare Corda è stato sottovalutato e forse neanche compreso nel profondo. Non è solo questione di antimilitarismo, da noi sempre esistente, ma qualcosa di peggio: l’Italia resta come sempre e da sempre un paese diviso, senza una memoria condivisa che non sia continuamente rimessa in discussione dopo pochi anni. Come adesso.

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03 AdN 13112501 Cosa resta di Nassiryia nassirya1Note

(1)            Questa l’attività parlamentare finora svolta dall’onorevole Emanuela Corda (dal sito ufficiale della Camera dei Deputati). Si noti come l’unica proposta di legge presentata come prima firmataria è un provvedimento antimilitarista:

  http://www.camera.it/leg17/29?tipoAttivita=attivita&tipoVisAtt=&tipoPersona=&shadow_deputato=306031&idLegislatura=17

Sotterfugi poco nobili

Anche se il Nobel per la Pace 2013 non è andato a Malala, è confortante pensare che molti bambini siriani potranno avere un futuro grazie all’operato in Siria dell’Opac (OPCW), l’Organizzazione dedita allo smantellamento delle armi chimiche, ma è un altro Nobel sulla fiducia e mai come ora è utile un’azione concreta sullo smantellamento dell’armamentario chimico siriano.

Sarebbe stata una buona notizia l’assegnazione del Nobel a Malala, ma è andata diversamente e come per il 2012 è un’organizzazione che dovrebbe simboleggiare i principi che hanno spinto Alfred Nobel ad istituire tale premio per la Pace.

A Malala che si è ribellata all’intolleranza talebana, opponendo all’imposizione di una società oscurantista una voglia di conoscenza, è andato comunque il Premio Sakharov per la libertà di pensiero, istituito dall’Unione europea nel 1988, per il suo coraggio nel sostenere il diritto di tutti i bambini a un’equa istruzione.

Nel 2012 l’Europa ha devoluto il denaro del premio Nobel al progetto Children of Peace per i bambini vittime di guerre, coinvolgendo varie organizzazioni (Unicef, Save the Children, Norwegian Refugee Council, Unhcr e Acted), ma probabilmente questa volta ne beneficerà direttamente l’Opac per finanziare la sua costosa attività di bonifica, vista la carenza di fondi in cui versano le agenzie affiliate all’Onu.

Nel 2005 l’Agenzia internazionale per l’energia atomica (IAEA), insieme al suo direttore Mohamed ElBaradei, ricevette il Nobel, ma era per la sua attività cinquantennale dedita alla promozione dell’utilizzo pacifico dell’energia nucleare e di impedirne l’utilizzo per scopi militari.

Agenzie non governative e istituzioni transnazionali agiscono per evidenziare la capacità di promuovere azioni per la Pace anche in forma organizzata, burocratica, e non è solo grazie al solitario e caparbio impegno di donne e uomini che si protendono verso il prossimo in difficoltà.

Tra queste donne e uomini è difficile collocare anche Edward Snowden, un altro dei candidati al Nobel di questo anno, definendolo un eroe contemporaneo per le sue rivelazioni di ex analista del Nsa sull’attività dell’agenzia di sicurezza statunitense. Una personalità complessa quella di Snowden, una sorta di idealista alla ricerca di attenzione, magari conseguenza di un’infanzia con carenza d’affetto, comunque sia non ha salvato alcuna esistenza, ha solo ammonito l’umanità della presenza invasiva delle agenzie spionistiche nella loro vita.

Un promemoria per chi dimentica che siamo tutti potenziali “vittime” della curiosità altrui. Una curiosità paranoica che ci mette tutti sotto il microscopio spionistico non solo statunitense, ma virtualmente di ogni agenzia d’intelligence di ogni nazione che ha fondi e strumenti, come dimostra il programma britannico Tempora che compete per efficienza con quello statunitense di Prisma.

Rivelazioni che hanno scandalizzato, mettendo in discussione gli equilibri tra alleati, per un’attività spionistica dedita non solo alla prevenzione degli atti terroristici, ma che spesso sconfina nell’ambito finanziario.

Nessuno lo dice, tutti lo fanno, ma quello che irrita i governi è l’essere oggetto d’intercettazioni a livelli governativi dagli stessi amici, trasformando il monitoraggio delle comunicazioni in sinonimo di spionaggio, ma è umanamente possibile ascoltare settantamilioni di telefonate francesi raccolte in un mese o è più fattibile una verifica tra i numeri per individuare gli interlocutori “segnalati”?

Il caso Snowden è molto rumore per nulla, parafrasando Shakespeare, o dimostra semplicemente che gli amici sanno ascoltare, quanto gli avversari. Rivelazioni che hanno turbato, mettendo in discussione gli equilibri tra alleati. Una mancanza di fiducia tra alleati non può entusiasmare, ma pone dei dubbi sulla capacità di affrontare uniti una qualsiasi crisi.

Piccoli tradimenti di fiducia che rende fragile il futuro cooperativo tra agenzie d’informazione delle varie nazioni dell’Occidente per fronteggiare gli atti terroristici, ma anche la crescente influenza cinese e degli altri paesi del Brics (Brasile, Russia, Cina e Sud Africa), come dimostra lo sfrugugliare della Nsa negli affari petroliferi brasiliani e magari in chi dei cosiddetti alleati intrattiene rapporti d’affari con governi ritenuti un pericolo per la democrazia.

Se poteva essere incomprensibile un Nobel a Kissinger che comunque con la sua irruenza diplomatica qualcosa a fatto per gli equilibri mondiali, Edward Snowden è stato solo una fonte giornalistica di ciò che era ovvio. I media con Snowden hanno avuto una nuova storia denominata Datagate, per una ulteriore conferma dell’esistenza delle spie, ma ha anche messo in crisi i negoziati sul libero commercio tra l’Unione europea e gli Stati uniti, già in difficoltà per l’opposizione francese nell’abito della difesa della cultura.

Che tutti spiano tutti è nella natura infida dei governi come dimostrano i gadget che i russi hanno distribuito ai partecipanti dei G8 di San Pietroburgo: pendrive o optional per cellulari modificati per carpire segreti. Infidi aggeggi che ci scaraventano nei decenni della Guerra Fredda romanzata da Flemming e Le Carre.

Lo spiare i competitor commerciali e le organizzazioni terroristiche, igoverni criminali e le industrie d’armamenti, alla fine è solo una questione di business.