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Baruffe di paternità sul Social

social-baruffe-scuole-accendere-i-riscaldamenti-paolo-masini La decisione della giunta Raggi di accendere il riscaldamento nelle scuole, per far trovare agli studenti le aule calde, un giorno prima della riapertura dopo le festività, ha innescato un’articolata riflessione su Facebook.

Una riflessione sull’importanza del dovuto riconoscimento della paternità di iniziative che ha portato anche all’ovvia esclamazione: “Ma a noi cittadini non importa chi le fa …..importa che qualcuno lo faccia”.

Raramente il politico ha delle idee, ma dovrebbe avere la capacità di saper scegliere i collaboratori che sappiano mettere in moto la mente, perché il loro “capo” possa convincersi a fare opera di promozione per tessere la rete di supporto per la realizzazione.

Il politico è la faccia dell’idea, ma non sempre ha la capacità di scegliere dei collaboratori competenti e educati, spesso sono invece arroganti e inesperti, o anche la capacità di vagliare una iniziativa di ampio respiro.

Nelle riflessioni c’è chi ha evidenziato come “Berlusconi ha inventato cose che poi sono state messe in pratica da Renzi il pappagallo…”

Si può rimanere bloccati all’infinito nel redigere elenchi di chi ha pensato cosa per primo, ma poi sono i fatti che demarcano la differenza, tra il pensiero e l’azione, anche se nel caso del riscaldamento anticipato delle scuole è risultato trascurabile, visto che i dirigenti scolastici hanno comunque consigliato ai genitori di coprire bene gli allievi.

Ad esempio qualche anno fa qualcuno aveva proposto un meeting degli istituti artistici nel Museo di Roma in Trastevere per far emergere l’eccellenza attraverso una selezione tra docenze.

A distanza di anni quello spunto si è trasformato nella 1ª Biennale Nazionale dei Licei Artistici che esalta la partecipazione collettiva più che delle singolarità.

Nel 2007 era stata promossa una iniziativa espositiva itinerante denominata Visioni dell’Umanità http://www.ex-art.it/visioni_dell_umanita’/visioni_dell_umanita’.html per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla migrazione e sull’arricchimento culturale, forse la proposta precorreva i tempi per poter ottenere la giusta attenzione.

Mentre la mostra Opere Solidali, promossa dal Magis (Movimento e Azione dei Gesuiti Italiani per lo Sviluppo) per raccogliere i fondi per finanziare progetti di sviluppo nelle aree disagiate dell’Africa e dell’America latina, ha potuto contare solo su vaghe promesse, perché magari poteva far diminuire la migrazione per la povertà o per carestie.

Ora il Mibact (Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo) promuove MigrArti per offrire delle occasioni di espressione nel cinema e nello spettacolo.

Per fortuna che qualcuno fa qualcosa, avendo i mezzi oltre che le menti da mettere in moto per dare amplio respiro all’interculturalità.

L’arte di Henry Moore è l’essenza di quella Henri Gaudier Brzeska e le figure di Modigliani sono state affinamento da Brancusi, ma tutti hanno trovato nel Primitivismo la scintilla iniziale.

 

Arabia Saudita: Le donne si ribellano al controllo maschile

olo-le-donne-si-ribellano-al-controllo-maschile-35938970_303Nel 1963 Lesley Gore cantava, con voce suadente e ferma, You Don’t Own Me (Tu non mi possiedi) e nel testo si ribadisce: «E non dirmi che cosa fare / E non dirmi cosa dire / Per favore, quando esco con te / Non mi mettere in mostra».

Un remissiva Mina, nel 1966, invece pubblica il 45 giri Sono come tu mi vuoi, per la tranquillità di un “sano” rapporto di abituale dipendenza.

Mezzo secolo è passato, ma non è cambiato molto nel vedere la donna come trofeo e proprietà esclusiva, ed è su questo concetto che le donne saudite hanno proposto una petizione contro la tirannica custodia maschile delle loro vite.

Un primo risultato si è avuto con il tweet del principe saudita Alwaleed Bin Talal, noto miliardario e filantropo da sempre schierato in favore delle donne, con il quale chiede di rimuovere il divieto alle donne di guidare, ma non tanto per una questione di eguaglianza, o almeno non solo per questo, ma soprattutto perché toglie forza all’economia del Regno.

Si deve calcolare l’inutile spreco di tempo e denaro che comporta olo-le-donne-si-ribellano-al-controllo-maschileall’oltre 1milione e mezzo di donne saudite nel dover raggiungere il proprio posto di lavoro con i trasporti pubblici, taxi o autisti stranieri, senza contare le volte che i parenti maschi si vedono costretti a dover prendere un permesso dal lavoro per accompagnare mogli, figlie e sorelle, per un ricovero in ospedale o una visita specialistica.

La dura risposta di Riad ai sempre più numerosi atti di sfida alla “tutela” maschile è l’arresto di una ragazza che si è fatta fotografare con abiti occidentali e pubblica l’immagine sul web.

Dall’altra sponda del Mar Rosso, al Cairo, le donne manifestano per tornare a indossare liberamente gli abiti occidentali come negli anni’60 ( né per questo le donne venivano molestate ) prima che il velo aspettasse il titolo di difensore della moralità.

È dagli anni ’70 che già la propaganda islamista consigliava l’uso del velo alle donne per proteggerle dagli sguardi indiscreti, ma il risultato stranamente è nell’aumento dei casi di violenza.

Quello del controllo è una mania che l’Oriente e l’Occidente maschilista condividono, nell’imporre o vietare il velo, senza chiedersi cosa le donne vogliano.

Un’ossessione che ha un esempio traumatico con la “cerimonia dello svelare” che il potere coloniale francese impose ad alcune donne musulmane, obbligandole a sottomettersi nel bruciare il proprio velo in una piazza d’Algeri il 13 maggio del 1958, in una sorta di “missione civilizzatrice”.

Missione che ieri era rivolta all’emancipazione delle indigene, oggi è per volerle liberare dal giogo dell’islamismo maschilista, ma cosa vogliono davvero le donne ?

La spiaggia diventa il campo di battaglia per chi vuol vietare il bikini, ma anche per gli altri che chiedono di togliere il divieto di prendere il sole in topless.

Le donne possono essere coperte o nude, ma ciò che le accumuna in Africa come nel subcontinente indiano, nelle Americhe come in Europa, è il poco rispetto che ricevono per quel che è loro dovuto, come per l’eguaglianza di genere in ogni ambito.

A woman holds a banner reading "Equal pay women/men now" as people take part in a march as part of the annual May Day workers' events on May 1, 2011 in Paris. Hundreds of thousands of people around the world attended May Day rallies today to defend workers' rights many say are under fresh attack, and to press for social justice and democratic reform. From Hong Kong to Indonesia, Moscow to Paris, protesters marched and rallied in largely peaceful demonstrations for international Labour Day. AFP PHOTO / MIGUEL MEDINA (Photo credit should read MIGUEL MEDINA/AFP/Getty Images)

A Parigi le donne sono scese in piazza per rivendicare l’uguaglianza di salario, in Argentina manifestano contro i femminicidi non solo perpetrati nel Sudamerica, con lo slogan Ni Una Menos, olo-le-donne-si-ribellano-al-controllo-maschile-argentinaQahera l’eroina del fumetto egiziano, combatte le discriminazioni con il velo, mentre le scacchiste vogliono boicottare i mondiali di scacchi in Iran per l’obbligo che viene fatto loro indistintamente di coprirsi con l’hijab (il velo), in programma per il febbraio del 2017 a Teheran.

 

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Qualcosa di più:

Donne e Primavera araba. Libertà è anche una patente

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olo-le-donne-si-ribellano-al-controllo-maschile-argentina-fumetti-qahera

La piccola bottega dei ricordi

mostre-ateliers-a-trastevere-e-i-suoi-artistiQuando ci s’impegna nel dare uno spaccato di Roma e della sua intellighenzia è sempre difficile sapere se si può ritenerlo esaustivo, ma è più facile se si prende in considerazione solo la cosiddetta “economia emersa” e non quella “sommersa”.

C’è sempre chi sguscia tra le maglie della rete del “censimento”, anche se in un’area ben delimitata come quella di Trastevere e con lo sguardo rivolto più verso il passato che guardando al futuro, ed ecco che mancherà sempre qualcuno per rendere il panorama soddisfacente, tanto da far supporre una superficialità nel mostrare luoghi e protagonisti di una certa Roma trasteverina.

È quello che sembra sia successo con la mostra pensata da Andrea Fogli, e con una lunga gestazione, per accogliere in un grande abbraccio i frequentatori dei luoghi trasteverini.

L’iniziativa espositiva si può definire una piccola bottega dei mostre-ateliers-a-trastevere-e-i-suoi-artisti-1ricordi, nel museo, per aprirsi all’esterno in una sorta di esposizione diffusa sul territorio di Trastevere, difficile da afferrare nella sua completezza perché, ma a fiuto, tra i numerosi andirivieni, qualcuno sembra mancare.

Forse manca qualcuno perché era troppo impegnativo condurre delle indagini accurate e ci si è accontentati dei conoscenti o magari perché c’è chi ha trovato l’iniziativa vagamente vintage e ha deciso di snobbarla.

Per fare solo qualche nome su chi sembra essere scivolato tra le maglie, Anna Maria Angelucci su via Dandolo, poco prima di Daniele Luchetti che ha realizzato 12 piccoli ritratti sugli artisti romani “Dodici pomeriggi”, come anche Silvana Leonardi, Augusto Pantoni (via Emilio Morosini), Lydia Predominato |(vicolo del Cinque), Alberto e Raphael Gasparri (via degli Orti d’Alibert), Eughen (Eugenio Floreani vicolo del Bologna), Leonetta Marcotulli e Carlo Montesi (via della Lungara), ma anche Pietro La Camera che risiedeva vicino a piazza san Cosimato.

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TRASTEVERE. INTRECCI D’ARTE E DI VITA
Dal 18 novembre al 26 febbraio 2016

Museo di Roma in Trastevere

Informazioni:
tel. 060608
(tutti i giorni ore 9.00-21.00)

Orario:
da martedì a domenica
dalle ore 10.00 alle 20.00
chiuso lunedì

La biglietteria chiude alle ore 19.00

Ingresso:
intero € 6,00
ridotto € 5,00

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Marche: Arte e battaglie a suon di fisarmonica

Richiamano alla memoria i pergolati e le tavolate delle trattorie di campagna, le feste nelle piazze di paese con piadine e ballo liscio, i cori stonati dai “giri” di buon vino. È la fisarmonica: strumento che in Italia, a Castelfidardo, nelle Marche, viene prodotto ancora artigianalmente. Seguiamone le note lungo un itinerario di gran pregio.

La cittadina marchigiana dl Castelfidardo è entrata nella storia per la battaglia che in quel luogo si consumò tra le truppe piemontesi e quelle pontificie nel 1860, uno scontro di modeste proporzioni che permise alle truppe regie di avere aperta la via per Napoli, ma per i cultori italiani, e non solo, della musica popolare è la patria della fisarmonica.

Di origine viennese [di Damian, 1829], appartenendo alla famiglia degli armonium, la fisarmonica ha trovato una patria adottiva in quel di Castelfidardo, come si suol dire una ridente cittadina della provincia anconitana, in posizione panoramica, protesa verso la costa Adriatica. Della battaglia resta per la memoria dei posteri la grande opera bronzea di Vito Pardo, raffigurante il generale Cialdini a cavallo che guida i piemontesi all’assalto di un roccione, della fisarmonica le diverse fabbriche e attività artigianali per la richiesta nazionale e per quella estera. Ben presto questo strumento, che si diffuse nei vari paesi compresa l’Italia, dove è nota anche con il nome di organetto, trovò nel popolo cultori appassionati e valenti suonatori. La fisarmonica infatti si presta moltissimo alle danze popolari o per riprodurre canzonette, arie di ballo; un raro esempio nella cosiddetta musica colta si ha nel secondo atto del Wozzeck di Alban Berg.

Il più conosciuto tra i virtuosi italiani di questo strumento è stato negli anni ‘60 – ‘70 Gorni Kramer. La fisarmonica è composta di un mantice a soffietto che, azionato dal movimento delle braccia del suonatore, si riempie d’aria. Alle estremità vi sono le tastiere, così a destra come a sinistra.

Alla fisarmonica, Castelfidardo ha dedicato un museo con oltre 150 esemplari collocati in un godibile allestimento presso il Palazzo Comunale. Sono di diversa grandezza e variano anche nella forma esterna; il loro timbro è molto simile a quello dell’armonium comune. Presso il Palazzo Mordini trova invece collocazione il Museo Risorgimentale con i cimeli della battaglia. Ma Castelfidardo non è solo fisarmonica e Risorgimento. È luogo di villeggiatura e di cura, ma anche di testimonianze culturali e artistiche nel territorio. Collocata nella valletta dell’Aspio, in vista del Monte Conero, è la piccola stazione termale di Aspio Terme, con le sue quattro sorgenti di acque fredde salso-bromoiodiche, variamente mineralizzate.

Una visita a Recanati si impone, soprattutto per la Pinacoteca  dove sono conservati alcuni dipinti di Lorenzo Lotto. La cittadina è anche il luogo nativo sia di Giacomo Leopardi che del tenore Beniamino Gigli e come Castelfidardo a Recanati nascono delle “scatole della musica”, gli organetti meno ingombranti delle maestose fisarmoniche.. A pochi chilometri da Castelfidardo, verso sud-est, Loreto con il santuario mariano costruito intorno alla Casa Santa, considerata la casa di Nazareth dove Maria era nata e Gesù visse fino al trentesimo anno. Nel Museo-Pinacoteca un gruppo di opere di Lorenzo Lotto e la collezione di ceramiche da farmacia. Verso nord-ovest, Osimo con il suo duomo in romanico-gotico del sec. VIII, con il presbiterio sopraelevato e il pavimento in mosaico di tipo cosmatesco del sec. XII. Molti albi sono gli esempi ben conservati di architettura ecclesiale romanico-gotica presenti nelle Marche. 1982-marche-santurbano-bn-esterno-retro-sxA ovest di Castelfidardo c’è l’abbazia di Sant’Urbano ad Apiro, isolata sulla sponda sinistra del torrente Esitante, affluente del fiume Esino. Ancora un passo verso la Ss. 76 e si arriva alla chiesa di Sant’Elena a Serra S. Quirico, una delle più importanti abbazie sorte lungo il corso del fiume Esino. Saltuariamente utilizzata, per visitarla occorre chiedere alla famiglia che abita a fianco.

In questo 1995, anno delle celebrazioni federiciane, è d’obbligo concludere il viaggio nella medioevale Jesi, dove Federico II venne alla luce nella piazza del Duomo. In posizione dominante, con la sua cinta muraria del ‘300, Jesi riveste il ruolo di guardiana della vallata del fiume Esino.

Gianleonardo Latini
da GAMBERO ROSSO n. 44
settembre 1995 pagina 18

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Aggiornamento:

1982-marche-santurbano-portaleOra le abbazie di sant’Elena e di sant’Urbano non offrono solo due importanti testimonianze della architettura religiosa dell’XI secolo, ma anche una struttura ricettiva, proponendo un pacchetto completo per chi organizza matrimoni.

Il complesso di Sant’Urbano è da alcuni decenni di proprietà del Comune di Apiro e comprende, oltre all’abbazia, vari fabbricati, sparsi su 162 ettari, come la casa di riposo e una country house a gestione familiare che garantisce una piccola struttura ricettiva e di ristorazione, non solo per matrimoni della suggestiva chiesa.

italia-itinerari-marche-arte-1977-08-13-marche-6x6-frati-bianchi-04-ieri-oggi-copiaAnche l’eremo dei Frati Bianchi, o delle Grotte, è un luogo ristrutturato, dopo secoli di abbandono e saccheggio, tra le vittime la ricca biblioteca e l’altare di maiolica della scuola Della Robbia, trasformato in un’imponente struttura per ospitare congressi, eventi culturali, mostre e cerimonie di prestigio.

 

 

La storia E’ infinita

Era forte la tentazione di dare come titolo a questo articolo “La spada vendicatrice dell’Islam”, un titolo a effetto senza dubbio e forse più appropriato, un titolo che sicuramente cattura l’attenzione ma… un titolo troppo scontato e le cose scontate non sempre piacciono. “La storia E’ infinita” invece, con il verbo maiuscolo per sottolinearne l’importanza, è senza dubbio un titolo più generico ma che per questo romanzo calza a pennello.
Senza tergiversare troppo è meglio entrare subito nel merito di questa lunga storia, spiegando il perché di quanto detto sopra ed espletandone i contenuti e i protagonisti partendo dal primo: Dragut Rais. Alzi la mano chi conosce questo nome, chi conosce davvero questo nome. Gli amanti di storia? Molto probabilmente sì, chi ha una buona memoria scolastica? Forse, gli appassionati di pirateria? Vergogna se non lo conoscono! Scherzi a parte, per nostra fortuna ci ha pensato Simone Perotti a dare una piccola lezione di storia a tutti, con un romanzo costruito intorno alla vita di questo incredibile e quasi mitologico personaggio che mitologico proprio non è, e lo sapevano bene Andrea Doria e tutti i cristiani naviganti del ‘500 che solcavano i mari con il terrore di incrociare la sua rotta. Egli fu infatti un corsaro ottomano, poi anche ammiraglio della medesima flotta, al soldo del sultano Solimano il Magnifico.
Ma se ancora il nome di Dragut Rais non vi dice nulla, nonostante la menzione di Andrea Doria, forse allora il nome Khayr al-Din detto Barbarossa qualcosa in più può ricordarlo. Dragut fu infatti il braccio destro e poi il successore del più famoso e temuto corsaro divenuto poi uno dei simboli dell’universo piratesco.
Barbarossa era infatti quello che metteva la faccia (e la politica) in tutte le battaglie laddove invece Dragut ci metteva le navi e la spada, motivo questo che gli valse il soprannome di “Spada vendicatrice dell’Islam”.
In questo romanzo l’autore racconta in modo approfondito il modus operandi del Rais, partendo però dalla sua infanzia e dai motivi che lo hanno portato a diventare ciò che è stato e per cui viene ricordato. Di lui si sa che fu senza dubbio spietato, indomabile, violento e… amante, ma quest’ultimo aggettivo solo una persona poteva affibbiarglielo: Bora, una schiava, ma una schiava di lusso, relegata in un castello su di un isola solitaria, dove non esistevano guerre e battaglie e dove il mercante che comprò la giovane ragazza decise di accomodarla. Lì, dove lei era al contempo schiava e padrona, si celavano i segreti più intimi del corsaro, ma anche i retroscena più misteriosi della sua vita da lui raccontati a Bora durante le sue soste tra un momento di passione e l’altro, ed è li che Bora ormai alla fine dei suoi giorni fu costretta a raccontare ad un inquisitore tutto ciò che sapeva su di un Dragut già da tempo defunto.
Come detto l’isola dei Bora era un’isola solitaria immune a ciò che succedeva nel mondo circostante e il Rais non era il solo a gettare l’ancora dinanzi ad essa per godere dei benefici che offriva, ci fu infatti, tra gli altri, un cavaliere (o meglio una spia), che era solito percorrere gli stessi corridoi del Rais, il suo nome resterà però celato tra le pagine del romanzo e toccherà ai lettori scoprirlo.
Ciò che di lui si può dire è che la sua vicenda è legata strettamente ad un’altra grande protagonista di questa storia: La mappa del mondo di Piri Rais accompagnata dal Kitab-ı Bahriye o Libro del mare scritto sempre del medesimo autore, due documenti che all’epoca valevano quasi più di un regno, due documenti che furono al centro di sanguinose battaglie per via del vantaggio strategico che il loro possesso garantiva.
L’autore racconta tramite la spia tutte le vicissitudini legate a queste mappe e i sacrifici che Piri Rais dovette patire per celarle agli occhi del mondo, fino a quando… accadde quel che accadde, ovvero fino a quando il cavaliere decise di diventare per l’appunto una spia ed iniziare così una lunga vita fatta di misteri e sotterfugi, fughe e uccisioni pur di svolgere il compito a lui assegnato. Quale destino lo aspetti e come Dragut ne prenda parte sono due delle domande che accompagnano la lettura fino all’ultima pagina.

La storia che si intreccia con il romanzo e i personaggi che diventano narratori della loro vita vissuta è uno dei punti di forza di questo libro, libro che lo stesso autore ha ammesso di aver scritto non senza rischi e il perché è presto detto con le sue parole prese in prestito dal suo sito: “Ho scritto questo romanzo disattendendo quasi tutte le regole dell’editoria di questa epoca, e del buon senso.” E in effetti il romanzo è lungo, elaborato, strutturato in modo particolare con i tre protagonisti che raccontano ognuno la propria storia, uno dei quali addirittura sdoppiato nel prima e nel dopo; le vicende vanno poi a formare una carambola di informazioni che nonostante la mole non si discostano mai dal filo conduttore, mantenendo compatta la trama e rendendo la lettura agevole, avvincente e piacevole.

Tornando al titolo, la storia è davvero infinita. E questo non perché il romanzo è lungo ma perché, come capita con opere come queste, quando viene stuzzicato l’interesse può sorgere spontanea la voglia di approfondire, documentarsi e spaziare su altri aspetti legati a quanto narrato. E se questa reazione dovesse sorgere anche dentro di voi, vorrà dire che non solo Simone Perotti ha confezionato un buon prodotto, ma è riuscito ad andare ben oltre alle regole dell’editoria e del buon senso, rendendoci tutti parte dell’equipaggio del Rais.

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Titolo: Rais
Autore: Simone Perotti
Editore: Frassinelli, 2016, 495 p.
Prezzo: € 19,90

Disponibile anche in ebook – epub
€ 9,99

ISBN-13: 9788893420082
EAN: 9788893420082

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