Gallerie

Primarosa Cesarini Sforza: Le opere che avvolgono il visitatore

Una mostra accogliente, consolatoria, con un’atmosfera d’altri tempi avulsa dai conflitti contemporanei, dove l’arte ha bisogno anche di questo per prendere respiro dagli affanni odierni.

Quello di Primarosa Cesarini Sforza  non è un percorso nostalgico, malinconico, ma piuttosto chiave di interpretazione del suo essere costantemente nella contemporaneità, in ciò che è stata e che è circostante.

Disegni, dipinti, istallazioni, grafiche, ceramiche, libri d’artista capaci di avvolgere il visitatore tanto da sentir echeggiare, tra le opere esposte, le note di My Favorite Things, dove “le mie cose preferite” sono i lavori di Primarosa Cesarini Sforza capaci di scandire 50 anni di impegno artistico e di osservatrice dei tempi, sino alla rarefazione delle forme.

Opere come diario di viaggio, nel costante confronto con la materia che l’ha portata a sperimentare le più disparate tecniche e materiali per dare forma al suo processo creativo.

Teche e campane di vetro scelte per conservare, non più bambinelli o ex-voto di cera, ma fiori e rametti dell’infanzia, intrecci della memoria per fermare il ricordo, pronto per essere condiviso con altri occhi e reminescenze.

L’allestimento è una scomposizione critica per periodi che offrirà allo sguardo dei visitatori il lavoro incessante dell’artista che, solo visto nella sua interezza, dimostra tutta la sua compattezza intorno a queste due idee guida.

La mostra prevede anche inserti scritti in cui Cesarini Sforza racconterà la sua biografia, cataloghi degli anni newyorkesi, ma anche cataloghi e fotografie che mostreranno come i lavori dell’artista siano stati visti, ricercati ed apprezzati in molti paesi europei e nel mondo, a New Delhi, in Iran, a Istanbul, in Argentina.

Un percorso espositivo, quello scandito dalla carriera di Cesarini Sforza, capace di ramificarsi, collegarsi, intrecciare relazioni, dialogare con l’arte del suo tempo senza far venire meno la solidità della sua personale ricerca. Una mostra essenziale capace di offrire ai visitatori un esauriente spaccato di un lungo viaggio artistico che ha indagato con cura il suo tempo in ogni suo mutamento intimo e collettivo.


Primarosa Cesarini Sforza
La materia e il perimetro

Dal 5 aprile al 2 luglio 2023

Musei di Villa Torlonia – Casino dei Principi
via Nomentana, 70
Roma

A cura di Michela Becchis

Catalogo
AIE Center for Contemporary Art

Informazioni:
060608 (tutti i giorni ore 9.00–19.00)


Roma e utopia di un trasporto sotterraneo

Guardando la mappa di Roma e del suo sistema di comunicazioni e leggendo la promessa del sindaco Gualtieri – la città in 15 minuti – rimango scettico. Un sindaco dovrebbe promettere meno: mondezza smaltita e traffico snellito sono promesse poco credibili e su certi argomenti noi romani siamo assai disincantati. Intanto Roma non è Milano, non è ha la struttura radiale ma sembra piuttosto una massa informe dove le parti non hanno una vera comunicazione tra di loro. In 15 minuti per andare dove? Anche all’interno dei singoli municipi i servizi sono spesso sparsi, senza una pianificazione; la viabilità non è sempre scorrevole e i trasporti pubblici non sono sempre efficienti. E allora? Come pensare di risolvere in poco tempo i problemi accumulati in tanti anni di sviluppo non programmato? E ancora: siamo sicuri che i progetti siano stati impostati razionalmente? In ogni caso – e il sindaco Rutelli l’aveva capito con “la cura del ferro”, creando il tram linea 8 e modernizzando la linea FM fimo a Cesano, con incrocio a Valle Aurelia – un collegamento rapido può essere soltanto su rotaia: tram, treno e metro, i primi due molto più economici delle linee sotterranee.

Guardiamo ora esempio la mappa della metropolitana, compreso il tracciato di quella ancora da terminare o addirittura costruire. Ebbene: la metro A invece che via Ottaviano poteva collegare i tribunali di piazzale Clodio, mentre dall’altro capo nessuno ha mai pensato di estendere per tempo la linea fino all’Università di Tor Vergata. Perché tanto scoordinamento? La metro C poi ha in pratica sfruttato il vecchio tracciato della Roma-Fiuggi, ma davvero è razionale il collegamento da san Giovanni a piazza Venezia e piazza della Chiesa Nuova, visto che anche i bambini sanno che Roma non ha cambiato posto e che a pochi metri dal suolo c’è una città intera e non un singolo reperto archeologico? Uno può anche scavare le gallerie a cinquanta metri di profondità, ma il problema sono i pozzi d’uscita e a quel punto i ritardi si accumulano e non solo per colpa della Sovraintendenza. Se poi guardiano la mappa della metro come era stata progettata nel 1986 ci si accorge di quanto poco è stato fatto (1) e soprattutto quanto era ottimistico realizzare tutto e non solo per mancanza di fondi, anche se in realtà alcune linee spacciate per nuove erano gli impianti di vecchie ferrovie, tronchi superati dall’Alta Velocità e declassati al traffico locale. Ma non sempre c’è coordinamento fra Comune e Trenitalia:  anni fa fu chiusa la stazione di Fiumicino paese e a Roma la stazione di Val d’Ala (Salario) è stata fabbricata, aperta e chiusa ormai da quattro anni e forse sarà riaperta. Diverso è il caso della vecchia Roma-Viterbo che parte da piazzale Flaminio e collega in pratica i comuni e le frazioni  sulla Flaminia: è vetusta sia nell’impianto che nel materiale rotabile e non incrocia i tronchi FS. E qui riecco la storia della chiusura dell’anello ferroviario, di cui si parla da quarant’anni e forse tra sette anni (parola di sindaco Gualtieri) sarà ultimato. Si tratta di collegare Vigna Clara con Tor di Quinto e Nomentano, pochi chilometri di cui due terzi in mezzo ai campi, mai tempi saranno lunghi lo stesso. Era un’opera strategica che avrebbe creato una sorta di GRA su rotaia e migliorato anche le comunicazioni radiali, ma finora si è visto poco. Tra l’altro si dovranno completare e/o riadattare alcune stazioni, e qui è un classico: in Italia le ferrovie sembra che siano un problema di edilizia e non di trasporti, visto che ovunque abbiamo stazioni monumentali con due soli binari. Infine, non aveva più senso estendere le linee verso le periferie, alcune delle quali (il quadrante Sud-Ovest, per esempio) hanno cattivi collegamenti non solo con il centro, ma persino col municipio vicino? Invece si è previlegiato l’asse San Giovanni-piazza Mazzini, cioè il Centro. Piazzale Clodio poteva essere raggiunta con una derivazione da Ottaviano, senza partire da tanto lontano. Insomma, lo schema generale è molto meno razionale di quanto sembra e mantiene l’ossessione per il centro. In più, Roma sta cambiando: molta gente abita oltre il Raccordo Anulare e i grandi centri commerciali stanno creando dei poli di attrazione eccentrici rispetto al centro dei municipi, sempre che tutti ne abbiano uno. Ma solo prendendo atto di questi cambiamenti urbanistici si possono progettare sistemi di comunicazione realistici.

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NOTE

https://www.rerumromanarum.com/2017/03/progetto-per-la-rete-metropolitana-di.html

Gianni Dessì e la bellezza dell’antico

Per Gianni Dessì il 2023 inizia con la presidenza dell’Accademia di Belle Arti di Macerata, dopo essere stato il Presidente dell’Accademia Nazionale San Luca, e l’essere stato individuato come l’artista dell’anno per Rai Radio 3 “A3 il formato dell’arte”. Ora questa esposizione gli permette di confrontarsi con le antichità, anche se solo copie in gesso, in un’alternanza di plasticità classica, alla ricerca della bellezza incentrata sulla forma essenziale e grottesca.

Da’ una continuità non solo alla surreale contaminazione tra antico e contemporaneo, ma anche all’iniziativa “Residenze d’artista”, promossa da Gaetano Lettieri, direttore Dipartimento di Storia Antropologia Religioni Arte e Spettacolo della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università La Sapienza, cocuratore della mostra allestita tra un migliaio di calchi di statue antiche del Museo dell’Arte Classica, per sottolineare l’intento di una coabitazione: un’opera come intervento specificamente ideato in relazione a quanto avviene in un’aula universitaria.

Nella gipsoteca trovano collocazione 19 opere, tra sculture e dipinti, raccolte sotto il titolo “TuttoPieno”, scelte da Gianni Dessì, nell’intento di stabilire un equilibrio tra le opere creando connessioni anche grazie alla presenza viva e costante degli studenti che di quegli spazi ne fanno un uso quotidiano.

Visitare la mostra è come intraprendere una divertente caccia al tesoro, per andare alla ricerca di alcune opere, tra le quali gessi di varie misure, celati tra numerosi copie in gesso. Si cammina ed ecco una testa nera e d’orata che si rivela tra tanto bianco o antropomorfe forme in trame bianche dalle sproporzionate misure e poi delle immagini gialle appese sulle pareti, dei vortici neri e una testa rossa che sembra fuggita da un film horror.

Opere, quelle della gipsoteca, che devono coabitare e dialogare con interventi specifici, pensati e progettati da Dessì per l’università, gli spazi e la vita degli studenti.

Una mostra quindi che testimonia il percorso artistico di Gianni Dessì, dove i termini di scultura, pittura, installazione trovano un originale punto di incontro nella potenza dell’immagine, fulcro e sintesi di innumerevoli altri approdi fisici e mentali.


Gianni Dessì
TuttoPieno

Dal 4 aprile al 21 luglio 2023

Museo dell’Arte Classica
Roma

Ingresso:
lunedì al venerdì 8:00 – 20:00

A cura di Claudia Carlucci e Gaetano Lettieri


Ladri di anime virtuali

Il mese scorso alcuni profili su Twitter e Telegram hanno pubblicato documenti classificati relativi alla strategia degli Stati Uniti e della Nato per preparare le Forze armate ucraine all’invasione russa, ma anche nel mio piccolo le acque si sono agitate: da qualche giorno sto cercando di rassicurare mia moglie, senza grandi risultati. Le hanno hackerato il suo profilo Instagram e le sue amiche ricevono da ieri strani messaggi: “aiutami a diventare ambasciatore di influenza” (influencer? fa la coppia con “carriere alias”) oppure propone speculazioni in bitcoin. La prima ad avvisarla è stata un’amica: “ma perché mi chiedi il telefono se lo sai da anni”? Da qui la scoperta: mia moglie aveva incautamente risposto – per stanchezza – a un contatto farlocco. Il classico phishing, ne mandi 3.000 e uno abbocca. Ci ho messo un po’ per spiegarle che non le avevano rubato soldi o svuotato la carta di credito, per cui al massimo sarebbero partiti un po’ di messaggi fasulli. Mentre facevo la denuncia online alla polizia postale, lei si attaccava al telefono e a whattsap per avvertire tutti i contatti, quando non erano le amiche a chiamarla per dirle che di certo non credevano a quei messaggi improbabili. Le chiedo se aveva pubblicato foto intime, pur sapendo che certe cose non le farebbe mai. Le dico che di questi tentativi in mail ne ho visti ed evitati centinaia (belle ragazze russe, una ex che mi scrive, pacchi in giacenza, azioni Amazon, buoni Ikea, bitcoin, banche di cui mai sono stato correntista) e che l’unica volta che mi hanno clonato una carta di credito (con poco contante, per fortuna) avevo scomodato due banche e un commissariato e tagliato la carta, ma dopo due giorni avevano arrestato due loschi figuri vicino lo sportello bancomat manomesso. Nulla da fare: voleva per forza rientrare nel suo account, ma senza password (dimenticata) non era possibile. Tanti siti ti dicono come fare, ma alla fine non è vero. A quel punto proviamo col centro assistenza Instagram, ma è tempo perso: il modulo segue impostazioni troppo rigide. Ma a questo punto cerchiamo di recuperare la password: viene mandato un codice a una mail che tengo di riserva. Inserito il codice, la scena diventa surreale: ti chiedono di inquadrare col telefonino il suo volto. Per fortuna mia moglie ha un bell’ovale ed entra bene nell’inquadratura. Deve anche voltarsi lentamente… dopo un quarto d’ora non succede niente. Proviamo facendoci mandare il codice via sms. Lo mandano a un numero con prefisso 234. Controllo: è il prefisso della Nigeria! Nel frattempo mia moglie è in ansia e teme chissà cosa, ma in realtà con la denuncia cautelativa sta a posto. Passiamo al security control via mail. Chiedono di mandare prima un video che dimostri che non è un robot. Poi ci riprovano chiedendo una foto di lei che tiene in mano l’ID, la carta d’identità, mentre le amiche continuano a ricevere messaggi improbabili. Telefono a un mio amico informatico, il quale mi dice che sono lenti nelle risposte ed è tutto basato su algoritmi. Dopo due giorni l’account è sospeso. Fine della storia. Per ora.

Rita Ackermann: Disastrosa Armonia

“Rita Ackermann. Hidden” si concentra su una selezione di dipinti recenti legati all’opera giovanile dell’artista a partire dagli anni ’90 e presenta una cinquantina fra dipinti e disegni realizzati da Ackermann negli ultimi 30 anni a New York.

Nata a Budapest nel 1968, Rita Ackermann vive e lavora a New York. Fra il 1989 e il 1992, studia all’Università ungherese di Belle Arti di Budapest e al New York Studio School of Drawing, Painting and Sculpture.

Ackermann inventa immagini che si traducono in sensazioni istantanee, le sue ragazzine conturbanti oggi appartengono a un universo visivo globale. I disegni e i dipinti realizzati fra il 1993 e il 1995 (e presenti in mostra) sviluppano composizioni di figure femminili adolescenti moltiplicate come cloni e intente a diverse attività autodistruttive e rischiose. Con la loro presenza ambigua, le sue prime opere fungono da ponte fra cultura alta e cultura bassa, proprio come i miti e le leggende popolari che spesso le valorizzano.

Vent’anni dopo Ackermann abbandonerà la figura, rimuovendo così il vero fulcro del proprio lavoro. Nella serie “Mama” linee e gesti, figure e motivi affiorano in superficie solo per dissolversi e riapparire di nuovo, ma altrove. Una stratificazione complessa del linguaggio visivo, che oscilla fra astrazione e figurazione in un dispiegarsi inconscio della forma – nascosta in profondità nell’astrazione dell’onnipresenza. Nei primi mesi del 2022, Ackermann avvia le sue serie di dipinti più recenti, intitolate “War Drawings”. Olio, matita grassa e acrilico sono densamente lavorati dentro la superficie di tela grezza. Le figure si perdono e le linee sono raschiate e abrase per dar luogo a composizioni frammentate. Ogni dipinto si piega al disastro come elemento purificatore verso un’inevitabile armonia.


Rita Ackermann
Hidden

Dal 12 marzo al 13 agosto2023

LAC – Arte e Cultura
piazza Bernardino Luini 6
Lugano (Svizzera)

A cura di Tobia Bezzola con Chiara Ottavi