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Non ti sfiora neppure

Composizione brillante che si legge tutta d’un fiato,
non solo in virtù di ritmi veloci e disinvolto fraseggio
ma per sapiente agilità di tocco e insolito montaggio.
Una forma spregiudicata che coinvolge dall’inizio
sfuggendo a consuete classificazioni … e anche questo ci piace.
All’apparenza infatti l’opera non si presenta come romanzo
e neppure come sceneggiatura cinematografica,
malgrado costruisca una storia attraverso 279 pagine di dialoghi
ai quali si alternano brani di narrativa: belle pause di grande respiro.
Né si tratta di un poema, pur avendo spesso l’essenzialità spezzata
e certe cadenze della sintesi poetica, struggente quando parla delle voci.
E nemmeno si presenta come saggio, lasciando tuttavia trasparire qualcosa…
di oggettivo e razionale, che porta a riflessione attraverso detto e non detto.
Allora ci sovviene che la Conti è anche saggista, come informa la quarta di copertina.
Si potrebbe perfino presentare il libro come una fiaba,
avendone apparentemente l’innocenza e nascostamente la saggezza…
comunque si tratta di un Giallo, come ogni storia d’amore a vasto raggio.
E dunque non sveleremo più di tanto, però usando una chiave a doppio senso,
possiamo ben dire di Carla Conti: ”Suo pane…è la musica”.
Ma oltre la coppia di eterni innamorati che cerca, vive e rivive avidamente l’istante,
tra un fugace 20 agosto e un imprevedibile 17 aprile da gran finale in minore,
oltre i nomi celati tra innocenti sigle di strumenti musicali in controcanto,
climi e passioni condivise, flash che richiamano attimi folgoranti del genio:
brividi sublimi della creazione mai disgiunti dal linguaggio d’amore…
oltre pagine e pagine di bellezza che Lei e Lui ricreano nel sogno:
alfabeto cifrato dell’inconscio, evocazioni galeotte, attese d’amorosi amplessi,
a ritardare, come nota sospesa, l’incontro carnale degli amanti…
oltre il dramma della parola impotente a tradurre cosmiche armonie,
ritmi e melodie dell’anima e oltre la verità folgorante del colpo di scena…
trionfa ancora e sempre l’ARTE : protagonista assoluta, tra suono, forma e colore, 
Dea d’ineffabile bellezza che ci supera e ci continua,
voce incredibile, dove l’umano si perde e si ritrova… all’infinito.

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Libro Non ti sfiora neppureTitolo: Non ti sfiora neppure
Autore: Carla Conti
Introduzione di Valery Voskobojnikov

Editore: Homo Scrivens, 2013
ISBN: 8897905153
ISBN-13: 9788897905158
Pagine: 280

Passeggiate romane con Dante e Mikołajewski

La commedia Romana non è una guida ordinaria di Roma, secondo me si dovrebbe considerarla più come un diario, un racconto personale della città, ma anche dell’autore stesso. Jarosław Mikołajeswki, autore già ben conosciuto come scrittore, poeta e traduttore (i suoi libri sono tradotti in varie lingue straniere come italiano, tedesco ebreo e greco). Nella “Commedia Romana” prova a rendere omaggio a Roma raccontando del grande legame tra un uomo e una città.

L’autore stesso confessa, che parlando di una città come Roma anzitutto non si sa neanche da dove iniziare il racconto, quale percorso, quale punto d’inizio scegliere. Ha scelto la Divina Commedia di Dante, perché la stessa Roma, come il suddetto libro, comprende un po’ di tutto: paradiso, purgatorio, ma anche l’inferno. Come Virgilio diviene guida di Dante nella Commedia, Mikołajewski segue le tracce di Pasolini e Caravaggio. Il libro è composto (come quello di Dante) di cento brevi capitoli, dei quali ognuno racconta l’altra storia, tuttavia l’unico tratto comune rimane sempre la città. A volte succede, che il collegamento tra concreti capitoli della Commedia Divina e Romana sembra appena visibile; pero in quei momenti viene in aiuto l’ingegnosità e perspicacia dell’autore, che sempre sa trovare un legame tra soggetti apparentemente diversi.

“La commedia Romana” non è una guida turistica con la lista dei punti “must see”, quindi sicuramente non sarebbe utile per qualcuno che viene a Roma per un weekend e non sente e non vuole sentire il fascino della storia e cultura, che accompagnano la città da secoli. Storia e cultura, ma anche l’arte, la mentalità della gente, buoni e cattivi ricordi, le leggende locali, le strade sconosciute o conosciute troppo bene, le persone quasi dimenticate o troppo famose, tutti questi elementi riuniti costruiscono un mosaico piena di colori ed emozioni che diventa la chiave per scoprire il carattere vero (ovviamente non privo dei difetti) della Città Eterna. Mikołajewski cammina per le strade, si ferma per un attimo o forse più a lungo osservando l’ambiente (à un osservatore attento, ma anche sensibile alla bellezza) spesso stabilendo un dialogo con le persone che fanno la parte del grande mosaico e creando il suo percorso personale, composto da piccoli ricordi.

Non si può dimenticare dell’altro elemento onnipresente- la poesia. La commedia romana, tranne che essere un diario e la guida eccezionale, è anche un’espressione d’amore, l’occasione per ringraziare la città in un modo particolare, affettuoso, comprendente le frasi commoventi, impressionanti, a mio parere sempre caratterizzate della verità.

Il libro è anche un modo di dire “arrivederci”. Mikołajewski, dopo tanti anni passati a Roma, è finalmente tornato a Varsavia e lui stesso dice, che non poteva immaginarsi di lasciare una città come Roma senza scrivere in anticipo.

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Jarosław Mikołajewski

La commedia romana

Presentato il 14 maggio all’Accademia Polacca delle Scienze

Passeggiate romane con Dante e Jarosław Mikołajewski

Rzymska komedia
Autor: Jarosław Mikołajewski
Wydawnictwo: Agora , Listopad 2011
ISBN: 978-83-268-0635-3
Kategorie: proza polska

L’infelicità araba

Per la Siria questi ultimi due anni di morti e distruzione sono stati non solo il superamento di quella linea che delimitava la protesta di una parte della popolazione verso un regime in guerra civile, tra chi è stanca di essere la vittima e chi vuol solo vivere, ma la trasformazione di una nazione in un campo di esercitazione di varie componenti islamiste. Gli Hezbollah schierati contro gli insorti, le brigate qaediste impegnate in una jihiad contro tutti, un’opposizione laica dalle mille tonalità e islamici moderati che sono incerti nel voler del tutto destituire Bashar al-Assad.

È una Siria lontana dalla sua Primavera quella immolata sull’altare delle incertezze occidentali e dall’incapacità dell’opposizione a presentasi unita.

L’Occidente si domanda se è il caso di armare i ribelli, è una di quelle cose che non si dicono ma si fanno, anche se la presenza sempre più considerevole degli islamisti rende i governi europei e quello statunitense titubanti in tale senso, mentre Israele, senza prendere posizione per l’uno o per l’altro schieramento, si limita ad osservare e intervenire con raid aerei per impedire le forniture di armi agli Hezbollah in Libano come nel caso di convogli o di depositi di stoccaggio soprattutto dei razzi iraniani Fateh 110.

Le numerose pubblicazioni dedicate alla cosiddetta Primavera Araba o forse più indicata come Rinascita, si sono concentrate sulla trasformazione del crescente scontento in ribellione, per sfociare nell’insurrezione che destituisce i regimi oppressivi della Tunisia, Egitto e Libia, ma che non ha coinvolto altri paesi del mondo arabo e che in Siria non trova sbocchi.

Diversamente da ciò che è accaduto i Tunisia, Egitto e Libia, dove le formazioni islamiste più o meno estremiste sono apparse dopo la caduta dei vari regimi, in Siria i combattenti che si possono definire fodamentalisti sono già all’opera da tempo e provengono dalle diverse aree del medio oriente, trasformando la richiesta di libertà e democrazia in guerra non solo civile, ma anche religiosa per procura tra l’Arabia Saudita e l’Iran, ponendo i sunniti contro i sciiti alawiti. Una contrapposizione che coinvolge anche la Turchia nella sua anima alawita che porta alcuni medici turchi impegnati negli ospedali in Antiochia a praticare una medicina poco compassionevole, estrema, che dagli abusi verbali passa alle amputazioni superflue per vendicare i loro cooreligiosi oltre confine sui ribelli medicati in Turchia, mentre il governo turco cerca di fare pressioni per una soluzione del conflitto.

Una situazione complessa che fa risalire l’attuale tragedia siriana alle angherie subite da una parte del popolo per lungo tempo, con decenni di mancate insurrezioni e da feroci repressioni.

Un dramma che viene da lontano e che Shady Hamadi cerca di ripercorrere, in parte attraverso la storia della sua famiglia, nel libro La felicità araba che descrive le sofferenze di tre generazioni di una famiglia siriana sotto un regime dittatoriale e i racconti di molti ragazzi che si trovano a vivere la rivolta siriana nelle sue atrocità quotidiane e come informare il Mondo e le speranze affidate all’Occidente per riscattare un paese schiavo della propria infelicità.

Se il libro di Antonella Appiano – Clandestina a Damasco (2011) – descriveva un paese sull’orlo della guerra civile, quello di Shady Hamadi è una storia che parte dal ‘900 per giungere alla guerra civile nelle strade e sul web dei nostri giorni.

Un libro che cattura il lettore nel suo alternare la storia della famiglia dell’autore con le vicissitudini odierne, attraverso i racconti dei vari protagonisti e quelli vissuti in prima persona, in un esercizio della Memoria per non dimenticare i vari tentativi di cambiamento e le successive azioni repressive come l’insurrezione organizzata dai Fratelli Musulmani e “conseguente” massacro di Ḥamā del 1982 del quale ancora oggi il numero dei caduti è impreciso e varia, secondo le fonti, dalle 7 alle 40mila vittime.

Per “poter diventare coscienti di ciò che accade in questo piccolo grande mondo”, come scrive nella prefazione Dario Fo per il libro di Shady Hamadi, può essere utile soffermarsi anche sulle immagini di Fabio Bucciarelli, che per il suo fotoreportage “Battle to death” da Aleppo è stato premiato con il Robert Capa Gold Medal 2013, visibili su sito della The Overseas Press Club of America e accorgerci che le atrocità delle persone verso altre persone è difficile da immaginare, come è difficile prevedere le conseguenze di una infanzia che da due anni ha smesso di giocare e i più fortunati si trovano smarriti nei campi profughi libanesi o turchi intenti a chiedere l’elemosina.

Una tragedia quella siriana che si può ripercorre attraverso storie pubblicate sull’Osservatorio Italo-Siriano.

Chi potrà ricostruire la Siria del domani se le generazioni future non vedono un diverso futuro che non sia nascondersi tra le macerie delle proprie dimore o vivere nelle tende?

La Siria e i suoi quotidiani morti appare e scompare dalle pagine dell’informazione come un fiume carsico e molti altri sono i drammi sparsi per il pianeta che non trovano spazio sui media.

Riccardo Noury di Amnesty International Italia afferma che “Dare spazio ad autori come Shady Hamadi significa ripristinare un circuito d’informazione corretta su cosa sta accadendo in Siria.”

Forse certificare un testo come informazione corretta può apparire eccessivo, è sempre una narrazione da un punto di vista parziale, ma sicuramente un’occasione di riflessione sulle meschinità e atrocità che l’umanità è capace di perpetrare nei confronti del prossimo.

Una disumanità che crea gabbie come il poeta siriano Adonis, pseudonimo di Alī Ahmad Sa’īd Isbir, che mette in risalto con “Pur viaggiando, ovunque, entro i confini arabi, / non vedrai altro che gabbie. Perfino i giardini / sono l’immagine di gabbie interne.” Poche righe riportate all’inizio del libro da Shady Hamadi, per gabbie insite in noi, gabbie che altri hanno costruito per soggiogare il desiderio di libertà.

Probabilmente la poesia di Adonis più indicata per descrivere il nostro futuro, senza alcune acrobazie chiaroveggenti, può essere:

 

Oriente e Occidente

Una cosa si era distesa nel cunicolo della storia

una cosa adorna, esplosiva

che trasporta il proprio figlio di nafta avvelenato

al quale il mercante avvelenato intona una canzone

esisteva un Oriente simile a un bambino che implora,

chiede aiuto

e l’Occidente era il suo infallibile signore.

Questa mappa è mutata

l’universo è un fuoco

l’Oriente e l’Occidente sono una tomba

sola

raccolta dalle sue ceneri.

 

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Libri Siria La felicità araba Shady Hamadi webAutore: Shady Hamadi

Titolo: La felicità araba. Storia della mia famiglia e della rivoluzione siriana

Prezzo: € 15,00

Dati: 2013, 256 p., brossura

Editore            ADD Editore (collana ADD#)

 

 

 

I pensieri del corpo

Ridere, piangere, riflettere, analizzare, scoprire, valutare, sorprendere e chi più ne ha più ne metta, sono tutte le reazioni a cui dovrete far fronte qualora decideste di leggere questo libro, o forse è meglio dire questo diario? Perché è di questo che si tratta in realtà, delle memorie di un anonimo personaggio che, in seguito ad un “banale” trauma infantile, dall’età di dodici anni decide di tenere un diario molto particolare dove annotare tutto ciò che riguarda il suo corpo. Badate bene, “il suo corpo”, da non confondere con quei diari dove si annotano i propri pensieri o i propri ricordi intesi come momenti da non dimenticare. Perché di ricordi ce ne sono sicuramente, tutti però legati al corpo umano, al suo funzionamento e alla sua evoluzione. Nessuno sconfino quindi nei pensieri più personali o, come dice il protagonista, in quelli più intimi laddove il diario in questione perderebbe il suo senso.

Le capacità letterarie di Daniel Pennac, autore del libro, sono ben note a molti grazie anche alla lunga lista di romanzi nati dalle sue mani, a cui si aggiunge il presente. Questa volta però egli decide di farsi estraneo alla stesura dell’opera, assumendo il ruolo di portavoce.

L’autore lascia infatti il compito della narrazione al suo misterioso protagonista, il padre di una cara amica (immaginaria?) che in punto di morte dona alla figlia il diario da lui scritto per il motivo sopra menzionato, contenente stralci di giornate documentate nel corso degli anni. L’uomo vive in prima persona ogni tipo di esperienza che il ventesimo secolo è in grado di offrirgli, tutte analizzate dal punto di vista del corpo, valutando le reazioni che esso ha dinanzi a determinate situazioni e sottolineando alcuni particolari a cui molto spesso non si fa caso, o per pudore si evita di menzionare.

Notevole è la cura che Pennac ha avuto di tutti i particolari legati al percorso generazionale che il corpo intraprende, o molto più semplicemente delle varie fasce d’età che esso attraversa. Il punto di partenza sono quei dodici anni che rappresentano il periodo in cui si prende sempre più coscienza di se stessi e delle proprie capacità, raccontati con l’entusiasmo che ne consegue. Li inizia il tempo delle grandi scoperte e di quei traguardi che sembrano grandi trionfi, ma che tali sono soltanto nell’istante in cui si ottengono, per poi trasformarsi in normali abitudini giornaliere, in attesa di un altro successo da godere con quell’ingenuità tipicamente infantile. Ma così come la giovane età è caratterizzata dalla curiosità di vivere cose nuove, la fine dell’adolescenza e l’inizio dell’età adulta sono segnate dalle grandi delusioni d’amore, dai primi impegni lavorativi e dall’inserimento in una società che a fatica si comprende; e come aumentano le dure realtà, c’è sempre meno tempo per dar sfogo alle proprie analisi corporee all’interno di questi ambiti, che si riducono sempre più ad appunti sporadici. La fase finale poi, quella dell’anzinità, sortisce il medesimo effetto ma per ben altri motivi, facilmente comprensibili certo, ma che se colti nel corso della lettura colpiscono molto più a fondo.

Altro punto a favore del romanzo è la ricchezza dei temi affrontati. I legami con la famiglia e con gli amici innanzitutto e quelli a essi legati come l’amore e il rapporto (a volte difficile) tra genitori e figli, a cui si aggiungono poi l’adulterio, la sessualità, la malattia, le guerre e tanto altro ancora. Il corpo viene proiettato all’interno di queste tematiche non come coinvolgimento sentimentale ma come invece questo reagisce rapportato ad esse.

Tutto ciò è raccontato con quell’ironia schietta che fa di Pennac un maestro nel suo genere letterario.

Non per niente la prima reazione sopracitata è proprio “ridere”, non risate banali, ma quelle genuine che a volte vengono fuori anche dalle cose più semplici, o da quelle persone in grado di esorcizzare il dolore e la sofferenza nei momenti più impensabili esaltando la gioia di vivere, cosa che senza dubbio il protagonista ed alcuni personaggi che lo circondano sono in grado di fare.

Pennac ci regala un diario d’autore coperto dall’anonimato, ma che senza dubbio raccoglie molti dei suoi pensieri. Non fatevi ingannare dal fatto che le memorie scritte sono tutte di parte maschile, perché i contenuti sono indirizzati indistintamente a tutti, o meglio, come è scritto nella quarta di copertina: “a tutti quelli che hanno un corpo”, e questo è assolutamente vero, provare per credere.

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Libri I pensieri del corpo Daniel PennacTitolo: Storia di un corpo

Autore: Daniel Pennac

Editore: Feltrinelli

Traduttore: Y. Mèlaouah

Pagine: 341

Anno: 2012

Disponibile anche in ebook

 

Daniel Pennac è uno scrittore francese autore di numerosi romanzi, per ragazzi e non. Famosa è la serie dedicata al personaggio Benjamin Malaussène e alla sua bizzarra famiglia.

http://it.wikipedia.org/wiki/Daniel_Pennac per una sua breve biografia e per l’elenco completo di tutte le sue opere.

La collina degli Eroi

Da quando il cinema esiste centinaia e centinaia di libri sono stati la fonte di ispirazione per numerosi film e la maggior parte di essi sono diventati anche ottime trasposizioni cinematografiche.

Ma vi è mai capitato di leggere un libro e di pensare sempre più insistentemente che per una volta sia un film a trasformarsi in un romanzo? E’ una sensazione strana da immaginare ma con The Heroes può accadere. Non esiste alcuna pellicola a cui si è ispirato Joe Abercrombie ovviamente, ma, più che un libro, a volte sembra di avere in mano una sceneggiatura. Il ritmo è incalzante, i dialoghi semplici e le descrizioni brevi e concise, poco è lo spazio per i viaggi interiori dei personaggi e tanta è invece l’azione.

Di eccellente fattura senza dubbio, questo romanzo si presenta come spin-off di una trilogia scritta dallo stesso autore, intitolata The First Law, non ancora edita in Italia.

L’idea di iniziare la lettura di una “saga” partendo da un derivato di essa è alquanto inusuale, ma lo stile vivace di Abercrombie fa si che questa perplessità passi subito in secondo piano. I numerosi riferimenti alla trilogia principale non influiscono in nessun modo sulla comprensione di The Heroes, anche perchè ciò che di importante c’è da sapere sui romanzi precedenti è tutto presente nel libro.

Ma di cosa parla questo romanzo? Di una guerra, un’epica guerra a suon di spade e scudi di cui non si capisce bene il “casus belli” e che nemmeno i protagonisti aiutano a capire, ma, a quanto pare, per l’autore anche questo è di poco conto. Gli unici dettagli forniti a riguardo sono la sua durata, tre giorni, e il luogo dove si svolge, una collina chiamata “la collina degli eroi”, punto strategico di fondamentale importanza.

Arrivati a questo punto può sembrare che quest’opera non abbia corpo, ma il bello sta proprio nel suo essere assolutamente atipica. Un altro esempio? Nella battaglia che si svolge, dove le forze in campo che vanno a scontrarsi sono i “Guerrieri del Nord” da una parte e “l’Alleanza del Sud” dall’altra, la scelta di chi sono i buoni e chi i cattivi spetta solo e soltanto al lettore. Questo è dovuto al gran numero di personaggi presenti, ad alcuni dei quali l’autore ha affidato la narrazione delle loro gesta in prima persona. Guerrieri che combattono per il solo senso del dovere, senza alcun motivo personale diverso da quello di servire il loro padrone, focalizzando quindi l’affinità che si crea con essi in base solamente al carattere che l’autore ha delineato per loro. C’è spazio per tutti, combattenti valorosi, eroi, codardi, disonorati, pazzi, giovani, vecchi, donne guerriere e non, o un misto di alcune di queste. Dei narratori sopra citati, tre sono quelli che spiccano di più rispetto ad altri o perlomeno sono quelli a cui è stato riservato un ruolo di maggiore importanza. Tre armigeri completamente diversi tra loro, due per il nord e uno per il sud, ognuno con un motivo del tutto personale per essere presente alla battaglia. Ve li presento: Curden detto “lo Strozzato”, luogotenente e fedele consigliere del protettore del Nord; il principe Calder, sorvegliato speciale in quanto molto incline alla corruzione e al tradimento; e infine Bremer Dan Gorst, ex Primo Cavaliere del Re ora Osservatore Reale, caduto in disgrazia per motivi non ben definiti ma in grado di distinguersi in battaglia per la sua forza e il suo valore ineguagliabili.

Parlare quindi di un vero e proprio protagonista è impossibile visto che tra i personaggi principali nessuno prevale nettamente sugli altri, senza contare gli altri narratori minori a cui comunque vengono dedicati anche interi capitoli.

Tornando alla guerra, è interessante il modo in cui Abercrombie rende affascinanti tutti i fattori di cui essa si compone. Innanzitutto l’accuratezza dei dettagli nel corso degli scontri corpo a corpo che sono in grado di rendere al lettore un’immagine chiara e coinvolgente di ciò che succede, non meno lodevoli sono però i momenti di calma apparente, nel quale i due Stati Maggiori preparano le strategie o gli esploratori cercano il miglior punto di osservazione sul nemico. Da non tralsciare poi gli stati d’animo delle truppe o delle “dozzine” come le chiama lo scrittore, per nulla abbandonate ad un ruolo secondario come spesso accade in questo genere di romanzi, a meno che il protagonista non ne faccia parte ovviamente.

I colpi di scena sono quindi assicurati fino all’ultimissima pagina, laddove potrebbe sorgere il dispiacere di essere giunti al termine di questi tre intensi giorni di battaglia, dove non mancano gli amori, i sotterfugi e i dissapori anche all’interno delle due fazioni, come anche un pizzico di misticismo che in questi romanzi non fa mai male.

C’è un quesito però con cui val la pena di concludere ma soprattutto al quale vi incito a trovare risposta, ovvero, chi sono veramente questi “Heroes”? A voi il gusto di scoprirlo.

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Libri The heroes2

Titolo: The Heroes

Autore: Joe Abercrombie

Editore: Gargoyle

Traduttore: C. Costantini, S. Vischi

Anno: 2012

Pagine: 716

Joe Abercrombie è uno scrittore britannico. Dopo aver lavorato in televisone come produttore e nel cinema come montatore delle scene, si è dedicato alla scrittura. 

In Italia, le opere di Abercrombie sono pubblicate dall’editore Gargoyle che ha in catalogo, oltre che The Heroes, i primi due capitoli della trilogia “The First Law”, Il Richiamo delle Spade e Non prima che siano impiccati; è d’imminente uscita il volume conclusivo L’ultima Ragione dei Re.

 

Sito ufficiale dell’autore: http://www.joeabercrombie.com/